sabato 30 luglio 2022

30 luglio - REPRESSIONE: ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA 17 SETTEMBRE ROMA

 

Comitato Lavoratori delle Campagne

Solidarietà totale a chi alza la testa e ribalta il tavolo pieno di merda al quale ci vogliono far mangiare! Solidarietà totale a chi, attraverso le lotte, costruisce ogni giorno un altro modo distare nel mondo....

In ordine temporale c'è il duro attacco che ha colpito il Si Cobas e l'USB e che vede come principale capo di imputazione quello di associazione a delinquere. Organizzazioni che da anni, soprattutto i primi, hanno saputo non solo colpire ed in parte eliminare il sistema di corruzione e sfruttamento che caratterizza anche il settore della logistica in Italia; ma che in questo lungo periodo intorno alle lotte hanno anche fatto nascere relazioni che sono andate oltre i magazzini e hanno riempito le strade delle città. Ricordiamo che la quasi totalità dei facchini e dei drivers proviene da differenti parti del mondo e la partecipazione a questi percorsi di lotta (forse in parte inconsapevolmente) ha avviato delle vere e proprie pratiche antirazziste nella vita quotidiana. È quindi ovvio che un percorso come quello che è stato praticato in centinaia di magazzini attraverso tutto il paese vada fermato, perché non solo costituisce un attacco al capitale, ma anche alla società nel suo insieme, che ci vuole individualisti e razzisti. Così come andavano fermat le/i compagne/i imputate/i nel processo Scripta Manent e il compagno Juan - solo per citare gli episodi più recenti - destinatari di pene incredibili, tanto quanto tutto l'impianto accusatorio messo in piedi da giudici e pm che le e li condannano tra tutto anche per strage politica, pena che prevede l’ergastolo. Colpendo loro, oltre ai singoli individui, si sono voluti attaccare vissuti, pratiche quotidiane, idee e tensioni verso un'altra visione di società. Senza dimenticare i tentativi di applicazione dell'associazione con finalità di terrorismo e l’utilizzo del regime di 41 bis in cui è stato costretto Alfredo, vera e propria tortura in un paese che riconosce il reato di tortura. Sempre limitandosi ad osservare gli ultimi anni, constatiamo che al sistema democratico in cui ci viviamo non piacciono neanche gli studenti che in massa scendono nelle strade di tutta Italia perché non vogliono morire schiacciati da un muletto o in un incidente automobilistico tornando da lavoro, come è accaduto a due loro coetanei, Lorenzo e Giuseppe, morti nel giro di pochi mesi l'uno dall'altro per colpa dell'alternanza scuola-lavoro. Anche in quel caso quelle belle e forti proteste sono state punite con alcuni studenti a Torino rinchiusi in carcere, agli arresti domiciliari e con obblighi di firma giornalieri. Perché non si può mica pensare di mettere in dubbio un modello scolastico, formativo e culturale che ti dice chiaramente che siccome per tutta la vita dovrai vivere lavorando con paghe misere, è bene che impari a fare qualcosa sin da subito, è bene che ti abitui allo sfruttamento sin dall'adolescenza!… A Torino – nota fabbrica di repressione – l’accusa di associazione a delinquere ha colpito 11 compagne e compagni del CSOA Askatasuna. A Napoli lo stesso teorema è stato rivolto contro il Movimento di Lotta Disoccupati 7 Novembre, che da anni porta avanti una battaglia per un lavoro stabile e regolare, costruendo al contempo percorsi e intessendo relazioni nei quartieri. Se poi ad alzare la testa e a bloccare il movimento dei soldi sono le/gli immigrate/i, allora la musica cambia di nuovo. In questo caso l'apparato repressivo ha qualche strumento in più; il pensare di poter agire impunemente, perché tanto queste persone qui non hanno legami e affetti e quindi nessun chiederà di loro, che sempre più spesso si tramuta in licenza d'uccidere. I 16 morti durante le rivolte del 2020 nelle carceri di tutta Italia, la cui maggior parte provenivano da altri paesi, è tra i momenti più crudeli rivelatori di questo modo di agire; trovare supporto nella "società civile" - dai centri d'accoglienza, passando per alcuni pezzi grossi del Terzo settore - il cui approccio di base nei confronti delle persone immigrate è quello di "educare" con l'intento di "calmare". Per questo, uno dei peggiori incubi delle controparti è quando le lotte e le rivendicazioni di chi non è italiano trovano forza nella solidarietà e la partecipazione anche di chi italiani lo è. Proprio per questa vicinanza, come gruppo di compagni negli ultimi anni ci siamo visti arrivare addosso un po' di tutto: una quantità spropositata di fogli di via, decine di processi in corso e tentativi - in parte falliti- di addossarci il reato di associazione a delinquere, di istigazione, fino a fantomatiche relazioni con la mafia nigeriana. Mentre contro le/gli immigrati che si ribellano la vendetta è costante: processi con accuse di devastazione e saccheggio di luoghi dove non c'è niente, (anche per quello protestavano); controlli continui dentro ai ghetti; trattenimento del permesso di soggiorno di persone individuate (spesso totalmente a caso) in manifestazioni con centinaia di partecipanti. Parliamo delle lunghe mobilitazioni nelle campagne, dal Piemonte, alla Puglia, dalla Basilicata alla Calabria; così come alle lotte contro i centri per il rimpatrio (CPR) e tutte le frontiere del paese, da Ventimiglia al Brennero, passando per tutti i centri d'accoglienza e i campi più ingenerale dove sono costretti le/gli immigrati in Italia, in Europa, nel mondo.

