giovedì 7 agosto 2014

6 agosto: La schiavitù 2.0 - l'esempio Foxconn


dagli amici di gongchao (mars 2013)
http://www.gongchao.org (Traduzione: clashcityworkers.org)

1 Prologo
Foxconn è la più grande azienda terzista del mondo nel settore elettronico, e nelle sue grandi fabbriche in Cina ed altri paesi, produce per Apple, Sony, Google, Microsoft, Amazon ed altre marche. I lavoratori della Foxconn sono gli “iSlaves” (“schiavi 2.0″) che in terribili condizioni di lavoro producono i nostri apparecchi elettronici – come gli iPhones, i Kindles o le Playstations. Nel 2010, una serie di suicidi tra i lavoratori scosse le fabbriche cinesi della Foxconn e richiamò l’attenzione del mondo intero. Messa sotto pressione dalle grida di protesta, la Foxconn promise un miglioramento delle condizioni di lavoro ed un aumento dei salariali, ma in realtà da allora la situazione non è cambiata in meglio; la Foxconn ha accelerato le delocalizzazioni verso l’entroterra cinese, impiega studenti-apprendisti e quindi manodopera ad ancor più basso costo, nasconde gli incidenti sul lavoro per risparmiare e continua ad amministrare adoperando un regime paramilitare.1 Ad ogni modo, i lavoratori della Foxconn sono lungi dall’essere le vittime silenti dello sfruttamento e della repressione dell’azienda. A parte le forme di resistenza quotidiane contro i ritmi della catena di montaggio, i lavoratori della Foxconn hanno organizzato scioperi e rivolte.
2 Produzione miserevole
Le aziende terziste sono compagnie che offrono le proprie capacità produttive a marche prive di fabbriche vere e proprie, un sistema sviluppato negli anni 1970 e 1980 non solo nel settore elettronico, ma anche in quello tessile e calzaturiero. Molte di queste fabbriche si trovano in zone economiche speciali in paesi a basso costo della manodopera – in Asia, America Latina ed Europa dell’Est. Dagli anni 1980 la Foxconn è cresciuta, passando dall’essere una piccola prestatrice d’opera ad una delle più grandi aziende manifatturiere del mondo, con più di un milione di lavoratori nella sola Cina. Nelle sue fabbriche con decine, o addirittura centinaia, di migliaia di lavoratori nei centri industriali di tutto il paese (come Shenzen, Kunshan, Taiyuan, Hangzhou, Chengdu, Zhengzhou, Langfang) Foxconn gestisce “in-house” (internamente) quasi tutti i processi di sviluppo e produzione dei prodotti elettronici e le sue strutture includono tanto la manifattura low-tech quanto l’assemblaggio high-tech. Foxconn ha affinato un sistema produttivo che rappresenta un modello per le aziende che producono per il mercato mondiale e nelle filiere mondiali di produzione.
3 Semplicemente sfruttamento
“iSlave” può esser inteso come “I (io) slave (faccio da schiavo)”2: vuol dire servire padroni nell’era di internet, essere soggetti allo sfruttamento capitalistico ed ad un violento regime di fabbrica. Le condizioni di lavoro nella Foxconn seguono un processo lavorativo Taylorista per quanto riguarda la catena di montaggio e le postazioni lavorative, un sistema di turni con straordinari obbligatori ed in parte non pagati, un controllo sul lavoro rigido e spesso dispotico, ritmi di lavoro veloci ed intensi ed un ambiente lavorativo pericoloso sia a causa dell’utilizzo di macchinari ad alto rischio sia per via di materiali tossici, che porta ad incidenti e malattie professionali.3 Le forme autoritarie di gestione comprendono controlli rigidi sul lavoro, punizioni severe anche per piccole “trasgressioni”, perquisizioni corporali da parte dei servizi di sicurezza aziendali, ed altro ancora. I dormitori sovraffollati dove la maggior parte dei lavoratori vivono sono l’estensione del luogo di lavoro e della catena di montaggio, con cancelli sorvegliati, pulizie obbligatorie per i residenti e una distribuzione di lavoratori di diversi dipartimenti e turni nello stesso dormitorio, che conduce ad isolamento, privazione di sonno e conflitti tra lavoratori – una politica usata dalla Foxconn per dividere i lavoratori e prevenire la resistenza collettiva.
