Lo
strazio di Laura Trio, mamma di Alessandra, la più giovane tra le
persone che persero la vita nel disastro ferroviario del gennaio
scorso
di
GABRIELE MORONI
Offanengo
(Cremona), 2 dicembre 2018 - «Il colpevole, i colpevoli. Da
me non meritano niente,
nemmeno il mio disprezzo, il mio odio. È un lusso che non meritano.
Sono stanca. Moralmente. Fisicamente. Ho perso la voglia di vivere,
di sognare, di fare progetti. Se n’è andato tutto con mia figlia».
C’è un’amarezza infinita nella voce e nelle parole di Laura
Trio, la madre di Alessandra
Giuseppina Pirri,
impiegata di 39 anni, di Capralba, la più giovane delle tre vittime
della sciagura
di Pioltello. «Sì, il pezzetto di binario di 23 centimetri,
la tavoletta di legno. Mi sembra che le cose siano le solite e che
non ci si muova di lì. Aspetto. Aspettiamo. In teoria dovremmo
essere i primi a essere informati, a sapere. Invece siamo senza
notizie, noi e il nostro avvocato. Ma sapere che la colpa sia di
questo piuttosto che di quell’altro non mi cambia la vita».
Perché,
signora? «Perché
era già cambiata, è cambiata quel giorno, con quello che mi è
venuto a mancare. Avevo una figlia, l’ho perduta. Il mio tutto è
andato via. Sono come una bandierina, che va a destra o a sinistra
secondo come tira il vento. Mi dico: se sai com’è successo ti
arrabbi, se non sai ti pare che sia finito tutto nel dimenticatoio. E
fra poco sarà un anno».
E
se un giorno si dovesse accertare che è successo perché sostituire
i binari era troppo complicato, troppo costoso e si è voluto
risparmiare? «Vede,
se a fare del male a mia figlia fosse stato un singolo, un assassino,
un pirata della strada, sarei andata fuori ad aspettarlo. Qui è il
sistema. Questo mi fa sentire un granello davanti al mare. Sono una
madre che ha perso la figlia Perché queste persone devono avere la
mia rabbia, il mio odio. No, non lo meritano. Odio e amore vanno di
pari passo. Io ho amato. Ho un’altra figlia, certo, e l’amo con
tutta me stessa. Alessandra era la prima, l’ho avuta a 23 anni,
siamo cresciute insieme. Nessuno me la ridarà più».
Crede
ancora nella giustizia? «Ci
credo. Non ho mai preso nemmeno una multa. Ci credo. Sarei contenta
di vedere la parola fine. Sono credente, so che esiste la giustizia
di Dio e a quella qualcuno dovrà rendere conto. Ma vorrei
rassegnarmi. Vorrei realizzare che lei non torna più. È un chiodo
fisso. E spunta fuori ogni momento, anche se vorrei riuscire a non
pensare. Mi sto lasciando vivere. Ho un’altra creatura da portare
avanti. Cosa mi cambia sapere che il colpevole è questo o quello?».
Com’è
oggi la sua vita? «Sono
stata una persona allegra, socievole. Non adesso. Non più.
Sopravvivo. Siamo seguiti da uno psicologo. Vado al cimitero quando
so che non c’è nessuno che mi ferma e mi chiede ‘ma lei non è
la mamma di ?’. Sta per arrivare Natale, il primo senza di lei. Ho
amato tanto il Natale. Non ho messo fuori neppure una lucina e non la
metterò. Non abitiamo più a Capralba, da una settimana ci siamo
trasferiti vicino, a Offanengo. Sono scappata da quella casa. Ovunque
mi rigirassi, incontravo gli occhi di mia figlia».
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