Fattorino
contro Glovo: "Consegne per 17 ore al giorno con la mia auto"
di
ANDREA GIANNI
Pubblicato
il 13 giugno 2018
Milano,
13 giugno 2018 - «Lavoravo per 17 ore al giorno, anche di
sabato e domenica, offrendo una disponibilità totale per le consegne
con la mia auto fino a quando mi hanno lasciato a casa. Non è una
collaborazione, ma un lavoro subordinato».
Mohamed Elazab, 23enne
nato in Egitto e in Italia dal 2003, è il primo rider
milanese ad
aver trascinato
in
Tribunale una società delle consegne
a domicilio,
l’italiana
Foodinho acquistata
nel 2016 dalla big spagnola Glovo.
Un caso analogo a quello torinese con il ricorso, respinto, di sei
rider di Foodora che chiedevano di essere riconosciuti come
lavoratori subordinati. Ieri l’udienza davanti al Tribunale
del Lavoro di Milano,
che dovrebbe pronunciarsi entro il prossimo 4 luglio.
Uno scontro tra
due tesi contrapposte, in un settore segnato da un vuoto normativo e
una giungla di contratti. I legali di Elazab, gli avvocati Tommaso
Dilonardo e Michela Mantarro, chiedono di «dichiarare l’inefficacia
del licenziamento intimato oralmente» e condannare Foodinho a
«reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e risarcirgli il
danno sofferto con il pagamento di un’indennità», tredicesima,
quattordicesima, ferie e Tfr non incassato. La società, con gli
avvocati Francesco Tanca e Federica Pagani, sostiene al contrario che
non si è trattato di lavoro subordinato, citando il precedente della
sentenza di Torino. E ha chiamato a testimoniare in aula un ex
studente del Politecnico, rider saltuario negli anni dell’università.
Mohamed
Elazab, quando è iniziato il suo rapporto con Glovo/Foodinho? «A
settembre del 2016, tramite conoscenti, ho saputo che stavano
cercando personale per le consegne. Ho fatto un colloquio e mi hanno
preso con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Avevo bisogno di lavorare e ho messo a disposizione la mia auto,
perché oltre al cibo avevano bisogno di fattorini anche per consegne
di prodotti più pesanti».
Come
veniva retribuito? «Era
previsto un fisso di 7,35 euro lordi all’ora, senza rimborso
benzina. Ho preso tre buste paga mensili che oscillavano da 1.500
euro a 2.200 euro lorde, lavorando 17 ore al giorno. Alla fine di
dicembre mi hanno proposto di cambiare il contratto con uno di
prestazione occasionale con condizioni peggiori, ho rifiutato e il
co.co.co. è stato rescisso. Per qualche giorno ho continuato a
lavorare lo stesso, come testimoniano le chat, fino a quando, attorno
alle 21 del 12 gennaio 2017, ho avuto un incidente mentre consegnavo
un hamburger».
Come
è successo? «Un’altra
auto mi ha tamponato. Ho avuto un colpo di frusta e sono andato in
ospedale. Quando ho contattato il responsabile della mia area mi ha
risposto che “in un caso come il tuo l’assicurazione non
comprende rimborso, anche se in ore lavorative”. C’è stato uno
scambio di messaggi, poi non mi hanno più chiamato e sono rimasto
senza lavoro».
Come
è maturata la scelta di fare causa? «L’ho
fatto anche per aiutare tutti gli altri rider. I datori di lavoro
guardano solo al loro interesse. Chiedo al giudice di valutare bene
la situazione, di pensare a tutte le persone impiegate in queste
condizioni, alla mancanza di tutele sul rischio di infortuni durante
le consegne».
Ha
provato a rivolgersi ai sindacati? «L’ho
fatto, ma senza ottenere risposte concrete».
Di
cosa si occupa adesso? «Mi
sono iscritto all’università e sto studiando bioingegneria a
Pavia. Intanto sto cercando un altro lavoro per mantenermi».
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