domenica 5 gennaio 2014

ACCORDI NATUZZI: CHI CI GUADAGNA E CHI CI PERDE

Se Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil avessero chiesto a impiegati ed
operai un mandato a firmare le intese del 10 Ottobre scorso con la Natuzzi,
spiegando loro l'effettivo contenuto degli accordi, ovvero un compromesso
subito in cui l'azienda ci guadagna tanto e i suoi dipendenti ci perdono
molto, probabilmente sarebbero andati incontro a parecchie resistenze, ma
avrebbero mantenuto un rapporto di fiducia e trasparenza con i lavoratori.
Il problema è che le organizzazioni sindacali sono voluti apparire all'opinione
pubblica come eroi, salvatori di posti di lavoro e conquistatori di un
accordo storico, approvato con un plebiscito dai propri rappresentati.
Adesso, però, che gli interessati stanno verificando sulla loro pelle gli
effetti nefasti degli stessi accordi sono, giustamente, inviperiti contro i
sindacati, in quanto al danno sentono aggiunta la beffa della presa in giro.
A modesto avviso dello scrivente, l'unica cosa ragionevole e costruttiva che
le OO.SS. ora dovrebbero fare, anziché lanciare anatemi ad immaginari
populisti o provocatori istigatori al dissenso, è ritrovare l'umiltà nel
saper ammettere i propri errori ed assumere un atteggiamento meno borioso e
più rispettoso del mandato ricevuto.


Detto questo, sembra indispensabile entrare nuovamente nel merito delle
questioni sopra citate, dato che su stampa e social network si continuano a
leggere ricostruzioni e interpretazioni continuamente distorte rispetto alla
realtà. Cominciando col dire che dirigenti e delegati sindacali hanno
inspiegabilmente premuto affinché si sospendessero gli scioperi partiti
quasi spontaneamente a fine Giugno, a seguito dell'annuncio da parte della
Natuzzi dei 1726 licenziamenti, dunque è davvero mistificatorio scaricare
sui lavoratori responsabilità che non hanno, da parte di chi ha voluto far
cessare la lotta proprio mentre si dimostrava coesa e determinata e dal
versante aziendale non giungeva nessun segnale di desistenza.
Inevitabile conseguenza di tale arresa sono stati gli accordi del 10 ottobre
2013 presso i Ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro, in cui l'azienda
ottiene tutti gli obiettivi prefissati, tra i quali c'era la proroga della
Cassa integrazione per i 12 mesi ancora disponibili. Se la Natuzzi avesse
portato a fine le procedure di mobilità, infatti, avrebbe pagato un prezzo
non irrilevante sul versante contributivo, la somma a carico datoriale,
senza accordo sindacale, sarebbe ammontata a 6 mensilità per addetto, con la
Cigs se la cava con un misero 4,5% di addizionale rispetto all'integrazione
salariale corrisposta. Inoltre, nel primo caso l'azienda avrebbe dovuto
rispettare i criteri imposti dalla legge per la selezione del personale da
collocare in mobilità, mentre, in virtù delle clausole inserite nel verbale
ha pressoché mano libera di scegliersi il personale ad essa gradito. Su
quest'ultimo punto è opportuno aggiungere che chi, viceversa, ritiene che
sia la Natuzzi a non rispettare gli accordi sottoscritti deve rivolgersi
subito alla magistratura, altrimenti fa solo un inutile sproloquio. Infine e
soprattutto, dopo quasi 1800 licenziamenti sarebbe stato impensabile che al
patron di Santeramo fossero concessi altri finanziamenti pubblici, con
questo artifizio invece è possibile e, di fatto, la stessa entità di forza
lavoro viene comunque espulsa dal ciclo produttivo.



Ne deriva che in questo periodo i lavoratori si stanno spezzando schiena e
polsi per assicurare il massimo rendimento, sperando di non essere tra i
collocati in Cigs a ore zero in arrivo con il nuovo anno. Questi ultimi,
poi, dovranno augurarsi di essere tra i "fortunati" a meritare la
riassunzione nella sospirata New Co. e, considerato che nei richiamati
accordi non si garantisce nessun riconoscimento di avanzamenti professionali
pregressi, è da ritenersi scontato che subiranno una perdita retributiva
stimabile tra il 10 e il 30% rispetto a quella percepita lavorando alla
Natuzzi.
Risulta abbastanza comprensibile, quindi, come molti lavoratori si stiano
rassegnando ad accettare l'incentivo all'esodo anche se, ecco un altro punto
su cui la contrattazione non ha certo brillato, la cifra massima spettante è
contenuta in 32 mila euro.
Si ammetta, pertanto, che le soluzioni per difendere i posti di lavoro non
sono quelle perseguite sin'ora e, tra l'altro, non si comprende bene perché
mai la direzione aziendale dovrebbe mutare strategia industriale, se poi la
si lascia fare quello che vuole, anzi ci si attiva per fargli prendere altri
soldi dallo Stato. Natuzzi effettuerà la dovuta riconversione della
produzione e gli investimenti sufficienti quando non gli sarà più consentito
di scaricare sulla collettività i costi delle maestranze esauste.
Il sindacato deve allora battersi e sottoscrivere solo richieste di
ammortizzatori sociali che dividano equamente i volumi produttivi
disponibili su tutto l'organigramma assunto e non, come avvenuto dal 2004,
ad uso e consumo dell'azienda. Inoltre, è indispensabile una mobilitazione
contro le delocalizzazioni delle produzioni e a difesa del ruolo pubblico.
Non c'è assolutamente niente di vantaggioso per i lavoratori nell'Accordo di
programma, si tratta solo di 101 milioni di euro che si apprestano a
cambiare tasca, da soldi dei cittadini e ricavati dalla chiusura di presidi
ospedalieri o tagli all'istruzione diventeranno privati, con l'illusione di
posti di lavoro fittizi che svaniranno non appena spesi, come l'esperienza
ci ha dimostrato troppe volte. Risulta, quindi, semplicemente una scelta di
buon senso rivendicare che il denaro della collettività sia investito in
beni che rimangano di sua proprietà. Per concretizzare tali ideali l'unica
vera rivoluzione occorrente è quella di far ritornare il sindacato a fare
davvero il sindacato e non il burocrate. I lavoratori devono provarci, a
partire dall'imminente congresso della Cgil, con tutta la loro passione e
tenacia.

Felice Dileo
"Il sindacato è un'altra cosa"
Documento alternativo per il XVII Congresso Cgil Natuzzi


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