4 A prezzo più che stracciato
La maggior parte degli operai sono migranti tra i 16 ed i 25 anni, il 60% dei quali maschi4. Sono pagati generalmente tra i 1300 ed i 2300 RMB al mese (inclusi straordinari tra i 160 e i 280 RMB). A livello nominale questo è oltre il salario minimo regionale, ma non abbastanza per stabilirsi in città, avere una famiglia e permettersi la vita che si desidera. Per aggirare la legislazione sul lavoro, inclusa quella che regola il salario minimo, Foxxcon impiega ogni anno anche decine di migliaia di studenti delle scuole tecniche ed “apprendisti” di 16-18 anni5. Spesso sono obbligati dalla scuola stessa a lavorare, come parte della loro formazione al lavoro e formalmente svolgono apprendistati al fine di sviluppare “competenze lavorative”. Ma di fatto lavorano sulla catena di montaggio accanto agli altri lavoratori, per salari più bassi e vengono facilmente licenziati senza compenso. Questi studenti fungono da riserva di manodopera flessibile e molte altre compagnie in Cina, oltre la Foxxcon, hanno accesso a questa scorta di lavoratori.
5 Ribellioni e rivolte
La storia degli iSlave è una storia di sfruttamento e repressione – e di quotidiana resistenza e lotta. Questo lotte riguardano il comando capitalistico ed il controllo della produzione, l’intensità e la velocità del lavoro (produzione di valore di scambio) così come la qualità delle merci prodotte (produzione di valore d’uso). I lavoratori della Foxxcon si lamentano di un insieme di problemi: i bassi salari, i ritmi meccanici brutali, l’insensatezza e la noia del lavoro, la pericolosità dell’ambiente di lavoro, il dispotismo dei superiori ed il sovraffollamento dei dormitori. Paragonano la Foxconn ad una prigione, il cibo della mensa a mangime di maiali, odiano la sfiancante fatica quotidiana durante e dopo il turno e dicono cose come: “Se stai a lungo alla Foxconn diventi scemo!” o “La Foxconn mi ha tradito, gliela farò pagare!”6 A parte il “voto con i piedi” – la Foxconn ha un alto turn-over di manodopera –, i lavoratori ricorrono frequentemente a forme di resistenza quotidiane come il sabotaggio o i rallentamenti e qualche volta si impegnano in lotte collettive come gli scioperi, per esempio negli stabilimenti di Zhengzhou ad Ottobre 2012 e a Fengcheng a Gennaio 2013. Quando queste forme di lotta sono state bloccate dal regime paramilitare della Foxconn, sono scoppiate anche rivolte, come in Chengdu a Giugno 2012 ed in Taiyuan a Settembre 2012.7
6 Risolvere l’irrisolvibile
In molti centri industriali di tutta la Cina, il numero di lotte dei lavoratori migranti è cresciuto sin dai primi anni 2000 – raggiungendo un primo picco con l’ondata degli scioperi nell’industria automobilistica nell’estate 2010. Le aziende sono state costrette ad alzare i salari. Un fattore determinante è stata la paura del Partito Comunista Cinese (PCC) che le agitazioni operaie potessero destabilizzare il suo comando, cosa che lo ha portato ad alzare il salario minimo regionale ufficiale di una media annua del 12.5% dal 2006 al 2011, con una ulteriore crescita annua prevista di almeno il 13% entro il 2015.8 Foxconn si è ritrovata sotto la pressione dell’opinione pubblica dopo la serie di suicidi nelle fabbriche Cinese nel 2010 ed ha alzato i salari (giusto per tagliare premi e straordinari), ma ha anche accelerato la delocalizzazione delle unità produttive dalla costa Sud-Est all’entroterra Cinese, dove i salari sono fino al 50% più bassi. Nel far ciò, ha sfruttato la competizione per ottenere investimenti tra regioni e tra municipalità ed ha ricevuto abbondante supporto finanziario statale. Allo stesso tempo Foxconn ha continuato ad investire in nuovi macchinari e tecnologie, finadesso non tanto per sostituire lavoro umano, ma per dequalificarlo e svalorizzarlo ulteriormente ed ottimizzare il suo assoggettamento ai ritmi dei macchinari. Ad ogni modo, né la soluzione spaziale, né quella tecnologica, sono riusciti a risolvere l’irrisolvibile: dopo il 2010, la maggior parte delle lotte note sono avvenute nelle fabbriche dei nuovi siti di sviluppo.
