giovedì 6 ottobre 2016

4 ottobre - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! NEWSLETTER N. 270 DEL 03/10/16




NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - sp-mail@libero.it)

INDICE

GUIDA ALLA SICUREZZA DEI CANTIERI: RUOLO E RESPONSABILITA’ DEL COMMITTENTE
1
LAVORO: APPROVATA LA STRETTA SUI VOUCHER
4
DOVERI E COMPITI DEL MEDICO COMPETENTE
6
AMIANTO NEI RIFIUTI: COME RICONOSCERLO E VALUTARLO CORRETTAMENTE
10
DESIGNARE E FORMARE GLI ADDETTI ALLE MISURE DI PRIMO SOCCORSO
13
IMPARARE DAGLI ERRORI: QUANDO SI CADE DALL’ALTO SENZA UN CASCO
15






GUIDA ALLA SICUREZZA DEI CANTIERI: RUOLO E RESPONSABILITA’ DEL COMMITTENTE

La presente guida elenca, in maniera sintetica, gli obblighi a carico del Committente di qualunque cantiere, secondo quanto disposto dal Titolo IV del D.Lgs. 81/08 (Decreto).

Per cantiere (“cantiere temporaneo o mobile”) il Decreto intende (articolo 89, comma 1, lettera a)) qualunque luogo in cui si effettuano i seguenti lavori edili o di ingegneria civile:
-         lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, ristrutturazione, equipaggiamento, smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali di linee e impianti elettrici, gli scavi, e il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili (ad esempio ponteggi), ecc.

Chiunque decide di avviare un cantiere cioè costruire una nuova opera edile o di intervenire su una esistente con lavori di ampliamento, riparazione, manutenzione (anche di piccola entità) e installazione impianti, cioè il soggetto per conto del quale l’opera viene realizzata assume secondo il D.Lgs.81/08 il ruolo di Committente (articolo 89, comma 1, lettera b)).

Nel processo di realizzazione di un’opera il Committente è il primo anello della catena che riguarda la sicurezza, in quanto ha potere decisionale e di spesa.
Questi due poteri gli impongono di scegliere i professionisti coinvolti (progettisti, direttore dei lavori, responsabile dei lavori, coordinatore in fase di progettazione e coordinatore in fase di esecuzione), le imprese esecutrici dell’opera in base alle qualifiche tecnico-professionali, non in base a un criterio prettamente economico, ma in maniera finalizzata alla salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori (e dei soggetti terzi) coinvolti.
Il Committente, in quanto parte attiva nella catena di realizzazione dell’opera è posto nella posizione di “primo responsabile” per quanto riguarda la sicurezza nei cantieri, quindi soggetto agli obblighi stabiliti dal Decreto (articolo 90) e alle relative sanzioni.

Il Decreto dà al Committente la possibilità, nel caso in cui egli non abbia le capacità tecniche o non voglia gestire in prima persona i lavori, di nominare, preferibilmente tramite una delega formale scritta, un Responsabile dei Lavori (RL).
Il Committente ha comunque il dovere non delegabile di controllo sull’operato del RL.
Come figura cardine della sicurezza nei cantieri, il Committente (o il RL) deve attenersi alla normativa vigente (il D.Lgs. 81/08) nelle varie fasi del processo del cantiere.

FASE DI PROGETTAZIONE DELL’OPERA

Il Committente (o il RL) deve considerare la sicurezza dei lavoratori definendo le modalità e i tempi di realizzazione dell’opera da eseguire (articolo 90, comma 1, lettera a) del Decreto).
Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente (o il RL), contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione al Progettista, designa il Coordinatore in materia di Sicurezza e di salute durante la Progettazione (CSP) (articolo 90, comma 3 del Decreto).
La mancata nomina del CSP, ove dovuto, è reato penale sanzionabile ai sensi del D.Lgs.81/08.

Il CSP deve essere un professionista con titolo di studio, esperienza e formazione specifica, come indicato nel Decreto (articolo 98).
Ruolo del CSP è la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e del Fasciolo dell’Opera (FO) e il coordinamento nella definizione delle modalità e dei tempi di realizzazione dell’opera da eseguire assieme al Committente (o al DL) e al Progettista (articolo 91 del Decreto).

Il PSC deve contenere almeno (allegato XV del Decreto):
-         identificazione e la descrizione dell’opera (indirizzo, contesto, descrizione sintetica);
-         individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza;
-         analisi e valutazione dei rischi;
-         scelte progettuali e organizzative, procedure, misure preventive e protettive;
-         prescrizioni operative, misure preventive e protettive e dispositivi di protezione individuale, in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni;
-         misure di coordinamento relative all’uso comune di attrezzature, infrastrutture, ecc.;
-         modalità organizzative della cooperazione e del coordinamento fra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
-         organizzazione prevista per il servizio di gestione delle emergenze;
-         durata prevista delle lavorazioni, delle fasi di lavoro (cronoprogramma dei lavori);
-         stima dei costi della sicurezza.

Il FO deve contenere almeno (allegato XV del Decreto):
-         descrizione sintetica dell’opera e l’indicazione dei soggetti coinvolti;
-         individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione dell’opera per gli interventi successivi sull’opera;
-         riferimenti alla documentazione di supporto.
La mancata redazione del PSC e del FO prevede la sospensione del Titolo Abilitativo.

Il Committente o il RL deve condividere con il CSP e con il Progettista le scelte di sicurezza che dovranno concretizzarsi nei piani che il CSP deve predisporre: il PSC da applicare nelle attività di cantiere e il FO da usare per gli interventi di manutenzione futuri (articolo 90, comma 2 del Decreto).

PRIMA DELL’AFFIDAMENTO DEI LAVORI

Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente (o il RL), contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione al Progettista, designa il Coordinatore della Sicurezza per l’Esecuzione dei lavori (CSE) (articolo 90, comma 4 del Decreto).
La mancata nomina del CSE, ove dovuto, è reato penale sanzionabile ai sensi del D.Lgs.81/08.

Il CSE deve essere un professionista con titolo di studio, esperienza e formazione specifica, come indicato nel Decreto (articolo 98).
Ruolo del CSE è la verifica della corretta applicazione da parte delle imprese esecutrici di quanto disposto nel PSC, la verifica del Piano Operativo di Sicurezza (POS) redatto dalle imprese (vedi dopo), il coordinamento delle attività delle varie imprese, la segnalazione al Committente (o al DL) le inosservanze commesse dalle imprese (articolo 92 del Decreto).

