APPELLO ALLA DIRIGENZA DELL'UNIONE
SINDACALE DI BASE IN MERITO ALLA DECISIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE
CONFEDERALE DI ADERIRE AL TESTO UNICO SULLA RAPPRESENTANZA DEL 10 GENNAIO
2014
Quello del 10 gennaio 2014 fra
Confindustria e sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil) – denominato “Testo
Unico sulla Rappresentanza” – è l'accordo sindacale più corporativo del
secondo dopoguerra. Con esso la minoranza di ogni RSU deve sottomettersi
alle decisioni della maggioranza, a pena di sanzioni, anche economiche. Ciò
significa che, se la maggioranza della RSU sigla un accordo aziendale
peggiorativo per i lavoratori, i delegati della minoranza non possono
indire scioperi contro di esso.
Il Testo Unico stabilisce poi che
possano far parte delle RSU e godere delle cosiddette prerogative sindacali
solo i sindacati che lo sottoscrivono. Infine conferma la derogabilità al
contratto collettivo nazionale di lavoro, su quasi tutte le materie,
sancendone la demolizione.
Naturalmente, un sindacato che non sottoscrivesse tale accordo, sarebbe
libero di organizzare scioperi, senza dover sottomettersi al volere della
RSU ma si troverebbe privato delle prerogative sindacali, cioè i cosiddetti
“diritti del sindacato in azienda”: partecipazione alla RSU, permessi
sindacali, possibilità di indire assemblee sul luogo e in orario di lavoro,
disponibilità della bacheca sindacale, riscossione delle quote sindacali
col metodo della delega (l'azienda preleva dal salario del lavoratori la
quota sindacale e la gira al sindacato). Questo a meno che non abbia la
forza di costituire, contro l'azienda e i sindacati firmatari del Testo
Unico sulla Rappresentanza, una RSA.
Il sindacalismo di base inizialmente
ha rigettato il Testo Unico compattamente. Successivamente, però, vi hanno
aderito la Confederazione Cobas e pochi giorni fa l'ORSA.
La motivazione adotta è semplice: si ritiene che non sia possibile svolgere
attività sindacale senza le prerogative sindacali sopra menzionate.
La storia del movimento operaio e
sindacale fornisce invece l'insegnamento opposto. Il sindacalismo di classe
è nato e cresciuto senza questi “diritti del sindacato in azienda”: le
assemblee si svolgevano nella sede territoriale del sindacato, le Camere
del Lavoro, sacrificando il tempo libero, lontano dagli occhi delle spie
padronali, in riunioni che coinvolgevano i lavoratori al di sopra delle
divisioni aziendali, rafforzando così i legami di fratellanza di classe; i
militanti sindacali svolgevano la loro attività senza permessi ed erano un
esempio di dedizione e sacrificio per la causa di fronte agli altri
lavoratori; le quote d'iscrizione al sindacato erano raccolte direttamente
dai militanti sindacali in fabbrica, con una rete di cosiddetti
“collettori”, senza che i soldi del sindacato, e la lista dei suoi
iscritti, passassero in mano all'azienda.
Le grandi conquiste del secondo
dopoguerra sono state frutto di una forza operaia costruita con questo
sindacalismo, negli anni '50 e '60, in virtù della tradizione classista
della parte più combattiva della classe operaia, inquadrata allora nella
CGIL, che affondava le sue radici nelle grandi battaglie degli anni di
fuoco della lotta di classe, in Italia e nel mondo, successivi alla prima
guerra mondiale.
I diritti sindacali in fabbrica sono
giunti quando la forza della classe operaia era al suo apice, proprio allo
scopo di allontanarla dalle sue tradizioni e dai metodi della lotta di
classe. Infatti, se da un lato questi “diritti” hanno agevolato l'attività
sindacale all'interno delle aziende, dall'altro essi hanno agito come forza
corruttrice, sono stati la base materiale del sindacalismo
collaborazionista, concertativo, aziendalista e non sono serviti a
difendere le passate conquiste ottenute con la forza, che ora il padronato
sta sottraendo una ad una alla classe lavoratrice.
L'estromissione del sindacalismo di
base da queste prerogative, con l'Accordo del 10 gennaio 2014, se
costituirà in un primo momento un nuovo muro eretto a difesa del
sindacalismo di regime, successivamente, col ritorno dei lavoratori alla
lotta sotto la spinta materiale del peggioramento delle condizioni di vita
causato dalla crisi mondiale del capitalismo, agirà in senso positivo
perché instraderà il sindacalismo conflittuale in modo più deciso verso i
sani metodi del sindacalismo classista: organizzazione territoriale del
sindacato contro l'aziendalismo, ritorno alla riscossione diretta delle
quote sindacali.
L'USB, con delibera del Consiglio Nazionale Confederale di sabato 23
maggio, ha deciso di sottoscrivere anch'essa il Testo Unico sulla
Rappresentanza. Riteniamo questa decisione gravissima.
