Ilva Taranto: la USB scavalca
(a destra) la Fiom
gennaio 30,
2014
All’Ilva di
Taranto – e non da oggi – è in corso la “normalizzazione”
di ogni
fermento autogestionario proveniente dal basso. La “breve estate”
dell’autogestione portata avanti dal “Comitato di cittadini e lavoratori liberi
e pensanti” – culminata con la manifestazione del 15
dicembre 2012 – è
definitivamente tramontata ed ha prodotto un unico effetto: quello di fare da “volano”
alla vittoria elettorale dell’USB che ha fatto eleggere una decina di propri rappresentanti
nella RSU aziendale.
Una dinamica sociale non nuova che si ripete continuamente: ogni qual volta gli sfruttati si organizzano in forma autonoma per conquistare maggiori e più ampi strati di agibilità sociale si inserisce una terza forza che – con la scusa della rappresentanza di interessi legittimi – ne utilizza la spinta propulsiva per insediarsi ai posti di comando (o di controllo) per fini estranei alla grande maggioranza dei soggetti che pretendono di rappresentare.
Come interpretare, altrimenti, l’accordo sottoscritto il 14 Gennaio, presso l’Ilva di Taranto anche dall’USB (unitamente alla Uilm, Fim e Flmu), in merito alla rappresentanza, in materia di sicurezza, di agibilità sindacale e di sistema di relazioni industriali che recepisce quanto di più autoritario e deleterio è stato formulato nel regolamento del 10 gennaio 2014?
Ai lettori il commento. Redazione
L’inizio del nuovo anno ha visto la firma di due accordi, uno sul piano nazionale e l’altro riguardante la sola Ilva, che ridisegneranno la rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Venerdì 10 Gennaio è stato siglato tra Confindustria, Uil, Cisl e Cgil un accordo che prevede nuove regole sulla rappresenta e la democrazia sindacale, rendendo operativa l’intesa del 31 maggio scorso. Il 14 Gennaio, presso l’Ilva di Taranto, Usb, Uilm, Fim e Flmu hanno sottoscritto un’ipotesi di accordo in merito alla rappresentanza, in materia di sicurezza, di agibilità sindacale e di sistema di relazioni industriali. Per la Fiom entrambi gli accordi limitano duramente l’agibilità delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, aveva chiesto al segretario della Cgil, Susanna Camusso, la sospensione della firma dell’accordo del 10 Gennaio in attesa di una consultazione delle lavoratrici e lavoratori. Tuttavia, il 17 Gennaio il Direttivo nazionale della Cgil ha approvato la scelta della Camusso con 95 voti a favore, 13 contrari e 2 astenuti. Praticamente una ratifica della decisione già presa dall’esecutivo dell’organizzazione; alla votazione però hanno deciso di non prendere parte ben 52 membri – probabilmente in segno di dissenso nei confronti del segretario.
Nel “Testo Unico” siglato il 10 Gennaio vengono indicate le regole per misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali (con il mix tra iscritti e voti e la soglia del 5% per sedere al tavolo) e per sottoscrivere gli accordi. Per Susanna Camusso l’accordo disegna un “modello di rappresentanza sindacale trasparente, democratico e fortemente partecipato dall’insieme delle lavoratrici e lavoratori”. Tuttavia, Maurizio Landini ha annunciato che “per la Fiom, non essendoci il voto dei lavoratori, quell’intesa non è da ritenersi vincolante”, e quindi non verrà applicata nelle imprese dove la Fiom è presente.
Analizzando il “Testo Unico”, ci si accorge immediatamente che questo differisce rispetto a quello firmato lo scorso maggio. Nel nuovo testo sono stati inseriti per ben cinque volte i termini “sanzioni” e “sanzionare”, inesistenti nella versione precedente; a stabilire le sanzioni per chi non rispetta gli accordi – in attesa (e in assenza) dei contratti nazionali – sarà un collegio arbitrale (formato dai rappresentanti delle confederazioni e delle imprese). Le sanzioni nei confronti di organizzazioni o rappresentanti sindacali possono essere di carattere pecuniario o di “temporanea sospensione” di diritti sindacali contrattuali.
