mercoledì 22 giugno 2016

22 giugno - Quando si dice siamo ridotti alla frutta



Leone Lazzara, storico rappresentante sindacale in Atac (Roma) lascia la Cgil  
Per il dibattito
Riportiamo il testo della lettera postata da Lanza e la sua scelta di iscriversi alla USB
Continuiamo ad affermare che tutte le direzioni sindacali (di qualsiasi sigla) sono degli agenti dei padroni. Il nostro compito è smascherarli e conquistare gli operai
La redazione
 Dopo 35 anni, ritengo conclusa la mia esperienza di iscritto e militante della CGIL. Una decisione che mi pesa oltremodo prendere ma che, d’altro canto, sono convinto di dover prendere.
La più grande organizzazione italiana dei lavoratori ha subito la mutazione sindacale alla quale il PCI è stato costretto in politica. Così come i passaggi dal PCI al PDS, ai DS e al PD sono serviti a trafilare la forma e la sostanza del pensiero marxista per sostituirlo con il suo opposto liberale, mentre i militanti se ne andavano uno dopo l’altro scoprendo di non stare più dalla parte giusta; così anche i passaggi da Trentin a Cofferati, a Epifani e alla Camusso sono serviti a ridurre la CGIL ad un apparato ormai privo di un’autentica identità ideale, subalterno al Padronato, costituito in massima parte da sissignore al fianco dei quali ci si rende via via conto di non poter stare. In entrambi i casi, con il PCI e con la CGIL, si è ricorsi senza alcuno scrupolo all’intollerabile, odioso e stucchevole inganno di ribadire ossessivamente la continuità fra il prima e il dopo; fra ciò che hanno fatto i dirigenti e le masse del PCI e della CGIL per i lavoratori e il paese, e ciò che fanno ora i capi del PD e della CGIL ai lavoratori e al paese in nome e per conto del Capitale finanziario.
Fra la funzione svolta dal PCI e dalla CGIL fino al 1989 e la funzione svolta dal PD e dalla CGIL oggi, non solo non c’è alcuna continuità bensì una clamorosa e conclamata discontinuità. Per dirla in altri termini: il PD e l’odierna CGIL non c’azzeccano niente di niente con il PCI e la CGIL del passato. Gli esempi che si possono fare a sostegno di quest’affermazione sono addirittura accecanti, si che ve li risparmio tutti meno uno che invece è misconosciuto ma determinante: la lotta. Una qualunque organizzazione politica e\o sindacale dei lavoratori non è tale se non lotta continuamente; in modo intelligente, coniugando i grandi ideali alle esigenze concrete. E quando le cose si mettono male, bisogna fare le lotte di retroguardia sia per limitare i danni che per mantenersi in grado di reagire successivamente. Bisogna lottare: sempre.
Il PD e l’odierna CGIL hanno piuttosto l’assillante preoccupazione contraria, cioè quella di mantenere sedate le masse in funzione di rendere, solo se possibile, meno dure le condizioni continuamente imposte dalla Finanza e il Padronato. Loro ci hanno passivizzati, e noi ci siamo fatti passivizzare; cosi che possono tranquillamente dirci che alla lotta non si può ricorrere perché noi non la vogliamo fare. Fra le altre è la scusa più miserabile, che però trova fondamento nella miseria mentale con la quale ci abbarbichiamo alle gonne politiche e sindacali di chiunque si presenta come nuovo, pur di non ammetterci che dobbiamo ricominciare a muovere i nostri culi flaccidi tutti i santi giorni, non solo quello del voto. Ho sempre affermato che senza partito e senza sindacato non si può e non si deve stare; oggi questo è più che mai vero perché CGIL\CISL\UIL, cosi come PD\FORZA ITALIA, si sono acchittate leggi elettorali con le quali possono galleggiare beatamente anche con un decimo degli iscritti attuali sul fronte sindacale, e dei voti elettorali su quello politico. Mi iscrivo quindi all’USB, nonostante tutti i limiti rimproverabili a questa organizzazione, perché è l’unico sindacato di portata nazionale nel quale potrò dare il mio contributo di lotta alla nostra causa di lavoratori così come ho sempre fatto da quando sono uno di noi.

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