Il riferimento al reato di devastazione è saccheggio rimanda poi inevitabilmente ad altri due grandi momenti di lotta: le giornate di Genova nell'estate del 2001 contro il G8 e il 15 ottobre 2011 contro la crisi economica e i suoi rimedi che devastavano la vita di migliaia di persone nel mondo. Entrambe molto recentemente sono tornate agli onori della cronaca (se non altro di una certa cronaca) perché nonostante siano passati rispettivamente 21 e 11 anni, c'è chi sta ancora pagando con il carcere quei meravigliosi momenti. Momenti che non sono stati affatto fiammate isolate, ma che si inserivano in contesti di lotta ancora più ampi e diffusi a livello internazionale. Per le giornate del 2001, oltre a chi si trova ancora in carcere, c'è anche la storia di Vincenzo; un compagno catturato tre anni fa in Francia (dove vive), con l'accusa di devastazione e saccheggio. È di pochi giorni fa la notizia che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha accolto la richiesta di estradizione in Italia, anche perché nel sistema giuridico francese non esiste questo tipo di reato. Si accaniscono così contro una persona dopo 21 anni, con un capo d'accusa inverosimile avvenuto in un contesto a tratti altrettanto inverosimile, la devastante violenza delle forze dell'ordine che in quelle giornate assediavano la città di Genova e le carceri circostanti. Hanno ammazzato Carlo, hanno ferito gravemente migliaia di persone, ne hanno terrorizzate altrettante, ma siamo ancora qui!

Recentemente poi si è concluso anche l’ultimo filone dei processi relativi al 15 ottobre 2011, anche in questo caso con la conferma di pesanti condanne definitive a numerosi anni di carcere a 6 compagni. Senza dimenticare tutti coloro che hanno già passato un lungo tempo in prigione negli anni precedenti e il recente arresto di Dayvid in Grecia, condannato a 6 anni di reclusione.

L’intero apparato repressivo mette costantemente in campo grandi energie e risorse per ammutolire, spaventare, fermare e reprimere ogni forma di rivendicazione e protesta. Alcun vengono colpit direttamente, ma sappiamo bene che l’obiettivo è anche quello di distruggere la forza collettiva, le relazioni e le pratiche che si creano e sedimentano intorno ai percorsi di lotta. La repressione, che colpisce ogni ambito della nostra esistenza e ogni luogo dove c’è del conflitto (scuole, quartieri, luoghi di lavoro, italiani e immigrati) coinvolge tutti, non solo chi lotta, ma anche chi non lo fa; perché con gli arresti e le numerose restrizioni che si mettono in campo si vengono a ridurre gli spazi di confronto e le possibilità di dissenso di tutti quanti. Proprio per questo la solidarietà deve essere il più diffusa possibile, deve essere da parte di tutti e sostenere chi viene colpiti, continuando a portare avanti le loro rivendicazioni e desideri.

Restiamo uniti, creiamo un terreno di confronto e sostegno comune, nessun escluso. Dobbiamo essere ponti tra le varie lotte e gruppi di persone che hanno voglia di organizzarsi e liberarsi! Dobbiamo far(r)innamorare le persone delle lotte, perché stare insieme, confrontarci, organizzarci e scendere in strada è l’unica risposta che possiamo mettere in campo per stare bene e fermare la catastrofe intorno a noi.

Solidarietà totale a tutti coloro che sono colpiti dalla repressione e privati della libertà! Chi lotta non è davvero mai sol! Ci vediamo dovunque!

Liber tutt!

Solidarietà totale


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