7 Tattiche diversive
Per anni il PCC ha provato a prevenire i disordini operai non solo attraverso l’innalzamento dei salari minimi e la repressione, ma anche canalizzando lo scontento proletario nei corpi intermedi, nei tribunali del lavoro e nell’impegno diretto degli uffici del lavoro. Dato che queste misure non hanno scongiurato il ricorrere di ondate di disordini negli ultimi anni – nello specifico la grande onda dell’estate 2010 –, il PCC si sta ingegnando in trasformazioni del sistema sindacale, in parte rimpiazzando le nomine dall’alto dei quadri sindacali e permettendo le elezioni dei delegati sindacali nei reparti di alcune aziende con una storia recente di agitazioni operaie (come lo stabilimento dell’Honda a Foshan dove ebbe inizio l’onda di scioperi del 2010). Ad inizio 2013, la Foxconn annunciò che avrebbe tenuto delle elezioni sindacali nei reparti fino a Luglio e quindi ogni cinque anni. Il sindacato ufficiale del PCC è attivo negli impianti della Foxconn sin dal 2006, sotto stretto controllo della dirigenza aziendale. Una legittimazione “democratica” dei delegati sindacali dei reparti si suppone possa contrastare l’immagine di “fabbrica sfruttatrice” della Foxconn. La Foxconn vuole minare la resistenza autorganizzata che è alla base degli scioperi e delle altre azioni dei lavoratori. La riforma dei sindacati garantirà maggiori informazioni alla direzione aziendale in merito alle insoddisfazioni dei lavoratori, così che possa prendere le contromisure necessarie a prevenire sin da subito azioni collettive.
8 Semplici macchine di fango
La Foxconn si attira moltissime critiche ed attacchi per via dello sfruttamento brutale e delle pesanti condizioni di lavoro – così come la Apple: la compagnia statunitense è una scintillante etichetta erta a simbolo di una cultura capitalistica globale fondata su forme spietate di schiavitù salariale – nelle aziende fornitrici come la Foxconn, nei rivenditori Apple (Apple-stores), ed in altri luoghi. La campagna internazionale contro queste compagnie inizio già prima dei suicidi del 2010 e mira a gettar discreto, aumentare la pressione dell’opinione pubblica e ad organizzare boicottaggi – sperando che questo spingerà la Foxconn a migliorare le condizioni.9Quanto impatto abbia avuto questa campagna è difficile dirlo. Ad esser onesti, Apple è preoccupata delle ricadute della sua immagine sulle vendite, ma finadesso la Apple e la Foxconn si sono limitate a promesse teatrali e cambiamenti di facciata. Ma che altro potremmo aspettarci? La reale pressione è dovuta all’alto turn-over della forza lavoro misto alla carenza di lavoratori nei centri industriali cinesi ed alle frequenti lotte operaie negli stabilimenti Foxconn. Ad ogni modo, non si tratta tanto dell’efficacia delle “macchine del fango” contro certe compagnie. La maggior parte di queste campagne rischiano di portare (o aggravare) i seguenti problemi: (1) spesso si limitano a critiche dell’ “ultra-sfruttamento”, dei “capi crudeli”, di “aziende non democratiche”, o “antisindacali”. Questo le porta a richiedere una direzione “socialmente responsabile”, una mediazione “democratica” nei conflitti tra capitale e lavoro, o peggio: l’intervento dello Stato (autoritario) per stabilire o riportare la “giustizia sociale”; (2) spesso promuovono sindacati (indipendenti), la contrattazione collettiva, o altre forme di negoziato tra capitale e lavoratori; (3) domandano un supporto delle lotte dei lavoratori dall’esterno, dai “consumatori” dei “paesi ricchi” ai “produttori”, presentati come deboli (o come vittime), dei “paesi poveri”.