Il POS è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al cantiere (articolo 96, comma 1, lettera g) del Decreto) e consegna al CSE.
Il POS deve contenere almeno (allegato XV del Decreto):
-         dati identificativi dell’impresa esecutrice (nominativo del datore di lavoro, gli indirizzi e i riferimenti telefonici, la specifica attività e le singole lavorazioni svolte in cantiere, i nominativi delle figure della sicurezza, il numero e le relative qualifiche dei lavoratori);
-         specifiche mansioni, inerenti la sicurezza, svolte da ogni figura nominata allo scopo dall’impresa;
-         descrizione dell’attività di cantiere, delle modalità organizzative e dei turni di lavoro;
-         elenco delle opere provvisionali, delle macchine e degli impianti utilizzati;
-         elenco delle sostanze e miscele pericolose utilizzate;
-         esito del rapporto di valutazione del rumore;
-         individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC;
-         procedure complementari e di dettaglio, richieste dal PSC quando previsto;
-         elenco dei dispositivi di protezione individuale;
-         documentazione in merito all’informazione ed alla formazione fornite ai lavoratori.

Il Committente (o il RL), se prevista la nomina del CSP o del CSE, trasmette il PSC a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l’esecuzione dei lavori. Il PSC è parte integrante del contratto di appalto (articolo 101 del Decreto).
Il mancato invio del PSC alle imprese, ove dovuto, è reato penale sanzionabile.

Il Committente o il RL comunica alle imprese esecutrici i nominativi del CSP e del CSE. Tali nominativi devono essere indicati nel cartello di cantiere (articolo 90, comma 8 del Decreto).
La mancata comunicazione dei nominativi del CSP e del CSE alle imprese, ove dovuto, è reato penale sanzionabile.

Il Committente (o il RL) (anche nel caso di singola impresa esecutrice) verifica l’idoneità tecnico professionale delle imprese o dei lavoratori autonomi che eseguiranno il lavoro richiesto attraverso il controllo dei documenti riportati di seguito (articolo 90, comma 9 del Decreto).
Per la verifica dell’idoneità tecnico professionale le imprese esecutrici devono consegnare al Committente (o al RL):
-         l’iscrizione alla CCIAA (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura) con oggetto sociale inerente la tipologia dell’appalto;
-         il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva);
-         l’autocertificazione sul possesso dei requisiti tecnico professionali;
-         la dichiarazione di Organico Medio Annuo distinto per qualifica corredato dei riferimenti INPS, INAIL e Cassa Edile;
-         la dichiarazione del Contratto Collettivo Nazionale applicato ai Lavoratori dipendenti;
-         il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi);
-         la dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti interdittivi o di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Per la verifica dell’idoneità tecnico professionale i lavoratori autonomi devono consegnare al Committente o al RL:
-         l’iscrizione alla CCIAA (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura) con oggetto sociale inerente la tipologia dell’appalto;
-         il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva);
-         la dichiarazione circa la conformità delle attrezzature, macchine e opere provvisionali usate;
-         l’elenco dei DPI in dotazione;
-         attestati di formazione e di idoneità sanitaria.
La mancata verifica della idoneità tecnico professionale delle imprese e/o dei lavoratori autonomi appaltati è reato penale sanzionabile.

PRIMA DELL’INIZIO DEI LAVORI

Nel caso in cui si è di fronte ad un lavoro di almeno 200 uomini-giorno, anche se c’è una sola impresa il Committente (o il RL) deve inviare la Notifica Preliminare all’AUSL e alla Direzione Territoriale del Lavoro (articolo 99 del Decreto).
Il mancato invio della Notifica Preliminare è reato penale sanzionabile.

Il Committente (o il RL) deve trasmettere all’Amministrazione concedente (solitamente al Comune) la Notifica Preliminare, il DURC e una dichiarazione che attesti la verifica dell’idoneità di ciascuna impresa.
La mancata consegna della documentazione comporta la sospensione del Titolo Abilitativo.

Nel caso che dopo l’affidamento dei lavori ad un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di esse sia affidata a due o più imprese il Committente o il RL deve di conseguenza nominare il CSE (articolo 90, comma 5 del Decreto).
La mancata nomina del CSE, ove dovuto, è reato penale sanzionabile.

DURANTE I LAVORI

Il Committente (o il RL) deve verificare che il CSE svolga correttamente il suo lavoro (articolo 93, comma 2 del Decreto).

AL TERMINE DEI LAVORI

Il Committente (o il RL) controfirmano il verbale di termine lavori redatto dal Direttore dei Lavori.
Il Committente (o il RL) acquisiscono il FO dal CSP, come eventualmente modificato dal CSE.

Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e sicurezza sul lavoro



LAVORO: APPROVATA LA STRETTA SUI VOUCHER

Da Studio Cataldi
27/09/16
di Marina Crisafi

Lavoro: approvata la stretta sui voucher
Via libera definitivo del Governo al decreto correttivo per il Jobs Act

Voucher tracciabili con obblighi di comunicazione almeno 60 minuti prima dell’avvio delle prestazioni occasioni, via sms e e-mail, con sanzioni per chi non ottempera fino a 2.400 euro per ciascun lavoratore. E’ questa la stretta da tempo annunciata che ha ricevuto il via libera definitivo ieri da parte del Consiglio dei Ministri in un decreto correttivo del Jobs Act.

Tra le altre novità che hanno trovato spazio nel provvedimento approvato ieri rilevano anche: il rifinanziamento degli ammortizzatori, l’incremento della NASPI a favore dei lavoratori stagionali e la possibilità di trasformare i contratti di solidarietà da difensivi ad espansivi.

Il decreto legislativo, composto da sei articoli di integrazione e correzione dei Decreti Legislativi n. 81/16, n. 148/15, n. 149/15, n. 150/15 e n. 151/15, andrà ora alla firma del Presidente della Repubblica per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore il giorno successivo.
Ecco, nel dettaglio, le novità.

