Intervento dello Slai Cobas sc all’Assemblea nazionale del 9 aprile a Milano indetta dai sindacati di base contro la guerra, verso lo sciopero generale
Siamo d’accordo sulla costruzione e sulla necessità di mettere al centro lo sciopero generale contro la guerra contro l’economia di guerra, e mi collego agli ultimi interventi che hanno parlato appunto della necessità di mettere in campo un’iniziativa forte. Questo percorso non parte da oggi, ci sono state varie iniziative fatte di recente, di cui dobbiamo tenere conto.
Il primo problema è come arriviamo a costruire uno sciopero generale, perchè uno sciopero generale deve vedere l’unità del sindacalismo di base e di classe e quindi dobbiamo lavorare fino in fondo perchè ci sia l’adesione di tutto il sindacalismo di base e di classe – non è un caso che la repressione colpisce le parti del sindacalismo di base, ultime la montatura e la repressione giudiziaria verso il Si.cobas, la provocazione verso l’Usb, che secondo lo Stato sono più “scoperte”, e questo è un punto importante; ma c’è un problema del fronte contro la guerra che rimane aperto – e non è esattamente, come è stato detto, che il 90% degli operai sono contro la guerra, certo idealmente, ma io vi dico che fuori dalla Tenaris Dalmine noi abbiamo dovuto fare una campagna quando al governo c’era Salvini perché all’interno delle fabbriche sono presenti concezioni razziste, c’è il fascismo padronale e sindacale che in questi anni sta dando i suoi effetti, ci sono giovani operai che manifestano ideologie fasciste.
Quindi un punto importante, e che noi stiamo cercando di fare, è quello di portare questa campagna per lo sciopero contro la guerra dentro le fabbriche nel senso di coinvolgere e far aderire, a partire dai grossi centri industriali dove vi sono interessi, profitti sulla guerra, come nelle fabbriche siderurgiche/dell’acciaio, come negli stabilimenti dell’Eni, ecc.
Senza coinvolgere le fabbriche in uno sciopero effettivo contro la guerra e far fare un salto di coscienza non c’è un effettivo sciopero generale contro la guerra.
Questo lavoro noi lo stiamo facendo. Ad esempio è partita dall’Ilva di Taranto, ma la stiamo portando anche in altre fabbriche, una raccolta di firme, che non vuol dire: noi fermiamo la guerra con le firme, ma vuol dire che noi ci sporchiamo le mani per fare schierare gli operai. Non è semplice, basta ad andare fuori dalle fabbriche e provare a raccogliere le firme; bisogna poi trasformare questo schieramento in una mobilitazione, per arrivare effettivamente allo sciopero generale anche con delle fermate, iniziative, prese di posizione in queste fabbriche.
Poi un’altra cosa che non dobbiamo dimenticare, non possiamo fare uno sciopero generale senza pensare di coinvolgere in questa mobilitazione tutta l’area che ha manifestato a Firenze, quindi senza coinvolgere la stessa Gkn a farsi promotrice e portare avanti anche nella lotta contro la guerra imperialista il discorso “insorgiamo”. E quindi “dare sostanza” alla iniziativa che c’è stata a Firenze che ha visto un ampio fronte.
Se riusciamo a fare questo allora possiamo diventare catalizzatori sia verso gli altri movimenti che già si stanno esprimendo in questo senso ma anche verso gli altri operai, gli operai che dobbiamo staccare dai confederali, perchè i confederali nelle fabbriche non stanno facendo niente, e gli operai che firmano la mozione contro la guerra stanno dicendo: dove sono i confederali che io pago 300 euro di bolletta? Quindi è chiaro che ci sono le condizioni, ma serve trasformare queste condizioni in un percorso che arrivi allo sciopero generale.
Se ci sono questi punti, noi aderiamo a questa iniziativa di sciopero generale, ma senza questa massa critica, senza il cammino da fare non si può fare un effettivo sciopero generale contro la guerra che possa incidere nella situazione attuale.
Se ci sono queste condizioni noi ci siamo. Se ancora non ci sono, è sicuramente utile andare avanti con delle giornate di lotta nazionali che possano dare forza al percorso di sciopero.
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