Inoltre il Testo Unico stabilisce che la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) “deciderà su accordi di qualsiasi natura, anche sulle intese che modificano le condizioni nazionali”. Una novità che rischia di limitare il coinvolgimento dei lavoratori, che non potranno più votare su accordi aziendali e quindi non potranno esprimersi su decisioni importanti.
Vengono introdotti inoltre gli arbitrati interconfederali in sostituzione dell’autonomia delle singole categorie. L’intesa stabilisce infatti che “se ci sono problemi tra diversi sindacati all’interno di una categoria c’è l’obbligo di chiedere l’intervento di una confederazione, che insieme alle controparti è incaricata di risolvere il contenzioso”. I contratti nazionali vengono firmati dalle categorie e se le confederazioni si sostituiscono a loro c’è un cambio di natura del sindacato, che porta ad un minor potere contrattuale per i lavoratori, eliminando così il ruolo libero di contrattazione tra le parti sociali.
Un attentato all’autonomia delle categorie, poiché il nuovo accordo, in questo modo, vincola tutti i firmatari e cancella il diritto di esistere a chi non lo firma. In un certo senso si estende il modello applicato da Marchionne alla Fiat di Pomigliano e, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, l’intesa siglata il 10 Gennaio potrebbe contenere, a parere di chi scrive, dei profili di illegittimità.
Alcuni elementi presenti nell’accordo del 10 gennaio fra sindacati confederali e Confindustria sembrano essere stati recepiti in Ilva con un’intesa siglata appena quattro giorni dopo fra azienda e una parte delle RSU. Francesco Brigati, delegato sindacale della Fiom, a questo proposito denuncia che “le organizzazioni sindacali firmatarie dell’ipotesi di accordo del 14 Gennaio limitano di fatto l’agibilità sindacale delle RSU, rinchiudendole in collegi. Poniamo il caso in cui un lavoratore del collegio Ghisa segnala ad un delegato sindacale problemi di natura ambientale o di sicurezza; se questo appartiene ad un altro collegio, secondo l’azienda e i firmatari dell’accordo (Usb compresa) dovrebbe astenersi da possibili interventi derogando di fatto alle leggi e ai contratti vigenti. Inoltre gli accordi tra azienda e sindacato saranno validi ed “efficaci” per le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali, nonché per tutto il personale se approvati dalla maggioranza della RSU”.
“L’azienda così facendo”, aggiunge il delegato, “si è “blindata” con una maggioranza composta delle rappresentanze sindacali unitarie di Uilm e Fim, che consentirebbe di chiudere accordi senza una consultazione degli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto, che dovranno subire scelte senza poterle votare”. Per queste ragioni, conclude Brigati, “la Fiom di Taranto non ha firmato l’ipotesi di accordo, anti democratica, in virtù del quale la maggioranza delle RSU potranno decidere qualsiasi cosa senza consultare i lavoratori. L’ipotesi di accordo vincolerà le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie ad un abbraccio mortale con l’azienda che ha un unico obbiettivo, quello di eliminare ogni forma di conflitto”.
Una dinamica sociale non nuova che si ripete continuamente: ogni qual volta gli sfruttati si organizzano in forma autonoma per conquistare maggiori e più ampi strati di agibilità sociale si inserisce una terza forza che – con la scusa della rappresentanza di interessi legittimi – ne utilizza la spinta propulsiva per insediarsi ai posti di comando (o di controllo) per fini estranei alla grande maggioranza dei soggetti che pretendono di rappresentare.