VOUCHER TRACCIABILI
Professionisti e imprenditori non agricoli che ricorrono al lavoro accessorio dovranno comunicare almeno 60 minuti prima dell’inizio delle prestazioni occasionali di lavoro accessorio, alla sede territoriale competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro, con sms o email, i dati anagrafici del lavoratore (o il codice fiscale), il luogo, il giorno e la durata (comprensiva di ora d’inizio e di fine) della prestazione.
La ratio della novella è quella di garantire la piena tracciabilità dei buoni lavoro al fine di contrastarne l’utilizzo irregolare ed è attuata “mutuando (si legge nel comunicato del Governo) la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente”. Una finalità che spiega anche la severità delle sanzioni che, analogamente a quelle previste per il lavoro intermittente, prevedono in caso di violazione degli obblighi di comunicazione una sanzione amministrativa da 400 fino a 2.400 euro per ogni lavoratore per cui la comunicazione stessa è stata omessa.
Inoltre, chi fa ricorso ai voucher potrà ritrovarsi gli ispettori in azienda, atteso che, nella programmazione annuale, le Direttive del Ministro del lavoro conterranno indirizzi specifici per la vigilanza dei buoni.

AGRICOLI
Gli imprenditori agricoli che decidono di ricorrere al lavoro accessorio, dovranno effettuare la comunicazione con le stesse modalità (indicando dati anagrafici o codice fiscale del lavoratore, luogo e durata della prestazione) e nello stesso termine degli altri committenti, con riferimento a un arco temporale non superiore a tre giorni (la versione precedente del provvedimento prevedeva 7 giorni). Si tiene conto delle specificità del lavoro agricolo e delle difficoltà di prevedere anticipatamente il numero esatto di lavoratori da utilizzare.

STAGIONALI
Vengono stanziati, inoltre, 135 milioni per il biennio 2016-2017 (57 milioni per il 2016 e 78 per il 2017) con il fine di potenziare la nuova indennità di disoccupazione (NASPI) per i lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali. Chi ha lavorato almeno tre anni su quattro usufruendo di 6 mesi di indennità avrà un mese di sussidio aggiuntivo fino a un massimo di 4 mesi.
Secondo la relazione tecnica sono circa 88.000 i lavoratori interessati dalla misura.


CONTRATTI DI SOLIDARIETA’
Il provvedimento approvato ieri va ad integrare anche il D.Lgs. 148/15 prevedendo che i contratti di solidarietà “difensivi” (finalizzati alla gestione degli esuberi) potranno essere trasformati in “espansivi” in modo da “favorire l’incremento degli organici e l’inserimento di nuove e più aggiornate competenze”.
La trasformazione potrà riguardare i contratti di solidarietà in corso da almeno un anno, nonché quelli stipulati prima dell’1 gennaio 2016, a patto che non venga prevista una riduzione d’orario superiore a quella concordata.

AMMORTIZZATORI
Per i lavoratori delle imprese delle cosiddette aree di crisi complessa (che cessano di godere dell’integrazione straordinaria nel periodo luglio/dicembre 2016), la cassa integrazione straordinaria può essere prorogata, fino a un massimo di 12 mesi, una volta esaurita a causa dei nuovi limiti fissati dal Jobs Act.
A tal fine sono stati stanziati 216 milioni di euro. Le imprese però potranno accedere alla misura a patto che presentino “un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro, concordati con la Regione, e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori”.
La relazione tecnica del provvedimento spiega che oggi nelle aree di crisi individuate sono oltre 11.000 i lavoratori che beneficiano del trattamento di integrazione straordinaria con un onere mensile di circa 1.600 euro ciascuno.
Dal provvedimento approvato (rispetto alla versione precedente) è scomparso, invece, per paura di incorrere in un eccesso di delega, il riferimento ai 150 milioni da destinare alla prestazione di sostegno al reddito di 500 euro al mese per i lavoratori licenziati ad esito di un programma di CIGS o in deroga dalle imprese nelle aree industriali di crisi individuate.
Infine, viene disposto che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano potranno utilizzare fino al 50% delle risorse assegnate per la mobilità e la cassa in deroga. Sinora le amministrazioni regionali potevano aumentare i 3 mesi di durata del 5%, con l’attuale misura, invece, la copertura degli ammortizzatori in deroga potrà arrivare sino a 4 mesi e mezzo.



DOVERI E COMPITI DEL MEDICO COMPETENTE

Da: PuntoSicuro
19 settembre 2016

Disponibile sul sito dell’INAIL la terza edizione del “Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro” redatta da ICOH, che esplicita i principi etici alla base dell’attività professionale del medico competente.

La ICOH (International Commission on Occupational Health), ha redatto la terza edizione del “Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro”. Il documento è richiamato dall’articolo 39 del D.Lgs. 81/08 ed esplicita i principi etici che sono alla base dell’attività professionale del medico competente.
L’articolo 39, comma 1 del D.Lgs. 81/08 “Svolgimento dell’attività di medico competente” stabilisce infatti quanto segue:
“L’attività di medico competente è svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH)”.
Riportiamo a seguire i contenuti del Codice.

DOVERI E COMPITI DEGLI OPERATORI DI MEDICINA DEL LAVORO (OML)

OBIETTIVI E RUOLO DI CONSULENZA
Obiettivo primario della medicina del lavoro è quello di salvaguardare e promuovere la salute dei lavoratori, in un ambiente di lavoro sicuro e non nocivo e di proteggerne le capacità lavorative e l’accesso al mondo del lavoro. Nel perseguire tale obiettivo, gli OML dovranno fare uso di validi metodi di valutazione del rischio e di promozione della salute, dovranno proporre misure preventive efficaci e quindi controllarne l’applicazione. Nel soddisfare le richieste in materia di salute e sicurezza espresse dai datori di lavoro, lavoratori o autorità competenti, gli OML dovranno essere proattivi nel migliorare i livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro avvalendosi delle proprie competenze e valutazioni di natura etica. Gli OML dovranno assistere con competenza e chiarezza i datori di lavoro sulle modalità di adempimento delle proprie responsabilità per quanto concerne la sicurezza e la salute sul lavoro e i lavoratori per quanto riguarda la protezione e promozione della salute in rapporto all’attività lavorativa. Essi dovranno mantenere un contatto diretto con i comitati di sicurezza e di sanità, ove questi esistano.

