domenica 19 marzo 2017

19 marzo - da M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 277 DEL 20/03/17




INDICE
-         Accesso del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ai luoghi di lavoro
-         Storie di infortunio: mi fido di te
-         Videoterminali: i consigli per lavorare in sicurezza
-         DPI e sicurezza: una check list per l’autovalutazione nelle aziende
-         Decreto “Milleproroghe”: proroghe su formazione, antincendio, SINP
-         La prevenzione e la lotta antincendio nei luoghi di lavoro
-         Imparare dagli errori: se i guanti non risultano adatti al rischio


Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.
La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.
L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus

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ACCESSO DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA AI LUOGHI DI LAVORO
LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.79

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia


QUESITO

Ciao Marco,
ho bisogno di aiuto.
Il mio datore di lavoro mi contesta un addebito, secondo il quale io dovrei essere sanzionato perché, dice lui, non ho il diritto di accedere in altri nuclei (dove si lavora) perché vi è un regolamento interno che lo vieta.
Inoltre voglio fare notare all’azienda che io sono stato eletto RLS a luglio 2015, ma a tutt’oggi non mi hanno fatto fare nessun corso, né tanto meno ho partecipato a riunioni, ne sono mai stato consultato su nulla.
Grazie.


RISPOSTA

Il RLS eletto o designato dai lavoratori, secondo quanto disposto dal D.Lgs. 81/08 (Decreto) ha effettivamente il diritto di visitare tutti i luoghi di lavoro della propria azienda.

Ciò è sancito in maniera inequivocabile dall’articolo 50 del Decreto al comma 1, lettera a):
Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni”.
Ti ricordo che tale principio fondamentale, ancora prima che dal Decreto e dal D.Lgs. 626/94, era sancito dalla Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori), all’articolo 9:
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.
E’ ovvio che il controllo previsto dallo Statuto dei Lavoratori si può esplicitare anche attraverso sopralluoghi dei luoghi di lavoro.

Ciò però non significa che il RLS possa girare per l’azienda senza alcuna limitazione, soprattutto se vi sono disposizioni o procedure aziendali che limitano o regolano (per comprovati motivi legati al ciclo produttivo o ad altri aspetti di sicurezza) l’accesso in determinati reparti o aree della unità produttiva.

Il RLS è anche un lavoratore e come tale si deve attenere alle disposizioni aziendali, secondo quanto stabilito dall’articolo 20, comma 2, lettera b):
I lavoratori devono [...] osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale”.
Pertanto se vi sono disposizioni aziendali che limitano o regolano l’accesso a determinati luoghi, il RLS vi si deve attenere.

In questi casi è necessario che nel momento in cui il RLS decida di visionare tali luoghi limitati o vietati, manifesti formalmente alla azienda (datore di lavoro o dirigenti) la sua intenzione. L’azienda dovrà rispondere consentendo comunque l’accesso ai luoghi di lavoro e indicando le necessarie precauzioni da ottemperare (ad esempio utilizzo di specifici DPI, accompagnamento da parte di dirigente o preposto, ecc.) o gli obblighi da osservare in termini di tutela della privacy di lavoratori o eventuali ospiti o di segreti industriali.

In questi termini l’azienda non si può però opporre all’accesso a tutti i luoghi di lavoro da parte del RLS, ma si deve limitare a regolamentare tali accessi ai fini della tutela dei lavoratori, dell’azienda e di terzi.

In merito alla seconda parte della tua domanda, tieni conto che le attribuzioni, cioè i diritti, del RLS nella sua attività sono elencati dettagliatamente dall’articolo 50, comma 1 del Decreto che riporto a seguire:
Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed alle miscele pericolose, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’articolo 37;
h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.
Tali attribuzioni sono garantite al RLS anche per tramite di specifici obblighi a carico del datore di lavoro o del dirigente, come definiti da altri articoli del Decreto.

In merito alla formazione (dei lavoratori in generale e del RLS in particolare) l’articolo 18, comma 1, lettera l) stabilisce che datore di lavoro o dirigente devono:
adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37”.
In particolare per il RLS, l’articolo 37, comma 10, stabilisce che:
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi”.
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 37, comma 10 è punito dall’articolo 55, comma 5, lettera c) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.315,20 a 5.699,20 euro.

In merito alla consegna al RLS del Documento di Valutazione dei Rischi e del DUVRI e alla loro consultazione l’articolo 18, comma 1 stabilisce, rispettivamente alle lettere o), p), s), che il datore di lavoro o il dirigente devono:
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) [DVR] [...];
p) elaborare il documento di cui all’articolo 26, comma 3 [DUVRI] [...] e su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza [...];
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all’articolo 50”.
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui alla lettera o) (consegna del DVR) è punito dall’articolo 55, comma 5, lettera a) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 822,00 a 4.384,00 euro.
Il mancato adempimento degli obblighi di cui alle lettere p) secondo periodo (consegna del DUVRI) e s) (consultazione del RLS) è punito è punito dall’articolo 55, comma 5, lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.192,00 a 4.384,00 euro.

