Lettera aperta agli avvocati, giuristi di Taranto: per Alfredo Cospito
Lo Slai Cobas di Taranto fa appello agli avvocati, giuristi di Taranto a firmare, far circolare, rendere pubblico questo appello nazionale e prendere ogni iniziativa possibile e urgente per salvare la vita di Alfredo Cospito da quasi 100 giorni in sciopero della fame, sostenendo le sue richieste: fuori dal 41bis, no al carcere ostativo.
Per info WA 3519575628 slaicobasta@gmail.com; agli stessi indirizzi potete inviare, comunicati, altre prese di posizione pubbliche, notizie di iniziative.
PER LA VITA DI ALFREDO COSPITO
appello al Ministro della giustizia e all’Amministrazione penitenziaria
Alfredo Cospito è a un passo dalla morte nel carcere di Bancali a Sassari all’esito di uno sciopero della fame che dura, ormai, da 80 giorni. Detenuto in forza di una condanna a 20 anni di reclusione per avere promosso e diretto la FAI-Federazione Anarchica Informale (considerata associazione con finalità di terrorismo) e per alcuni attentati uno dei quali qualificato come strage pur in assenza di morti o feriti, Cosito è in carcere da oltre 10 anni, avendo in precedenza scontato, senza soluzione di continuità, una condanna per il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Dal 2016 è stato inserito nel circuito penitenziario di Alta Sicurezza 2, mantenendo, peraltro, condizioni di socialità all’interno dell’istituto e rapporti con l’esterno. Ciò sino al 4 maggio 2022, quando è stato sottoposto al regime previsto dall’art. 41 bis ordinamento penitenziario, con esclusione di ogni possibilità di corrispondenza, diminuzione deol’aria a due ore trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri e riduzione della socialità a una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti. Per protestare contro l’applicazione di tale regime e contro l’ergastolo ostativo, il 20 ottobre scorso Cospito ha iniziato uno sciopero della fame che si protrae tuttora con perdita di 35 chilogrammi di peso e preoccupante calo di potassio, necessario per il corretto funzionamento dei muscoli involontari tra cui il cuore. La situazione si fa ogni giorno più grave, e Cospito non intende sospendere lo sciopero, come ha dichiarato nell’ultima udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma:
«Sono condannato in un limbo senza fine, in attesa della fine dei miei giorni. Non ci sto e non mi arrendo. Continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro».
Lo sciopero della fame di detenuti potenzialmente fino alla morte è una scelta esistenziale drammatica
che interpella le coscienze e le intelligenze
di tutti. È un lento suicidio (che si aggiunge, nel caso di Cospito,
agli 83 suicidi “istantanei” intervenuti nelle nostre prigioni
nel 2022), un’agonia che si sviluppa giorno dopo giorno sotto i
nostri occhi, un’autodistruzione consapevole e meditata, una pietra
tombale sulla speranza. A fronte di ciò, la gravità dei fatti
commessi non scompare né si attenua ma deve passare in secondo
piano. Né vale sottolineare che tutto avviene per “scelta” del
detenuto. Configurare come sfida o ricatto l’atteggiamento di chi
fa del corpo l’estremo strumento di protesta e di affermazione
della propria identità significa tradire la nostra Costituzione che
pone in cima ai valori, alla cui tutela è preposto lo Stato, la vita
umana e la dignità della persona: per la sua stessa legittimazione e
credibilità, non per concessione a chi lo avversa. Sta qui – come
i fatti di questi giorni mostrano nel mondo – la differenza tra gli
Stati democratici e i regimi autoritari.
La protesta estrema di
Cospito segnala molte anomalie, specifiche e generali: la frequente
sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte (sottolineata,
nel caso, dalla stessa Corte di assise d’appello di Torino che ha,
per questo, rimesso gli atti alla Corte costituzionale); il senso del
regime del 41 bis, trasformatosi nei fatti da strumento limitato ed
eccezionale per impedire i contatti di detenuti di particolare
pericolosità con l’organizzazione mafiosa di appartenenza in
aggravamento generalizzato delle condizioni di detenzione; la
legittimità dell’ergastolo ostativo, su cui il dibattito resta
aperto anche dopo l’intervento legislativo dei giorni scorsi e
molto altro ancora.
