venerdì 8 luglio 2022

8 luglio - IL CALDO UCCIDE, MA QUESTO È UN OMICIDIO PREMEDITATO CHE SI CHIAMA SFRUTTAMENTO E SCHIAVISMO: Tragedia in Calabria, bracciante muore sotto il Sole a 40°C: nessun divieto di lavoro nelle ore più calde Di Redazione

 

Antonio Lombisani, 59 anni, sposato, padre di una figlia, era un bracciante agricolo. È morto mercoledì 6 luglio stroncato dal caldo mentre era al lavoro in un agrumeto nella frazione Thiene del comune di Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza. Antonio è stato trovato riverso a terra, alle 14,30 di una giornata in cui il termometro ha superato i 40 gradi. La Procura della Repubblica di Castrovillari ha disposto il sequestro della salma e l’autopsia per chiarire le cause della morte.

Solo pochi giorni fa, scrivono USB e Rete Iside in una nota, i due sindacati avevano lanciato il grido di allarme sui pericoli dello stress termico legato alle alte temperature sui luoghi di lavoro. Governo e Regioni, tranne Puglia e Basilicata come annunciato in più occasioni da TuttoLavoro24.it, nulla hanno fatto però di fronte all’emergenza climatica e alle alte temperature che colpiscono soprattutto il settore dell’agricoltura.

Anche quest’anno la Puglia e la Basilicata hanno vietato il lavoro agricolo dalle 12,30 alle 16, le ore più calde del giorno. Tali utili provvedimenti non sono arrivati alle orecchie del governatore della Calabria Occhiuto e tantomeno al ministro Patuanelli, più volte sollecitato ad un incontro sulle condizioni di lavoro del bracciantato, ma evidentemente non interessato a sentire le ragioni di chi tutti i giorni vive condizioni inaccettabili. Una misura, la sospensione del lavoro nelle ore più calde, che deve essere applicata in modo preventivo e diffuso su tutto il territorio nazionale, prima di dover piangere la morte di un altro lavoratore.

Evidentemente si preferisce ossequiare gli interessi dell’agroindustria e della GDO anziché cercare di governare le emergenze”, scrivono Usb e Rete Iside, che ricordano anche il caso del giovane bracciante Camara Fantamadi, 27enne maliano deceduto mentre lavorava nei campi del Brindisino nell’estate 2021, e come lui molti altri, non solo migranti: Giuseppina Spagnoletti, 39 anni, morta il 31 agosto 2017 a Ginosa (Taranto) per un malore e la grande fatica a temperature insostenibili; Paola Clemente, 49 anni, morta ad Andria il 13 luglio 2015 durante l’acinellatura, la ripulitura dei grappoli dagli acini imperfetti fatta a mano sotto i teli di plastica che arroventano l’aria, nella quale sono impiegate soprattutto donne, locali e romene. Pochi giorni dopo morì anche Mohammed, 47 anni, sudanese, mentre raccoglieva i pomodori nelle campagne fra Nardò e Avetrana. Stroncato dal caldo e dalla fatica. E pochi giorni prima di Fantamadi un bracciante orientale di 57 anni era morto nei campi di riso in provincia di Pavia, ucciso da un colpo di calore.


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