In merito infine alla convocazione della riunione annuale per aziende con più di 15 lavoratori, l’articolo 18, comma 1, lettera v) stabilisce che datore di lavoro o dirigente devono:
nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all’articolo 35”.
Che a tale riunione debba partecipare anche il RLS è stabilito dall’articolo 35, comma 1, che dispone che:
Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera v) (convocazione della riunione periodica con la partecipazione del RLS) è punito dall’articolo 55, comma 5, lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.192,00 a 4.384,00 euro.
Giova ricordare che per aziende che occupano fino a 15 lavoratori, è facoltà del RLS richiedere la convocazione della riunione periodica in virtù dell’articolo 35, comma 4:
“[...] nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un’apposita riunione”.

Pertanto i mancati adempimenti da parte dell’azienda che tu segnali nei confronti delle attribuzioni del RLS sono tutti mancati adempimenti a specifici obblighi legislativi stabiliti dal Decreto (e quindi reati penali), il cui rispetto tu puoi chiedere formalmente all’azienda.

Nel caso che l’azienda continuasse a mancare all’adempimento degli obblighi, tu, come RLS hai la facoltà di segnalare tali inadempienze all’organo di vigilanza (ASL Servizio di Prevenzione Sicurezza sui luoghi di lavoro), proprio in virtù di una delle attribuzioni del RLS che è quella stabilità dall’articolo 50, comma 1, lettera o) che stabilisce che il RLS stesso:
può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.

A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco

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STORIE DI INFORTUNIO: MI FIDO DI TE

Da: PuntoSicuro
28 febbraio 2017

La storia di un infortunio mortale accaduto ad un operaio seguito del distacco di un parapetto: come è avvenuto l’incidente e le cause.

Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte (DORS) raccoglie storie d’infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
Questa storia, dal titolo “Mi fido di te” (a cura di Emilio Duminuco della PSAL ATS Milano), presenta un infortunio mortale accaduto a un operaio seguito del distacco di un parapetto

MI FIDO DI TE

Esito
Un operaio muore cadendo dal secondo piano, all’interno del vano ascensore, ancora privo di cabina e di porte, a seguito del distacco del parapetto che sbarra la apertura al piano.

Dove è avvenuto
In un cantiere edile per la costruzione di un capannone e di una palazzina uffici; in particolare nel vano ascensore della palazzina uffici.

Descrizione dell’infortunio
Alla fine della giornata lavorativa un operaio, dipendente di una ditta termoidraulica, che lavorava al secondo piano, doveva recuperare una prolunga elettrica, collegata al quadro elettrico del piano terra. Su indicazione del geometra di cantiere, il cavo era stato fatto passare attraverso il vano ascensore ancora privo di cabina. Mentre cercava di sciogliere la corda che legava il cavo a una delle tavole del parapetto, questa si staccava facendo cadere l’operaio da un’altezza di circa 7 metri. Nella caduta subiva lesioni gravissime. Soccorso e condotto in ospedale, moriva durante l’intervento chirurgico.

Cosa si è appreso dall’inchiesta
I parapetti sulle aperture del primo e secondo piano erano stati realizzati, in un primo tempo, con delle assi di legno inchiodate alle pareti, sul davanti. A un certo punto i parapetti sono stati di ostacolo alla posa del rivestimento in cartongesso delle pareti dei corridoi. I parapetti sono stati quindi rimossi dalla loro posizione e le tavole sono state inchiodate all’interno del vano ascensore. Si è accertato anche che i chiodi non erano neanche penetrati fino in fondo nel muro in cemento armato. In tali condizioni le tavole non garantivano una adeguata resistenza alla spinta generata da un urto accidentale, ma anche da un semplice appoggio del corpo di una persona. Infatti non appena il lavoratore vi si è appoggiato per slegare il cavo elettrico le tavole si sono schiodate e l’operaio è caduto giù.

COME PREVENIRE

Il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione avrebbe dovuto prevedere la sequenza dei lavori, progettando un diverso modo di sbarrare il vano ascensore ai piani, anche attraverso la realizzazione di impalcati provvisori in corrispondenza di ogni piano.

Il geometra di cantiere avrebbe dovuto accertarsi che l’operaio incaricato avesse idonei sistemi di ancoraggio atti a impedirne la caduta nel vuoto durante la rimozione e la posa dei nuovi parapetti e che tali lavori venissero realizzati con criterio e a regola d’arte.

L’operaio incaricato di realizzare i nuovi parapetti avrebbe dovuto usare una maggiore perizia e criterio nel realizzarli, segnalando al geometra le eventuali difficoltà o l’impossibilità di eseguire il lavoro perché, come è facilmente intuibile, egli stesso, durante tale realizzazione, sarebbe stato esposto al pericolo di caduta nel vuoto, non avendo sistemi e dispositivi di trattenuta adeguati.

Leggi la storia all’indirizzo:

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VIDEOTERMINALI: I CONSIGLI PER LAVORARE IN SICUREZZA

Da: PuntoSicuro
01 marzo 2017
di Tiziano Menduto

Alcuni documenti si soffermano sulle buone prassi di lavoro al videoterminale. I disturbi dei lavoratori, i nove consigli per lavorare comodi, le regolazioni, gli occhiali, l’altezza dello schermo e le pause regolari.
Come più volte ricordato nei nostri articoli, molti operatori che lavorano al videoterminale accusano varie tipologie di disturbi; ad esempio mal di testa, tensioni alla nuca, bruciore agli occhi e dolori in corrispondenza di spalle, braccia e mani. Disturbi che con idonee strategie di prevenzione si possono benissimo evitare.

