giovedì 11 luglio 2024

11 luglio - info Taranto 2: Ex Ilva, la cokeria rischia lo stop?

Da tempo nel mirino dell'ARPA l'area sottoprodotti colpevole delle emissioni di benzene

Gianmario Leone

Nel caos mediatico che quotidianamente circonda il caso Ilva, si finisce spesso per perdere di vista le questioni più importanti, quelle da cui dipenderanno realmente le sorti del siderurgico nel breve volgere del tempo. Tra queste, ricopre un ruolo di primaria importanza il procedimento di riesame con valenza di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l’esercizio dello stabilimento siderurgico di interesse strategico nazionale Acciaierie d’Italia S.p.A. Che è attualmente in corso e sul quale torneremo breve. Ed all’interno del quale si gioca la partita più importante, quella della tutela dell’ambiente e della salute. Nella quale ha assunto negli ultimi anni un ruolo centrale la problematica relativa all’aumento delle concentrazioni di benzene rilevate dalle centraline nei comuni di Taranto e Statte. A partire dal dicembre 2019, è stato infatti rilevato un importante aumento delle concentrazioni medie mensili di benzene nelle centraline Direzione, Meteo Parchi e Tamburi-Orsini rispetto ai livelli che caratterizzavano gli anni precedenti, evento sul quale hanno più volte relazionato sia Arpa Puglia che l’Asl di Taranto, tanto da portare il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci a firmare lo scorso anno una nuova ordinanza in cui si chiede all’azienda di intervenire tempestivamente (vicenda che ha assunto ancora una volta i crismi della battaglia giudiziaria che potrebbe vedere presto un nuovo capitolo al Tar di Lecce) e la Procura di Taranto ad avviare un’inchiesta sulle cause di tale fenomeno. Che in realtà sono ben note e sulle quali abbiamo scritto diversi articoli. 

L’ultima novità in ordine di tempo è una breve relazione redatta da Arpa Puglia (scritta da diverse settimane ma protocollata soltanto martedì) in risposta ad una richiesta del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dello scorso aprile, con la quale, a seguito degli approfondimenti svolti da ISPRA e dalla stessa ARPA circa l’aumento delle concentrazioni di benzene rilevate dalle centraline della qualità dell’aria prossime ed interne allo stabilimento siderurgico, veniva richiesto “di considerare gli esiti di tali specifici controlli ed ispezioni nell’istruttoria in corso per il riesame con valenza di rinnovo dell’AIA: si chiede, nel caso, di indicare gli eventuali impianti e/o le fasi che necessiterebbero di misure integrative rispetto a quelle già presenti nell’AIA”.

Nella sua relazione ARPA richiama una precedente nota del 25/03/2024, con cui sono state trasmesse le relazioni predisposte a seguito dell’analisi dei dati acquisiti nel corso delle tre campagne di monitoraggio del benzene effettuate nei mesi da aprile a settembre 2023 presso le aree COK (cokeria) e SOT (sottoprodotti), le quali concludono che “le indagini svolte e le valutazioni di questa Agenzia, […], convergono nell’individuare l’area sottoprodotti degli impianti di cokeria dell’installazione Acciaierie d’Italia, come una rilevante sorgente emissiva di benzene”. Nel reparto sottoprodotti viene trattata la miscela di gas di cokeria che si sviluppa durante la distillazione di carbon fossile. Il gas di cokeria, infatti, deve essere depurato prima di essere immesso nella rete di distribuzione. In riferimento alla richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica “di indicare gli eventuali impianti e/o le fasi che necessiterebbero di misure integrative rispetto a quelle già presenti nell’AIA” al fine di poter “considerare gli esiti di tali specifici controlli ed ispezioni nell’istruttoria in corso per il riesame con valenza di rinnovo dell’AIA”, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale rappresenta al ministero che ad oggi, l’impianto SOT di AdI in AS risulta privo delle sottosezioni Denaftalinaggio e Debenzolaggio, entrambe originariamente presenti presso lo stabilimento di Taranto. Le due porzioni d’impianto erano destinate, come la stessa denominazione indica, alla raccolta dei composti organici naftalene e benzene, rispettivamente”. Acciaierie d’Italia, con domanda di AIA presentata nel febbraio 2023 “ha inteso proporre il ripristino del solo impianto di Denaftalinaggio – sottolinea l’ARPA – per poi riferire di “ulteriori interventi intrapresi” a seguito di prescrizioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, da parte di ASL-SPESAL, di cui non si conoscono i dettagli”.