Come interpretare, altrimenti, l’accordo sottoscritto il 14 Gennaio, presso l’Ilva di Taranto anche dall’USB (unitamente alla Uilm, Fim e Flmu), in merito alla rappresentanza, in materia di sicurezza, di agibilità sindacale e di sistema di relazioni industriali che recepisce quanto di più autoritario e deleterio è stato formulato nel regolamento del 10 gennaio 2014?
Ai lettori il commento. Redazione
L’inizio del nuovo anno ha visto la firma di due accordi, uno sul piano nazionale e l’altro riguardante la sola Ilva, che ridisegneranno la rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Venerdì 10 Gennaio è stato siglato tra Confindustria, Uil, Cisl e Cgil un accordo che prevede nuove regole sulla rappresenta e la democrazia sindacale, rendendo operativa l’intesa del 31 maggio scorso. Il 14 Gennaio, presso l’Ilva di Taranto, Usb, Uilm, Fim e Flmu hanno sottoscritto un’ipotesi di accordo in merito alla rappresentanza, in materia di sicurezza, di agibilità sindacale e di sistema di relazioni industriali. Per la Fiom entrambi gli accordi limitano duramente l’agibilità delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, aveva chiesto al segretario della Cgil, Susanna Camusso, la sospensione della firma dell’accordo del 10 Gennaio in attesa di una consultazione delle lavoratrici e lavoratori. Tuttavia, il 17 Gennaio il Direttivo nazionale della Cgil ha approvato la scelta della Camusso con 95 voti a favore, 13 contrari e 2 astenuti. Praticamente una ratifica della decisione già presa dall’esecutivo dell’organizzazione; alla votazione però hanno deciso di non prendere parte ben 52 membri – probabilmente in segno di dissenso nei confronti del segretario.
Nel “Testo Unico” siglato il 10 Gennaio vengono indicate le regole per misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali (con il mix tra iscritti e voti e la soglia del 5% per sedere al tavolo) e per sottoscrivere gli accordi. Per Susanna Camusso l’accordo disegna un “modello di rappresentanza sindacale trasparente, democratico e fortemente partecipato dall’insieme delle lavoratrici e lavoratori”. Tuttavia, Maurizio Landini ha annunciato che “per la Fiom, non essendoci il voto dei lavoratori, quell’intesa non è da ritenersi vincolante”, e quindi non verrà applicata nelle imprese dove la Fiom è presente.
Analizzando il “Testo Unico”, ci si accorge immediatamente che questo differisce rispetto a quello firmato lo scorso maggio. Nel nuovo testo sono stati inseriti per ben cinque volte i termini “sanzioni” e “sanzionare”, inesistenti nella versione precedente; a stabilire le sanzioni per chi non rispetta gli accordi – in attesa (e in assenza) dei contratti nazionali – sarà un collegio arbitrale (formato dai rappresentanti delle confederazioni e delle imprese). Le sanzioni nei confronti di organizzazioni o rappresentanti sindacali possono essere di carattere pecuniario o di “temporanea sospensione” di diritti sindacali contrattuali.
Inoltre il Testo Unico stabilisce che la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) “deciderà su accordi di qualsiasi natura, anche sulle intese che modificano le condizioni nazionali”. Una novità che rischia di limitare il coinvolgimento dei lavoratori, che non potranno più votare su accordi aziendali e quindi non potranno esprimersi su decisioni importanti.
Vengono introdotti inoltre gli arbitrati interconfederali in sostituzione dell’autonomia delle singole categorie. L’intesa stabilisce infatti che “se ci sono problemi tra diversi sindacati all’interno di una categoria c’è l’obbligo di chiedere l’intervento di una confederazione, che insieme alle controparti è incaricata di risolvere il contenzioso”. I contratti nazionali vengono firmati dalle categorie e se le confederazioni si sostituiscono a loro c’è un cambio di natura del sindacato, che porta ad un minor potere contrattuale per i lavoratori, eliminando così il ruolo libero di contrattazione tra le parti sociali.
