lunedì 18 dicembre 2017

15 dicembre - continuiamo le pubblicazioni degli interventi al Convegno/incontro del 6 dicembre a Taranto



NELLA QUESTIONE ILVA CENTRALE SONO GLI OPERAI - intervento della coord. Slai Cobas sc all'incontro Ilva del 6 dicembre
Dobbiamo decidere alcune iniziative, perchè questo incontro serva non solo a denunciare quello che avviene nel processo, ciò che avviene nella sempre più intricata vicenda Ilva, ma anche prendere iniziative.
Io propongo che si assumano le proposte fatte dagli avvocati; dall'avv. Lamanna che diceva: nel processo non aspettiamo la fine, quando i Riva e gli altri imputati hanno avuto tutto il tempo di imboscarsi i loro soldi, ma facciamo ora un'azione legale, da rendere pubblica come arma non solo legale ma politica, per mettere le mani prima sulle proprietà degli imputati; all'avv. di Palermo che dice che questa vicenda del processo Ilva di Taranto per la sua importanza, per le sue dimensioni, per l'ampiezza delle violazioni che tocca, deve interessare gli avvocati a livello nazionale; pertanto penso che in prossimità della fase in cui il processo si concentra sulle parti civili, si lanci una iniziativa nazionale, una giornata nazionale, da parte degli avvocati, che si senta e che poi non resti solo una testimonianza, sull'esempio anche di altre iniziative coordinate nazionalmente da parte di avvocati che già si stanno facendo, per esempio contro il 41bis; questa azione coordinata e nazionale è particolarmente importante per questo processo Ilva che è la “madre” di tutti i processi di questo tipo; un processo che non è solo un processo ai 45 imputati ma un processo al sistema, perchè tocca tutti gli aspetti del sistema sia economico, sia politico, sia istituzionale di attacco ai lavoratori, alle masse popolari. In questo processo mancano purtroppo i sindacati confederali che, fin dall'inizio noi l'abbiamo detto, dovrebbero starci nel banco degli imputati.

