giovedì 27 ottobre 2016

25 ottobre - Da M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 24/10/16



INDICE

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
VOUCHER: IL DECRETO CORRETTIVO CHE NON CORREGGE
PENSIONATI GUARDONI E CANTIERI!

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
I MORTI SUL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA SONO MOLTI DI PIU’ DI QUELLI INDICATI DA REPUBBLICA

SCIOPERI E MANIFESTAZIONI D’AUTUNNO, VERSO IL REFERENDUM

LA SICUREZZA SUL LAVORO E’ UNA PRIORITA’ E COSTITUISCE IL BANCO DI PROVA DELL’EFFICIENZA DI UN PAESE

DARIO FO CENSURATO PERCHE’ VOLEVA PARLARE DI MORTI SUL LAVORO IN TV


Alessio Di Florio abruzzo@ritaatria.it
MORTI SUL LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO STATO IO”

La Città Futura noreply@lacittafutura.it

LA SETTIMANA DI 30 ORE: UN APPROCCIO MODERNO DEL TEMPO DI LAVORO


Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
PRESIDIO PER RIPRESA DEL PROCESSO ETERNIT BIS DEL 27 OTTOBRE

Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
SULLA STRAGE DI VIAREGGIO E SUL LICENZIAMENTO DI RICCARDO ANTONINI

Unione Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
LA NOSTRA SICUREZZA E’ IN MANO LORO
BASTA MORTI SUL LAVORO: STOP ALLA STRAGE NEI CANTIERI

Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
COMUNICATO STAMPA PROCESSO FIBRONIT

Gina De Angeli ginadeangeli58@gmail.com
IO SONO LA SANITA’ PUBBLICA: CONVOCAZIONE ASSEMBLEA 29 OTTOBRE

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Monday, October 10, 2016 5:42 PM
Subject: VOUCHER: IL DECRETO CORRETTIVO CHE NON CORREGGE
Riceviamo e ripubblichiamo un utile commento su un aspetto della riforma del lavoro di cui non si è parlato abbastanza: la liberalizzazione dei buoni-lavoro e in particolare le misure con cui il governo annuncia di voler contrastare l’utilizzo fraudolento dei voucher.
Il boom dei voucher nel 2016 certifica come il Jobs Act non abbia affatto concorso a stabilizzare il lavoro, ma al contrario abbia creato le condizioni per uno scivolamento di tutti i lavoratori verso condizioni di lavoro più precarie, con il voucher che ne rappresenta la massima espressione. Un contratto che non certifica la continuità del rapporto e quindi svincola il datore di lavoro da ogni responsabilità, con la conseguenza che il lavoratore rischia di essere abbandonato senza alcuna tutela da un momento all’altro.
Un istituto che nasceva con l’intento, almeno quello dichiarato, di far emergere il lavoro nero, ma che invece è oggi un’utile strumento con cui i padroni pagano sempre meno la loro forza-lavoro. Ce lo conferma anche la ricerca VisitINPS a cura di Bruno Anastasia che indaga l’evoluzione del lavoro accessorio tra il 2008 ed il 2015: l’emersione di lavoro nero è stata minima, il voucher continua ad essere la porta di ingresso nel mondo del lavoro per tantissimi giovani e addirittura ci sono centinaia di migliaia di lavoratori con contratti da dipendenti che usano anche i voucher.
Rimandiamo all’ottimo articolo che segue per tutti i dettagli, ci limitiamo solo ad una considerazione sull’invito finale che pone il referendum indetto dalla CGIL per la prossima primavera come l’unica speranza per abolire l’attuale normativa sui voucher.
Innanzitutto non possiamo certo fidarci di chi, la CGIL, solo pochi mesi fa ha rinunciato alla battaglia quando era veramente possibile fermare il Jobs Act e quindi anche la liberalizzazione dei voucher. Di chi ci aveva raccontato che avrebbe combattuto il Jobs Act sui posti di lavoro e invece ora si limita ad organizzare un referendum, per altro dall’esito rischioso come ci racconta la storia di questo genere di consultazioni, con il principale intento di riguadagnare un po’ di credibilità agli occhi dei lavoratori.
Su questo punto vogliamo essere chiari: la politica ci impone di lottare su ogni campo che abbiamo a disposizione, quindi se il referendum ci permetterà di rimettere al centro la questione lavoro, ripristinare le tutele precedenti al Jobs Act e limitare il ricorso ai voucher, non dovremo certo sprecare questa opportunità. Ma dobbiamo essere consapevoli che anche un’eventuale vittoria non sarà sufficiente, che dobbiamo fin da subito mettere in campo dei meccanismi di controllo popolare dal basso che sanzionino chi fa ricorso indebito ai voucher, che dobbiamo, come in alcuni Comuni si sta già facendo, obbligare la pubblica amministrazione a non affidare appalti a società che fanno ricorso ai voucher (i cosiddetti “Comuni voucher-free”). Solo se il referendum sarà un passaggio di questa lotta diffusa e generale allora potremo vincerlo e segnare davvero un punto contro questo governo.

di Sergio Farris
4 Ottobre 2016
Alla notizia che il Governo ha varato un Decreto che prevede una cosiddetta “stretta” sui voucher (i buoni lavoro liberamente acquistabili anche presso le rivendite di tabacchi), viene da chiedersi se in questo paese la propaganda non abbia definitivamente soppiantato la ragionevolezza. I voucher, lo ricordiamo, sono buoni lavoro del valore nominale di dieci euro mediante i quali, sulla carta, è possibile retribuire prestazioni di lavoro “accessorio”. Ufficialmente nati con l’intento di regolarizzare diffuse forme di lavoro sommerso, specie in agricoltura (anche se, come ben sa chi conosce la teoria “neoclassica” del mercato del lavoro, qualunque forma di lavoro precario serve in realtà a dare una spinta verso il basso alle retribuzioni), i voucher sono via via diventati, grazie alle norme che ne hanno permesso il loro utilizzo in quasi tutti i settori, la prevalente forma di ingaggio lavorativo alternativa al normale contratto.
Nel solo 2015 ne sono stati venduti 115 milioni, ed hanno interessato il 10% del lavoro dipendente. E i dati registrano, nel 2016, un costante incremento. Ne fanno uso, addirittura, enti pubblici come i Comuni. Ci sono addirittura amministratori comunali che cercano di instillare nell’opinione pubblica l’idea che, con l’attivazione di questo strumento, renderebbero un commendevole atto di solidarietà a persone costrette, in mancanza d’altro, ad accettare un lavoro da svolgere sotto questa forma “contrattuale”.
A dispetto degli intenti di facciata, l’entità del lavoro sommerso non è stata minimamente scalfita. Il perchè è intuitivo: è sufficiente conservare nel cassetto un buono, della validità di un’ora, da esibire in caso di controllo e continuare, come prima, a far svolgere prestazioni anche per l’intera giornata.
Ecco allora agevolmente svelato il vero intento dello strumento alternativo: modico versamento di contributi previdenziali e assistenziali, niente ferie, né malattia retribuite, niente permessi, niente diritto alla maternità e nessun diritto a sussidi di disoccupazione. In sintesi, liberalizzazione del più bieco istinto predatorio. Perchè pagare 15 se è possibile pagare 10? La prova? Il ricorso all’impiego dei buoni per il lavoro accessorio anche in settori come l’industria, il che fa cadere anche qualunque giustificazione che potrebbe vedere nella mitizzata flessibilità, già ampiamente possibile in svariate altre forme, la ragione per l’acquisto dei voucher.
Ora, con il provvedimento summenzionato, il Governo si fa vanto di avere introdotto la cosiddetta tracciabilità dei buoni lavoro, ovvero la comunicazione obbligatoria della prestazione all’Ispettorato del Lavoro, via messaggio su telefono cellulare o posta elettronica, almeno un’ora prima dell’inizio dell’attività lavorativa. Ma cosa ha a che fare, questo, con i prima richiamati veri problemi della questione? Indovinato: nulla.
Prima di tutto perchè se si volesse seriamente organizzare un sistema di controlli finalizzato al contrasto del lavoro nero bisognerebbe investire nuove risorse nel potenziamento degli organici in forza agli Ispettorati, e poi, pare credibile che pochi controllori possano correre dietro a migliaia di sms, con i quali si potrà magari dichiarare fraudolentemente prestazioni di una sola ora? Sarebbe stato inoltre opportuno prevedere, nel caso qualche controllo dovesse andare a segno, uno specifico e particolarmente severo sistema di sanzioni, aspetto che nel nuovo Decreto non viene nemmeno sfiorato.
Il problema centrale non è comunque l’abuso dello strumento. E’ lo strumento stesso, con tutte le sue caratteristiche.
Ecco perchè se si volesse veramente contrastare l’abuso nell’utilizzo dei voucher, l’unico atto adottabile veramente efficace sarebbe l’abolizione di questo obbrobrio.
Ma è evidente che non è possibile, in proposito, riporre alcuna aspettativa su un Governo il quale, con questo provvedimento di facciata, dimostra ancora una volta il proprio indirizzo culturale e identifica gli interessi che vuole privilegiare.
Non resta che sperare nel referendum abrogativo dell’attuale legislazione sui voucher promosso dalla CGIL. Un successo in tale occasione sarebbe anche un segnale di democrazia.