Un attentato all’autonomia delle categorie, poiché il nuovo accordo, in questo modo, vincola tutti i firmatari e cancella il diritto di esistere a chi non lo firma. In un certo senso si estende il modello applicato da Marchionne alla Fiat di Pomigliano e, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, l’intesa siglata il 10 Gennaio potrebbe contenere, a parere di chi scrive, dei profili di illegittimità.
Alcuni elementi presenti nell’accordo del 10 gennaio fra sindacati confederali e Confindustria sembrano essere stati recepiti in Ilva con un’intesa siglata appena quattro giorni dopo fra azienda e una parte delle RSU. Francesco Brigati, delegato sindacale della Fiom, a questo proposito denuncia che “le organizzazioni sindacali firmatarie dell’ipotesi di accordo del 14 Gennaio limitano di fatto l’agibilità sindacale delle RSU, rinchiudendole in collegi. Poniamo il caso in cui un lavoratore del collegio Ghisa segnala ad un delegato sindacale problemi di natura ambientale o di sicurezza; se questo appartiene ad un altro collegio, secondo l’azienda e i firmatari dell’accordo (Usb compresa) dovrebbe astenersi da possibili interventi derogando di fatto alle leggi e ai contratti vigenti. Inoltre gli accordi tra azienda e sindacato saranno validi ed “efficaci” per le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali, nonché per tutto il personale se approvati dalla maggioranza della RSU”.
“L’azienda così facendo”, aggiunge il delegato, “si è “blindata” con una maggioranza composta delle rappresentanze sindacali unitarie di Uilm e Fim, che consentirebbe di chiudere accordi senza una consultazione degli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto, che dovranno subire scelte senza poterle votare”. Per queste ragioni, conclude Brigati, “la Fiom di Taranto non ha firmato l’ipotesi di accordo, anti democratica, in virtù del quale la maggioranza delle RSU potranno decidere qualsiasi cosa senza consultare i lavoratori. L’ipotesi di accordo vincolerà le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie ad un abbraccio mortale con l’azienda che ha un unico obbiettivo, quello di eliminare ogni forma di conflitto”.
Questa
settimana, giovedì 30, nell'ambito dell'incontro Ilva/sindacati sui contratti
di solidarietà (vedi su questo altri articoli), "sono stati discussi
anche i temi della sicurezza sul lavoro alla luce, soprattutto, delle numerose
denunce effettuate in tal senso dalle Rls (rappresentanti sicurezza
lavoratori). Su precisa disposizione del commissario Enrico Bondi è stata
varata una nuova procedura secondo la quale entro 24 ore dalla segnalazione
alla direzione aziendale, il Servizio interno di sicurezza (Sil) deve
effettuare le verifiche necessarie e accertare la fondatezza della
contestazione.
In caso positivo, entro le 24 ore successive, il capo reparto competente dovrà indicare quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza l’area o l’impianto interessato. L’Ilva ha detto ai sindacati di aver istituito un fondo speciale per interventi urgenti di ripristino delle condizioni di sicurezza". (da GdM).
Al di là che tutte queste "numerose denunce effettuate dalle Rls", non risultano nè a noi, nè ai lavoratori che si trovano a lavorare in una situazione a rischio e o non trovano gli Rls o se li trovano è come parlare al vento, tanto che negli ultimi casi si sono rivolti allo Slai cobas (che non ha Rls o Rsu in azienda); al di là di questo, la nuova procedura varata, soprattutto per i tempi che stabilisce, sembra più una sorta di "catenaccio" volto ad impedire che siano gli operai a segnalare, e che come frutto di queste segnalazioni vi siano controlli ispettivi in fabbrica.
Una sorta di risposta indiretta dell'azienda, con evidentemente pieno accordo degli Rls, alle denunce fatte nei giorni scorsi da operai e ripresi dallo Slai cobas sul problema dello scarico di ghisa bollente.
Ma tornando ai tempi. Siamo all'assurdo!