9 Niente più schiavitù (iSlavery)
Al di là delle buone intenzioni, (1) queste critiche semplicistiche (ideologiche) del capitalismo portano all’illusione di possibili cambiamenti profondi attraverso mediazioni riformiste. Piuttosto che un’oscillazione tra lotte operaie e soluzioni capitalistiche, all’interno dello schema di un capitalismo riformato, la lotta di classe riguarda l’abolizione dello sfruttamento. Inoltre, (2) i lavoratori della Foxconn miglioreranno le loro condizioni se svilupperanno il potere operaio espresso attraverso il rifiuto del lavoro tramite scioperi o altre forme di lotta negli impianti Foxconn. Qualsiasi sindacato in sede di contrattazione collettiva può negoziare accordi favorevoli solo e fintanto che i lavoratori sono in grado di portare avanti questo tipo di azioni collettive. In ultimo, (3) la misinterpretazione fatale di come porre le basi per un’unione delle lotte dei soggetti proletari a livello globale amplifica le divisioni tra le classi lavoratrici di diverse parti del mondo. In tempi di profonda crisi capitalistica, con nuovi movimenti di classe in tutto il mondo che manifestano la loro capacità di autorganizzazione, le campagne hanno senso se attaccano tutte le strutture capitalistiche di sfruttamento, non cercano mediazioni interclassiste, e si basano su di un mutualismo solidale tra pari. La solidarietà è possibile quando soggetti (potenzialmente) ribelli e capaci di azione condividono scopi comuni e connettono le proprie lotte. Nel caso della Foxconn, ciò significa che gli operai delle fabbriche della Foxconn in Cina (o in Repubblica Ceca o altri paesi), i minatori del coltan in Congo, i commessi degli Apple store e dei Call Center di tutto il mondo ed altri, lottino contro il loro proprio sfruttamento e si relazionino allo sfruttamento ed alle lotte dell’intera filiera produttiva.
10 Epilogo
Ciò che impressiona della Foxconn non è il lato aberrante ed eccezionale, bensì l’abitudinarietà e l’apparente normalità dello sfruttamento e della mortificazione. Il termine iSlave non riguarda solo questa particolare forma di schiavitù salariale, ma l’essenza dello sfruttamento mediante il lavoro salariato stesso: la subordinazione ad un regime autoritario di produzione, l’estrazione di plusvalore attraverso processi lavorativi massacranti. In altre parole, l’oscena forma dello sfruttamento nella Foxconn non ha origine nelle menti diaboliche dei capitalisti a capo dell’azienda (benché effettivamente ce l’abbiano), ma nella logica dell’accumulazione capitalistica. La gestione dispotica è una strategia per dominare e spremere la forza lavoro, ed in quanto tale, una reazione alla resistenza quotidiane ed alle lotte “dal basso” degli operai. La lotta quotidiana degli iSlaves riguarda quanto ed a quale prezzo verrà sfruttata la loro forza lavoro – o il fatto stesso di dover fare un lavoro estenuante, monotono e pericoloso in fabbrica. Non sono degli ingranaggi sottomessi nel macchinario del capitale – come li vede il punto di vista del capitale – ma una forza che interferisce costantemente con i piani di produzione e riproduzione del capitale. I lavoratori della Foxconn esprimono il conflitto di classe nella fabbrica globale Cinese, ed in quanto tali, le loro lotte sono parte delle intensificatesi lotte di classe globali che sono la fonte ed il risultato della crisi del capitalismo stesso. Se il potere dei lavoratori nella fabbrica globale Cinese cresce fino al livello di distruggere l’attuale filiera globale di accumulazione, tutto è possibile. Non stiamo semplicemente a guardare, aspettare, e sperare.
