per i casalesi c’è troppa disparità tra i
malati e ritornano a Roma per protestare
L’11 novembre un nuovo presidio davanti alla sede del ministero del Lavoro
per chiedere altra giustizia e l’equo trattamento a chi si è ammalato di
mesotelioma per esposizione ambientale e famigliare oppure professionale
Alcuni manifestanti e familiari delle vittime dell’amianto davanti alla
Cassazione un anno fa
01/11/2015
silvana mossano
casale monferrato
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«Signor ministro, l’11 novembre saremo
davanti alla sede del suo dicastero in via Veneto per manifestare il dissenso
verso il decreto che lei ha emanato sull’accesso al Fondo vittime dell’amianto
dei malati civili di mesotelioma». I casalesi l’avevano preannunciato che
sarebbero tornati a Roma perché l’estensione dei benefici a chi si ammala a
causa dell’amianto, anche se costituisce uno spiraglio innovativo e positivo
(rispetto a 23 anni di silenzio) è assolutamente insufficiente e squilibrata.
Nella lettera che l’Afeva (Associazione famigliari e vittime amianto), i
sindacati nazionali Cgil, Cisl e Uil, l’Aiea (Associazione italiana esposti
amianto) e l’Anmil (Associazione invalidi) hanno inviato ieri al ministro del
Lavoro Giuliano Poletti si spiegano chiaramente i motivi del dissenso.
Provvedimento insufficiente: «Le risorse dedicate non bastano per riconoscere
adeguate risposte alle vittime civili e non sono chiare inoltre le modalità con
cui sono stati ricostruiti i dati dei malati di mesotelioma attuali e futuri»
spiega Bruno Pesce, portavoce del Comitato Vertenza Amianto di Casale. E,
poi, sperequazione tra le vittime: «Ai cittadini che si sono ammalati di
mesotelioma per esposizione ambientale o famigliare viene riconosciuta una
cifra una tantum di 5600 euro - spiega Nicola Pondrano, della Cgil, e
attualmente presidente del Fondo vittime, istituito come ramo specifico
dell’Inail -: in questo modo è evidente lo squilibrio rispetto a chi contrae la
stessa patologia, ma per esposizione professionale, e che ha diritto a una
prestazione economica modulata nel tempo, a sostegno del reddito dell’ammalato
e, dopo, di quello dei famigliari». A Poletti viene contestato, tra
l’altro, di «non aver interpellato gli organi amministrativi del Fondo prima di
emettere il decreto»: a dire che, se si fosse informato bene, gli sarebbe stato
prospettato un quadro più chiaro e preciso, anche nei numeri e nelle proiezioni
di casi di mesotelioma per i prossimi anni. Ricordiamo che, purtroppo, si è
ancora in una fase ascendente verso il picco di malati individuato intorno al
2020 (se non intervengono, prima, delle cure adeguate a rallentare o debellare
l’infausta patologia). Insistono Pesce e Pondrano, a nome di tutti i firmatari
della lettera: «Crediamo sia necessaria una più dignitosa applicazione di una
legge che dovrebbe rendere orgoglioso il nostro Paese quando lo Stato
riconoscerà un indennizzo per la mancata tutela della salute e della sicurezza
dei cittadini rispetto all’amianto».
Appuntamento a Roma
Quindi: mercoledì 11 novembre si va a Roma
a fare un presidio al ministero, sintesi eloquente del messaggio che si vuole
trasmettere: «Chiediamo un incontro urgente al fine di sanare le incongruenze
contenute nel Decreto». Sembra di tornare a venticinque anni fa, quando di
manifestazioni nella capitale non ne bastò una soltanto. Alcuni di quei
casalesi, che c’erano allora, tornano adesso, altri se ne aggiungono. Allora
ottennero la legge (1992) che vietò l’amianto in tutta Italia. E più di
recente, tra novembre e dicembre dello scorso anno, i casalesi sono tornati a
Roma due volte: la prima a incassare quella che è stata definita sentenza choc
della Cassazione sul maxi processo Eternit, la seconda, pochi giorni dopo, per
chiedere allo Stato un «risarcimento» per quella sconfitta.
Adesso è ora di ripartire con la stessa
tenacia.
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