....che lavorare negli ospedali,
principalmente, nei reparti di frontiera come i Pronto Soccorsi, sia diventato
più un problema di ordine pubblico che di Cura è una realtà oggettiva. Ma che,
come chiedono alcuni sindacati autonomi -filo fascisti- come la Fials, la
"soluzione" sia un maggior numero di forze di polizia e telecamere
nelle corsie, è da un lato un falso -perché già vi sono troppe telecamere e
poliziotti, troppe, è il loro ruolo di fatto è quello di controllo dei
lavoratori e repressione degli stessi (basti ricordare le cariche poliziesche
dentro il San Raffaele durante la lotta contro i licenziamenti)-; dall'altro
lato è la foglia di fico, sia per confederali che autonomi, di mascherare che
le vere emergenze e pericoli per i lavoratori e lavoratrici della Sanità, sono:
Privatizzazione-Diritto alla Salute e Sicurezza negati-Rinnovi dei
contratti-Nuove assunzioni contro lo sfruttamento selvaggio ai limiti dello schiavismo-ecc.
Di fatto tutto il marciume che questi sindacati di regime hanno concordato con
padroni e governo sulla nostra pelle. Ve la diamo noi la soluzione: un
sindacato di classe che spazzi via questi vermi e renda protagonista la
Ribellione e Lotta dei lavoratori.
Slai Cobas "Istituto Tumori", Milano
Slai Cobas "Istituto Tumori", Milano
Infermieri dell’ospedale col fischietto al collo per difendersi dai
violenti
Milano, 19
gennaio 2014 - Un clima di tensione costante, denuncia la Fials,
e due episodi più gravi negli ultimi sei mesi al Ps dell’ospedale Sacco:
sempre di notte e nel weekend. Il 27 luglio 2013, un sabato sera, un ubriaco
arrivato dopo una caduta in bicicletta si è scagliato prima a parole contro i
vigili (che dopo i rilievi sono andati via), poi fisicamente contro due
infermieri, ferendoli alle mani (uno, che ha avuto una frattura, è tornato al
lavoro dopo tre mesi e mezzo) prima di essere immobilizzato fino all’arrivo
della volante (sollecitata per due volte). All’alba del 15 dicembre scorso, una
domenica, un trentenne reduce da un incidente, dopo aver rifiutato i test di
sangue e urine, ha dato in escandescenze per venti minuti (in attesa del 113),
minacciando gli infermieri, facendo fuggire gli altri pazienti e menando calci
e pugni sul vetro dell’accettazione fino a sanguinare. Al
Pronto soccorso dell’ospedale Sacco di Milano il turno meno ambito è
quello di notte, le notti meno ambite sono quelle del weekend. Gli
infermieri, per difendersi dalle aggressioni di pazienti ubriachi, drogati o
solo prepotenti, possono soffiare forte nel fischietto. Sì, hanno il
fischietto: lo si vede penzolare dall’uniforme, «da circa un mese l’azienda
ospedaliera l’ha distribuito al personale in servizio
all’emergenza-accettazione», spiega un responsabile del sindacato Fials.
Volevano la guardia giurata, è arrivato lo zufolo: se serve aiuto fischia, un
po’ come i naufraghi del Titanic. La guardia, non armata, era stata ingaggiata
la scorsa estate, dopo che due infermieri erano stati picchiati da un ubriaco.
È andata via il 15 ottobre: «In relazione agli interventi fatti presso Polizia
di Stato e locale affinché garantiscano l’effettiva presenza negli orari
concordati», e poi costa troppo, ha scritto la direzione dell’ospedale, nella
risposta a una nota di protesta della Fials, il 18 dicembre. Tre giorni prima
un altro ubriaco aveva seminato il panico per venti minuti tra lavoratori e
pazienti. Da mesi i sindacati protestano per i rischi, le minacce, la
tensione e la paura che accompagnano le notti difficili al pronto soccorso
del Sacco. Che sta alla periferia Nord-Ovest di Milano, tra l’area Expo e
Quarto Oggiaro: in attesa dei visitatori, il bacino primario è il quartiere
di frontiera con le sue emergenze e càpita persino, raccontano alcuni
operatori, d’esser costretti ad accantonare i codici-colore e far passare certi
personaggi noti anche alle forze dell’ordine. «È ingiusto, ma ci lasciano
soli». Al Sacco, dalle 7 alle 22, ci sono due guardiani notturni; ma stanno
in portineria centrale, a duecento metri dal pronto soccorso, impegnati in
compiti vari. Nel Ps c’è la postazione dei vigili; ma sono in servizio dalle 7
alle 24, il sabato solo mattina o pomeriggio, domenica niente. C’è il posto di
polizia, presidiato, in teoria, da cinque agenti armati 24 ore su 24; ma anche
la Questura ha problemi di organico o «diverse priorità, in caso di assenza il
turno non viene sempre garantito», chiarisce il direttore generale alla Fials.
Durante le aggressioni di luglio e di dicembre infatti non c’era nessuno, gli
infermieri hanno dovuto chiamare il 113. «Almeno mettano un cartello in
astanteria, che indichi che la polizia c’è», protesta un responsabile del
sindacato, che ha appena fatto partire una petizione per chiedere la guardia
giurata notturna stabile al pronto soccorso. «Se l’ospedale non se la può
permettere, che la paghi la Regione. Serve un deterrente, quel che è stato
fatto non basta». Negli ultimi due anni un gruppo di lavoro coordinato dal
direttore sanitario ha prodotto: accesso con badge al triage e ai box
d’urgenza, eliminazione degli specchi e blocco delle suppellettili (per evitare
che qualcuno le usi come armi), un questionario per registrare le aggressioni,
«proposte formative» per il personale. L’azienda «sta valutando» altri
interventi, come l’incremento delle telecamere nei lunghi corridoi che collegano
il pronto soccorso ai reparti, deserti o malfrequentati di notte. Ma «la
guardiania notturna, con specifici compiti di prevenzione», no: «L’impegno
economico si rivela significativo in quanto si configurerebbe come un servizio
aggiuntivo agli attuali assetti aziendali», scriveva a dicembre il dg. Da
allora, spiega la Fials, ai dispositivi di sicurezza s’è aggiunto «un
campanello, installato per il momento al triage e al posto di polizia. Ma se è
vuoto, chi risponde all’allarme acustico?». Lo stesso vale per l’altra novità,
il fischietto: «Posso fischiare dopo che mi hanno picchiato», osserva un
infermiere.
giulia.bonezzi@ilgiorno.net
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