Per migliorare la prevenzione dei lavoratori nell’ uso dei videoterminali (VDT), Suva (Istituto svizzero per l’assicurazione e la prevenzione degli infortuni), ha prodotto in questi anni diversi materiali informativi e ha dedicato uno specifico spazio in rete (“Ergonomia al videoterminale”) a questi temi.
Da questo spazio è possibile non solo ricavare informazione su vari temi (aspetti ergonomici, allestimento del posto di lavoro, disturbi, home office, uso del laptop, ecc.), ma anche arrivare a molti documenti d’informazione sul rischio VDT e sulle possibili misure di prevenzione.
Ad esempio in “Lavorare al videoterminale”, una pubblicazione utilizzabile nei percorsi formativi e informativi, si indica che è necessario fare sapere agli utilizzatori di VDT che le carenze ergonomiche sul posto di lavoro possono causare disturbi fisici. I lavoratori devono poi conoscere le regole più importanti per allestire correttamente la loro postazione di lavoro al videoterminale secondo principi ergonomici e devono essere motivati a mettere in pratica queste regole in modo da evitare il più possibile l’insorgenza di disturbi.

Nel documento sono riportati i disturbi più frequenti (nuca, spalle, schiena, polso, mani, ecc.) e l’influsso, su questi, dell’orario di lavoro in postazioni di lavoro che presentano carenze di allestimento (fino a 4 ore la frequenza dei disturbi è del 27,3%, oltre 8 ore del 85,7%).
Si ricorda poi che se il mal di schiena rappresenta in assoluto uno dei problemi di salute più frequenti, un allestimento corretto della postazione di lavoro consente spesso di risolvere problemi come contratture muscolari, bruciore agli occhi, mal di testa, luce e riflessi fastidiosi.

Riguardo alla prevenzione ci soffermiamo in particolare sul documento Suva “Lavoro al videoterminale. I nove consigli per lavorare comodi”.
Riportiamo brevemente i nove consigli.

Per evitare riflessi e abbagliamenti posizionare lo schermo e il tavolo parallelamente alla finestra. In qualsiasi caso, si consiglia di non lavorare con le tapparelle abbassate, ma di usare tendine a rullo che si possono sollevare dal basso verso l’alto oppure tendine a pannelli verticali. In questo modo si può guardare fuori dalla finestra senza avere riflessi o abbagliamenti sullo schermo.

Come regolare la sedia:
-         fatta eccezione per pochi centimetri, le cosce aderiscono al piano del sedile e i piedi poggiano completamente sul pavimento;
-         le ginocchia formano un angolo di 90 gradi o poco più;
-         la schiena esercita una leggera pressione sullo schienale;
-         sbloccare lo schienale per consentire la seduta dinamica.

E’ importante regolare l’altezza del tavolo.
Verificare innanzi tutto che vi sia spazio sufficiente sotto il tavolo e togliere qualsiasi elemento che limita o blocca il movimento delle gambe o dei piedi. Quindi impostare l’altezza secondo la “regola dei gomiti” per cui altezza dei gomiti deve essere uguale all’altezza del tavolo più l’altezza della tastiera. Se non è possibile regolare l’altezza del tavolo, si raccomanda di sollevare l’altezza della seduta in modo da rispettare la “regola dei gomiti”. Per evitare di lavorare con le gambe “penzoloni” si consiglia di usare un poggiapiedi che lasci la massima libertà di spazio ai piedi.

Altri suggerimenti:
-         posizionare lo schermo e la tastiera di fronte a sé e parallelamente al bordo del tavolo;
-         poggiare i fogli di carta su un portadocumenti (alto al massimo 7 cm) tra schermo e tastiera;
-         il bordo superiore dello schermo si deve trovare circa 10 cm (un palmo) al di sotto degli occhi;
-         inclinare lo schermo in modo che lo sguardo sia perpendicolare allo stesso;
-         per poter leggere senza difficoltà anche i caratteri più piccoli (per esempio le voci dei menu, ecc.) lo schermo deve trovarsi a una distanza di 70–90 cm dagli occhi;
-         se necessario, usare la funzione zoom per ingrandire i caratteri sullo schermo;
-         indossare occhiali per PC: i normali occhiali da lettura o quelli con lenti progressive non sono adatti al lavoro al videoterminale; infatti, obbligano ad avvicinarsi allo schermo per leggere con maggior chiarezza e costringono a piegare la testa all’indietro, provocando delle contratture muscolari alla nuca; gli occhiali per PC invece hanno un campo visivo che si adatta perfettamente alla distanza occhio-schermo permettendo di mantenere una postura naturale;
-         fare movimento e pause regolari;
-         cambiare spesso la posizione (per esempio variare la postura con la seduta dinamica);
-         sfruttare al meglio lo spazio di movimento;
-         sgranchire le gambe di tanto in tanto e fare qualche esercizio di stretching;
-         intervallare regolarmente (per esempio ogni ora) il lavoro con delle pause di qualche minuto;
-         lavorare comodi con il notebook: consigliamo vivamente di usare una tastiera e un mouse se si lavora più di un’ora con il notebook; se lo schermo è posizionato troppo in basso, si può sollevare il notebook appoggiandolo, ad esempio, su un portadocumenti; se si lavora più di 2 ore con il notebook è opportuno usare anche uno schermo esterno antiriflesso.