CONOSCENZA E COMPETENZA
Gli OML dovranno mantenersi continuamente informati sul ciclo produttivo e sull’ambiente di lavoro, oltre a migliorare le proprie competenze e aggiornare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche sui fattori di rischio professionali e sulle misure più efficaci per eliminare o ridurre i relativi rischi. Poiché l’obiettivo principale è la prevenzione primaria in termini di indirizzi, programmazione, scelta di tecnologie pulite, misure di controllo tecniche e adattamento dell’organizzazione del luogo di lavoro ai lavoratori, gli OML devono, con regolarità e, ove possibile, con scadenza preordinata, fare sopralluoghi sui luoghi di lavoro e discutere delle attività svolte con i lavoratori ed i loro responsabili.

SVILUPPO DI UNA STRATEGIA E DI UN PROGRAMMA DI LAVORO
Gli OML dovranno informare la direzione ed i lavoratori di eventuali fattori che potrebbero rivelarsi dannosi per la loro salute. La valutazione dei fattori di rischio professionali dovrà portare all’attuazione di una strategia per la sicurezza e la salute sul lavoro e di un programma di prevenzione adeguato ai bisogni dell’impresa e del luogo di lavoro. Strategia e programma dovranno essere proposti dagli OML sulla base delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento disponibili, oltre che sulle loro conoscenze dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro. Essi dovranno garantire di possedere la professionalità richiesta, o fornire la necessaria competenza, per la stesura di programmi di prevenzione che includano misure adatte per il monitoraggio e la gestione dei fattori di rischio per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, la conoscenza dei requisiti imposti dalla regolamentazione nazionale e, in caso di insuccesso, per ridurne le conseguenze. La qualità ed efficacia dei programmi di salute occupazionale dovranno essere soggetti puntualmente a verifiche d’efficacia per garantire un miglioramento continuo.

IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE E DELL’AZIONE TEMPESTIVA
Merita particolare attenzione la rapida applicazione di misure di prevenzione semplici che siano tecnicamente valide e di facile applicazione. Valutazioni successive dovranno verificarne l’efficacia e in caso contrario si dovrà trovare una soluzione più consona. Qualora vi siano dubbi sulla gravità di un fattore di rischio, bisogna immediatamente pensare e mettere in atto prudenti misure cautelative. Quando ci sia incertezza o diversità d’opinione circa la natura dei fattori di rischio o dei rischi in gioco, gli OML dovranno essere espliciti nelle loro valutazioni, evitare ambiguità nella comunicazione e ricorrere alla consulenza di altri professionisti, ove necessario.

FOLLOW-UP DELLE MISURE ATTUATE
In caso di rifiuto o di mancanza di volontà di provvedere adeguatamente a rimuovere un rischio eccessivo o a porre rimedio a una situazione che sia manifestamente pericolosa per la salute o la sicurezza, gli OML dovranno esprimere per iscritto in modo chiaro e con la massima urgenza la loro preoccupazione al dirigente responsabile, sottolineando la necessità di tenere in dovuto conto le conoscenze scientifiche e di applicare in modo corretto gli standard sanitari, compresi i limiti di esposizione, e richiamando il datore di lavoro ai suoi obblighi nell’applicazione della legge e dei regolamenti in difesa della salute dei propri dipendenti. I lavoratori interessati e i loro rappresentanti nell’impresa dovranno essere informati e, ove necessario, si dovranno avviare contatti con l’autorità competente.

INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE E FORMAZIONE SU SICUREZZA E SALUTE
Gli OML dovranno fornire informazioni ai lavoratori sui fattori di rischio professionali cui possono essere esposti in maniera obiettiva e comprensibile, non omettendo alcun fatto e sottolineando le misure preventive. Essi dovranno collaborare con il datore di lavoro, i lavoratori e i loro rappresentanti, garantendo un’adeguata informazione e formazione sulla salute e la sicurezza sia a livello di dirigenti che dei lavoratori.
Nelle comunicazioni relative ai rischi occupazionali e alla loro gestione, gli OML sono chiamati a superare barriere linguistiche, differenze interculturali ed altre diversità tra personale dirigente e lavoratori che potrebbero inficiare l’efficacia della comunicazione. Gli OML dovranno fornire informazioni adeguate ai datori di lavoro, ai lavoratori e ai loro rappresentanti sul livello di fondamento scientifico dei fattori di rischio noti o sospetti nell’ambiente di lavoro.

SEGRETO INDUSTRIALE
Gli OML saranno tenuti a non rivelare segreti industriali o commerciali dei quali vengano a conoscenza nell’esercizio della loro attività. Tuttavia, essi non dovranno celare informazioni utili a proteggere la sicurezza o la salute dei lavoratori o della comunità. Qualora necessario, gli OML dovranno contattare l’autorità competente per la supervisione e l’applicazione delle leggi in materia.

SORVEGLIANZA SANITARIA
Gli obiettivi di medicina del lavoro, i metodi e le procedure di sorveglianza sanitaria dovranno essere definiti con chiarezza, dando priorità all’adattamento del luogo di lavoro al lavoratore, che dovrà essere informato a questo riguardo. La rilevanza e validità di tali metodi e procedure dovranno essere in linea con l’evidenza scientifica e relative buone prassi. La sorveglianza sanitaria deve essere effettuata con il consenso libero e informato dei lavoratori. Le conseguenze potenzialmente positive e negative della partecipazione a programmi di monitoraggio o di sorveglianza sanitaria dovranno venire messe in discussione come parte essenziale del processo di consenso. La sorveglianza sanitaria deve essere condotta da un medico del lavoro approvato dall’autorità competente.


COMUNICAZIONE DELLE INFORMAZIONI AL LAVORATORE
I risultati degli accertamenti espletati nell’ambito della sorveglianza sanitaria devono essere resi noti ai lavoratori interessati. La valutazione dell’idoneità a un lavoro specifico, ove richiesta, deve basarsi su una buona conoscenza della mansione e del posto di lavoro e sulla valutazione dello stato di salute del lavoratore. I lavoratori devono essere informati a proposito della loro facoltà di fare ricorso contro quelle disposizioni circa la loro idoneità al lavoro che essi ritengano contrarie al loro interesse.
A questo riguardo deve essere stabilito un procedimento di appello.