Altra questione. Noi abbiamo fatto a Taranto una buona manifestazione a un anno dalla strage della Thyssen e nell'anniversario della morte di un altro operaio all'Ilva, Antonino Mingolla; una manifestazione importante perchè unì varie realtà del nord, centro, sud. Questa mobilitazione va ripresa, perchè dobbiamo riporre la lotta al centro. Anche sul piano processuale è la lotta l'aspetto principale, è la ribellione, è riprendere da parte dei lavoratori e dei cittadini ad essere loro in primo piano, altrimenti la fine è nota.
Il processo poi è anche espressione della situazione più generale all'Ilva di Taranto, non va visto come una cosa a sé. In gioco a Taranto c'è la questione della salute e del lavoro, entrambi vengono attaccati, non viene attaccata solo la salute, ma i posti di lavoro, i diritti dei lavoratori, le condizioni di lavoro e salariali – oggi, per la legge di Renzi del jobs act si vuole far tornare operai Ilva che lavorano da 20 e più anni, come se fossero al primo giorno di lavoro.
Quindi, non vi sono compartimenti stagno, separati, ma occorre trovare un'unità.
Ora, qui, su una cosa io credo dobbiamo essere tutti d'accordo. Possiamo anche avere delle opinioni diverse (considerare prioritaria sola la salute e allora si chiede che l'Ilva chiuda, considerare il lavoro un altro diritto umano fondamentale, ecc.), a volte anche in contrasto, in alcuni momenti in maniera pure eccessiva... Ma su una cosa dobbiamo essere d'accordo, ed essere uniti: che in questa battaglia i principali protagonisti sono gli operai, chi concretamente subisce non uno di questi aspetti ma
tutti (subisce il rischio di migliaia di tagli al posto di lavoro, come subisce tumori, morte, come subisce il jobs act, ecc.); che sono gli operai il motore per mettere al centro i diritti dei lavoratori e dei cittadini. Perchè è una guerra di classe quella che è in atto: da un lato ci sono operai, cittadini dei quartieri inquinati, lavoratori cimiteriali, ecc; dall'altra ci sono i padroni vecchi e nuovi, c'è il governo, c'è lo Stato che non dà giustizia.
Se è questa la “guerra” in atto, la questione principale, qui mi rivolgo direttamente agli operai, è che gli operai scendano autonomamente in lotta.
Sentiamo dire dagli operai: siamo pochi, la maggior parte è disillusa, non ha fiducia. Ma noi diciamo: cominciamo! cominciamo! E gli operai devono fare loro l'appello all'unità con i cittadini dei Tamburi, di Paolo VI, della città, perchè gli operai obiettivamente sono una forza. Siete 15mila che la fabbrica tiene uniti (non sono 15mila sparpagliati, in cui uno abita a Taranto, l'altro in provincia, ecc.).
Da voi, quindi, deve venire la forza e l'appello. E questo bisogna farlo subito. Sia in dieci, sia in venti, per iniziare non conta, quello che conta è che si senta questa voce autonoma degli operai dalla fabbrica, una voce chiara che dica: parliamo e lottiamo noi! Per esempio ci sta bene che il sindaco di Taranto faccia il ricorso al Tar, è legittimo, ma ciò che non va bene è che gli operai non scendono in campo. Se lo fanno, allora le cose per forza cambiano, e diventa possibile impedire i 4mila esuberi come fare subito la copertura dei parchi minerali, ecc.
Diversamente sta lì a 300 Km ciò che noi non vogliamo che succeda a Taranto: Bagnoli. Bagnoli sta a dimostrare che se non ci sono gli operai in campo, se non ci sono gli operai insieme alla popolazione, passano oltre 25 anni e la situazione in termini di lavoro è finita da un pezzo con la chiusura di Bagnoli e senza alternative, ma la questione della salute, dell'ambiente, delle bonifiche sta addirittura peggio. Perchè quando per decenni non si bonificano terreni, il mare, la situazione non è che rimane la stessa ma peggiora; non solo, ma senza alcuna pressione degli operai, si lascia, come è successo a Bagnoli, campo libero alla camorra.
Se pensiamo che l'Ilva è almeno 10 volte Bagnoli, pensiamo che cosa succederebbe a Taranto se non entrano in campo ora gli operai, la forza operaia che, a differenza di Bagnoli, per “fortuna” sono ancora in fabbrica, attivi, possono e devono pesare.
L'appello che, quindi, faccio anche agli operai che sono qui stasera è: non vi lasciate bloccare dai numeri. Certo i numeri contano, ma per cominciare non dobbiamo guardare quanti siamo, ma dobbiamo guardare a cosa è necessario, e, allora, dirlo al proprio compagno di reparto, all'operaio che abita nello stesso paese, ecc. indipendentemente dalle loro iscrizioni sindacali. Altrimenti chi decide sono nel male Calenda, Mittal, o dall'altra parte la presidente della Corte d'Assise, il sindaco Melucci e, tra gli operai, soprattutto i sindacati confederali che stanno dividendo gli operai, perchè quello che hanno fatto l'altro giorno, di andare sotto la Regione a fare il presidio a favore della trattativa col governo e ArcelorMittal, sinceramente mi ha ricordato, in piccolo, quello che successe il 30 marzo 2012 con la manifestazione organizzata dai capi; a Bari era organizzata dai Fim/Cisl e Uilm/Uil ma il senso è lo stesso: a fianco del governo, a fianco dell'azienda.
Vogliono dividere gli operai? Noi dobbiamo unirli. Ma occorre anche tra gli operai fare la lotta su cosa è giusto e cosa non è giusto, su quale lotta serve e quale invece è oggettivamente al servizio di governo e Mittal. Cominciamo, quindi, a mettere questi tasselli.

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