giovedì 19 aprile 2018

19 aprile - Dall’assemblea nazionale dei riders, nuove forme di lotta e sindacalizzazione. Un resoconto


di Paolo Scanga
Un resoconto dell’assemblea nazionale dei riders che si è tenuta a Bologna il 15 aprile: un primo momento di incontro tra le realtà autorganizzate e di elaborazione di una piattaforma rivendicativa comune
Foodora, Deliveroo, Glovo e JustEat. Queste le catene del food delivery rappresentate da più di centocinquanta lavoratrici e lavoratori presenti all’assemblea nazionale dei riders che si è tenuta domenica nei nuovi spazi di Labas. Da Bologna, Milano, Torino e tante altre città le e i riders, così come tanti solidali, hanno risposto all’appello lanciato dal collettivo Riders Union Bologna. Ma non solo, erano presenti anche rappresentanti del Collectif des livreurs autonomes de Paris (CLAP) e del Collectif des coursier-e-s provenienti dal Belgio. Un elemento, che rappresenta quanto sia centrale lo spazio continentale per provare a costruire una piattaforma organizzative e rivendicativa all’altezza di queste catene dello sfruttamento multinazionali.
Quest’ultimo biennio, in tutta Europa, è stato segnato dalla nascita spontanea di gruppi e nuovi collettivi di lavoratrici e lavoratori che tramite il loro associarsi, il conoscersi, azioni e scioperi, hanno svelato e ribaltato la retorica neoliberale delle piattaforme. Hanno rovesciato la narrazione secondo cui la gig economy avrebbe permesso una maggiore libertà ai giovani che avrebbero potuto lavoricchiare divertendosi e possibilmente arricchendo il curriculum. Questo dal lato delle aziende è servito per inquadrare i riders come lavoratori autonomi, ovvero scaricare tutti i costi d’impresa su lavoratori e lavoratrici. Dietro questo racconto di libertà e di felicità nel trasportare del cibo, però, si nasconde il lato feroce dell’algoritmo che comporta una definitiva negazione dei, pur minimi, diritti sul lavoro, una  totale mancanza di tutele e sicurezze e di salari pressappoco infamanti. La giornata di domenica è servita innanzitutto ad avere un momento per conoscersi, per socializzare e stare insieme – prima sovversione di un algoritmo che ti obbliga alla solitudine e alla competizione. La presenza, matura, consapevole e preparata di molteplici realtà come Deliverance Project di Torino o Delivenrance Milano, oltre a quella bolognese, ha permesso il racconto delle esperienze lavorative, di narrazione dei progetti di solidarietà, di cooperazione e di organizzazione che nelle varie metropoli si stanno costruendo. Questa maturità è stata espressa da una condivisa piattaforma di rivendicazioni tra cui l’abolizione del pericoloso (per la salute e sicurezza dei riders) cottimo puro, della richiesta di un salario minimo garantito e dignitoso, forme assicurative, eliminazione del sistema di ranking che obbliga a tempi di lavoro troppo dannosi, la protezione dei dati personali che vengono rilevati dalle aziende tramite il sistema di geolocalizzazione presente nell’app ma anche richieste di garantire l’attrezzatura e la manutenzione di questa. Richieste che i ciclofattorini stano portando in tutta Europa, in Francia, Spagna, Inghilterra e Belgio, oltre che nelle numerose città e metropoli italiane. Città e metropoli stanno diventando anche il luogo intorno a cui l’elemento vertenziale sta incrociando diverse amministrazioni comunali, come a Bologna dove l’autorganizzazione dei lavoratori del food delivery ha costretto la giunta a firmare la “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, che per quanto non abbia un immediato valore giuridico, rappresenta una vittoria politica importante in quanto prevede un livello minimo di diritti da applicare a tutti i “lavoratori e lavoratrici digitali”, indipendentemente dal loro status di autonomo o subordinato. Quello che l’assemblea bolognese è riuscita a far emergere è questa capacità di lotta che è in grado di espandersi, di essere contaminante e riappropriativa. Le CLAP parigine hanno ben raccontato e mostrato come il mezzo di lavoro non fosse, esclusivamente, la bicicletta o il motorino quanto, bensì, l’app, lo strumento di comando. Ed è anche di riappropriazione dell’app si è discusso, non una applicazione di governo e comando del lavoro ma di app che permettano forme di cooperazione, di solidarietà e di mutualismo tra lavoratori e lavoratrici. La consapevolezza però è anche sulla spazialità della lotta, non soltanto le metropoli dove si lavora ma bensì il continente europeo dove sono presenti le aziende. Non è un caso se nel riconoscersi come lavoratori e lavoratrici si sia deciso di assumere il Primo Maggio, giornata di lotta contro il lavoro, come momento europeo per costruire una mobilitazione continentale contro il food delivery. Dalla Francia, dal Belgio e dall’Italia migliaia di ciclo fattorini proveranno a costruire forme di contestazione a queste forme neoschiavistiche di lavoro.

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