COMUNICAZIONE DELLE INFORMAZIONI AL DATORE DI LAVORO
I risultati degli accertamenti previsti da leggi o regolamenti nazionali devono essere trasmessi alla direzione esclusivamente in termini di idoneità al lavoro specifico o di limitazioni necessarie dal punto di vista medico nell’assegnazione ad una mansione o nell’esposizione a fattori di rischio. Nel fornire tali informazioni, verranno privilegiati opportuni suggerimenti sull’adattamento delle mansioni e delle condizioni di lavoro alle capacità del lavoratore. Informazioni di carattere generale sull’idoneità al lavoro o in relazione alla salute o ai possibili o probabili effetti dei fattori di rischio possono anche essere comunicate, col consenso informato del lavoratore interessato, nella misura in cui ciò si renda necessario per garantire la tutela della salute del lavoratore.

DANNO A TERZI
Qualora le condizioni di salute del lavoratore e la natura del lavoro svolto siano tali da mettere in pericolo la sicurezza degli altri, il lavoratore deve essere chiaramente informato della situazione. Nel caso di circostanze particolarmente pericolose, occorre informare la direzione e, se previsto dai regolamenti nazionali, anche le autorità competenti devono essere informate sulle misure necessarie a salvaguardare i terzi. Nel fornire le informazioni, gli OML dovranno cercare un compromesso tra l’impiego del lavoratore interessato e la sicurezza e la salute di coloro che ne potrebbero venire danneggiati.

MONITORAGGIO BIOLOGICO ED ESAMI
Si dovranno prevedere esami biologici ed altri accertamenti sulla base della loro validità e rilevanza nel proteggere la salute del lavoratore interessato, tenendo in dovuto conto la loro sensibilità, la loro specificità e il loro valore predittivo. Gli OML non dovranno basarsi su esami o accertamenti non affidabili o con scarso valore predittivo in rapporto alle caratteristiche del lavoro svolto. Ove possibile, verranno preferiti i metodi non invasivi e gli accertamenti che non comportino alcun rischio per la salute del lavoratore interessato. Si potrà prescrivere un esame invasivo o che comporta dei rischi per la salute del lavoratore solo dopo averne attentamente valutato vantaggi e svantaggi per lo stesso. Tale esame è condizionato al consenso informato del lavoratore e dovrà essere eseguito secondo i più elevati standard professionali.
Non è giustificato né per motivi assicurativi né sulla base di richieste d’indennizzo.

PROMOZIONE DELLA SALUTE
Per quanto riguarda la partecipazione a programmi di educazione sanitaria, di promozione della salute, di screening sanitario e di sanità pubblica, gli OML dovranno coinvolgere, nella programmazione e attuazione degli stessi, sia i datori di lavoro che i lavoratori. Essi dovranno inoltre tutelare la riservatezza delle cartelle sanitarie personali dei lavoratori e prevenirne il loro uso scorretto.

TUTELA DELLA COMUNITA’ E DELL’AMBIENTE
Gli OML devono avere piena consapevolezza del loro ruolo nel tutelare la comunità e l’ambiente. Allo scopo di contribuire alla tutela dell’ambiente e della sanità pubblica, gli OML dovranno giocare un ruolo attivo e collaborare, secondo competenza, a scopo preventivo, nell’identificazione, nella valutazione, nella promozione e nella consulenza riguardo ai fattori di rischio occupazionali e ambientali che potrebbero derivare da attività o processi lavorativi dell’impresa.

CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA SCIENTIFICA
Gli OML dovranno riferire con obiettività alla comunità scientifica, così come alle autorità di sanità pubblica e del lavoro circa nuovi o sospetti fattori di rischio occupazionale.
Essi devono anche segnalare nuovi e pertinenti metodi di prevenzione.
Gli OML impegnati nella ricerca dovranno programmare e svolgere la loro attività su solide basi scientifiche con piena indipendenza professionale; dovranno seguire i principi etici propri della salute e della ricerca medica e sanitaria come il valore scientifico e sociale, la validità scientifica, l’equa selezione dei soggetti, il rapporto rischio-beneficio favorevole, il consenso informato, il rispetto dei soggetti arruolati nello studio, la tutela dei dati riservati e l’analisi dei protocolli e dei potenziali conflitti di interesse svolta da un comitato etico indipendente e competente. Gli OML hanno il dovere di rendere pubblici i risultati delle attività di ricerca condotte e sono responsabili dell’accuratezza dei rapporti.

Il documento dell’ International Commission on Occupational Health “Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro” è scaricabile all’indirizzo:



AMIANTO NEI RIFIUTI: COME RICONOSCERLO E VALUTARLO CORRETTAMENTE

Da: PuntoSicuro
21 settembre 2016

Informazioni riguardo alle fibre di amianto per i centri di raccolta, riciclaggio e smaltimento. I rifiuti e materiali di scarto contenenti amianto e il tenore di amianto. Focus sul trattamento dei pannelli leggeri e pannelli per soffitti.

L’amianto (utilizzato in passato, per la sua resistenza al fuoco, al calore e all’azione di agenti chimici e biologici, per la costruzione di diversi prodotti) è una sostanza cancerogena il cui utilizzo è stato vietato in molti paesi. Ad esempio nel 1990 in Svizzera e nel 1992, con la Legge n. 257 del 27 marzo 1992, in Italia.

Tuttavia, come ricordato in una recente intervista di PuntoSicuro, che stimava la sua presenza nell’80% delle attività edilizie di ristrutturazione e demolizione, è possibile trovare ancora oggi materiali che lo contengono. Si tratta spesso di materiali posati in opera prima che entrassero in vigore le norme sul divieto dell’amianto e che possono venire alla luce durante diversi lavori edili.
E un comparto a rischio per l’inalazione di fibre di amianto, disperse nell’aria durante la presa in consegna e il trattamento di questo materiale, è sicuramente anche quello delle imprese di riciclaggio e smaltimento.

SUVA (Istituto svizzero per l’assicurazione e la prevenzione degli infortuni) ha pubblicato sul proprio sito diversi documenti che, pur facendo riferimento alla legislazione elvetica, contengono utili indicazioni sulle modalità di riconoscimento e valutazione dell’amianto.
Ed in particolare nel 2015 ha prodotto proprio un opuscolo dedicato ai centri di raccolta e alle imprese di riciclaggio e smaltimento.

