Prada, Versace, Gucci e
altri 10 brand nelle inchieste per caporalato: la Procura chiede i
documenti sui fornitori
La Procura di Milano continua a
indagare sul caporalato nella filiera della moda Made in Italy. A 13
brand è stato chiesto di consegnare i documenti relativi alla
gestione dei fornitori e i modelli organizzativi.
A cura di Enrico
Spaccini
La Procura di Milano ha notificato
nella giornata di ieri, mercoledì 3 dicembre, 13 ordini di consegna
documenti ad altrettante case di moda citate nei fascicoli sugli
opifici cinesi clandestini ai quali avrebbero affidato la propria
produzione violando le leggi sul lavoro e la sicurezza. I carabinieri
del nucleo Ispettorato del lavoro hanno bussato alle porte di: Dolce
& Gabbana, Prada, Versace, Gucci, Missoni, Ferragamo, Yves Saint
Laurent, Givenchy, Pinko, Coccinelle, Adidas, Alexander McQueen
Italia e Off-White Operating, ognuna delle quali sarebbero coinvolte
a vario titolo nelle inchieste coordinate dal pm Palo Storaari sul
caporalato lungo le filiere Made in Italy della moda. La richiesta,
dunque, è quella di fornire spontaneamente i propri modelli
organizzativi di prevenzione e gli audit interni necessari a impedire
la commissione dei reati, in modo tale da concedere tempo ai marchi
di eliminare i caporali dalle linee di produzione e ristrutturare
appalti e subappalti senza incorrere nelle pesanti richieste di
amministrazione giudiziaria.
Le indagini sullo sfruttamento del
lavoro
Il primo provvedimento della Procura milanese nell'ambito
della moda aveva riguardato Alviero Martini spa. Le indagini erano
scattate nel 2023 quando un 26enne del Bangladesh perse la vita alla
Crocolux, una ditta fornitrice cinese di Trezzano sul Naviglio. In
teoria quello era il suo primo giorno di lavoro e, in seguito
all'incidente mortale, i datori tentarono di regolarizzarlo presso
l'Inps. Già nel 2024 il direttore del prodotto di Alviero Martini
spa aveva fatto mettere a verbale che l'azienda sarebbe stata
"appaltatrice anche di numerosi marchi del lusso
mondiale".
Durante le ultime ispezioni condotte lo scorso
novembre dagli investigatori dell'Arma in tre opifici toscani al
servizio della produzione anche di Tod's sono state sequestrate borse
di marchi diversi e nelle testimonianze agli atti di un anno e mezzo
di inchieste più di una persona aveva riferito che nell'azienda dove
lavorava si assemblavano "cinture" di vari marchi noti, tra
cui appunto i 13 ora sotto la lente della Procura di Milano.
Le
richieste della Procura alle 13 aziende di moda
Gli inquirenti
hanno chiesto alle 13 aziende di moda di fornire i propri modelli
organizzativi di prevenzione e gli audit interni o commissionati ad
advisor e consulenti e necessari, almeno sulla carta, a impedire la
commissione dei reati. Si tratta di una condizione che potrebbe
evitare loro una richiesta di amministrazione giudiziaria, come già
avvenuto appunto ad Alviero Martini spa (poi revocata nell'ottobre
2024), ma anche Armani Operation spa e Manufacture Dior
(entrambe revocate nel febbraio 2025), Valentino Bags Lab e Loro
Piana di Louis Vuitton.
Per ciascuna delle aziende coinvolte ci
sarebbe stato almeno un opificio in cui sarebbero "emersi
episodi di utilizzo di lavoratori cinesi in condizioni di pesante
sfruttamento" e nei quali sono stati trovati "capi di
abbigliamento a marchio" della casa di moda. Con la visione
degli atti, la Procura potrà "appurare il grado di
coinvolgimento" del brand "nell’utilizzo della manodopera
sfruttata".
Intanto, Tod's e Diego Della Valle davanti al gip
Domenico Santoro si sono detti disposti a collaborare con l'autorità
giudiziaria per la "dignità" di tutti i lavoratori. La
Procura ha chiesto nei giorni scorsi la misura di interdittiva
pubblicitaria per 6 mesi, accusando l'azienda di aver agito nella
piena consapevolezza propria e dei propri manager che certificano le
linee di produzione degli appaltatori.


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