* * *

Yang, studente ed operaio in linea – “Il macchinario è il tuo signore e padrone”10
Le quote di produzione ed i controlli-qualità opprimono i lavoratori tanto quanto l’uso della violenza verbale. Questo era lampante durante le assemblee mattutine. Innanzitutto ognuno veniva chiamato per nome. Dopodiché il caporeparto spiegava i compiti del giorno ed indicava problemi come la mancanza di pulizia nel luogo di lavoro, il disordine delle postazioni, le chiacchiere durante l’orario di lavoro ed il lavoro svolto male. Ogni mattina dovevamo ascoltare questa predica. (…) Il sorvegliante sottomette il lavoratore, i macchinari esautorano la capacità dell’operaio di esperire il significato ed il valore della vita. Il lavoro non richiede nessuna capacità di pensiero autonomo. Ogni giorno gli stessi movimenti corporei basilari sono ripetuti, e così l’operaio perde piano piano ogni sentimento e diventa apatico. Non sono più presenti a sé stessi. Ho realizzato come, durante il lavoro, avessi frequenti blackouts. Avevo già interiorizzato tutti i movimenti ed all’improvviso mi ridestavo senza sapere se avessi già preparato o meno l’ultimo pezzo. Mi toccava chiederlo ai colleghi. (…) Il macchinario sembra una strana creatura che risucchia materie prime, se le digerisce, e le sputa fuori nella forma del prodotto finito. Il sistema di produzione automatizzato semplifica i compiti dell’operaio, che non ha più nessuna funzione importante. Sono loro piuttosto che servono la macchina. Abbiamo perso il valore che dovremmo avere in quanto esseri umani, e siamo diventati un’estensione delle macchine, le loro appendici, sì, i loro servi. Ho spesso pensato che la macchina fosse il mio signore e padrone, i cui capelli dovessi pettinare in quanto suo schiavo. Non potevo pettinare troppo velocemente, né troppo piano. Dovevo pettinarli metodicamente ed ordinatamente, nessun capello doveva rompersi, nessun capello cadere. Se non l’avessi fatto nella maniera giusta, sarei stato fatto fuori. (…) Un giorno una lavoratrice mi disse che a Gennaio dello stesso anno gli straordinari non vennero pagati e di conseguenza gli operai incrociarono le braccia. (…) Alcuni avevano preso l’iniziativa e quel giorno si rifiutarono di fare gli straordinari. Gli altri lavoratori della linea si unirono immediatamente ed alla fine del turno ordinario, molta parte degli operai non fecero gli straordinari e lasciarono la linea. Alcuni di quelli che avevano preso l’iniziativa all’epoca in seguito lasciarono l’azienda o vennero trasferiti in altri dipartimenti. In linea si potevano osservare i vari modi in cui gli operai provavano a battere la fiacca. Un giorno il mio collega Ming mi venne vicino. Siamo buoni amici, ma ancora mi chiedevo come facesse a non avere nulla da fare durante il suo turno. “Il mio apparecchio si è rotto”, disse. “Fantastico!”, risposi. Rimase lì un po’ e poi mi sussurrò: “Ho danneggiato apposta la strumentazione. Ho dovuto soltanto spingere il pulsante di emergenza, e l’apparecchio si è fermato. Ho riavviato e rimesso tutto com’era, così che nessuno possa sapere cos’è successo”. Un altro lavoratore mi disse che quando c’era troppo lavoro o quando voleva avere un po’ di pace, trattava i pezzi normali come fossero degli scarti e li distruggeva così da doverli rifare. In questo modo poteva ridurre la quota dovuta di produzione e rallentare l’andatura del lavoro. Disse “I miei colleghi del turno notturno hanno scartato addirittura due scatoloni di pezzi normali”. Chiaramente, c’è una forma semplice e diretta di resistenza: votare con i piedi, cioè semplicemente andarsene. Una volta, dopo un turno, ricevetti un SMS di un lavoratore: “Me ne vado! Niente di strano, semplicemente non ho intenzione di sopportare ancora la tortura notturna”. Stava lavorando alla Foxconn da giusto 35 giorni.
