Oggi
riprende il processo Ilva - il 3 luglio al Tribunale di via Marche
per dire NO all'impunità dei commissari
L'esposto
depositato in Procura e trasmesso alla Corte Costituzionale
SLAI
Cobas
per
il sindacato di classe
Sede
legale: Taranto v. Rintone, 22 telefax 099/4792086 – 347/5301704 –
C.F. 90177580736 - e mail: cobasta@gmail,com
TA.
21.6.18
Alla
PROCURA DELLA REPUBBLICA
DI
TARANTO
Al
GIP competente
Alla
CORTE COSTITUZIONALE
ROMA
La
scrivente Calderazzi Margherita, coordinatrice dello Slai cobas per
il sindacato di classe chiede a codesta Procura, al GIP competente di
non procedere all'archiviazione
– richiesta dal PM Mariano Buccoliero – dell'inchiesta penale
sullo sversamento di diossina sul quartiere Tamburi negli anni tra il
2013 ed il 2015 – accertato definitivamente dall'Arpa e dovuto
alle polveri degli elettrofiltri dell'impianto di agglomerazione
dell'Ilva.
Chiediamo
che il 3 luglio c.a. non dobbiamo assistere ad una inaccettabile
anomalia, per cui: viene sì accertato che la diossina proveniva dal
ciclo produttivo dell'Ilva, raggiungendo, come descrive l'Arpa,
livelli mai registrati e unici al mondo sulla base della letteratura
scientifica disponibile; viene sì accertato che tale diossina ha
investito persone, bambini; ma grazie all'immunità penale stabilita
del Decreto legge del 5 gennaio del 2015 i responsabili dell'Ilva
dello sversamento di quella diossina, che probabilmente ha causato
altri malati, altri morti, deformazioni e i cui effetti distruttivi
continuano nel tempo, NON SONO PUNIBILI.
Un decreto che non persegue i responsabili dell'attacco alla salute dei cittadini, che autorizza l'attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive, è una mostruosità, oltre che dal punto di vista umano, di civiltà, dal punto di vista della Giustizia. L'articolo del decreto 1/2015 contraddice “i principi di riserva di giurisdizione e di obbligatorietà dell’azione penale” disciplinati dall’articolo 112 della Carta costituzionale.
Quanto sopra, tra l'altro, è apertamente in contrasto con la la recente sentenza della Corte Costituzionale, n.58 del marzo 2018, che in un passaggio recita: “Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona”.
Chiediamo,
pertanto, che il Gip di Taranto, in sede di valutazione della
richiesta di archiviazione, valuti la possibilità di sollevare
incidente di costituzionalità.
Alla
Procura di Taranto
diciamo che non vi può essere contraddizione tra il processo in
corso su “Ambiente svenduto” che vede 47 imputati e decisioni
sulle responsabilità di coloro che hanno proseguito e stanno
proseguendo simili reati.
Alla
Corte Costituzionale chiediamo di dichiarare l'illegittimità
dell'art. 2 comma 6 del Decreto legge 5 gennaio 2015,
che così recita:
“L'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano di cui al
D.P.C.M. 14 marzo 2014, nei termini previsti dai commi 4 e 5 del
presente articolo, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei
modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del
decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione
delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'A.I.A. e
delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e
dell'incolumita' pubblica. Le condotte poste in essere in attuazione
del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a
responsabilita' penale o amministrativa del commissario
straordinario,
dell'affittuario
o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in
quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in
materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumita'
pubblica e di sicurezza sul lavoro –
Nonchè
degli articoli dei decreti legge seguenti che confermano ed estendono
tale impunità.
Questo
norma è un oggettivo via libera ai responsabili legali dell'Ilva, a
tutte le figure dirigenziali che gestiscono l'attività della
fabbrica, a non preoccuparsi di portare avanti l'attività produttiva
nella massima sicurezza per gli operai e per gli abitanti dei
quartieri, in quanto risultano
tutelati da una presunzione di liceità.
Questa
norma va contro la difesa della salute delle persone stabilità dalla
Costituzione.
Noi
abbiamo accolto con speranza la sentenza di codesta Corte
Costituzionale n.58 del marzo 2018, con cui è stata dichiarata
l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 4
luglio 2015, n. 92 - e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies della
legge 6 agosto 2015, n. 132 -
che
consentiva la prosecuzione dell'attività produttiva anche
nell'impianto ILVA (Altoforno 2) sottoposto a sequestro penale.
In
particolare riteniamo i seguenti passaggi di quella sentenza punti
fermi, inderogabili sempre:
“il
legislatore non ha rispettato l’esigenza di bilanciare in modo
ragionevole e proporzionato tutti gli interessi costituzionali
rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale
per non aver tenuto in adeguata considerazione le esigenze di tutela
della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di
situazioni che espongono questi ultimi a rischio della stessa
vita”.
“il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).
“il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).
Noi
riteniamo che la violazione di questi principi sia presente anche nel
Decreto legge 1/2015 nel momento in cui si liberano i responsabili da
ogni conseguenza penale e amministrativa delle loro azioni che
mettono a rischio la salute e la stessa vita, e si permette la
continuazione dell'attività produttiva pure
in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare
pericolose emissioni di sostanze nocive.
Attendiamo,
pertanto, fiduciosi le decisioni di questa Corte Costituzionale.
Così
come attendiamo fiduciosi le decisioni del Gip e della Procura di
Taranto.
SLAI COBAS per il sindacato di classe
SLAI COBAS per il sindacato di classe
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