Nel comunicato si afferma che
“praticamente quasi tutti i sindacati italiani hanno aderito all'accordo
del 10 Gennaio subito dopo la sua definizione ed altre li hanno seguiti
dopo poco tempo”. Il Consiglio Nazionale Confederale di USB parla adesso
genericamente di “sindacati italiani”! Non distingue più fra sindacati di
regime, sindacati concertativi e sindacati di base. Al Testo Unico hanno
aderito subito tutti i sindacati di regime. Tra i sindacati di base CUB, SI
Cobas, Slai Cobas e USI sono fermi nella decisione di respingerlo.
I dirigenti di USB temono, non aderendo all'accordo, venendo perciò
estromessi dalle RSU e privati delle prerogative sindacali, di perdere
iscritti. Ciò, forse, in parte è vero. Ma lo è nella misura in cui l'USB ha
attirato questi lavoratori non in quanto sindacato di lotta ma in quanto
sindacato che sta ai tavoli, un po' più radicale della CGIL.
Se molti lavoratori abbandoneranno
l'USB in quanto privata dei “diritti sindacali in azienda” è perché l'USB
ha insegnato loro a riporre troppa fiducia in questi strumenti e poca in
ciò che realmente conta: la forza, ossia la capacità di dispiegare veri
scioperi.
Fare un passo indietro allora, se
forse comporterà la riduzione della propria base di iscritti, sarebbe però
salutare perché significherebbe tornare ad impostare il lavoro sindacale in
modo classista.
Al contrario, aderire all'Accordo
del 10 gennaio 2014 significherà legare USB mani e piedi al carro del
sindacalismo di regime, di CGIL, CISL e UIL. E significherà d'altronde
perdere un'altra fetta di iscritti, forse minoritaria quantitativamente ma
superiore qualitativamente: quella interessata non a un sindacato che sta
ai tavoli ma non può lottare, a cui delegare la propria difesa, bensì che vuole
partecipare alla vita del sindacato per organizzare vere lotte.
Infine, va sottolineato come il Consiglio Nazionale Confederale della USB
ha deciso di sottoscrivere il Testo unico all'insaputa della grandissima
maggioranza degli iscritti e dei militanti del sindacato, e solo a
posteriori propone una discussione all'interno dell'organizzazione!
I firmatari di questo appello richiedono alla dirigenza USB di fare marcia
indietro e non firmare il Testo Unico sulla rappresentanza perché
considerano questo atto l'ennesimo passo verso il rinnegamento del
sindacalismo di classe ed una capitolazione di fronte al sindacalismo
concertativo e di regime.
Lunedì 1° giugno 2015
PRIMI FIRMATARI
Fabio Bertelli – MiBACT – Opificio
Pietre Dure – Firenze
Mariopaolo Sami – Vigili del Fuoco –
Genova
Roberto Rinaldi – Vigili del Fuoco –
Genova
Piero Favetta – Comune di Genova
Annamaria Rosaspini – Comune di
Genova
Brunella Bensi – Comune di Genova
Federico Menegazzi – USB Trentino
Maria Rosaria Romano –
Autoferrotranviere ANM – Napoli
Maria D'Alessandro –
Autoferrotranviere ANM – Napoli
Antonio Trimarco –
Autoferrotranviere ANM – Napoli
Antonio Barbato – Autoferrotranviere
ANM – Napoli
Achille Mastrojanni –
Autoferrotranviere ANM – Napoli
Umberto Cesarano – Autoferrotranviere
ANM – Napoli
Maria D’Alessandro –
Autoferrotranviere ANM – Napoli
Lama Giuseppe – Autoferrotranviere
ANM – Napoli
Antonio Morra – Autoferrotranviere
ANM – Napoli
Sergio Romano – EAV – Benevento
Augusto Mancini – Autoferrotranviere
ATAC – Roma
Roberto Mazzarello – KME Serravalle
Scrivia (Alessandria)
* * *
Domenico Travaglini – Fondazione S.
Maugeri Tradate
Enzo Saraco – USB Lavoro Privato –
Torino
Bruno Springolo – Arka Service –
Buttigliera Alta (Torino)
Yenny Gonzalez – Cooperativa Royal –
Livorno
Sacha Lenzi – COTRAL spa – Lazio
Stefania Vassura - Corte dei conti
Roma
Fabio Cocco – Esecutivo USB Regione
Abruzzo
Domenico Travaglini – Fondazione S.
Maugeri Tradate (Varese)
Pia Potenza – MiBACT – Segretariato
Regionale Emilia Romagna (Bologna)
Luigi Fucchi – Ospedale di Assisi
Asl Umbria 1 (Perugia)
Carmine De Lucia –
autoferrotranviere – Anm Napoli
Antonio Mammone - Reggia di Venaria –
Torino
Veniero Santin – MIBACT – Istituto
Superiore per la Conservazione e il Restauro – Roma
Per aderire scrivere a notestounico@gmail.com
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