da ore 12 Controinformazione Rossoperaia
Facciamo un primo commento a caldo sulla situazione dell'ex-Ilva dopo l'incontro romano dell’11 novembre.
È stato un incontro disastroso che conferma le peggiori previsioni. Il governo Meloni/Urso praticamente sta portando a compimento il lavoro dei precedenti padroni con un nuovo piano di cassa integrazione selvaggia che porta a una riduzione fino a 6.000 lavoratori e senza alcun futuro reale per questi lavoratori. Si tratta di lavoratori che non rientrerebbero più in fabbrica, sono i numeri di tagli che in realtà stanno chiedendo i nuovi possibili acquirenti, in particolare il Fondo americano Bedrock che aveva parlato prima di 7.500 posti che non potevano essere conservati, poi ridotti a 5.000, ora il governo con questa cassa integrazione per 6.000 lavoratori va anche oltre le richieste del Fondo americano Bedrock, ma chiaramente sono tagli che qualsiasi nuovo padrone vuole, in questo senso, questi 6.000 lavoratori in cassa integrazione sono di fatto già gli esuberi, gli esuberi definitivi.
Ora, tra pochi giorni praticamente dovrebbero andare in cassa integrazione altri 1.200 operai che per esempio a Taranto si aggiungerebbero ai 3.800 già in cassa, per non parlare dei 1.600 cassa integrati che stanno fuori dalla fabbrica dalla fine del 2018. Poi dal primo gennaio addirittura resterebbero a lavorare a Taranto solo 2.300 operai. Le ricadute sui lavoratori dell'appalto e dell'indotto saranno chiaramente ancora più pesanti, vogliono dire licenziamenti, contratti sempre più ridotti a mesi, anche a un mese, a chiamata, salari minimi, dirItti niente e già le ditte dell'indotto e dell'appalto già stanno preannunciando ritiri e cessazioni dell'attività lavorativa.
Quindi si tratta di fatto di un piano di chiusura dell'ex-ILva, non di riconversione, di decarbonizzazione, etc. Gozzi, il Presidente di Federacciaio, lo ha annunciato pochi giorni fa dicendo che “sull’ex Ilva siamo ai titoli di coda”. Questo sta effettivamente avvenendo. Si tratta di un piano, quello detto anche nell'incontro romano, che si basa su bluff di Urso e di tutto il governo, che in realtà sta preparando un piano di svuotamento della fabbrica per consegnarla ai nuovi padroni gratis. Tanto per dire, i due fondi americani, Bedrock e Flacks Group, vogliono la fabbrica a zero euro, con il solo riconoscimento del valore di magazzino, così come si tratta di un bluff la questione dei possibili nuovi acquirenti: si tirano in ballo gli azeri di Baku Steel che invece si erano ritirati, e addirittura Urso ha parlato di un quarto offerente però coperto da segreto. Così come è un bluff quello che il governo starebbe attirando aziende per investire su aree dismesse, sia dell'Ilva sia dell’area portuale, militare e per progetti vari.
Ma da quanto tempo Urso parla di 15 aziende interessate a venire a fare nuovi investimenti a Taranto? Anche quelle annunciate per esempio per l'area ex Belleli da anni, non sono poi mai venute, non si sono mai concretizzate. Di fatto questo governo ancora una volta si mostra come un'associazione a delinquere con a capo la Meloni e suoi ministri, all’incontro di Roma stavano tutti insieme per convincere i sindacati ad accettare il piano di cancellazione di una grande fabbrica con il maggior numero di operai.
Oltre a Urso all'incontro erano presenti il ministro dell'Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, quello che ha fatto una legge di bilancio per il ceto medio, non certo per i lavoratori; c'era il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, questa qui che per quanto riguarda il decreto, il nuovo decreto sulla sicurezza dopo la morte di tanti e tanti operai, ha detto che ci deve essere un'alleanza tra operai e padroni, e che quindi gli operai non devono lottare contro i padroni. Poi c'era il ministro dell'ambiente Picchetto Frattin, con Mantovani a presiedere questo incontro in cui però tutto era già deciso. Il governo aveva Urso, aveva già respinto nei giorni scorsi ogni potesi di nazionalizzazione anche temporanea, perché non vuole mettere soldi, né subito, per coprire tutte le perdite che ogni mese ci sono in Ilva, per coprire gli necessari e tanti interventi di manutenzione, di avvio da subito di bonifiche, sia in fabbrica che nell'aria industriale, né chiaramente questo governo vuole mettere soldi per un'effettiva decarbonizzazione, né soldi per l'ambiente.