Ricordiamo che nel documento “Lavorare al videoterminale”, che vi invitiamo a visionare e che è ricco di immagini esplicative, sono riportate anche indicazioni sugli accessori utili, come i poggiapolsi e i portadocumenti. Sono infine presenti indicazioni sulle telefonate al computer (uso di cuffie telefoniche) e sull’utilizzo di più monitor.

Nota Bene
Gli eventuali riferimenti legislativi contenuti nel documento originale riguardano la realtà svizzera, i suggerimenti indicati sono comunque utili per tutti i lavoratori.

Il documento del Suva “Lavorare al videoterminale” è scaricabile al link:

Il documento del Suva “Lavoro al videoterminale. I nove consigli per lavorare comodi” è scaricabile al link:

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DPI E SICUREZZA: UNA CHECK LIST PER L’AUTOVALUTAZIONE NELLE AZIENDE

Da: PuntoSicuro
03 marzo 2017
di Tiziano Menduto

Una lista di controllo per verificare la conformità delle aziende in relazione ai dispositivi di protezione individuali. Marcatura, documentazione, formazione, idoneità al rischio, limiti di protezione, ergonomia, conservazione e manutenzione.

Uno degli aspetti importanti nella tutela effettiva della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro è l’utilizzo, laddove necessari, di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) in buono stato, adeguati ai rischi e alle caratteristiche dei lavoratori.
Ed infatti nella rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, abbiamo spesso mostrato quali possano essere le conseguenze di DPI mancanti, non utilizzati o inadeguati.

Per favorire l’autovalutazione da parte delle aziende della conformità alla normativa vigente in materia di DPI, anche con riferimento alle problematiche più frequenti riscontrate nelle attività di vigilanza e alle modalità con cui vengono usualmente effettuati i controlli da parte dello SPISAL dell’Azienda ULSS 9 di Treviso, ci soffermiamo oggi su una specifica check list pubblicata nello spazio web dell’ULSS trevisana.
La “Scheda valutazione: Dispositivi di Protezione Individuali (DPI)”, aggiornata nel mese di gennaio 2016 e prevista per l’autovalutazione delle aziende, è divisa in varie sezioni. E se per ogni sezione sono proposte diverse domande per verificare la conformità alla normativa, nella parte con le “Istruzioni per la compilazione” sono riportate ulteriori indicazioni sui riferimenti normativi e sulle istruzioni per l’azienda. È evidente (sottolinea comunque la presentazione dell’ULSS 9 della check list) che al di là di quanto riportato nella scheda non si esclude l’obbligo di rispettare comunque tutte le indicazioni previste dalla normativa.

Partiamo dalla prima sezione della scheda relativa alla marcatura e documentazione: istruzioni, informazione, formazione e addestramento.
In questa prima sezione si chiede, ad esempio di verificare, la marcatura CE, la presenza della dichiarazione di conformità e della nota informativa.

Nelle istruzioni per la compilazione si ricorda che:
-         la dichiarazione di conformità deve essere disponibile in azienda;
-         la nota informativa del fabbricante deve essere redatta in modo preciso, comprensibile e in lingua italiana e deve contenere, tra l’altro, le istruzioni di deposito, impiego, pulizia, manutenzione, revisione, disinfezione.

E riguardo alla formazione/informazione si indica che, come richiesto dal D.Lgs. 81/08, il datore di lavoro fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori e li informa preliminarmente per quali rischi il DPI li protegge.
Ed è importantissimo fornire informazioni anche sui limiti di protezione: ad esempio un apparecchio di protezione delle vie respiratorie con filtro non protegge in caso di carenza di ossigeno.
Su tutti i DPI deve essere poi fornita formazione specifica e, se ritenuto necessario, addestramento. L’addestramento è comunque obbligatorio per i DPI di III (“salvavita”) categoria e per la protezione da rumore (II categoria) e deve essere documentato.

Nella sezione relativa alla valutazione dei rischi sono riportate ulteriori domande su individuazione per fase lavorativa, idoneità per rischio, priorità protezioni collettive, ergonomia, interferenza, limiti di protezione.
Ad esempio, occorre verificare che:
-         i DPI vengano utilizzati per la protezione dai rischi che non possono essere evitati con misure tecniche e organizzative di prevenzione o da mezzi di protezione collettiva;
-         nel DVR sia stata valutata correttamente l’idoneità dei DPI rispetto al rischio da cui devono proteggere senza generare un rischio maggiore;
-         i DPI siano stati scelti tenendo conto delle esigenze ergonomiche e di salute del lavoratore (con il concorso del medico competente), garantendo comfort ed efficacia protettiva;
-         i DPI siano tra loro compatibili nel caso di rischi multipli che prevedano l’uso simultaneo di più DPI;
-         i DPI scelti siano stati individuati dichiarando il livello minimo di prestazione in funzione dei codici di marcatura CE;
-         siano stati individuati i limiti di protezione del DPI e, se necessario, la loro durata.

