mercoledì 26 febbraio 2014

20 gennaio: LA MILITARIZZAZIONE DEGLI OSPEDALI NON E' LA SOLUZIONE MA IL PROBLEMA...

....che lavorare negli ospedali, principalmente, nei reparti di frontiera come i Pronto Soccorsi, sia diventato più un problema di ordine pubblico che di Cura è una realtà oggettiva. Ma che, come chiedono alcuni sindacati autonomi -filo fascisti- come la Fials, la "soluzione" sia un maggior numero di forze di polizia e telecamere nelle corsie, è da un lato un falso -perché già vi sono troppe telecamere e poliziotti, troppe, è il loro ruolo di fatto è quello di controllo dei lavoratori e repressione degli stessi (basti ricordare le cariche poliziesche dentro il San Raffaele durante la lotta contro i licenziamenti)-; dall'altro lato è la foglia di fico, sia per confederali che autonomi, di mascherare che le vere emergenze e pericoli per i lavoratori e lavoratrici della Sanità, sono: Privatizzazione-Diritto alla Salute e Sicurezza negati-Rinnovi dei contratti-Nuove assunzioni contro lo sfruttamento selvaggio ai limiti dello schiavismo-ecc. Di fatto tutto il marciume che questi sindacati di regime hanno concordato con padroni e governo sulla nostra pelle. Ve la diamo noi la soluzione: un sindacato di classe che spazzi via questi vermi e renda protagonista la Ribellione e Lotta dei lavoratori.
Slai Cobas "Istituto Tumori", Milano
Infermieri dell’ospedale col fischietto al collo per difendersi dai violenti
Milano, 19 gennaio 2014 - Un clima di tensione costante, denuncia la Fials, e due episodi più gravi negli ultimi sei mesi al Ps dell’ospedale Sacco: sempre di notte e nel weekend. Il 27 luglio 2013, un sabato sera, un ubriaco arrivato dopo una caduta in bicicletta si è scagliato prima a parole contro i vigili (che dopo i rilievi sono andati via), poi fisicamente contro due infermieri, ferendoli alle mani (uno, che ha avuto una frattura, è tornato al lavoro dopo tre mesi e mezzo) prima di essere immobilizzato fino all’arrivo della volante (sollecitata per due volte). All’alba del 15 dicembre scorso, una domenica, un trentenne reduce da un incidente, dopo aver rifiutato i test di sangue e urine, ha dato in escandescenze per venti minuti (in attesa del 113), minacciando gli infermieri, facendo fuggire gli altri pazienti e menando calci e pugni sul vetro dell’accettazione fino a sanguinare. Al Pronto soccorso dell’ospedale Sacco di Milano il turno meno ambito è quello di notte, le notti meno ambite sono quelle del weekend. Gli infermieri, per difendersi dalle aggressioni di pazienti ubriachi, drogati o solo prepotenti, possono soffiare forte nel fischietto. Sì, hanno il fischietto: lo si vede penzolare dall’uniforme, «da circa un mese l’azienda ospedaliera l’ha distribuito al personale in servizio all’emergenza-accettazione», spiega un responsabile del sindacato Fials. Volevano la guardia giurata, è arrivato lo zufolo: se serve aiuto fischia, un po’ come i naufraghi del Titanic. La guardia, non armata, era stata ingaggiata la scorsa estate, dopo che due infermieri erano stati picchiati da un ubriaco. È andata via il 15 ottobre: «In relazione agli interventi fatti presso Polizia di Stato e locale affinché garantiscano l’effettiva presenza negli orari concordati», e poi costa troppo, ha scritto la direzione dell’ospedale, nella risposta a una nota di protesta della Fials, il 18 dicembre. Tre giorni prima un altro ubriaco aveva seminato il panico per venti minuti tra lavoratori e pazienti. Da mesi i sindacati protestano per i rischi, le minacce, la tensione e la paura che accompagnano le notti difficili al pronto soccorso del Sacco. Che sta alla periferia Nord-Ovest di Milano, tra l’area Expo e Quarto Oggiaro: in attesa dei visitatori, il bacino primario è il quartiere di frontiera con le sue emergenze e càpita persino, raccontano alcuni operatori, d’esser costretti ad accantonare i codici-colore e far passare certi personaggi noti anche alle forze dell’ordine. «È ingiusto, ma ci lasciano soli». Al Sacco, dalle 7 alle 22, ci sono due guardiani notturni; ma stanno in portineria centrale, a duecento metri dal pronto soccorso, impegnati in compiti vari. Nel Ps c’è la postazione dei vigili; ma sono in servizio dalle 7 alle 24, il sabato solo mattina o pomeriggio, domenica niente. C’è il posto di polizia, presidiato, in teoria, da cinque agenti armati 24 ore su 24; ma anche la Questura ha problemi di organico o «diverse priorità, in caso di assenza il turno non viene sempre garantito», chiarisce il direttore generale alla Fials. Durante le aggressioni di luglio e di dicembre infatti non c’era nessuno, gli infermieri hanno dovuto chiamare il 113. «Almeno mettano un cartello in astanteria, che indichi che la polizia c’è», protesta un responsabile del sindacato, che ha appena fatto partire una petizione per chiedere la guardia giurata notturna stabile al pronto soccorso. «Se l’ospedale non se la può permettere, che la paghi la Regione. Serve un deterrente, quel che è stato fatto non basta». Negli ultimi due anni un gruppo di lavoro coordinato dal direttore sanitario ha prodotto: accesso con badge al triage e ai box d’urgenza, eliminazione degli specchi e blocco delle suppellettili (per evitare che qualcuno le usi come armi), un questionario per registrare le aggressioni, «proposte formative» per il personale. L’azienda «sta valutando» altri interventi, come l’incremento delle telecamere nei lunghi corridoi che collegano il pronto soccorso ai reparti, deserti o malfrequentati di notte. Ma «la guardiania notturna, con specifici compiti di prevenzione», no: «L’impegno economico si rivela significativo in quanto si configurerebbe come un servizio aggiuntivo agli attuali assetti aziendali», scriveva a dicembre il dg. Da allora, spiega la Fials, ai dispositivi di sicurezza s’è aggiunto «un campanello, installato per il momento al triage e al posto di polizia. Ma se è vuoto, chi risponde all’allarme acustico?». Lo stesso vale per l’altra novità, il fischietto: «Posso fischiare dopo che mi hanno picchiato», osserva un infermiere.
giulia.bonezzi@ilgiorno.net


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