I miliardi ci sono non è che non ci sono, ma non ci sono per garantire lavoro, salario, ambiente, quindi è una scelta di classe contro cui serve una lotta di classe vera, forte, contro padroni e governo. I sindacati a un certo punto al tavolo romano, dopo di più di tre ore di incontro, hanno rotto le trattative, si sono alzati e se ne sono andati da questo incontro inutile, unilaterale, in cui praticamente loro avrebbero dovuto solo stare a sentire.
Ma questo già si sapeva benissimo! i tre segretari nazionali di Fiom, Uilm e Fim ora si lamentano e promettono varie iniziative dopo delle assemblee che terranno tra i lavoratori, ma fino a ieri hanno continuato a dare fiducia al governo, si sono presentati negli ultimi giorni per due volte a Roma, in giacca e cravatta, non è che hanno mobilitato gli operai nei posti di lavoro, nelle città in cui stavano e loro sono andati a Roma, sono andati solo loro a Roma. Alcuni di questi che sono andati a Roma, per esempio, il responsabile della Fiom di Taranto, era veramente tra il ridicolo e l'imbarazzante, sembrava un manager più che un sindacalista.
Poi c'è la Fim Cisl che è legata a mani e piedi a questo governo e ai posti che il governo riserva per i suoi uomini.
Quindi tutti questi sindacati, pur sapendo che nulla sarebbe uscito di nuovo e di positivo dal nuovo incontro dell’11, non è che abbiano proseguito la mobilitazione e all'ultimo sciopero e manifestazione del 16 ottobre a Taranto hanno consegnato un documento al sindaco di Taranto, l'obiettivo di quello sciopero e della manifestazione è stato consegnare un documento, fare un incontro dopo varie attese che venisse il sindaco di Taranto e così poi tutti a casa.
Quindi i sindacati al tavolo romano si lamentano ma loro sono corresponsabili di questo percorso e di questo piano.
In tutti gli incontri fatti a Roma non hanno mai buttato sui tavoli una piattaforma che ponesse in termini chiari, obiettivi concreti, immediati e futuri di difesa della condizione operaia e della situazione ambientale. Non hanno posto come prioritaria la lotta degli operai perché si cambiassero i rapporti di forza.
Ora però non ci possono essere più attese né illusioni anche tra gli operai, bisogna ribellarsi, è giusto ribellarsi quando attaccano le condizioni di vita, di lavoro, basilari, di migliaia e migliaia di operai; è giusto ribellarsi quando sbattono in faccia agli operai, alla gente dei quartieri inquinati che vede morire ancora di malattie tumorali i propri familiari sbattere in faccia che l'unica cosa che il governo sa dire e che ci saranno tanti altri, migliaia ancora di operai in cassa integrazione quindi ci sarà un salario ulteriormente ridotto che non è in grado, in particolare a Taranto, nel Sud, di affrontare le spese mediche, sanitarie, i viaggi per la salute che tante famiglie qui sono costrette a fare.
Quindi ora serve però una lotta generale ad oltranza contro i padroni e i governi e i loro servi, il sindacalismo collaborazionista, però, e anche l'ambientalismo antioperaio sono parte non della soluzione ma del problema, del grave problema che si è determinato e si determinerà - e se passa questo piano ancora di più - in particolare a Taranto.
Sono parte del problema perché qualcuno di questi dell'ambientalismo antioperaio l'ha già detto, vuole la chiusura dell'Ilva e quindi ora potrà anche essere contento di questa prospettiva di forte ridimensionamento di una grande fabbrica. Non volendo capire - ma non capisce perché si tratta di piccola e media borghesia, quindi si tratta di classi - che lo scontro non è tra lavoro e salute, ma è tra difesa di lavoro e salute da un lato e profitti patronali, difesi dal governo dei padroni e dal governo dei patroni e dall'altro.