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From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent: Tuesday, October 11, 2016 5:29 PM

La notizia che il Comune di Riccione avesse stanziato 11.000 euro per retribuire pensionati “guardoni” che sorvegliano i cantieri dei lavori in corso è di qualche mese fa.
E’ vero che in ogni città ci s’imbatte spesso nella figura degli anziani che, mani dietro la schiena, s’affacciano a un cantiere per osservare cosa sta accadendo.
Curiosano tra i lavori in corso, danno consigli agli operai. Possono stare intere mattinate davanti alla rete per controllare che l’opera proceda. A Bologna li chiamano gli “umarells”. Ecco, a Riccione quello degli “umarells” è come un lavoro.
Il settore Lavori pubblici di Riccione ha stretto un accordo con la Cooperativa unitaria sociale pensionati srl per avere uomini che facciano da guardie ai lavori quando il personale non è presente.
Di fatto, si tratta di controllare la condotta degli operai e riportarla al Comune e alle società incaricate dei lavori. Ad esempio in un cantiere che deve scavare e rimuovere grandi quantità di sabbia, il pensionato deve vigilare e riportare il numero di camion che entrano ed escono dalla zona di scavi, per verificare che la sabbia rimossa sia riutilizzata nel rinascimento dell’arenile e non dispersa o destinata ad altri usi.
Ma ecco che subito è scattata la controffensiva delle imprese “sorvegliate” che hanno deciso di applicare delle tariffe per coloro i quali passano il tempo ad osservare e commentare ciò che accade.
Non sappiamo ancora chi verrà incaricato alla riscossione e nemmeno che fine faranno i fondi raccolti, ma davvero la fantasia italica non ha limiti.
Franco

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, October 12, 2016 8:10 AM
Subject: I MORTI SUL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA SONO MOLTI DI PIU’ DI QUELLI INDICATI DA REPUBBLICA

A: Giovanni Egidio g.egidio@repubblica.it
Egr. Direttore Egidio,
leggo su Repubblica che i morti in Emilia Romagna sono 75, numero di morti che l’INAIL diffonde attraverso i suoi Report.
Ormai tutti sanno che il numero di morti e di infortuni in generale sono relativi alle denunce che arrivano a questo Istituto dello Stato. Come l’anno scorso molte di queste denunce non verranno riconosciute dall’INAIL come infortuni, anche quelle mortali. Questo perchè l’INAIL monitora SOLO i propri assicurati e in tanti lavoratori non lo sono. Anche le morti in nero non sono comprese tra queste morti.
L’anno scorso le denunce per infortuni mortali pervenute all’INAIL sono state quasi 1.200. Alla fine sono diventati quelli riconosciuti come tali meno di 700. Che fine hanno fatto gli altri 500 morti?
Poi anche in queste denunce sono esclusi gli agricoltori morti schiacciati dal trattore e tanti altri.
Insomma i morti per infortuni sul lavoro sono molti di più!
Noi li monitoriamo tutti i morti sui LUOGHI DI LAVORO che sono in questo momento 50 in Emilia Romagna, con i morti sulle strade e in itinere si superano abbondantemente i 100. Qui sotto la situazione in Emilia Romagna dei morti sul lavoro.
Bologna: 10
Ferrara: 3
Forlì Cesena: 6
Modena: 11
Parma: 5
Piacenza: 3
Ravenna: 3
Reggio Emilia: 9
Rimini: 0
EMILIA ROMAGNA: 50

Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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To:
Sent: Thursday, October 13, 2016 10:35 AM
Subject: SCIOPERI E MANIFESTAZIONI D’AUTUNNO, VERSO IL REFERENDUM

Partecipiamo agli scioperi e alle manifestazioni in programma nei prossimi giorni e settimane mettendo al centro gli interessi comuni dell’intero proletariato.
Diciamo “no” alla controriforma costituzionale ed esigiamo le dimissioni del Governo Renzi.
Lottiamo uniti per le rivendicazioni urgenti, economiche e politiche, dei lavoratori:
-         no al Jobs Act, alla precarietà, alla “buona scuola”, alla TAV e alle grandi opere, alla demolizione dello stato sociale, alle privatizzazioni, alla riforma Fornero e agli interventi sulle pensioni per favorire le banche;
-         blocco dei licenziamenti, no alla chiusura delle fabbriche, un lavoro stabile e sicuro per tutti;
-         veri contratti collettivi nazionali di lavoro, con forti aumenti salariali sganciati dalla produttività;
-         riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore e dei ritmi a parità di salario;
-         salute e sicurezza sui posti di lavoro e sul territorio;
-         basta missioni di guerra, ritiro delle truppe e riduzione delle spese militari, fuori l’Italia dalla NATO;
-         diritto all’accoglienza, al soggiorno e alla mobilità dei migranti che fuggono dalle guerre e dalla fame, stessi diritti per tutti;
-         nessuna limitazione del diritto di sciopero, no alla repressione e alla criminalizzazione della protesta sociale.
Approfittiamo del referendum per rafforzare l’organizzazione operaia e popolare. Proponiamo la convocazione di uno Sciopero generale nazionale politico, proclamato da tutte le forze politiche, sindacali, sociali, di classe e democratiche, che si oppongono alle controriforme, da realizzarsi prima del 4 dicembre, con manifestazione a Roma.
Rompiamo l’immobilismo dei vertici sindacali e smascheriamo chi si limita a coltivare il proprio orticello. E’ ora di passare all’offensiva unitaria, con la prospettiva di farla finita con una società dominata dai vandali dell’alta finanza.
Seppelliamo con le lotte e sotto una montagna di NO le controriforme, il neoliberismo e la politica di austerità!
Con il fronte unico di lotta proletario apriamo la strada al Governo degli operai e degli altri lavoratori sfruttati!