Come ha relazionato già nel febbraio 2023 ARPA Puglia, il problema delle emissioni del benzene è legato in parte al mancato funzionamento dal 2014 dell’impianto di denaftalinaggio del benzene nel reparto SOT nell’area sottoprodotti (che andò a sostituire il precedente impianto chiamato debenzolaggio a partire dal 1979 dopo un gravissimo incidente mortale). Che venne fermato proprio dall’ARPA nel 2013 quando si scoprì che veniva mischiato al catrame che poi attraverso una condotta seminterrata veniva trasportato presso il terzo sporgente del porto di Taranto e da lì imbarcato per le più svariate destinazioni. E certamente non può essere un caso se nella richiesta di rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale presentata da Acciaierie d’Italia lo scorso anno, vi sia anche la richiesta di ripristino di tale impianto. Basti pensare che secondo calcoli effettuati di recente, con soli quattro gruppi termici in funzione quest’impianto è in grado di catturare 5 tonnellate al giorno di benzene che verrebbe raccolto e poi smaltito all’esterno dello stabilimento. Un intervento che tra l’altro non prevederebbe un esborso economico di chissà quale portata e che potrebbe rimettere in funzione l’impianto nel giro di pochissimo tempo. Ma il MASE ha già posto dei paletti all’azienda in tale senso. Il Gestore ha infatti richiesto di poter riutilizzare l’impianto di denaftalinaggio, attualmente non in esercizio. Tuttavia, dal ministero hanno evidenziato come nella scheda mancano tutti i riferimenti ai quantitativi prodotti e alla descrizione fisico-chimica delle sostanze. Non ritenendosi possibile la miscelazione al catrame (classificato come sottoprodotto) della naftalina, prodotto pericoloso, che per questo peggiorerebbe la qualità del catrame, per il MASE l’impianto potrà essere rimesso in funzione, a patto che il liquido prodotto dallo stripping in corrente di vapore contenente la naftalina rimossa sia gestito come rifiuto e avviato a smaltimento. 

Proseguendo nella sua relazione, l’Agenzia per spiegare meglio i termini della questione prende ad esempio lo schema di un impianto cokeria che è quello presentato nel documento Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Iron and Steel Production (BREF 2013), in cui è presente il relativo all’impianto Debenzolaggio (Crude benzene plant). “Si deve notare come il debenzolaggio non deve essere considerata una BAT, quanto invece una componente di base di un impianto Sottoprodotti, per sua definizione destinato alla raccolta ed al trattamento del Gas Coke grezzo, da cui devono essere estratti sottoprodotti, che sono anche commerciabili, come il catrame, l’olio leggero (costituito principalmente da BTX, ovvero benzene, toluene, xilene), lo zolfo, e l’ammoniaca (paragrafo 5.1.4.1 del BREF); lo stesso BREF, al paragrafo 5.1.4.6 descrive le tecniche utilizzabili per il recupero del benzene. In sintesi: 1) raffreddamento e compressione, 2) adsorbimento su adsorbente solido (carboni attivi), e 3) estrazione con solvente e successiva distillazione; il mancato trattamento completo del gas coke grezzo prima dell’utilizzo come combustibile è certamente foriero di corrosione delle tubazioni e degli impianti, e di emissioni in atmosfera (BREF 5.1.4.1)”. “Alla luce di quanto sopra rappresentato, con la presente si vuole porre all’attenzione del Ministero, e del Gruppo Istruttore AIA-IPPC per lo Stabilimento ex-Ilva di Taranto e degli attuali Commissari Straordinari, la necessità che, nelle more della conclusione, prevedibilmente non immediata, del procedimento di Riesame con valenza di rinnovo, sia ripristinato integralmente l’impianto Sottoprodotti, incluso l’impianto debenzolaggio. Pertanto, si invita codesto MASE a valutare l’adozione delle misure necessarie, ivi compresa l’imposizione del fermo produttivo della cokeria prima che essa sia dotata di tutte le sottosezioni impiantistiche destinate alla depurazione (lavaggio) del gas coke delle sue componenti organiche, incluso il benzene”.

Ricordiamo infatti che il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale è inoltre disposto, sull’intera installazione o su parti di essa, dall’autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando “a giudizio dell’autorità competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, l’inquinamento provocato dall’installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell’autorizzazione o l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite, in particolare quando è accertato che le prescrizioni stabilite nell’autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore”.

Sempre in relazione alla problematica benzene, Arpa Puglia ha partecipato a Torino dal 28 al 31 maggio al convegno PM2024. Durante il quale ha presentato un breve studio sulle “Campagne di monitoraggio di benzene con analizzatori GC trasportabili all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto”. Nel quale si riassumevano gli esiti di una serie di attività di monitoraggio, svolte da Arpa all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto, che hanno mostrato un importante contributo emissivo di benzene da parte dell’impianto SOT, contributo indispensabile per la ricostruzione modellistica della qualità dell’aria nell’area circostante. I risultati ottenuti hanno confermato la presenza di un’importante sorgente diffusa di benzene in area sottoprodotti. Non è mai stato superato il valore limite (TLV-TWA) di 3,25 mg/m3 sulle 8 ore (di cui all’allegato XLIII del D. Lgs. n. 81/08 e s.m.i.) tuttavia il valore più restrittivo introdotto dalla Direttiva (UE) 2022/431, pari a 660 µg/m3 , è stato superato in 7 eventi. Per venire incontro al lettore, ricordiamo che SOT significa sottoprodotti, e l’impianto è quello che raccoglie i prodotti volatili che escono dalla cokeria, dopo la distillazione che trasforma il carbon fossile in coke. Questo impianto comprendeva la fabbrica del benzene (detto comunemente benzolo), la fabbrica del naftalene (detto comunemente naftalina) e produceva il catrame. Tutti questi prodotti venivano raffinati e venduti all’industria chimica, o per usi edili o industriali. Essendo il benzene e il catrame cancerogeni dimostrati per l’uomo, ora questi non sono più commercializzabili.