Quindi serve autonomia degli operai, unità su una piattaforma operaia e unità degli operali con le masse cittadine, la popolazione cittadina.
Occorre ora lottare su una piattaforma operaia, portata perfino in forzo con una lotta prolungata in fabbrica e in città.
Noi questa piattaforma l'abbiamo altre volte portata tra gli operai e anche ne abbiamo parlato in altre Controinformazioni, però la ripetiamo: la piattaforma operaia deve dire NO ad ogni proposta di svendita della fabbrica - perché quelle proposte (ammesso che non concesso che ci siano ancora e in una situazione di forte riduzione di queste proposte), però sono tutte proposte che vogliono migliaia e migliaia di esuberi, tagli al posto di lavoro, che vogliono condizioni di lavoro a bassissimo costo, proposte che non hanno mai presentato piani di bonifiche e di ambientalizzazioni.
Quindi occorre dire NO ad ogni proposta: NO agli esuberi, NO alla casa integrazione permanente, perché i lavoratori che non possono essere utilizzati nella produzione attualmente devono e possono essere occupati nei lavori di bonifiche della fabbrica e della zona industriale.
L'altra questione, il governo in questo incontro ha parlato di un'integrazione salariale per i lavoratori in cassa integrazione, ma di che parla? l'integrazione salariale del 10% già c'è, quindi è sempre di questa che si sta parlando?
Noi da tempo diciamo che l'integrazione (fermo restando che siamo contro la cassa integrazione e per uno suo forte ridimensionamento e temporanea), deve essere al 100%, perché non possono ricadere sugli operai le conseguenze di un fallimento totale voluto da parte del governo e questa integrazione deve essere estesa, cosa che attualmente non è, agli operai degli appalto.
Siamo per una nazionalizzazione inevitabile attualmente nelle condizioni in cui siamo, quindi una nazionalizzazione temporanea a condizione però che vengano raccolte e salvaguardate realmente le richieste dei lavoratori su salario, sicurezza, condizioni di lavoro, ambiente.
Nelle ditte dell'appalto in Acciaierie, alcune che sono al Porto sempre appalto Acciaierie e ci deve essere il contratto unico, il contratto metalmeccanico e i contratti a tempo indeterminato con una clausola sociale. Quindi noi siamo anche per alleggerire - cosa che richiedono anche le operai - la questione degli esuberi con misure che sono anche una forma di risarcimento, che vanno dall'estensione dei benefici per l'amianto, per i lavori usuranti, ma anche, anzi soprattutto, per dire che in siderurgia 25 anni di lavoro bastano per andare in pensione. Questo era un provvedimento, un punto contenuto nel vecchio contratto siderurgico che non è stato mai ripreso nella unificazione del contratto siderurgico con il contratto metalmeccanico.
Quindi 25 anni bastano e tanti operai hanno già ampiamente superato i 25 anni di lavoro.
Ma l'altra questione è che dobbiamo dire con forza BASTA incontri inutili a Roma, a processioni, perché a questo punto la trattativa per l'ex Ilva Taranto si fa a Taranto, ma questo è possibile, solo se a Taranto si blocca tutto, si blocca la fabbrica, si blocca la città, si faccia sentire da parte degli operai, della cittadinanza unita, si faccia sentire il peso, la forza degli operai.
Questa non è un'illusione. In passato è avvenuto che a fronte di una grande lotta, di una forte lotta che bloccava anche la città, siano venuti rappresentanti del governo a Taranto a fare la trattativa, in cui pesava la lotta degli operai, pesavano i rappresentanti della lotta vera degli operai negli incontri, nella trattativa.
Quindi questo si deve pretendere anche ora in cui vengono messi in gioco 6.000 posti di lavoro, che vuol dire 6.000 operai, 6.000 famiglie.
Però è necessaria l'autonomia operaia, l'organizzazione autonoma degli operai, dai sindacati collaborazionisti, da sindacati che parlano come il coccodrillo, che piangono dopo, ma nel frattempo sono quanto meno inutili - se non peggio - di fronte al governo. E’ necessaria la lotta di classe per difendere lavoro e salute.
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