"...entro 24 ore dalla segnalazione alla direzione aziendale, il Servizio interno di sicurezza (Sil) deve effettuare le verifiche necessarie e accertare la fondatezza della contestazione". Quindi NESSUN INTERVENTO ma semplice verifica che, conoscendo la politica dell'Ilva, punterà a mettere in discussione la "fondatezza della contestazione". INTANTO IL RISCHIO CONTINUA PER GLI OPERAI...
Poi "...In caso positivo, entro le 24 ore successive, il capo reparto competente dovrà indicare quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza l’area o l’impianto interessato.". Quindi, mentre il pericolo continua per gli operai, bisognerà aspettare un altro giorno, e neanche per un intervento per rimuovere le situazioni di insicurezza, ma solo per sapere: "quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza".
SE NON FOSSE TRAGICO SAREBBE GROTTESCO!
Ma anche sulla questione del "fondo speciale per interventi urgenti di ripristino delle condizioni di sicurezza", dovremmo forse rallegrarcene e ringraziare Enrico Bondi?
In caso positivo, entro le 24 ore successive, il capo reparto competente dovrà indicare quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza l’area o l’impianto interessato. L’Ilva ha detto ai sindacati di aver istituito un fondo speciale per interventi urgenti di ripristino delle condizioni di sicurezza". (da GdM).
Al di là che tutte queste "numerose denunce effettuate dalle Rls", non risultano nè a noi, nè ai lavoratori che si trovano a lavorare in una situazione a rischio e o non trovano gli Rls o se li trovano è come parlare al vento, tanto che negli ultimi casi si sono rivolti allo Slai cobas (che non ha Rls o Rsu in azienda); al di là di questo, la nuova procedura varata, soprattutto per i tempi che stabilisce, sembra più una sorta di "catenaccio" volto ad impedire che siano gli operai a segnalare, e che come frutto di queste segnalazioni vi siano controlli ispettivi in fabbrica.
Una sorta di risposta indiretta dell'azienda, con evidentemente pieno accordo degli Rls, alle denunce fatte nei giorni scorsi da operai e ripresi dallo Slai cobas sul problema dello scarico di ghisa bollente.
Ma tornando ai tempi. Siamo all'assurdo!
"...entro 24 ore dalla segnalazione alla direzione aziendale, il Servizio interno di sicurezza (Sil) deve effettuare le verifiche necessarie e accertare la fondatezza della contestazione". Quindi NESSUN INTERVENTO ma semplice verifica che, conoscendo la politica dell'Ilva, punterà a mettere in discussione la "fondatezza della contestazione". INTANTO IL RISCHIO CONTINUA PER GLI OPERAI...
Poi "...In caso positivo, entro le 24 ore successive, il capo reparto competente dovrà indicare quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza l’area o l’impianto interessato.". Quindi, mentre il pericolo continua per gli operai, bisognerà aspettare un altro giorno, e neanche per un intervento per rimuovere le situazioni di insicurezza, ma solo per sapere: "quali interventi sono necessari per mettere in sicurezza".
SE NON FOSSE TRAGICO SAREBBE GROTTESCO!
Ma anche sulla questione del "fondo speciale per interventi urgenti di ripristino delle condizioni di sicurezza", dovremmo forse rallegrarcene e ringraziare Enrico Bondi?
Ma non
dovrebbero essere scontati questi fondi? Non ci dovrebbero stare normalmente,
sempre e comunque?
Bondi, in
uno Stato minimamente di diritto, dovrebbe essere arrestato solo per queste
dichiarazioni e decisioni, perchè di fatto sono un'ammissione che a tutt'oggi -
prima che venga istituito questo "fondo speciale" - non ci sono soldi
e che l'Ilva non fa "interventi urgenti di ripristino delle condizioni di
sicurezza". Sono un'ammissione che non c'è sicurezza, e che la sicurezza è
un'eccezione...