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

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A proposito delle “belle parole” del Presidente Mattarella, leggete anche l’interessante articolo di Alessio Di Florio MORTI SUL LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO STATO IO” riportato più sotto.
Marco Spezia

From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent: Thursday, October 13, 2016 5:33 PM
Subject: LA SICUREZZA SUL LAVORO E’ UNA PRIORITA’ E COSTITUISCE IL BANCO DI PROVA DELL’EFFICIENZA DI UN PAESE

ANMIL IN OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE DELLE VITTIME SUL LAVORO
“La sicurezza sul lavoro è una priorità e costituisce il banco di prova dell’efficienza di un Paese. Sul tema non è accettabile alcun calo di attenzione da parte delle istituzioni e delle forze sociali”. Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio all’ANMIL in occasione della giornata nazionale delle vittime sul lavoro.
“Qualsiasi incidente sul lavoro” - aggiunge - “è infatti intollerabile, e anche una sola vittima infligge al corpo sociale una ferita non rimarginabile”. 
Tema essenziale per la prevenzione è l’effettività delle norme: “Un Paese moderno si misura anche dalla capacità di creare e conservare ambienti di lavoro sicuri: morire sul lavoro, ammalarsi per una causa professionale o restare invalidi o mutilati a seguito di un infortunio sul lavoro non è accettabile in un contesto industriale avanzato”, scrive il presidente della Repubblica. 
“Giornate come questa nel ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro, forniscono l’occasione di riflettere su un dramma che non vede fine”, e contribuiscono “a diffondere quella cultura della prevenzione che è la base per la creazione di condizioni di lavoro che prevengano rischi e incidenti”. 
“Un tema essenziale in questo senso” - prosegue Mattarella - “è quello dell’effettività delle norme. Non è sufficiente dotarsi di una legislazione sofisticata, occorre altresì che essa venga concretamente attuata, anche nella disciplina di dettaglio”. Mattarella si rivolge quindi alle autorità presenti al convegno ANMIL di Venezia, per un invitarle ad adoperarsi “affinché vuoti di legislazione non si traducano in assenze di tutele per i lavoratori e in incertezze applicative per i datori di lavoro”. 
“L’attuazione dei provvedimenti sulla sicurezza sul lavoro, a partire da quelli che discendono dal testo unico promulgato nel 2008” - conclude - “deve assumere un significato prioritario”. 
Ricordiamo che, calano gli infortuni sul lavoro nel 2015 ma, dopo un decennio, tornano ad aumentare i morti. In totale, riferisce l’INAIL, l’anno scorso si sono avute 632.665 denunce, con una riduzione del 3,9% rispetto al 2014. Le denunce di infortunio mortale sono state invece 1.172, contro le 1.009 di un anno prima. 
Il maggior incremento di denunce si è registrato nei settori fabbricazione dei macchinari (da 4 a 15), costruzioni (da 106 a 132), trasporto e magazzinaggio (da 74 a 91) attività dei servizi di alloggio e ristorazione.
Se dovesse proseguire la tendenza al rialzo degli infortuni sul lavoro, “dopo un decennio ininterrotto di contrazione delle morti sul lavoro, l’anno in corso vedrà segnare una preoccupante inversione nell’andamento del fenomeno come non si verificava dal 2006”. 
Lo ha affermato il presidente ANMIL Franco Bettoni che ha anche sottolineato come gli infortuni sul lavoro restano “un’emergenza”. Nei primi 8 mesi di quest’anno infatti le denunce di infortuni mortali arrivate all’INAIL sono aumentate, 752 contro le 652 dello stesso periodo del 2014 (+15%), secondo i dati dell’ANMIL.

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From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent: Friday, October 14, 2016 5:06 PM
Subject: DARIO FO CENSURATO PERCHE’ VOLEVA PARLARE DI MORTI SUL LAVORO IN TV

Pochi di voi, i meno giovani, ricorderanno che Dario Fo nel 1962 si dimise dalla conduzione di “Canzonissima”, lo spettacolo musicale RAI del sabato sera, perché voleva parlare di sicurezza sul lavoro.
Alle 21:10 di giovedì 29 novembre 1962, mentre l’Italia aspetta, come ogni sabato, l’inizio di “Canzonissima”, il programma più popolare del momento, compare una gentile annunciatrice che si limita a dire “Dario Fo e Franca Rame si sono ritirati da Canzonissima”.
E’ l’inizio di una tipica “tragedia all’italiana”, che regala a Fo momenti di straordinaria notorietà, coinvolge esponenti politici, sollecita interrogazioni parlamentari (tra quella di Giovanni Malagodi che chiedeva il “riordinamento giuridico della RAI”).
All’origine di tutto c’è uno sketch, prima approvato dalla RAI, poi censurato, sui lavoratori edili, proprio mentre era in corso la vertenza sindacale che li riguardava.
La causa dell’abbandono fu l’ennesima operazione di censura dei testi di Fo: lo sketch su un costruttore edile che si rifiutava di dotare di misure di sicurezza la propria azienda fu considerato eccessivamente provocatorio dai dirigenti RAI. Attori a cui fu chiesto di sostituire Fo e la Rame, incluso Walter Chiari, si rifiutarono.
Sandra Monadini e Tino Buazzelli finirono per accettare la conduzione della trasmissione.
Dario fo ritornerà in video soltanto nel 1977 con il suo famoso spettacolo Mistero Buffo.

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From: Alessio Di Florio abruzzo@ritaatria.it
To:
Sent: Saturday, October 15, 2016 10:59 AM
Subject: MORTI SUL LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO STATO IO”