L’opuscolo “Amianto: riconoscerlo, valutarlo e intervenire correttamente. Informazioni utili per le imprese di riciclaggio”, nato dalla collaborazione di SUVA con le associazioni VSMR, ADSR, Swico e la Fondazione SENS eRecycling, riguarda il ricevimento e il trattamento di rifiuti e materiali di scarto nell’area aziendale delle imprese di riciclaggio o dei centri di raccolta.
E indica:
-         in quali casi durante il trattamento dei rifiuti può avvenire un contatto pericoloso con le fibre di amianto;
-         quali misure di protezione bisogna adottare;
-         quando ci si deve rivolgere a una ditta specializzata in bonifiche da amianto, chiaramente con riferimento alla normativa elvetica.

L’opuscolo riguarda unicamente l’esposizione alle polveri di amianto. Infatti nel settore del riciclaggio la riduzione dell’esposizione totale alle polveri rappresenta tuttavia un compito arduo. Dato che oltre all’amianto le polveri possono contenere anche altre sostanze nocive, bisogna adottare misure generali al fine di ridurre tale esposizione.

Come in altri documenti di SUVA, l’opuscolo spiega innanzitutto cosa sia l’amianto, i suoi effetti sulla salute (a causa della loro lunga permanenza negli alveoli polmonari, le fibre di amianto possono provocare diverse malattie, tra cui l’asbestosi, il carcinoma polmonare o il mesotelioma pleurico maligno). E indica quali rifiuti e materiali di scarto normalmente non contengono amianto (vetro usato, carta e cartone, PET, batterie, latta bianca e alluminio, scarti di produzione, ecc.) e quali rifiuti e materiali di scarto possono invece contenerlo e devono, dunque essere trattati adottando particolari misure precauzionali (rottami metallici, scarti di legno, rifiuti edili, apparecchi e quadri elettrici, autoveicoli, impianti tecnici, ecc.).


Si ricorda poi che si possono avere:
-         prodotti contenenti amianto fortemente agglomerato (matrice compatta): le fibre di amianto sono fortemente legate in una matrice solida e stabile; alcuni esempi: prodotti in fibrocemento (amianto in cemento) come pannelli piccoli e grandi su facciate, lastre ondulate, pavimenti galleggianti, canaline per cavi, condotte e canalizzazioni, fioriere; amianto nei rivestimenti in particolare rivestimenti fonoisolanti e anticorrosivi (guaine catramate e bituminose); amianto nelle guarnizioni di gomma (chiamate anche guarnizioni it); il tenore di amianto di regola è inferiore al 20% in peso;
-         prodotti contenenti amianto debolmente agglomerato (matrice friabile): le fibre di amianto sono libere o debolmente legate in una matrice; alcuni esempi: isolamenti e guarnizioni di impianti tecnici (ad esempio in apparecchi elettrici e quadri elettrici vecchi); isolamenti di tubi e condotte; sbarramenti antincendio; pannelli leggeri o cartoni di amianto; pannelli per soffitti; amianto spruzzato; il tenore di amianto è di regola superiore al 40% in peso;
-         prodotti contenenti fibre di amianto pure: le fibre allo stato puro si possono trovare, ad esempio in forma tessuta (trecce, corde, cuscini) oppure sotto forma di cartoni; il tenore di amianto è del 100 % in peso.

Rimandando alla normativa italiana per il trattamento specifico dei materiali contenenti amianto, ricordiamo che il documento di SUVA indica che le operazioni di scarico e stoccaggio dei rifiuti nonché lo smistamento e il trasporto manuali o meccanici comportano sempre un’esposizione alle polveri. E per ridurre questo rischio, bisogna adottare misure tecniche e organizzative generali (evitare tutti i lavori che generano polvere, aspirare le polveri alla fonte, inumidire i materiali, confinare correttamente la zona di lavoro), soprattutto se si devono manipolare materiali contenenti amianto.

Il documento si sofferma poi sul riconoscimento dell’amianto e sulle misure di sicurezza relative, con il supporto di diverse immagini esplicative, in relazione a diversi materiali con cui può avere a che fare un centro di raccolta, riciclaggio e smaltimento:
-         lastre per tetti, tubi di canalizzazione, canalette e fioriere: fibrocemento;
-         pannelli leggeri e pannelli per soffitti: coperture, elementi costruttivi, soffitti fonoassorbenti;
-         quadri elettrici, interruttori e accessori elettrici: pannelli in fibrocemento/pannelli leggeri;
-         apparecchi elettrici come fornelli, lavatrici e forni ad accumulo: pannelli e nastri isolanti in amianto;
-         isolamento di impianti tecnici come boiler, caldaie, cisterne: materiale di riempimento contenente amianto, tappetini di amianto, rivestimenti di amianto termoisolanti;
-         isolamento di tubi e condotte: malte e impasti di gesso contenenti amianto;
-         guarnizioni su impianti tecnici come impianti di riscaldamento, caldaie, pompe: cordoni di amianto;
-         guarnizioni su impianti tecnici come impianti di riscaldamento, pompe, condotte: guarnizioni per flange;
-         colori e vernici, rivestimenti: colori e vernici contenenti amianto, rivestimenti;
-         finestre in legno: stucco per finestre contenente amianto;
-         kit frizione, freni a tamburo e piastre inutilizzate di freni a disco: materiale contenente amianto.

Riportiamo, a titolo esemplificativo, alcune delle indicazioni relative al trattamento dei pannelli leggeri e pannelli per soffitti:
-         attività generali: non intervenire sui pannelli contenenti amianto (ad esempio non smontare, non frantumare o non tagliare);
-         separazione dei pannelli contenenti amianto dal resto (scossoni o vibrazioni, movimenti abrasivi o sfregamenti possono provocare il rilascio di fibre): garantire un sufficiente ricambio d’aria (ventilazione naturale o artificiale); usare una maschera antipolvere FFP3 e una tuta di protezione monouso di categoria 3 tipo 5/6; evitare scossoni, vibrazioni e sfregamenti, non danneggiare o non gettare i materiali;
-         smaltimento: imballare ermeticamente i pannelli per non consentire il rilascio di fibre, contrassegnarli e smaltirli a regola d’arte;
-         pulizia del luogo di lavoro: non pulire a secco; pulire il pavimento a umido e/o con un aspiratore industriale; eliminare le maschere antipolvere, le tute di protezione e i sacchetti dell’aspiratore.

Chiaramente poi il documento di SUVA indica che alcuni lavori, come lo smontaggio dalle altre parti o le lavorazioni di pannelli contenenti amianto devono essere svolti esclusivamente da ditte specializzate in bonifiche da amianto secondo la normativa elvetica.