E GLI RLS
SONO CONTENTI E SODDISFATTI?
Il 15 e il
16 gennaio avevamo denunciato e chiesto un immediato intervento nei confronti
dell'Ilva
per uno scarico di ghisa bollente
granulata nella zona del rep.Ome Mua. Questo aveva poi ottenuto
l'accertamento dell'Arpa e dello
Spesal, e il risultato che l'azienda lo stesso giorno 16 aveva dovuto
rimuovere in fretta e furia la ghisa.
(su questo e l'atteggiamento ambiguo degli organi ispettivi vedi altro post).
Pensavamo, quindi, che la situazione
di rischio per gli operai fosse stata eliminata definitivamente.
Invece due giorni fa, altre
telefonate di alcuni operai dalla fabbrica, che ci hanno detto che dal 16
gennaio
la ghisa spostata dalla zona dell'
ome-mua veniva scaricata nella zona del reparto ex BRA2 - deposito
bramme - vicino la mensa nuova, e
che lo scarico viene fatto dentro dei capannoni sprovvisti di tetto.
Anche in questo caso gli operai
hanno denunciato un odore nauseabondo e l'emissione di fumo dalla ghisa.
Per questo lo slai cobas ha fatto
una nuova forte denuncia agli organi ispettivi e alla Procura-Giud.
Todisco
pretendendo che l'accertamento non
finisca fino a quando l'Ilva non rimuova definitivamente e in sicurezza
la ghisa.
MA ANCORA UNA VOLTA VIENE FUORI IL
SILENZIO O PEGGIO LA COMPLICITA' DEGLI
RLS.
Gli operai hanno riferito che
avevano denunciato la cosa all'Rls della Uilm dell'area - che fino ad allora
si
era ben guardato di dire e fare
qualcosa - ma che frutto di questa segnalazione era stato solo che gli
operai
potevano andare a mangiare in una
mensa più lontana dalla zona dell'ex BRA2.
A CHE SERVONO QUESTI RLS SE FANNO
SOLO DA PORTAVOCE DEI CAPI AZIENDALI!
MA ANCORA UNA VOLTA CI CHIEDIAMO
UN'ALTRA COSA.
PERCHE' OPERAI DELL'ILVA NON
ISCRITTI ALLO SLAI COBAS SI RIVOLGONO PERO'
SEMPRE ALLO SLAI COBAS, ANCHE ORA
CHE CI SAREBBERO 12 DELEGATI DELL'USB?
A che sono servite le elezioni e i
decantati - da parte dell 'Usb - risultati elettorali se poi l'andazzo brutto
in
Ilva non cambia mai?
Le "medaglie personali"
possono riempire il petto di qualcuno, ma in Ilva la situazione resta come
prima e
peggio a tutti i livelli (salute,
sicurezza, contratti di solidarietà, atteggiamento dei capi....).
OCCORRE UN SINDACATO DI CLASSE COL
PROTAGONISMO DEGLI OPERAI PIU'
COSCIENTI CHE SI ORGANIZZANO IN
COBAS IN OGNI REPARTO, NON I PERSONALISMI!
Come lo slai cobas ha sempre detto,
e ribadito durante le elezioni dei delegati: come prima anche ora
non abbiamo bisogno di essere nelle
Rsu per fare le denunce, le battaglie che si devono fare e ottenere
anche dei risultati.
DOPO IL CORAGGIOSO ESEMPIO DEL OME
MUA (nonostante le minacce dei capi), gli operai
del BRA2 hanno seguito le
indicazioni dello Slai cobas: GLI OPERAI DEVONO DENUNCIARE
DIRETTAMENTE E IN OGNI REPARTO I
PROBLEMI SULLA SICUREZZA.
E' IL CLIMA IN FABBRICA CHE DEVE
CAMBIARE e BISOGNA AVERE CORAGGIO
Nessun commento:
Posta un commento