Si è celebrata nei giorni scorsi la Giornata Nazionale delle Vittime degli Incidenti sul lavoro. Il Capo dello Stato Mattarella ha inviato il solito rituale messaggio. Un discorso nel quale alla retorica presidenziale, immancabile in queste occasioni, si sono aggiunti indicazioni e bei propositi. Dopo aver esordito affermando che “un paese moderno si misura anche dalla capacità di creare e conservare ambienti di lavoro sicuri: morire sul lavoro, ammalarsi per una causa professionale o restare invalidi o mutilati a seguito di un infortunio sul lavoro non è accettabile in un contesto industriale avanzato”, Mattarella ha invitato “ad adoperarsi affinché vuoti di legislazione non si traducano in assenze di tutele per i lavoratori e in incertezze applicative per i datori di lavoro”.
Tutto bello, tutto giusto, tutto sottoscrivibile e sacrosanto.
Ma c’è un “ma” grosso come i più grandi stabilimenti industriali d’Italia e d’Europa, un “ma” grosso come un macigno.
Perché nel 2016 altro che “vuoti di legislazione”, le lavoratrici e i lavoratori si trovano davanti a molto di più: atti di alcune istituzioni e leggi che “de facto” non solo non lasciano vuoti, ma denunciate perché peggiorano la situazione di chi lavora. In tanti, troppi, luoghi dello Stivale, dai cantieri alle industrie, dall’agricoltura alla logistica, al commercio e alla distribuzione alimentare, i lavoratori vivono sempre più precarizzati, ricattati, costretti a subire scarsissime (se non nulle) protezioni, orari di lavoro da schiavismo, insalubri e inquinatissimi ambienti, continui soprusi padronali. I ricatti, il precariato, non sono figli di nessuno, non sono una calamità improvvisa di sconosciute radici.
Sono il frutto di ben precise scelte degli ultimi vent’anni, di quella narrazione che ha guidato leggi, istituzioni, enti e tanto altro sulla “bella flessibilità”, sulla “rigidità del mercato del lavoro” ostacolo alla prosperità e alla ricchezza della Patria, sui “troppi diritti” da cancellare. Quante volte abbiamo sentito dire “ma in Italia non si può investire perché i sindacati”, “ma quante ne vuoi, se non ti sta bene vattene che qua fuori c’è la fila”? Cercate il libro che detiene il record del maggior numero di pagine, e scoprirete che con queste “perle” se ne potranno riempire molte di più...
La Giornata Nazionale delle Vittime degli Incidenti sul Lavoro si celebra il 9 ottobre, il giorno prima il Ministro dell’Ambiente della Stessa Repubblica ha dichiarato che a Taranto non si rischia, che se ci fossero dei rischi lui agirebbe.
Queste le conclusioni dello studio presentato da PeaceLink nei giorni precedenti:
-         a Taranto si perdono 937 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la provincia;
-         a Taranto si perdono 1.340 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la regione;
-         a Taranto si perdono 2.665 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la provincia della Regione che ha la più alta speranza di vita (in genere è Bari la provincia con la migliore speranza di vita).
Disaggregando per maschi e femmine emerge che a Taranto sono gli uomini che perdono più anni di vita.
In particolare ogni anno gli uomini a Taranto perdono 657 anni di vita rispetto alla media provinciale, 912 anni di vita rispetto alla media regionale e 1.419 anni di vita rispetto alla provincia con più elevata speranza di vita.
Per quanto riguarda le donne perdono ogni anno 280 anni di vita rispetto alla provincia di Taranto, 428 rispetto alla media regionale e 1.246 anni rispetto alla speranza di vita della migliore provincia.
Un recentissimo studio dell’Istituto Superiore di Sanità (non un covo di comunisti sindacalisti conflittuali antagonisti di classe o di estremisti ambientalisti isterici, tanto per citare un certo alto narratore qualche anno fa...) ha osservato a Taranto tra i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni “eccessi importanti per le patologie respirative” con un +24% di ricoveri tra i residenti del quartiere Tamburi e +26% tra i residenti del quartiere Paolo VI affermando che “c’è relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario”. Le emissioni a cui fa riferimento lo studio sono quelle dell’ILVA. Il rapporto dell’ultimo studio SENTIERI sui rischi per la salute riproduttiva in 18 Siti di Interesse Nazionale ha evidenziato a Taranto 531 casi di malformazioni congenite, 238 per 10.000 nuovi nati.
Sulle condizioni all’interno dello stabilimento denunce e letterature sono ormai ampissime.
Ampi riferimenti li ho riportati in quest’articolo:
“A fine giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi: ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta si moriva anche. Le morti ci lasciavano attoniti a pensare all’esagerato tributo da pagare in cambio di un lavoro di per sé duro e alienante”.
“Lo stress derivava dal carico di responsabilità per l’esecuzione tecnica secondo precisi parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e addirittura 24 ore di seguito” sono parole di una vedova di “vittima di incidente sul lavoro” scritte nel 2008.
Sono passati otto anni, ma trafiggono ancora il cuore e colpiscono come un pugno nello stomaco... Nel 2012 nel presentare lo spettacolo “Vico Ospizio. Storie di vita e di fabbrica” Giovanni Guarino, l’autore, scrisse:
“Vico Ospizio è dove sono nato. E’ il vicolo incastonato nel dedalo di viuzze della Città vecchia, la parte più antica di Taranto. L’Isola. Circondata dal mare e assediata dall’ILVA, il più grande stabilimento siderurgico d’Europa. Sono stato bambino in quei vicoli e ho avuto i suoni della città nelle orecchie, delle barche che rientravano all’alba dalla pesca, delle voci che riempivano i vicoli di richiami, dei “cunti” che la nostra zia Mimina ci raccontava ogni sera nel vicolo. Mentre io crescevo, però, la città lentamente moriva. Nel corso degli anni decine di scelte scellerate hanno ridotto la città di Taranto, l’antica capitale della Magna Grecia, in un coacervo di tensioni, rabbia e povertà. L’industria ha aggredito il territorio producendo fumi, veleni, disoccupazione e tensione sociale. Ma soprattutto morte e miseria. Le centinaia di morti cosiddette “bianche” sono una lunga lista di uomini che hanno pagato a caro prezzo il costo dell’industrializzazione. Una lista che non si arresta neanche oggi nel XXI secolo. A quelle si aggiungono le morti “nere”, quelle del cancro”.
