lunedì 7 dicembre 2015

7 dicembre - "Guerra" per il petrolio, a morire sono sempre gli operai



Piattaforma petrolifera in fiamme nel mar Caspio, 32 operai morti

Trentadue operai sono morti e altri 42 sono stati salvati nell'incendio di una piattaforma petrolifera nel Mar Caspio, in Azerbaigian. A riferire il bilancio delle vittime è Mirvari Gakhramanly, capo del comitato indipendente azero per la protezione dei diritti dei lavoratori petroliferi. Nessuna conferma ufficiale finora sui morti. L'incendio è iniziato nel corso della notte nell'impianto di Guneshli. Le fiamme sarebbero state causate da una forte tempesta e non sono state ancora domate a causa del vento forte e delle onde, che rendono difficile il lavoro delle squadre di emergenza. A causa delle alte onde cinque navi anti incendio non possono avvicinarsi alla piattaforma. Per ora nessuno segnala possibili rischi ecologici. La compagnia di Stato dell'Azerbaigian ha istituito un quartier generale per affrontare l'emergenza. I media di Baku precisano che l'incendio è scoppiato sulla piattaforma numero 10, dove la compagnia di Stato (Socar) produce petrolio e gas. Altri tre operai di un'altre piattaforma petrolifera azera sul Mar Caspio risultano dispersi.
Lo riferisce la società energetica di Baku Socar, precisando che si tratta di una piattaforma diversa da quella interessata dal maxi incendio. I tre operai si trovavano in una piccola cabina abitativa trascinata nel mare dalla tempesta.
Secondo fonti citate dalla britannica Sky News le piattaforme in fiamme sarebbero tre, ma al momento manca una conferma ufficiale. L'anno scorso un incendio scoppiò su un'altra piattaforma petrolifera della Socar sul Mar Caspio causando diversi morti. «Greenpeace Italia esprime la propria preoccupazione per il disastro in corso nel Mar Caspio. Si tratta dell’ennesima tragedia dell’era delle fonti fossili a riprova, qualora ve ne fosse stato bisogno, che le piattaforme petrolifere e a gas non sono strutture intrinsecamente sicure. Possono esplodere, prendere fuoco, cedere, collassare - commenta il responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, Andrea Boraschi -. Per questo riteniamo che sia scandaloso che in Italia, dove il governo intende moltiplicare la presenza di queste strutture in mare, questo tipo di incidenti non sia neppure contemplato nelle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale. Con ciò, Greenpeace smentisce sin d’ora ogni dichiarazione del governo italiano sul presunto rigore delle procedure autorizzative vigenti nel nostro Paese».
Sabato 5 Dicembre 2015, 14:35


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