venerdì 2 novembre 2018

2 novembre - per il dibattito: PROBLEMI E LIMITI CHE LO SLAI COBAS DEVE AFFRONTARE NELLA BATTAGLIA PER IL SINDACATO DI CLASSE - Dall'intervento della coord. nazionale

Alcune questioni per quanto riguarda il nostro lavoro, come coordinamento nazionale Slai Cobas per il sindacato di classe.
Dobbiamo sforzarci tutti di avere una visione nazionale delle cose che facciamo, anche di cosa trarre dalle situazioni che seguiamo localmente. Per alcune realtà è semplice, oggettivo, l'Ilva non dobbiamo noi renderla nazionale, è nazionale, noi dobbiamo solo esplicitare questo aspetto tra i lavoratori che ancora, in larga parte, non hanno questa comprensione; per altre realtà lo è meno. Però noi non siamo "sindacalisti", non siamo sindacalisti locali, quindi per noi su ogni cosa il problema è trarre le linee, l'analisi che serve la battaglia generale per il sindacato di classe. Ma su questo ancora non ci siamo. Alcuni esempi.
Sulle fabbriche di Palermo/Sicilia, non abbiamo solo la necessità di avere il quadro delle fabbriche, perchè questo è l'ABC, ma il nostro problema è da un lato fare un'analisi, che è diversa da un quadro, un'analisi marxista delle dinamiche, dall'altro avere coscienza che noi non possiamo fare le avanguardie senza poi dire:
noi che diciamo, noi che facciamo – al di là se abbiamo o meno presenza in quella fabbrica. Per dire anche a Taranto in alcuni settori quando i lavoratori entrano in una dinamica di lotta, lo Slai Cobas sc pur non essendo presente (per esempio, Teleperformance), dice come la vede, quale secondo noi è la linea giusta, quali sono le linee sbagliate che agiscono all'interno per fare anche in queste realtà una battaglia di posizione. Quindi, andare oltre il quadro, fare un'analisi dei processi con le armi che abbiamo, quelle della scienza del proletariato, dire quello che è necessario, fare una lotta alle posizioni che agiscono all'interno. Questo ci tocca, a prescindere.
Noi non siamo come Trento, ma neanche dobbiamo essere il contrario. Trento ha teorizzato che fa solo formazione, lotta di posizione, battaglia ideologica tra gli operai, non fa attività sindacale. Noi nel lavoro sindacale non siamo quelli che dicono la linea giusta e non si "sporcano le mani" nel lavoro concreto. Però quello che invece dobbiamo imparare meglio è che anche nelle questioni sindacali dobbiamo fare teoria. Oggi più che mai, nella fase attuale. La confindustria, per esempio, fa il suo convegno e fa teoria, anche filosofia, non fa solo un esame delle situazioni, delle questioni, mette dei punti che sono di teoria, chiaramente teoria del capitale. I compagni dirigenti dello Slai Cobas sc sulle questioni sindacali devono arrivare a livello di teoria, per la formazione di classe degli operai, la lotta di posizione. Perchè sempre in tutte le fabbriche, le realtà lavorative c'è necessità della lotta di posizione e di portarla a livello che interessa la battaglia generale per la linea sindacale di classe, l'organizzazione sindacale di classe.
Per esempio, l'importante polemica/scontro, manifestatosi nei giorni scorsi con documenti, tra Usb e Si.Cobas tocca inevitabilmente settori, spesso rilevanti, di lavoratori e ha a che fare con la battaglia per il sindacato di classe. Noi in questo ci dobbiamo stare dentro. L'Usb non è un sindacato di classe, ma il Si.Cobas non è innocente. Ma chi le dice queste cose? Lo dobbiamo far dire all'Usb che butta il bambino con l'acqua sporca? O lo dobbiamo dire noi, che lo possiamo riempire di fatti?
Noi siamo lo Slai Cobas per il sindacato di classe”, questo “per il sindacato di classe” non l'abbiamo messo solo per distinguerci dallo Slai Cobas originario, ma per affermare che questa battaglia, questo lavoro serve per costruire il sindacato di classe, per la lotta contro quello che non è sindacalismo di classe - l'Usb è la questione più smaccata e mostra dove porta un sindacalismo di base che non è di classe. Questo ci tocca. E qui dobbiamo fare passi avanti. Altro elemento. Le cose che facciamo hanno valore nel momento in cui diventano di valore pubblico, altrimenti no. In questo senso Bergamo, per esempio, fa una massa enorme di attività di ogni genere e tipo, fanno i Marx a livello sindacale: la mattina vado alla Dalmine o altra fabbrica, alle 9 vado alla manifestazione degli studenti, il pomeriggio vado dai lavoratori dell'Insalata, la sera vado alla Montello, la notte vado ai magazzini della logistica, ecc. Ma tutto questo “ben di Dio” a volte lo veniamo a sapere solamente ora. E si tratta di realtà, di problematiche che neanche possono essere considerate “locali”. Noi le dobbiamo rendere pubbliche. Se non facciamo questo è come se non abbiamo completato il lavoro, abbiamo fatto il 40% del lavoro, ma il 60% no, ed è proprio la parte del lavoro sindacale di classe, che nessuno fa se non lo facciamo noi. Proprio quello che ci tocca non lo facciamo, o lo facciamo sporadicamente. 
In questo ricordiamo Marx che dice: non sono io che ho inventato le lotte...
Anche qui, gli operai della Dalmine, della logistica pure se non ci fosse neanche mezzo sindacato di classe ad un certo punto lotterebbero, perchè è la realtà che li spinge; ma quando c'è la direzione del sindacato di classe quella lotta non è solo una manifestazione di ribellione, ma ha una sua prospettiva, strategia. E' qui che se non ci siamo noi, non c'è. Ma spesso è proprio questo che non facciamo, è come se noi non restituiamo alla classe, a livello nazionale tutto il mega lavoro che facciamo.

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