Nell’articolo si è fatto riferimento alla logistica, ma basta girare litorali, paesi, città per trovare turni di lavoro più che massacranti e tanto altro anche in bar, ristoranti, piccoli e grandi esercizi commerciali. E l’unica risposta è sempre la stessa “ma cosa pretendi? Questo è il lavoro”, “Che ti lamenti? Non vuoi lavorare?” perché, che sia una piccola o grande fabbrica, il commercio o la ristorazione se provi a parlare di sindacalizzazione, rispetto del riposo, diritti, condizioni decenti di lavoro la colpa è tua, lavoratore che non vuoi lavorare.
Senza mai dimenticare la terribile piaga del caporalato e dello schiavismo in agricoltura. Nel documentario “Schiavi. Le rotte di nuove forme di schiavitù”, citato nell’articolo, viene fatto riferimento anche all’unico processo in corso in Europa (almeno alla data di uscita, per quanto di conoscenza di Stefano) per induzione alla schiavitù. Nelle scorse settimane il pubblico ministero ha chiesto per i 16 imputati, in totale, quasi 170 anni.
Qualcuno si ricorda di Paola Clemente? E’ passato poco più di un anno. Ha lasciato 3 figli a 49 anni, morta mentre lavorava anche 13 ore al giorno nei campi ) di Andria:
Paola era una delle almeno dieci persone strappate alla vita nelle stesse condizioni durante l’estate 2015:
Una realtà che incatena e sfrutta almeno 400.000 lavoratori in tutta Italia:
E intanto viene chiuso il progetto “Bella Farnia”:
a Sabaudia che stava portando avanti enormi risultati nello strappare i braccianti (soprattutto indiani Sikh) dallo sfruttamento. Un progetto che, sicuramente, “era inviso a molti datori di lavoro criminali della zona, ai caporali, ai trafficanti umani (coloro che organizzano la tratta Punjab-Agro Pontino), e a politici invischiati nella faccenda”.
Recentemente Marco Omizzolo, il presidente dell’associazione In Migrazione che curava il progetto, ha subito minacce ed intimidazioni. Davanti a tutto questo la risposta delle istituzioni è stata la chiusura del progetto. In un lembo d’Italia, l’Agro Pontino, dove di recente L’Espresso:
ha denunciato lo sfruttamento schiavista avviene anche “tra i rifiuti tossici”. L’incipit dell’articolo è a dir poco emblematico “trentuno fusti da 200 litri con la scritta Telone e 70 da 50 litri di Didiclor, liquidi tossici e pericolosi abbandonati tra serre di pomodori e carote; e poi 107 braccianti assoldati con un appalto che potrebbe essere illecito e persino un caporale che avrebbe preteso denaro per assicurare il lavoro. Un lavoro pagato appena 3 euro l’ora. Ogni giorno dall’alba al tramonto i braccianti indiani stanno piegati sui campi, sotto ricatto, costretti a vivere in condizioni disumane a pochi metri dalle ville di Sabaudia, seminando e raccogliendo la frutta e la verdura che arriveranno sulle nostre tavole”.
L’emergenza Nordafrica del 2011, il CARA di Mineo (e chissà su quante altre analoghe situazioni vige troppo spesso la cappa di un omertoso e vergognoso silenzio), denunciato e documentato negli anni, hanno portato centinaia, migliaia di persone dritte dritte nelle braccia dei caporali e dello sfruttamento.
Si veda in proposito il dossier InCastrati della campagna LasciateCientrare:
Ma per tanti lor signori, in alto e ben seduti nelle poltrone sempre di questa “repubblica” è più facile e strumentale scendere in piazza, lanciare giri di vite, sgomberare e reprimere i migranti. Perché è più comodo togliere diritti a lavoratrici e lavoratori e poi urlare che la colpa è dei migranti, è di altri lavoratori. E’ più facile sponsorizzare e strillare propaganda contro inesistenti complotti e piani di sostituzione dei popoli, inventarsi le balle più violente e false che fare i conti con la realtà, con lo schiavismo e lo sfruttamento peggio che medioevali. E chi dovrebbe avere la schiena dritta, sbattere in faccia la realtà, con coraggio e amore di vera democrazia (moderni Savoia) china la testa e accetta tali propagande e non porta avanti politiche e leggi molto diverse:
http://popoffquotidiano.it/2016/09/09/braccianti-stranieri-i-lavoratori-invisibili-che-lottano/
Amianto. Una parola che tutti abbiamo imparato a conoscere e ad associare ad altre parole come cancro, malattia, morte, pericolo. Quanti articoli di giornale, quanti minuti televisivi, leggi sono state emanate in materia.
Proibizioni che si perdono negli anni. Poi...
“Morire d’amianto in Italia: Lavoravamo al teatro comunale circondati dalla polvere killer”.
Il teatro comunale è quello del Maggio fiorentino... Leggiamo nella descrizione del video su Fanpage.it “Cosa volete che sia, la polvere di teatro non ha mai ammazzato nessuno”, dicevano ai lavoratori.
Il processo, oggi in corso, accerterà se esistono responsabilità per la mancata messa in sicurezza degli operai da parte del proprietario dell’immobile, cioè del Comune di Firenze, responsabile anche dei lavori di ristrutturazione. Per le conseguenze dell’amianto nel Teatro Comunale del Maggio Fiorentino alcuni lavoratori sono già morti; ne sopravvivono tre che Saverio Tommasi ha intervistato “perché la loro storia è una storia simile a quella di tante altre fabbriche in Italia”.
Una dedica speciale a Dario Fo che “seguendo la tradizione dei giullari medioevali” come scrissero nella motivazione per il Nobel per la letteratura 1997, tutta la vita ha dileggiato “il potere restituendo la dignità agli oppressi”, cacciato (come lui stesso scrisse in un articolo su L’Espresso) dalla RAI per 15 anni “per aver denunciato per la prima volta nella storia della RAI gli incidenti sul lavoro che producevano vittime come fosse una guerra” (e per aver parlato, durante la trasmissione “Canzonissima”, di mafia) e autore nel 2015 del libro “Un uomo bruciato vivo”, raccontando la morte di Ion Cazacu, cosparso di benzina e arso vivo per aver chiesto di poter avere un contratto regolare, insieme alla figlia Florina:
Una storia non unica nell’Italia di questi decenni. Una di quelle storie che mai finiscono in prima pagina, mai catturano i riflettori. E mai indignano abbastanza …