A questo proposito le istruzioni indicano che i DPI possono essere utilizzati in alternativa ai mezzi collettivi solo nei casi in cui quest’ultimi non possano essere allestiti per necessità tecniche e operative (ad esempio DPI anticaduta anziché parapetti in lavori sui tetti di breve durata, DPI di protezione delle vie respiratorie, anziché aspirazione localizzata, in lavori di cantiere e/o di breve durata).
Inoltre riguardo alla scelta, l’idoneità del DPI rispetto al rischio è il primo criterio di scelta da osservare; il DPI deve essere individuato nel modo più preciso possibile con riferimento ai criteri di marcatura. I DPI possono presentare rischi derivanti dal dispositivo in sé (progetto, qualità dei materiali, ecc.) e rischi derivanti dall’uso del dispositivo (limiti di uso e limiti di protezione, non osservanza delle istruzioni fornite, mancata manutenzione, ecc.).
E, come riportato nelle domande, il medico competente (ove presente) deve poter contribuire alla valutazione dei rischi e all’adozione delle misure preventive incluse le questioni che riguardano l’adeguatezza o il confort del dispositivo.

Rimandando alla lettura integrale della scheda, che riporta altre utili informazioni, veniamo alle sezioni relative alla fornitura, all’assegnazione individuale e all’uso corretto da parte dei lavoratori.
A questo proposito, oltre alle domande di verifica della conformità normativa, nelle istruzioni si indica che i DPI devono essere regolarmente forniti tenendo conto dell’usura, dei tempi di scadenza e invecchiamento in modo da garantire la continuità della protezione nel tempo. Ed è opportuno che le consegne siano documentate.
Si sottolinea poi che i lavoratori sono obbligati a utilizzare i DPI messi a loro disposizione nei casi previsti dal datore di lavoro, a seguito della valutazione del rischio. Deve essere verificato che i lavoratori indossino correttamente in DPI (adattamento) nei casi in cui ciò è rilevante per la protezione (ad esempio: DPI protezione rumore). Infatti il datore di lavoro, dirigente e preposto devono vigilare sull’uso dei DPI previsti per ciascuna operazione e sulle modalità con cui sono indossati.

Una sezione della scheda è dedicata alla conservazione, manutenzione, sostituzione, pulizia, riconsegna, scadenza dei DPI con domande che, tra le altre cose, riguardano:
-         la definizione di misure necessarie per conservare adeguatamente i DPI: ad esempio uno spazio chiudibile ben individuato e dedicato alla conservazione del DPI; anche in prossimità della postazione di lavoro;
-         la presenza e attuazione di procedure per la pulizia: ad esempio è importante mantenere la pulizia delle maschere, favorire la portabilità di inserti auricolari e cuffie per il rumore;
-         la definizione delle modalità e tempi delle operazioni di manutenzione/controllo in base a quanto riportato nella nota informativa del DPI, in riferimento al tipo di manutenzione e la frequenza di controllo previsti.
Inoltre occorre verificare se sono stati definiti, se necessari, i tempi massimi di utilizzo dei DPI o loro parti, e le procedure per la riconsegna e se esiste documentazione della periodicità di pulizia, verifica, manutenzione, sostituzione dei DPI.

Segnaliamo, infine, che il 31 marzo 2016 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui DPI.

Concludiamo riportando l’indice della check list:
-         Sezione 1: Marcatura e documentazione: istruzioni, informazione formazione e addestramento;
-         Sezione 2: Valutazione dei rischi e individuazione per fase lavorativa, idoneità per rischio, priorità protezioni collettive, ergonomia, interferenza, limiti di protezione;
-         Sezione 3: Fornitura, assegnazione individuale;
-         Sezione 4: Uso corretto da parte dei lavoratori;
-         Sezione 5: Conservazione, manutenzione, sostituzione, pulizia, riconsegna, scadenza;
-         Sezione 6: Segnaletica;
-         Sezione 7: Idoneità sanitaria, valutazioni del medico competente, caratteristiche individuali.

Il documento delle ULSS 9 Treviso, ULSS 8 Veneto, ULSS 7 Veneto “Scheda valutazione: Dispositivi di Protezione Individuali (DPI)” è scaricabile all’indirizzo:

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DECRETO MILLEPROROGHE: PROROGHE SU FORMAZIONE, ANTINCENDIO, SINP

Da: PuntoSicuro
07 marzo 2017
di Tiziano Menduto

Alcune delle proroghe contenute nel nuovo Decreto Legge 244/16, come modificato dalla Legge di conversione. L’entrata in vigore dell’obbligo dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole è ora differita al 31 dicembre 2017.

Approvata il 23 febbraio 2017, la Legge del 27 febbraio 2017 n. 19 relativa alla conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto Legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante “Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l’esercizio di deleghe legislative” (cosiddetto decreto milleproroghe) - è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 febbraio 2017. E il testo è entrato in vigore il 1 marzo 2017.