Nota Bene
I riferimenti legislativi contenuti nei documenti di SUVA riguardano la realtà svizzera, i suggerimenti indicati possono essere comunque di utilità per tutti i lavoratori.

Il documento di SUVA “Amianto: riconoscerlo, valutarlo e intervenire correttamente. Informazioni utili per le imprese di riciclaggio” è scaricabile all’indirizzo:



DESIGNARE E FORMARE GLI ADDETTI ALLE MISURE DI PRIMO SOCCORSO

Da: PuntoSicuro
22 settembre 2016

Un volume dedicato alle PMI e al mondo dell’artigianato riepiloga la normativa in materia di salute e sicurezza. Focus sulla designazione e formazione degli addetti alle misure di primo soccorso e sulle attrezzature necessarie nelle aziende.

Il Decreto Legislativo 81/08, Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, all’articolo 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) indica che il datore di lavoro e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono [...] designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.

Per fare il punto degli obblighi inerenti la designazione degli addetti alle misure di emergenza, torniamo a sfogliare il volume “Salute e Sicurezza nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare” in cui l’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia (OPRA Lombardia) e i vari Organismi Paritetici Territoriali Artigiani (OPTA) analizzano la normativa in materia di salute e sicurezza offrendo un utile strumento di consultazione per favorire una corretta applicazione delle disposizioni di legge.

In questo articolo focalizziamo l’attenzione sugli addetti alle misure di primo soccorso.

Presentiamo innanzitutto gli obblighi del Datore di Lavoro:
-         il Datore di Lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati (articolo 45 D.Lgs. 81/08);
-         il Datore di Lavoro designa uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di Addetto al Servizio di Primo Soccorso (articolo 43 D.Lgs. 81/08).

Inoltre nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B, il Datore di Lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
-         cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell’allegato 1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente, ove previsto, e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, e della quale sia costantemente assicurata, la completezza ed il corretto stato d’uso dei presidi ivi contenuti (D.M. 388/03);
-         un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale (D.M. 388/03).

Ricordiamo che è lo D.M. 388/03 (relativo al Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell’articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni) a classificare le Aziende e Unità produttive in tre gruppi di rischio (Gruppo A, B e C), sulla base del numero dei dipendenti, del comparto produttivo e dei rischi professionali.

Il documento dell’OPRA Lombardia ricorda poi che, con riferimento sempre all’articolo 2 del D.M. 388/03, nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il Datore di Lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
-         pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell’allegato 2, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia costantemente assicurata, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, la completezza ed il corretto stato d’uso dei presidi ivi contenuti;
-         un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale.

E tra gli obblighi in capo al Datore di Lavoro, va segnalato anche quello riguardante le attività aventi lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva; in questi casi il Datore di Lavoro è tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione e un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Inoltre ai sensi dell’articolo 43, comma 3, del D.Lgs. 81/08 i lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione ad addetto al servizio di Primo Soccorso, e devono essere formati.
Si ricorda che il D.M. 388/03 indica i contenuti minimi della formazione per gli addetti aziendali all’attuazione delle misure di pronto soccorso. La formazione deve contenere sia aspetti teorici che pratici. La parte attenente le capacità di intervento pratico dovrà essere ripetuta con cadenza almeno triennale.

Riportiamo, per completezza, l’intero articolo articolo 3 (Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso) del D.M. 388/03. Ricordiamo che il decreto fa riferimento alla normativa su sicurezza e salute vigente nel 2003, il D.Lgs. 626/94, ma che è ancora tutt’ora valido con riferimenti agli analoghi disposti del D.Lgs. 81/08:
“Articolo 3 Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso
1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettera b), del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per l’attuazione delle misure di primo intervento interno e per l’attivazione degli interventi di pronto soccorso.
2. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.
3. Per le aziende o unità produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell’allegato 3, che fa parte del presente Decreto e devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici dell’attività svolta.
4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell’allegato 4, che fa parte del presente decreto.
5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al pronto soccorso ultimati entro la data di entrata in vigore del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacità di intervento pratico”.

E sul tema della formazione ricordiamo che è intervenuta anche la Commissione per gli interpelli (prevista dall’articolo 12 comma 2 del D.Lgs. 81/08) con l’ Interpello n. 2/2012 del 15 novembre 2012.

In conclusione segnaliamo le novità del D.Lgs. 151/2015 (Decreto Attuativo del Jobs Act).
Il D.Lgs. 151/2015, che ha introdotto semplificazioni e razionalizzazioni delle procedure e degli adempimenti, prevede che lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, venga consentito anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori (restano in vigore i limiti fissati nell’Allegato II e richiamati dal comma 1 dell’articolo 34 del D.Lgs. 81/08).

Il documento dell’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia “Salute e Sicurezza nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare” del 2014 è scaricabile all’indirizzo:

IMPARARE DAGLI ERRORI: QUANDO SI CADE DALL’ALTO SENZA UN CASCO

Da: PuntoSicuro
29 settembre 2016
di Tiziano Menduto

Esempi di infortuni correlati al mancato o errato uso di dispositivi di protezione della testa. Le conseguenze di cadute dall’alto dei lavoratori in assenza di casco protettivo. La dinamica degli infortuni e le informazioni sui dispositivi di protezione.

Nel mondo del lavoro le cadute dall’alto sono purtroppo frequenti e portano spesso a conseguenze gravi per i lavoratori. Cadute che possono avvenire anche da altezze non eccessive, ad esempio da una scala, un palo, un albero, insomma in situazioni in cui la protezione della testa potrebbe ridurre la gravità dell’infortunio.

Continuiamo dunque oggi il nostro viaggio di “Imparare dagli errori”, la rubrica che PuntoSicuro dedica al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, attraverso le conseguenze relative all’uso errato o mancato uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) nei luoghi di lavoro. E dopo aver analizzato nelle scorse puntate l’importanza degli occhiali di protezione e dei guanti, riprendiamo a parlare di protezione della testa.
E lo facciamo con particolare riferimento ad infortuni avvenuti con cadute dall’alto in assenza di casco protettivo e, dunque, con aggravamento delle conseguenze della caduta.