Uno scorcio del reparto cokeria

A tal proposito i rappresentanti dell’Asl di Taranto (coadiuvati da quelli dell’AReSS) hanno più volte richiamato l’attenzione sulle preoccupazioni di carattere sanitario espresse in diverse occasioni e in ultimo con una nota del 28/12/2022, in particolare laddove si specifica che “Il rispetto del valore limite annuale di 5 μg/m3 fissato dal DLgs 155/2010 non garantisce l’assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell’area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute” e laddove si riporta l’affermazione IARC per cui per il benzene “non possono essere raccomandati livelli sicuri di esposizione” e che “sono necessarie azioni di Sanità Pubblica per ridurre l’esposizione al benzene nei lavoratori e nella popolazione generale” rappresentando in conclusione “…la necessità che si raggiunga nel più breve tempo possibile una netta riduzione delle emissioni di benzene al fine di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori dell’acciaieria”. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha infatti classificato il benzene come cancerogeno certo per l’uomo (Gruppo 1 A). L’evidenza è considerata sufficiente per la leucemia non linfocitica acuta, inclusa la leucemia mieloide acuta, ma vi è un’associazione anche con il linfoma non Hodgkin, la leucemia linfoide cronica, il mieloma multiplo, la leucemia mieloide cronica, la leucemia mieloide acuta nei bambini e il cancro al polmone. Inoltre, il benzene agisce a livello del midollo osseo provocando ematotossicità ed immunosoppressione, fino adanemia aplastica e pancitopenia in caso di esposizioni ad alte dosi. Tra l’altro, nel corso della riunioni intercorse negli ultimi due anni, è stato fatto anche presente che l’accettazione sociale per il rischio accettabile da parte della popolazione in questo caso viene meno, proprio in virtù del fatto che il benzene è correlato all’insorgenza dei tumori infantili, tematica sulla quale nessuno può permettersi qualsivoglia leggerezza.

Quello che ad esempio si potrebbe fare, è intervenire sul decreto 155 del 2010 per abbassare il valore limite medio annuale del benzene (ricordiamo che su 193 Stati membri dell’ONU soltanto 53, circa il 27%, si sono dotati di almeno un valore di riferimento per il benzene, nonostante esso sia un riconosciuto agente cancerogeno) da 5 μg/m3 ad un valore almeno di 2-2,5 5 μg/m3. Anche perché in tutti questi anni quel valore non è mai stato superato. Nonostante i tanti picchi registrati negli ultimi quattro anni. Picchi, è bene comunque evidenziato, superiori al valore significativo di 27 microgrammi a metro cubo stabilito dall’Office of Environmental Health Hazard Assessment (Oehha) della Environmental Protection Agency della California. I rappresentanti di ARPA hanno però più volte ricordato che nonostante siano rispettati a partire dal 2012, i valori limite ed obiettivo previsti dalla normativa di riferimento (D. Lgs. n.155/2010 Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa), nell’area di Taranto sono emerse criticità sugli andamenti di alcuni inquinanti gassosi, tra cui il benzene (C6H6) ed il biossido di zolfo (SO2). Che come sottolineato altrettanta volte dall’Asl di Taranto hanno un impatto sulla salute. E’ chiaro quindi che per gli enti di controllo la problematica relativa al benzene non è affatto da sottovalutare. E che per essere risolta nell’eventuale rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale bisognerà imporre all’azienda che gestisce gli impianti di ripristinare gli impianti di denaftalinaggio e debenzolaggio. Certo, appare quasi del tutto impossibile che venga imposto all’azienda di fermare la cokeria, perché questo di fatto significherebbe stoppare l’attività produttiva del siderurgico. Eventualità ad oggi da escludere visto che tra l’altro nel 2024, a causa della produzione ai minimi termini, le emissioni di benzene sono nettamente calate. Ma è chiaro che non si può escludere la possibilità che a fronte di un rinnovato e comprovato pericolo imminente per la salute della popolazione, l’impianto possa subire la sospensione almeno parziale e temporanea della sua attività sino a quando non sarà dotato di tutte quelle sezioni atte ad impedire la diffusioni delle emissioni di benzene. Soprattutto dopo la sentenza della Corte Europea in cui la possibilità di sospendere un’autorizzazione è stata messa nero su bianco.

Infine, vi lasciamo con un’ultima considerazione. Per ogni tonnellata di coke, si ottiene all’incirca 10 kg di benzene, oltre a circa 50 kg di catrame, il che dà, per i tre milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2023 (che corrispondono a circa 15 milioni di tonnellate di coke) sempre all’incirca 150 tonnellate di benzene e 750 tonnellate di catrame, solo in un anno. Sarebbe interessante sapere che fine abbiano fatto.

Nessun commento:

Posta un commento