Illustriamo alcune delle proroghe più significative, partendo tuttavia da una nuova proroga, contenuta nella Legge di conversione e non nel Decreto Legge originario. Una proroga presente nel comma 2-ter aggiunto, dalla Legge di conversione, all’articolo 3 del testo del Decreto Legge, che recita:
“Il termine per l’entrata in vigore dell’obbligo dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall’accordo, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 22 febbraio 2012, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2012, è differito al 31 dicembre 2017. Entro dodici mesi da tale data devono essere effettuati i corsi di aggiornamento, di cui al punto 9.4 dell’Allegato A al suddetto accordo del 22 febbraio 2012”.

Con il comma 2-ter è stata di nuovo ulteriormente prorogata, come era avvenuto con il “Decreto del Fare”, l’entrata in vigore dell’obbligo dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole, che è ora differita al 31 dicembre 2017. E si indica che i corsi di aggiornamento devono essere effettuati entro dodici mesi da tale data (entro il 31 dicembre 2018).

Il Decreto Legge 244/16, come modificato dalla Legge di conversione, prevede poi, all’articolo 3, comma 2, la modifica al D.Lgs. 81/08, consistente nella sostituzione all’articolo 53, comma 6 del Decreto stesso, delle parole: “Fino ai sei mesi” con le parole: “Fino ai 12 mesi”.
Con questa modifica fino ai 12 mesi (prima erano 6 mesi) successivi all’adozione del Decreto interministeriale istitutivo del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro restano in vigore le disposizioni relative ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.

Correlata alla precedente risulta la nuova modifica del D.Lgs. 81/08 che fa riferimento al contenuto del comma 1-bis, dell’articolo 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) che diventa ora:
“L’obbligo [...] relativo alla comunicazione a fini statistici e informativi dei dati relativi agli infortuni che comportano l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, decorre dalla scadenza del termine di dodici mesi dall’adozione del decreto di cui all’articolo 8, comma 4”.

Una ulteriore modifica del Decreto Legge 244/16, come modificato dalla Legge di conversione, riguarda l’adeguamento della normativa antincendio nelle scuole: con la proroga l’adeguamento della normativa antincendio per gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuola è possibile entro il 31 dicembre 2017 (e non più entro il 31 dicembre 2016).
L’articolo 4 del Decreto prevede infatti:
“All’articolo 18, comma 8-quinquies, del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole: ‘31 dicembre 2016’ sono sostituite dalle seguenti: ‘31 dicembre 2017’. Restano fermi i termini di conservazione dei residui previsti a legislazione vigente
Il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola, per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non si sia ancora provveduto al predetto adeguamento è stabilito al 31 dicembre 2017”.

A questa proroga si è aggiunta quella in materia antincendio relativa agli asili nido, ai sensi dell’articolo 4 comma 2-bis del testo coordinato:
“Il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido, per i quali, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente Decreto, non si sia ancora provveduto all’adeguamento antincendio indicato dall’articolo 6, comma 1, lettera a), del Decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2014, è stabilito, in relazione agli adempimenti richiesti dalla citata lettera a), al 31 dicembre 2017. Restano fermi i termini indicati per gli adempimenti di cui alle lettere b) e c) dello stesso articolo 6, comma 1”.

Infine è stato prorogato l’adeguamento antincendio per le strutture ricettive alberghiere aventi oltre venticinque posti letto ed esistenti alla data dell’11 maggio 1994, ai sensi dell’articolo 5, comma 11-sexies del testo coordinato:
“All’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n.150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, e successive modificazioni, le parole: ‘31 dicembre 2016’ sono sostituite dalle seguenti: ‘31 dicembre 2017’”.

La Legge 27 febbraio 2017, n. 19, conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto Legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini è scaricabile all’indirizzo:

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LA PREVENZIONE E LA LOTTA ANTINCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO

Da: PuntoSicuro
08 marzo 2017

Un volume dedicato alle PMI e al mondo dell’artigianato riepiloga la normativa in materia di salute e sicurezza. Focus sul rischio incendio: riferimenti normativi, rischi per la salute, cartellonistica, DPI, formazione e prevenzione.

Come più volte raccontato negli articoli di PuntoSicuro, anche con riferimento al recente nuovo “Codice di Prevenzione Incendi”, contenuto nel Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015, ogni azienda deve valutare in maniera adeguata i rischi di incendio e classificare la propria attività in relazione al livello di rischio.

Per ricapitolare molto brevemente l’impatto del rischio incendio nei luoghi di lavoro, con specifica attenzione al mondo dell’artigianato e delle piccole e medie aziende (PMI), possiamo fare riferimento al volume “Salute e Sicurezza nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare”, realizzato dall’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia (OPRA Lombardia) e dai vari Organismi Paritetici Territoriali Artigiani (OPTA), una pubblicazione che nasce come strumento di consultazione per favorire una corretta applicazione delle vigenti disposizioni di legge.

Innanzitutto il documento si sofferma su alcuni riferimenti normativi, ad esempio ricordando l’importanza dei criteri contenuti nel D.M. 10 marzo 1998. E, aggiungiamo noi, delle indicazioni:
-         del Decreto del Presidente della Repubblica del 1 agosto 2011, n. 151, riguardante lo Schema di regolamento per la disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi (che abroga tra l’altro il D.M. del 16 febbraio 1982);
-         del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2012 recante le disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151.