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto nella rimozione di pali della linea telefonica.
Un lavoratore è impegnato con altri due colleghi a rimuovere dei vecchi pali in legno di una linea telefonica. La prassi generale prevede che chiunque deve arrampicarsi su di un palo, deve preventivamente saggiarlo alla base con un attrezzo chiamato saggiapalo.
L’infortunato raggiunge la cima del palo senza averlo saggiato alla base e sbullona tutti i perni di ancoraggio del palo stesso al contropalo ed alle traverse.
Così facendo il palo, di fatto, si è liberato da qualsiasi ancoraggio e, poiché alla base la parte interrata era completamente marcia e corrosa, crolla trascinandosi il lavoratore che vi è legato con cintura e ramponi e che cade all’indietro, con il palo addosso, riportando traumi diffusi.
Questi i fattori causali riportati nella scheda:
-         saliva su di un palo senza verificarne la stabilità;
-         palo in legno con base interrata marcia;
-         mancato uso del casco.

Il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto ad un lavoratore specializzato nell’installazione e manutenzione di attrezzature elettriche.
Un lavoratore opera in una piazza per scollegare dalla presa la spina elettrica su un quadretto installato (dallo stesso operatore) sulla parete di un edificio, a un’altezza dal suolo di circa 3 metri.
Per eseguire tale operazione il lavoratore utilizza una scala di altezza circa 1,90 m e dopo essere salito fino a circa metà altezza, mentre cerca con una mano di recuperare il cavo che è sopra l’ingresso di un locale pubblico, con l’altra mano cerca di farlo scendere a terra. In quel momento però la spina collegata la cavo si libera dalla presa e facendogli perdere l’equilibrio, il lavoratore cade a terra urtando la testa.
La scala non era sorretta, non veniva utilizzato altro sistema anticaduta e non si indossava il casco.
E tra i fattori causali si sottolinea anche l’errore procedurale dell’infortunato che con una mano recuperava il cavo e con l’altra cercava di farlo scendere a terra.

Anche il terzo caso riguarda un infortunio avvenuto con attività su apparecchiatura elettrica: la sostituzione di una lampada di emergenza.
Un lavoratore autonomo è stato chiamato per sostituire una lampada di emergenza posta sopra un portone all’interno di un maglificio. Vicino alla verticale della lampada c’è una macchina da maglieria che non permette l’utilizzo di un trabattello e lo spazio interno al laboratorio non permette l’accesso ad una Piattaforma di Lavoro Elevabile.
Il lavoratore decide di utilizzare un elemento di una scala a pioli che però deve posizionare con un’inclinazione superiore a quelle previste dalle buone prassi per poter scavalcare la macchina. Sale sulla scala senza vincolarla o farla trattenere al piede da altro operatore pur essendo questa particolarmente inclinata. Quando si trova nella posizione di lavoro, a un’altezza di circa 4 metri, la scala scivola via e lui cade a terra sbattendo sulla pavimentazione. La scala era marcata CE e a norma. Il lavoratore non indossava il casco durante il lavoro. Il decesso avviene dopo circa 2 ore dall’evento.

In questo “Imparare dagli errori” non ci soffermiamo sulle cause reali degli infortuni, spesso correlati a comportamenti errati o alla mancanza di protezioni anticaduta, ma sulla mancanza di protezioni adeguate per la testa.

Per conoscere questi dispositivi di protezione del capo torniamo a fare riferimento al progetto multimediale Impresa Sicura (elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail) che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013. Progetto che ha prodotto diversi materiali relativi alla prevenzione in molti comparti lavorativi (metalmeccanica, cantieristica navale, lavorazione del legno, calzature, ecc.) e una raccolta dettagliata di informazioni sui Dispositivi di Protezione Individuale nel documento “Impresa Sicura DPI”.

Nella scorsa puntata di “Imparare dagli errori” ci siamo soffermati in particolare sulla differenza tra due DPI:
-         elmetto di protezione per l’industria: lo scopo primario è quello di proteggere la parte superiore della testa dell’utilizzatore contro lesioni che possono essere provocate da oggetti in caduta (norma UNI EN 397);
-         copricapo antiurto per l’industria: destinato a proteggere la testa dell’utilizzatore dalle lesioni causate da un urto della testa contro oggetti duri e immobili (norma UNI EN 812).

Vediamo ora di conoscere meglio i due dispositivi.

L’elmetto di protezione per l’industria deve comprendere almeno una calotta e una bordatura. I materiali utilizzati devono essere di qualità durevole, ossia le loro caratteristiche non devono subire alterazioni apprezzabili per effetto dell’invecchiamento o modo di impiego ai quali l’elmetto è normalmente soggetto (esposizione al sole, alla pioggia, al freddo, alla polvere, a vibrazioni, contatto con la pelle, col sudore o con prodotti applicati sulla pelle e sui capelli). La calotta (che dovrebbe coprire la parte superiore della testa e scendere almeno fino al livello del bordo superiore della fascia sulla parte frontale dell’elmetto) deve avere una resistenza la più uniforme possibile e non deve essere rinforzata maggiormente in alcun punto. Il documento riporta anche informazioni sulla possibilità di eventuali aumenti dello spessore della calotta, sul comfort dei lavoratori (è ad esempio raccomandata l’aggiunta di una fascia antisudore) e altri dettagli.

Il copricapo antiurto per l’industria deve essere dotato di mezzi in grado di assorbire l’energia di un impatto. E anche in questo caso i materiali utilizzati dovrebbero essere di qualità durevole. Il copricapo antiurto deve essere progettato in modo da permettere la massima regolazione della bardatura nella calotta al fine di ottimizzare il comfort dell’utilizzatore. Qualsiasi dispositivo applicato al copricapo antiurto dovrebbe essere progettato in modo da non causare lesioni al portatore in caso di incidente. In particolare, all’interno del copricapo antiurto non ci dovrebbero essere sporgenze metalliche o rigide tali da poter causare lesioni. Nessuna parte del copricapo antiurto dovrebbe avere spigoli vivi sporgenti. Quando la bardatura è fissata alla calotta mediante cuciture, queste dovrebbero essere protette contro l’abrasione.

Concludiamo ricordando che in relazione ai fattori di rischio per il capo la testa è esposta a danni derivanti da rischi, che possono insorgere nelle applicazioni professionali, quali rischi di natura meccanica, termica, elettrica, chimica e non è improbabile la circostanza in cui si riscontri la contemporanea presenza di due o più rischi.

Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 979, 891 e 4048, è al link:

Il documento “Impresa Sicura DPI” elaborato da da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL è scaricabile all’indirizzo:


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