Alessio Di Florio

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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Sunday, October 16, 2016 11:00 PM

Subject: LA SETTIMANA DI 30 ORE: UN APPROCCIO MODERNO DEL TEMPO DI LAVORO


I salariati non hanno goduto che molto parzialmente degli aumenti della produttività dell’epoca recente. Esiste di conseguenza un margine praticabile per una riduzione significativa del tempo di lavoro. Tanto più che gli aumenti di produttività sono ben lontani da essere terminati.

Il dibattito sulla riduzione generale del tempo di lavoro (ed in particolare il dibattito per la settimana lavorativa di 30 ore) prende sempre più piede. Recentemente ha avuto un’ulteriore eco a seguito di un’interrogazione parlamentare del deputato del PTB di Bruxelles, Michaël Verbauwhede, al ministro del Lavoro della Regione a proposito dell’introduzione di una settimana di lavoro ridotta per i lavoratori della Bruxelles-propreté (l’impresa regionale di raccolta dei rifiuti).
Il ritorno del dibattito sulla riduzione generale del tempo di lavoro permette di ridare ossigeno al dibattito politico, di portarlo fuori da alcuni conservatorismi superati e di ritrovare un po’ di modernità nel dibattito sulla combinazione tra vita lavorativa e vita privata. Già nel XIX° secolo, le forze più conservatrici hanno tentato di tutto per contenere il movimento irresistibile lanciato all’epoca dapprima in Australia, e poi dall’altro lato dell’Atlantico, per la giornata lavorativa di 8 ore. Un movimento audace affacciatosi un po’ prima della metà del secolo in un periodo in cui gli operai lavoravano spesso più di 12 ore per giorno e 84 ore alla settimana!
Per paura di aprire una vero vaso di Pandora e per mettere in guardia i suoi pari, il barone di Gand, e futuro parlamentare, Arnold t’Kint de Rodenbeke dichiarava nel 1886: ”Quando ci si fermerà su questa strada intrapresa? Qualche anno fa, si chiedeva un massimo di 12 ore; poco dopo 10 ore; già dall’altro lato dell’Atlantico, sta nascendo un movimento potente in favore della giornata di 8 ore. Perché non si dovrebbe arrivare a chiedere la giornata legale di sei ore, di cinque ore forse, quando una produzione sempre più abbondante potrebbe lasciare senza lavoro un numero ancora più grande di operai...”.
Oggi, si direbbe che il nostro barone poneva, a sua insaputa, un’ottima domanda. Perché se la sua domanda era attuale nel 1886, lo è diventata ancora di più gli anni successivi. Infatti, se gli aumenti di produttività sono stati importanti, ma lenti all’inizio del capitalismo moderno, sono letteralmente esplosi dal dopoguerra in poi. Per dare un ordine di grandezza, uno degli specialisti della riduzione del tempo di lavoro in Francia spiega che, se ci sono voluti 140 anni (tra il 1820 ed il 1960) per raddoppiare la produttività in Francia, questa si è moltiplicata per 5 da quel momento a oggi.
Lungo il corso del XX° secolo, i sostenitori della riduzione del tempo di lavoro hanno potuto imporre l’idea forte che la crescita della ricchezza doveva migliorare, al tempo stesso, la nostra vita sul piano del benessere materiale ma anche su quella del tempo disponibile per poter approfittare tutti di questo benessere. E’ da questa battaglia che il tempo di lavoro è stato abbassato del 29% tra il 1950 ed il 1993. Principalmente grazie alle riduzioni generali del tempo di lavoro degli anni 1970 (aumento del numero di ferie, settimana di 5 giorni al posto di 6, settimana di 38 ore al posto di 45) e, a partire dagli anni 1980, ad un ritmo molto più modesto, a causa dei meccanismi di riduzione individuale del tempo di lavoro (soprattutto i crediti-tempo). Purtroppo, dal 1993, abbiamo abbandonato la strada intrapresa nell’immediato dopoguerra. L’establishment politico ed economico ha ripreso le vecchie idee conservatrici del XIX° secolo che vuole il salariato lavorare sempre di più. Che sia in una giornata, in una settimana, in un anno o in una carriera.
Il dibattito sulla riduzione del tempo di lavoro: la paura o la ragione?
“Le proposte che promettono di lavorare meno mantenendo uguale il proprio stipendio sono irrealistiche ed insostenibili. Questo governo fa di tutto per contenere il costo del lavoro, per conservare i posti di lavoro e crearne altri. Vogliamo mettere questi sforzi in pericolo introducendo tali misure?”, “Inoltre se si instaurasse la settimana lavorativa di 30 ore, sarebbe veramente il principio della fine”. Ecco una serie di dichiarazioni allarmistiche lanciate recentemente da una deputata del N-VA (Nieuw-Vlaamse Alliantie - Nuova Alleanza Fiamminga) responsabile di un’azienda. La volontà di mettere paura per evitare di avere un dibattito aperto e razionale è molto forte. Ma la paura è molto spesso la nemica della ragione.
La riduzione del tempo di lavoro conosciuta tra il 1950 ed il 1993 può essere qualificata come molto modesta in confronto agli enormi aumenti di produttività conosciuti durante questo periodo. Questi si sono stati moltiplicati almeno per 4! Ma, cosa più grave, dal 1993 il movimento di riduzione del tempo di lavoro si è arrestato. E da quell’anno, il tempo di lavoro annuo è addirittura leggermente tornato ad aumentare. Aumento che deve essere aggiunto all’aumento del tempo di lavoro in una carriera (per l’aumento dell’età pensionabile). Tuttavia, dei margini esistono per settimane lavorative più corte.
Dal 1993 a oggi, le ricchezze prodotte per abitante sono aumentate di più del 37%. E i salari di solamente il 13% durante lo stesso periodo (e in gran parte negli anni ‘90). I salariati non hanno goduto che molto parzialmente degli aumenti della produttività dell’epoca recente. Esiste di conseguenza un margine praticabile per una riduzione significativa del tempo di lavoro. Tanto più che gli aumenti di produttività sono ben lontani dall’essere terminati.
Che cosa si farà con i robot e dei computer?
“Il 47% dei posti di lavoro negli USA potranno essere affidati a computer intelligenti da qui a 20 anni”. Questa è la conclusione di un studio condotta da due ricercatori dell’Università di Oxford. I due ricercatori citano il celebre economista John Maynard Keynes per il quale una larga disoccupazione tecnologico sarebbe ”dovuta al fatto che la nostra scoperta di mezzi per economizzare la forza lavoro è molto più rapida del ritmo col quale troviamo dei nuovi utilizzi per la mano d’opera”. Questo studio conferma altri studi che vanno nello stesso senso. Recentemente, dei ricercatori hanno adattato lo stesso studio americano alla realtà del Belgio e la loro conclusione è impressionante: il 49% del lavoro in Belgio ha una forte probabilità media di scomparire nella sua forma attuale nei prossimi 20 anni.
La capacità di gestione di immense banche dati, il riconoscimento vocale, l’automobile senza conduttore, i robot di supporto negli ospedali, la logistica, la traduzione... i campi in cui computer e robot potranno (parzialmente) rimpiazzare l’uomo in tutta una serie di compiti noiosi, ripetitivi o faticosi fisicamente sono immensi. E questo in un orizzonte di appena 20 anni. Come dire che si tratta di domani.
Ma che cosa faremo con tutte queste tecnologie? Faranno ancora salire la disoccupazione? O saranno utilizzate per distribuire il lavoro? Per liberare del tempo? O verranno utilizzate per sviluppare ancora una volta una società sempre più diseguale? Le si utilizzeranno per permetterci di concentrarci su dei compiti che solo gli uomini sono capaci di compiere: dei compiti che necessitano di competenze creative e sociali? Ecco una serie di domande fondamentali che dovrebbero essere poste al centro del dibattito politico, sociale e scientifico negli anni a venire.

15/10/16
di Benjamin Pestieau
Centro Studi e responsabile per le relazioni sindacali del PTB (Partito dei Lavoratori del Belgio)
Fonte: L’Echo

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From: Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
To:
Sent: Tuesday, October 18, 2016 7:07 PM
Subject: PRESIDIO PER RIPRESA DEL PROCESSO ETERNIT BIS DEL 27 OTTOBRE

Associazione Italiana Esposti Amianto e Medicina Democratica Comitato per la difesa della salute negli ambienti di lavoro e sul territorio
INVITANO
in occasione della ripresa del processo Eternit bis del 27 ottobre prossimo a partecipare a un Presidio davanti al Tribunale di Torino a partire dalle 9,30 (via Falcone angolo Corso Vittorio Emanuele) e a un Convegno a partire dalle ore 14 nella Sala del Tempio Valdese in Corso Vittorio Emanuele 23 (nei pressi del Tribunale).
Si farà il punto della situazione del procedimento in corso davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP), dei pericoli che si corrono e dei problemi legati ai processi sull’amianto, ampiamente trattati nel convegno svolto il 23 settembre 2016 al Senato della Repubblica. Parteciperanno:
-         il professor Benedetto Terracini di Epidemiologia e Prevenzione;
-         il professor Dario Mirabelli direttore del Registro Mesoteliomi del Piemonte;
-         il dottor Edoardo Bai medico del lavoro (ISDE);
-         l’avvocato Laura Mara parte civile per alcune associazioni;
-         l’avvocato Sergio Bonetto parte civile per altre associazioni e vittime.
Interveranno per le Associazioni:
-         Pierrette Iselin del Comitè d’aide et d’orientation aux victimes del l’Amiante (Losanna, Svizzera);
-         Michele Michelino del Comitato per la difesa della salute negli ambienti di lavoro e sul territorio di Sesto San Giovanni;
-         Fulvio Aurora di Medicina Democratica;
-         Valentino Gritta dell’Associazione Italiana Esposti Amianto.

Milano, 15 ottobre 2016
Fulvio Aurora

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From: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, October 19, 2016 7:15 AM
Subject: SULLA STRAGE DI VIAREGGIO E SUL LICENZIAMENTO DI RICCARDO ANTONINI

Riportiamo a seguire il volantino diffuso ieri, 18 ottobre, di fronte al Tribunale di Livorno da una delegazione di Assemblea 29 giugno e familiari della strage.
Il giudice del lavoro Nannipieri si è fatto trasferire (o è stato trasferito) da Lucca a Livorno ed è, quindi, indispensabile ricordargli il “disastro” che ha provocato confermando il licenziamento di Riccardo voluto e deciso dal cavalier Mauro Moretti.
Ringraziamo quanti e quante non hanno dimenticato e non hanno voluto e non intendono mollare la vicenda di questo licenziamento, che come scrive l’Associazione dei familiari “Il Mondo che vorrei”, nel documento approvato, oramai, da numerosi Consigli comunali, è “...strettamente e indissolubilmente legato alla tragica notte del 29 giugno 2009”.