Note
1 Queste sono le conclusioni di un progetto di ricerca alla Foxconn documentato nel libro: Pun Ngai, Lu Huilin, Guo Yuhua, Shen Yuan (2012): Wo Zai Fushikang (Io alla Foxconn), Pechino. Attualmente c’è una versione tedesca del libro, mentre è quasi ultimata una versione inglese ed è in preparazione una italiana. Più info qui: http://www.gongchao.org/de/islaves-buch (in tedesco)
2 La  parola “Schiavo” deriva dall’antico Francese “sclave”, dal Latino medievale “sclavus”, dal Greco Bizantino σκλάβος (sklábos). Questa parola, a sua volta, deriva dall’etnonimo Slav, perchè in varie guerre dell’Alto medioevo molti Slavi vennero catturati e schiavizzati (http://en.wikipedia.org/wiki/Slave); la “i” di iPhone o iPad sta per “internet”, ma anche per individuo, per la parola inglese “I” (io), si veda: http://www.quora.com/History-of-Apple-Inc/How-did-Apple-choose-the-i-naming-convention-iMac-iPod
3 Più info in inglese qui: http://www.gongchao.org/en/islaves-struggles. Un interessante intervista con un ex-lavoratore che descrive le condizioni di lavoro si può trovare qui: http://www.youtube.com/watch?v=lhf0tgtXd8c&feature=youtu.be
4 Questo è cambiato negli ultimi dieci anni. Una volta, la grande maggioranza dei lavoratori era donna, ma a causa della carenza di manodopera nei centri industriali, in particolare nel Delta del Fiume delle Perle, Foxconn ha iniziato ad ingaggiare più lavoratori maschi.
5 Gli apprendisti costituiscono fino al 15% della forza lavoro totale della Foxconn nel 2010: Pun Ngai/Chan, Jenny: The Spatial Politics of Labor in China: Life, Labor, and a New Generation of Migrant Workers. The South Atlantic Quarterly 112:1, Winter 2013
6 Per altre storie operaie si veda: Pun Ngai, Lu Huilin, Guo Yuhua, Shen Yuan (2012), menzionato nella nota 1
7 Per una lista degli scioperi e delle rivolte negli stabilimenti Foxconn si veda la tabella in: http://www.gongchao.org/en/Texts/2013/list-of-labor-unrest-at-foxconn
8 Si veda: http://www.reuters.com/article/2012/02/08/us-china-economy-jobs-idUSTRE8170DY20120208; stando ad un’altra rilevazione, “i salari reali misurati col valore del dollaro del 2005 sono saliti del 350% negli ultimi 11 anni” in Cina:http://www.ft.com/intl/cms/s/0/7412b714-6fc3-11e2-8785-00144feab49a.html#axzz2LeN0U055
9 Su queste campagne si veda ad esempio il sito si “Good Electronics” http://goodelectronics.org/ e di “Make IT Fair”http://makeitfair.org
10 Estratto da Pun Ngai, Lu Huilin, Guo Yuhua, Shen Yuan (2012), menzionato in nota 1


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