Non solo: la stessa vicenda di Cospito è ancora per alcuni aspetti sub iudice ché la Corte costituzionale deve pronunciarsi sulla possibilità che, nella determinazione della pena, gli effetti della recidiva siano elisi dalla concessione dell’attenuante della lievità del fatto e la Cassazione deve decidere sul ricorso contro il decreto applicativo del 41 bis. Su tutto questo ci si dovrà confrontare, anche con posizioni diverse tra di noi. Ma oggi l’urgenza è altra. Cospito rischia seriamente di morire: può essere questione di settimane o, addirittura, di giorni. E l’urgenza è quella di salvare una vita e di non rendersi corresponsabili, anche con il silenzio, di una morte evitabile. Il tempo sta per scadere.
Per questo facciamo appello all’Amministrazione penitenziaria, al Ministro della Giustizia e al Governo perché escano dall’indifferenza in cui si sono attestati in questi mesi nei confronti della protesta di Cospito e facciano un gesto di umanità e di coraggio. Le possibilità di soluzione non mancano, a cominciare dalla revoca nei suoi confronti, per fatti sopravvenuti e in via interlocutoria, del regime del 41 bis, applicando ogni altra necessaria cautela. È un passo necessario per salvare una vita e per avviare un cambiamento della drammatica situazione che attraversano il carcere e chi è in esso rinchiuso.
7 gennaio 2023
Alessandra Algostino, docente di diritto costituzionale,
Università di Torino
Silvia Belforte, già docente di
architettura, Politecnico di Torino
Ezio Bertok, presidente
Controsservatorio Valsusa
don Andrea Bigalli, parroco in
Firenze, referente di Libera per la Toscana
Maria Luisa Boccia,
presidente del CRS (Centro per la Riforma dello Stato)
Massimo
Cacciari, filosofo
Gian Domenico Caiazza, avvocato, presidente
Unione Camere Penali Italiane
don Luigi Ciotti, presidente del
Gruppo Abele e di Libera
Gherardo Colombo, già magistrato,
presidente della Garzanti Libri
Amedeo Cottino, professore di
sociologia del diritto nelle Università di Torino e Umeå
(Svezia)
Gastone Cottino, accademico ed ex partigiano, già
preside Facoltà di Giurisprudenza, Università di Torino
Beniamino
Deidda, magistrato, già Procuratore generale di Firenze
Donatella
Di Cesare, docente di filosofia teoretica, Università di Roma La
Sapienza
Daniela Dioguardi, UDI (Unione Donne Italiane),
Palermo
Angela Dogliotti, vice presidente Centro Studi Sereno
Regis
Elvio Fassone, già magistrato e parlamentare
Luigi
Ferrajoli, filosofo del diritto
Giovanni Maria Flick, già
presidente della Corte costituzionale e ministro della
giustizia
Chiara Gabrielli, docente di procedura penale,
Università di Urbino
Domenico Gallo, magistrato, già
presidente di sezione della Corte di cassazione
Elisabetta
Grande, docente di Sistemi giuridici comparati nell’Università del
Piemonte orientale
Leopoldo Grosso, presidente onorario del
Gruppo Abele
Franco Ippolito, presidente Fondazione
Basso
Roberto Lamacchia, avvocato, presidente Associazione
italiana Giuristi democratici
Gian Giacomo Migone, docente di
Storia dell'America del Nord nell'Università di Torino, già
senatore
Tomaso Montanari, docente di storia dell’arte,
rettore dell’Università per stranieri di Siena
Andrea
Morniroli, cooperatore sociale, Napoli
Moni Ovadia, attore,
musicista e scrittore
Giovanni Palombarini, magistrato, già
procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione
Michele
Passione, avvocato in Firenze
Valentina Pazé, docente di
filosofia politica, Università di Torino
Livio Pepino,
presidente di Volere la Luna e direttore editoriale delle Edizioni
Gruppo Abele
Alessandro Portelli, storico e docente di
letteratura angloamericana all’Università di Roma La
Sapienza
Nello Rossi, magistrato, già avvocato generale presso
la Corte di cassazione
Armando Sorrentino, avvocato,
Associazione italiana giuristi democratici, Palermo
Gianni
Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli
Ugo
Zamburru, psichiatra, fondatore del Caffè Basaglia di Torino
padre
Alex Zanotelli, missionario comboniano
Per aderire all’appello: https://forms.gle/jtekmZS4zsdLPUht6
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