PROCESSO PER LA STRAGE FERROVIARIA DI VIAREGGIO DEL 29 GIUGNO 2009 E LICENZIAMENTO DI RICCARDO ANTONINI
Il 20 settembre 2016, dopo la requisitoria di ben 6 udienze, i pubblici ministeri della Procura di Lucca hanno emesso le richieste di condanna nel processo per il disastro ferroviario che provocò 32 Vittime, tra cui 3 bambini sotto i 4 anni.
16 anni per l’ex Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, 15 anni per l’ex Amministratore Delegato di Rete Ferroviaria Italiana Michele Elia; 13 anni per Giulio Margarita, direttore Sistemi di sicurezza della circolazione dei treni e dell’esercizio ferroviario; 12 anni per Gilberto Galloni, Amministratore Delegato di FS Logistica... per un totale di 258 anni a 29 dei 33 imputati (per 4 è stata chiesta l’assoluzione).
Sono richieste importanti per quello che rappresentano i “lorsignori”; sono richieste leggere per le gravi responsabilità che hanno di fronte a 32 persone bruciate vive e ai feriti con ustioni dell’80-90% sul corpo. La sentenza di 1° grado è attesa per fine novembre.
Il 7 novembre 2011, Riccardo viene licenziato da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) “per essersi posto in un evidente conflitto di interesse con la società”.
Motivo: l’impegno a fianco dei familiari nella mobilitazione iniziata dopo la strage ferroviaria del 29 giugno 2009. L’accusa di aver partecipato all’incidente probatorio a titolo gratuito per familiari e sindacato è un bieco pretesto. L’accusa di aver offeso Moretti, Amministratore Delegato delle ferrovie, alla Festa del PD a Genova il 9 settembre 2011, è un falso pretesto. La querela di Moretti contro Riccardo è stata archiviata dalla magistratura di Genova perché priva di ogni fondamento. Dopo che lo stesso Pubblico Ministero ne aveva chiesto l’archiviazione(!)
I giudici del lavoro, Luigi Nannipieri di Lucca (poi trasferito al Tribunale di Livorno) con sentenza del 4 giugno 2013 e Giovanni Bronzini (presidente), Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio di Firenze con sentenza del 17 luglio 2014 hanno confermato il licenziamento perché Riccardo è stato dipendente infedele a Moretti, Elia, Margarita, Galloni, Soprano, ecc. Se un numero maggiore di ferrovieri fosse stato infedele a questi responsabili condannabili, non vi sarebbe stata la strage di Viareggio.
Questi giudici non hanno neppure creduto ai testimoni che hanno riferito le frasi pronunciate dal cavalier Moretti il 14 settembre 2009 a Firenze, nella sede della Regione, quando dichiarò pubblicamente che quel ferroviere di Viareggio, prima o poi, lo avrebbe licenziato... Hanno, invece, creduto ai testimoni di Moretti: l’addetto stampa Federico Fabretti, l’autista e due addetti alla protezione aziendale (signori La Manna, Ragusa, Passaseo). Questi sì, che hanno mostrato e manifestato la loro fedeltà!
Obbligo di fedeltà, Codice etico, conflitto d’interessi, riservatezza... Di fronte all’immane tragedia del 29 giugno non sono altro che sciocchezze maldestramente costruite per avvalorare e assecondare un licenziamento politico. Questi giudici hanno mostrato la loro sudditanza nei confronti di poteri forti e dimostrato disprezzo per le 32 Vittime. Il diritto d’informazione e la denuncia su sentenze vergognose sono un atto di giustizia e di umanità.
Se i Moretti, gli Elia, i Soprano... avessero avuto la coscienza e la responsabilità di adottare le azioni prudenziali, precauzionali, preventive e protettive, richieste dai ferrovieri dopo innumerevoli incidenti, la strage di Viareggio sarebbe stata e-vi-ta-ta!
Dimissioni per Moretti & company! Reintegrare Riccardo e i ferrovieri licenziati!
NO alla prescrizione per Viareggio!
L’unica lotta persa è quella che si abbandona!

18 ottobre 2016
Assemblea 29 giugno
Associazione “Il mondo che vorrei”

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From: Unione Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
To:
Sent: Wednesday, October 19, 2016 6:34 PM
Subject: LA NOSTRA SICUREZZA E’ IN MANO LORO

I Rappresentanti per la Sicurezza dei Lavoratori (RLS) sono figure fondamentali per la salute sia dei lavoratori ed anche, nel nostro caso, dei piccoli pazienti.
Al Gaslini sono 8 e il loro mandato è scaduto a marzo. Un nostro delegato dovrebbe subentrare ma con piccoli sotterfugi questo non viene permesso.
Il motivo? Probabilmente la paura di perdere il controllo dei lavoratori usati come merce di scambio con l’amministrazione.
Da marzo continuiamo a chiedere il rinnovo degli RLS, sia negli incontri RSU, sia tramite mail, facendo appello a CGIL CISL UIL e FIALS. Conosciamo bene le modalità della CGIL, della sua finta opposizione interna e del suo coordinatore, ciò che forse i lavoratori non hanno ancora compreso è l’asservimento delle altre sigle sindacali ad un personaggio che nulla ha a che fare con la nostra concezione di tutela dei diritti dei lavoratori.
Le tematiche affrontate dagli RLS sono riassunte (ma non solo) dal D.Lgs. 81/08, fondamentali per il poter lavorare in maniera serena sul proprio luogo di lavoro. Ad oggi non vi è alcuna trasparenza sugli incontri avuti con il Servizio di Prevenzione e Protezione. Pur facendo parte della RSU non ne sappiamo assolutamente nulla e tantomeno i lavoratori. Continuiamo a denunciare tramite l’ASL Prevenzione sui luoghi di lavoro e comunicati stampa le carenze sulla sicurezza, ma sono argomenti che meriterebbero seri approfondimenti.
Stanno giocando con la nostra vita!!!!
Negli ultimi giorni sono caduti alberi e crollati soffitti, si sono riempite alcune stanze di fumo da incendio e si sono bloccati quasi tutti gli ascensori.
Abbiamo chiamato il Servizio Prevenzione e Protezione per chiedere se esistevano dei protocolli su come comportarsi in determinate situazioni.
Ci è stato risposto che molte cose dipendono dall’ufficio tecnico e che anche a loro a volte si rompe il riscaldamento in casa...
Vorremmo ironizzare, ma l’argomento è troppo serio.
Quando vi iscrivete ad un sindacato perchè “vi portano comodamente il 730 in reparto” o perchè “vi regalano i gadgets...”, pensate a cosa dovete dargli in cambio....