Il documento indica che una volta che l’azienda abbia completato l’iter valutativo e la classificazione sarà evidente se occorre, ad esempio:
-         avere uscite di emergenza complete di maniglione antipanico;
-         quali e quanti estintori occorre avere (e mantenere efficienti);
-         se occorre chiedere autorizzazioni ai Vigili del Fuoco (il Certificato di Prevenzione Incendi);
-         che tipo di formazione occorre fornire ai propri dipendenti.

I rischi per la salute del lavoratore correlati agli incendi sono evidenti.
Il rischio è uno solo: quello di restare esposto a una situazione di emergenza incendio, con possibili conseguenze di ustioni, esposizione a fumi, vapori tossici...).
E allo stesso rischio si può essere esposti “solo” perché impegnati nel lavoro in una azienda nella quale si è verificato un incendio o perché in quell’azienda si ricopre il ruolo di addetto al primo intervento di spegnimento.

Come sempre il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche sulla cartellonistica di sicurezza.
Si indica che alcuni cartelli devono obbligatoriamente essere presenti. Si pensi ai cartelli che identificano gli estintori, gli idranti, le manichette antincendio e ai cartelli che identificano le uscite di sicurezza. Ed è poi possibile avere la necessità di identificare zone a rischio di incendio, serbatoi di combustibile, zone con divieto di fumare, ecc..

Quali Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) è opportuno adottare per questo rischio?
Il documento indica che parlando di incendi, il discorso dei DPI rischia di essere un po’ limitativo. Ad esempio può essere opportuno fornire DPI alla squadra di emergenza che interviene su un principio di incendio (guanti a tenuta termica, autorespiratori, ecc.), ma generalmente non sono necessari DPI durante la normale attività lavorativa (salvo che questa venga svolta in condizioni di esposizione a luoghi particolarmente caldi o a elevate probabilità che si manifesti una situazione di pericolo di incendio).

In ogni caso la protezione dei lavoratori si realizza attraverso la predisposizione di procedure da seguire in caso di emergenza incendio e di conseguente evacuazione in emergenza dei luoghi di lavoro (il cosiddetto Piano di Emergenza), attraverso la formazione dei lavoratori in merito a corrette procedure di lavoro e di prevenzione, attraverso simulazioni di situazioni di emergenza, ecc..

Anche sulla formazione è necessario differenziare:
-         formazione generale: tutti i lavoratori devono conoscere e sapere applicare le procedure interne di gestione dell’emergenza;
-         formazione specifica: gli addetti alle misure di prevenzione incendi e gestione dell’emergenza, nominati ai sensi di quanto disposto dagli articoli 18, comma 1, lettera b), 37, comma 9 e 46 del D.Lgs. 81/08, dovranno ricevere la specifica formazione prevista dal D.M. 10 marzo 1998, diversa a seconda della classificazione dell’attività.

Concludiamo questo breve excursus sul rischio incendio, riportando alcuni suggerimenti del documento su cosa sia possibile fare per migliorare le condizioni di sicurezza.
Si indica che ogni azienda deve prendere in considerazione la necessità/opportunità di adempiere a quanto di seguito descritto:
-         dotare l’attività di un numero adeguato di estintori;
-         nominare la squadra di lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
-         formare in maniera specifica i lavoratori che compongono la squadra di cui sopra;
-         verificare sistematicamente e periodicamente, avendo a riferimento eventuali tempistiche dettate da disposizioni legislative, impianti e attrezzature (impianto elettrico, impianto di allarme, impianto di rilevazione fumi, estintori, idranti, manichette antincendio, interruttori salvavita, ecc.);
-         segnalare adeguatamente i percorsi di fuga e le uscite di emergenza;
-         rendere visibili in situazioni di pericolo, mediante apposita illuminazione di emergenza, i percorsi di fuga e le uscite di sicurezza;
-         evidenziare mediante apposita cartellonistica norme comportamentali e divieti (ad esempio il divieto di fumare, il divieto di accesso a zone pericolose o a quadri elettrici, ecc.);
-         evidenziare mediante apposita cartellonistica le attrezzature e i dispositivi di lotta antincendio (estintori, manichette, valvole di intercettazione dei combustibili, interruttori di sgancio elettrico, ecc.);
-         predisporre procedure di gestione dell’emergenza;
-         informare tutto il personale in merito alle procedure di cui al punto precedente.

Il documento dell’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia “Salute e Sicurezza nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare” è scaricabile all’indirizzo:

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IMPARARE DAGLI ERRORI: SE I GUANTI NON RISULTANO ADATTI AL RISCHIO

Da: PuntoSicuro
09 marzo 2017
di Tiziano Menduto

Esempi di infortuni correlati all’inadeguatezza dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per la protezione delle mani. Incidenti durante l’utilizzo della spazzolatrice, lo spostamento di lastre di vetro e la realizzazione di serpentine in rame. Gli infortuni e i fattori causali.

Continua il viaggio della rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, attraverso i casi di inadeguatezza dei DPI forniti e utilizzati nei luoghi di lavoro.
Affrontando questo tema abbiamo presentato nelle scorse settimane alcune criticità relative alla protezione degli occhi (uso di occhiali) e alla protezione delle mani (uso di guanti) con riferimento alle schede presenti in INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

Tuttavia le schede relative ai casi di incidenti con guanti non adeguati, ai rischi specifici che si affrontano o alle particolari modalità di infortunio, risultano così numerose da necessitare almeno una ulteriore puntata della rubrica dedicata all’inadeguatezza della protezione delle mani.

