lunedì 7 maggio 2018

2 maggio - Sul 1° maggio "dedicato" alla Sicurezza sul Lavoro: PRIMO MAGGIO: FESTA PER LA SICUREZZA? di M. Spezia


 Quest’anno la festa del primo maggio è dedicata da CGIL, CISL, UIL al tema della sicurezza sul lavoro. Decisione encomiabile a primo acchito, ma che lascia troppi dubbi.
Il primo è che questo richiamo alla sicurezza sul lavoro avviene proprio adesso, proprio quest’anno, dopo una serie di infortuni sul lavoro “spettacolari” che per tale motivo sono finiti sulle pagine di tutti i giornali, sui media e sui social, scatenando indignazione e quindi avvenimenti da “cavalcare” per proprio tornaconto di consensi. Perché negli anni precedenti non è mai stato fatto? Eppure i morti sul lavoro ci sono da sempre e il trend non è mai sostanzialmente variato. Questo richiamo (quindi tardivo) alla sicurezza avviene poi da parte di sindacati (CGIL, CISL, UIL) che negli ultimi anni hanno sempre di più abbracciato gli interessi delle aziende capitaliste, convivendone le riforme in senso negativo, in merito a orari di lavoro, precarietà, diritto al licenziamento, cancellazione del diritto di sciopero, colpevolizzazione dei lavoratori in caso di infortunio, cioè in merito a tutti quei fattori che incrementano il fenomeno infortunistico. Quei sindacati collusi in vario modo con tutti i partiti, che negli ultimi anni hanno stravolto la normativa sul lavoro a tutto vantaggio delle aziende e a discapito dei lavoratori.
Quei sindacati che designano all’interno delle aziende propri Rappresentati dei Lavoratori per la Sicurezza, sempre più asserviti alle aziende, di cui condividono in pieno le politiche della sicurezza. Si rimane poi sgomenti sul solito concerto del primo maggio a Roma che, oltre a non avere nessun contenuto culturale e musicale di lotta in questo senso, è sponsorizzato da grandi aziende italiana (Eni, Unipol, Poste Italiane), cioè da coloro contro i quali bisognerebbe lottare perché al loro interno (oltre ad aspetti di facciata) si realizzassero le condizioni per una reale politica della sicurezza. Personalmente a queste manovre di facciata e ipocrite non ci credo, tanto finita la festa, tutto continuerà a procedere come prima, con la strage quotidiana di lavoratori. Se CGIL, CISL, UIL fossero veramente attenti alle tematiche della salute e della sicurezza, anziché farsi belli con comunicati di facciata e manifestazioni vuote e ipocrite, dovrebbero convocare uno sciopero generale di una giornata su tali tematiche.
Ma così andrebbero a toccare troppi interessi condivisi e questo, per loro, non va bene!
Marco Spezia
PRIMO MAGGIO DI FESTA O DI LOTTA?
Ormai non si può più considerare quella del primo maggio, come la festa dei lavoratori. Ormai non c’è più nulla da festeggiare. I diritti dei lavoratori, conquistati con la Resistenza e, nel secondo dopoguerra, con migliaia di battaglie, anche cruente, sono stati quasi del tutto smantellati. Ormai il primo maggio assume il connotato di uno qualunque dei giorni festivi, dove, vista la stagione, si pensa più ad andare al mare o a fare una scampagnata, piuttosto che manifestare per richiedere il ripristino dei diritti dei lavoratori. Anche il famoso concerto del primo maggio organizzato dalla triplice CGIL, CISL, UIL, ha perso uno contenuto culturale e politico (se mai ne abbia avuto uno) per omologarsi a una qualunque delle grandi manifestazioni musicali di massa (non a caso con tanto di sponsorizzazione di aziende, cioè della controparte rispetto ai lavoratori). E invece oggi più che mai il primo maggio dovrebbe tornare a essere giornata di lotta, ma anche di riflessione, di analisi, di proposte per ridare ai lavoratori i diritti sanciti dalla Costituzione Repubblicana, che stabilisce:
- la proporzionalità tra lavoro svolto e salario;
- il diritto a un salario sufficiente per garantire al lavoratore una vita dignitosa;
- il diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali;
- i medesimi diritti dei lavoratori tra donne e uomini;
- il diritto di sciopero;
- il diritto nel lavoro alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Questi diritti fondamentali vanno invece via via a scomparire in nome della logica spietata del profitto ad ogni costo alla base della società capitalista. E così assistiamo alla riduzione dei salari in proporzione al lavoro e al costo della vita, alla diffusione di condizioni economiche al limite della sussistenza, all’estensione generalizzata dell’aumento delle giornate lavorate specie nella grande distribuzione, alla repressione di ogni forma di sciopero che non sia benedetto dal sistema, all’aumento esponenziale della precarietà, alla possibilità legalizzata del licenziamento per ogni lavoratore scomodo o non sufficientemente produttivo. In questa ottica è inevitabile la strage legata a infortuni sul lavoro e malattie professionali. Aumentano i ritmi di lavoro, diminuisce il potere contrattuale dei lavoratori, non si può praticamente più scioperare, chi osa protestare diventa scomodo e viene emarginato o licenziato.  Più che festa occorre quindi che il primo maggio torni a essere giornata di lotta, per riconquistare quei diritti che sindacati e partiti collusi con gli interessi delle aziende, ci hanno lentamente, ma inesorabilmente tolto. Perché è vero che il capitalismo c’è sempre stato, ma fino a trent’anni fa aveva una vera opposizione politica e sindacale che portava in piazza milioni di lavoratori a manifestare per i propri diritti. Occorre tornare a diffondere cultura di lotta e di classe, in contrapposizione alla cultura di omologazione al consumismo esasperato e i falsi valori inculcati dai media. Se i lavoratori non riscoprono la propria cultura di “proletari” non c’è nessuna prospettiva di cambiamento, se non in peggio.
Marco Spezia

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