Luca Nanfria
RSU USB Gaslini

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From: Lavoro & Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
To:
Sent: Wednesday, October 19, 2016 11:21 AM
Subject: BASTA MORTI SUL LAVORO: STOP ALLA STRAGE NEI CANTIERI

IL 7 NOVEMBRE SCIOPERO DEGLI EDILI CGIL, CISL E UIL: NEL 2016 INCREMENTO DEI MORTI DI OLTRE IL 27% RISPETTO AL 2015
E’ sconcertante il dato degli over 60, più che raddoppiato rispetto allo scorso anno: “Siamo in presenza di una vera e propria strage di nonni”.
Un mese di assemblee, convegni, volantinaggi, iniziative di sensibilizzazione in tutti i territori e in tutti i cantieri, e il 7 novembre lo sciopero nazionale di un’ora degli edili per dire basta morti sul lavoro: è quanto hanno stabilito le segreterie nazionali FENEAL, FILCA e FILLEA, che ancora una volta si mobilitano per chiedere più attenzione sul tema della sicurezza e salute sul lavoro a fronte di dati sempre più tragici ed allarmanti su infortuni, morti e malattie professionali.
“Per le costruzioni il bilancio provvisorio del 2016 è terribile, con un incremento delle vittime, ai primi di ottobre, di oltre il 27% rispetto al 2015”, fanno sapere le segreterie nazionali FENEAL, FILCA e FILLEA, che proseguono: “A questo dato drammatico si aggiunge quello relativo alla media di età delle vittime: in particolare è sconcertante il dato degli over 60, più che raddoppiato rispetto allo scorso anno. Siamo in presenza di una vera e propria strage di nonni”.
Per i sindacati “occorre intervenire subito, rafforzare controlli e sanzioni, completare l’attuazione del decreto legislativo 81 del 2008, anche con la costituzione della patente a punti”.
“Lo sciopero” - proseguono - “serve a sensibilizzare su un tema che non può più passare in secondo piano e per questo chiediamo azioni precise per contrastare il lavoro irregolare e nero, causa di molti incidenti e di mancata applicazione delle regole. Tra queste è per noi fondamentale ripristinare il DURC nella sua formula originaria e passare in breve tempo alla congruità, applicare il contratto edile a tutti i lavoratori in cantiere e rafforzare il ruolo degli enti bilaterali che attraverso i responsabili della sicurezza svolgono un lavoro indispensabile”.
“Sul fronte pensionistico” - aggiungono in conclusione - “apprezziamo l’intesa raggiunta da Governo e Sindacato, ma occorre fare un passo in più affinché l’APE agevolata si rivolga esplicitamente agli operai edili e permetta di accedere alla pensione in anticipo senza penalizzazioni a tutti quegli operai con pensioni inferiori ai 1.300/1.400 euro netti, il cui lavoro è sicuramente pesante e rischioso. Solo in questo caso si darà una risposta concreta alle migliaia di operai con più di 60 anni che ancora stanno sulle impalcature”.

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From: Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
To:
Sent: Friday, October 21, 2016 4:45 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA PROCESSO FIBRONIT

Tribunale di Milano V Sezione: assoluzioni e prescrizioni.
Per gli operai e i cittadini contaminati da amianto a Broni (la gran parte deceduti), nessuna giustizia: assolti i manager Fibronit nel processo d’appello. Annullata la condanna a 4 anni inflitta in primo grado.
Questa mattina subito dopo mezzogiorno i giudici della Corte d’Appello della V sezione del Tribunale di Milano hanno assolto per non aver commesso il fatto i due manager della Fibronit di Broni (PV) imputati della morte di decine di operai. Contestualmente hanno applicato per alcuni reati la prescrizione.
Gli stessi imputati Claudio Dal Pozzo e Giovanni Boccini, erano stati condannati a 4 anni per omicidio colposo e disastro ambientale colposo nella sentenza emessa nel luglio 2013, con giudizio abbreviato.
La sentenza della Corte d’Appello che capovolge quella di primo grado è un pugno nello stomaco ai famigliari dei lavoratori deceduti, agli ammalati e quanti si ammaleranno in futuro è un pugno in faccia alle associazioni e comitati delle vittime che da anni si battono per ottenere giustizia.
Per il Tribunale nessuno è responsabile di queste morti.
Ricordiamo che nel 1990 i cittadini di Broni si sono trovati una “nevicata bianca”. Era l’amianto fuoriuscito dalla Fibronit
Ancora una volta la V Sezione del Tribunale Penale di Milano ha preso in considerazione le argomentazioni dei padroni e manager trascurando quelle delle vittime e pure le molte condanne su simili situazioni sancite da altri Tribunali e dalla Corte di Cassazione.
Certamente anche in questo caso, lette le motivazioni e verificate le decisioni della Procura, ricorreremo per Cassazione, attendendoci finalmente giustizia. Ed infatti il diritto non può essere astratto dalla giustizia
Anche se la Costituzione afferma che l’operaio e il padrone sono uguali e hanno gli stessi diritti, la condizione di completa subordinazione economica sancita dalla pratica quotidiana e non meno condizione sociale di classe fa sì che la “libertà” e la “uguaglianza” dei cittadini sia solo formale. Sembrerebbe infatti che in REALTÀ “la legge è uguale solo per i ricchi”.
Tuttavia non ci arrendiamo. La nostra lotta non si arresta. Vogliamo per ottenere giustizia per i cittadini e i lavoratori che continuano a morire in silenzio dentro e fuori i luoghi di lavoro. Ed ancora ci battiamo contro la prescrizione dei reati, specialmente quelli del lavoro e dell’ambiente che lascia impuniti i colpevoli.

Milano, 21/10/16
Medicina Democratica
Associazione Italiana Esposti Amianto
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di lavoro e nel Territorio

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From: Gina De Angeli ginadeangeli58@gmail.com
To:
Sent: Saturday, October 22, 2016 2:12 AM
Subject: IO SONO LA SANITA’ PUBBLICA: CONVOCAZIONE ASSEMBLEA 29 OTTOBRE

In seguito all’assemblea che si è tenuto a Viareggio il 25 giugno, vi abbiamo spedito il comunicato nel quale s’indicava per la fine di settembre il prossimo incontro, nel quale formalizzare la costituzione di un Osservatorio, strumento utile per centralizzare esperienze e conoscenze accumulate sul territorio nazionale con la prospettiva di costituire un Coordinamento nazionale.
In questi mesi si è aperta una discussione su diverse questioni, dal rinnovo del Contratto Collettivo di Lavoro alla legge europea sul riposo delle 11 ore, che rivoluzionerà a partire dall’ orario, l’organizzazione del lavoro.
Pensiamo che alla luce di quando detto sia ancora più urgente il bisogno di organizzarci e unirci per costruire un ambito d’intervento, d’iniziativa e di denuncia, contro il peggioramento delle condizioni di lavoro, per il mantenimento delle tutele e dei diritti del CCNL, in difesa di ogni agibilità politica e del diritto di sciopero, per tutelare la salute e la sicurezza, diritto inviolabile, rimettendo al centro la solidarietà e il sostegno a chi, per il suo impegno sindacale è colpito da ogni forma di rappresaglia.
La data della prossima riunione è stata fissata per il 29 ottobre ore 11.00 a Viareggio presso il Dopolavoro ferroviario (uscita dalla stazione sulla sinistra).
Per informazioni chiamare:
-         Gina 333 33 99 718
-         Evita 389 16 88 470
-         Francesca 380 18 01 827

Comitato “Io sono la sanità pubblica”

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