Il primo caso riguarda un infortunio durante l’utilizzo di una spazzolatrice.
Durante l’uso della macchina marcata CE, priva di protezioni all’albero di trasmissione, un operaio viene accidentalmente a contatto con quest’ultimo riportando lesioni al primo dito della mano destra con un’invalidità permanente riconosciuta dall’ente assicurativo del 16%.
Chiaramente la mancanza di protezioni ha determinato l’infortunio, ma l’uso di guanti da lavoro ha modulato negativamente l’evento in quanto la superficie gommata del DPI ha aumentato l’aderenza alla parte in rotazione aggravando gli esiti dell’infortunio stesso.
Questi i fattori causali identificati nella scheda:
-         la macchina spazzolatrice era priva di protezioni dell’albero di trasmissione;
-         il guanto in gomma ha aumentato l’aderenza della mano all’organo di trasmissione del moto.

Il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto nello spostamento di lastre di vetro.
Mentre un lavoratore sposta delle lastre di vetro poste sopra ad un bancale a V rovesciata facendo uso di un transpallet, in seguito ad un movimento brusco i vetri si sbilanciano e cadono a terra. Il lavoratore, istintivamente, con la mano sinistra cerca di trattenerli per evitare di farli cadere, ma così facendo viene a contatto con il loro bordo tagliente, procurandosi una ferita da taglio al palmo della mano sinistra con sospetta lesione flessore del secondo, terzo e quarto dito. I vetri non erano assicurati con legature al bancale. Il lavoratore calzava un paio di guanti antinfortunistici che, per l’anomalo contatto con i vetri, si tagliavano.
Questi i fattori causali dell’incidente rilevati dalla scheda:
-         il lavoratore effettua un movimento brusco con il transpallet facendo sbilanciare le lastre di vetro;
-         i vetri non erano assicurati con legature al bancale;
-         i guanti si tagliavano.

Il terzo caso riguarda un infortunio avvenuto in un’azienda che produce gruppi frigoriferi.
Un capo reparto assegna ad una lavoratrice una mansione che non le è usuale: operare alla macchina avvolgi capillari utilizzata per la realizzazione di serpentine in rame.
Mentre accompagna manualmente il filo di rame durante l’avvolgimento, avverte che la sua mano sinistra veniva tirata dal filo stesso verso l’avvolgitrice, poiché, come riferito dalla stessa “il guanto in plastica aveva fatto aderenza al filo di rame”. Il pollice della mano sinistro viene avvolto dal filo di rame contro il supporto in rotazione.
Il supporto intorno al quale avveniva l’avvolgimento del filo di rame era lungo 26 cm, per cui il braccio ha potuto ruotare senza particolari difficoltà, limitando le lesioni al solo 1° dito della mano sinistra, dove subiva la frattura intrarticolare con distacco di frammento osseo marginale distale della falange di base.
I guanti in nitrile utilizzati dalla lavoratrice erano nuovi: è stato riscontrato che in tale condizione essi hanno marcate caratteristiche adesivizzanti, inoltre la macchina è sprovvista di ripari o segregazioni o dispositivi sensibili atti a proteggere il lavoratore dal rischio di contatto con l’organo lavoratore in rotazione.

Prima di dare qualche informazione sui dispositivi di protezione delle mani, ricordiamo cosa richiede il D.Lgs. 81/08 al Titolo III, Capo II (Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale) riguardo ai requisiti dei DPI:
“1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti”.

Rimandando poi alla lettura dei vari articoli di PuntoSicuro dedicate alla presentazione dei guanti di protezione contro i rischi meccanici (devono resistere all’abrasione, al taglio, allo strappo e alla foratura) e a quelli specifici contro i tagli, ricordiamo alcune utili indicazioni relative alla pulizia dei guanti, tratte da un documento correlato al progetto multimediale Impresa Sicura, elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL.

Il documento si sofferma sulla pulizia richiamando l’obbligo per gli utilizzatori dei guanti di:
-         destinarli a un uso personale, a operatori forniti di istruzioni comprensibili in ordine alle caratteristiche dei DPI, alle procedure aziendali da seguire, al termine dell’utilizzo, per la riconsegna e il deposito e agli obblighi che seguono;
-         mantenerli in efficienza e in condizioni igieniche adeguate, mediante operazioni di pulizia e manutenzione e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante.

E può essere utile richiamare alcune piccole indicazioni per l’uso dei guanti:
-         indossare i guanti con le mani pulite e asciutte;
-         non indossare gli stessi guanti per troppo tempo, ad esempio in caso di lavoro prolungato si possono utilizzare due paia alternativamente;
-         dopo l’uso, pulirli prima di sfilarli dalle mani;
-         utilizzarli soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante.

Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 2853, 276 e 366 è consultabile all’indirizzo:

Il documento di ImpresaSicura “Scelta e uso dei Dispositivi di Protezione Individuali” è scaricabile all’indirizzo:

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