giovedì 20 novembre 2025

20 novembre - Proteste e scioperi all’ex Ilva: a Taranto fabbrica occupata e blocchi stradali… gli operai rispondono con la lotta al “declino dell’industria italiana”…

 

Gli operai dell’ex Ilva sono in sciopero, da Genova a Taranto. Da ieri i mezzi di informazione danno notizie che riguardano la nuova mobilitazione a causa della possibile chiusura cui sta portando la manovra di questo governo per mano del ministro Urso.

Su una completa informazione sull’ex Ilva, in particolare di Taranto, rimandiamo, tra l’altro, alle prese di posizione dello Slai cobas sc di Taranto (https://tarantocontro.blogspot.com/2025/11/ex-ilva-il-governo-conferma-il-piano-di.html - https://cobasperilsindacatodiclasse.blogspot.com/)

Ma il problema della condizione operaia nelle acciaierie ex Ilva è solo uno, anche se strategico perché tra i più importanti per le dimensioni e la produzione dell’acciaio in Italia, di quelli che toccano la questione più generale dell’industria che fa capo all’imperialismo italiano che tocca milioni di operai e operaie, lavoratrici e lavoratori di questo Paese.

Il Sole 24 Ore, giornale di Confindustria come si sa se ne occupa quotidianamente perché direttamente interessato al “monitoraggio” della propria potenza industriale all’interno della concorrenza soprattutto internazionale e in funzione del sostegno del governo al settore con gli aiuti infiniti fatti di miliardi di “incentivi” di ogni tipo.

Ma oggi se ne occupano anche altri quotidiani, tra cui il quotidiano il manifesto con un articolo dal titolo “La crisi del settore industriale in tutti i territori” partendo dal fatto che “L’ex Ilva non è che uno specchio della crisi industriale che attraversa la manifattura italiana” (anche il manifesto cade nella trappola di chiamare “manifattura” – un consolante e “romantico” “ammorbidente” dello scontro tra operai e padroni - ciò che scientificamente è la “grande industria”).

Dal punto di vista della produzione industriale – scrive il manifesto - ad agosto stando ai dati Istat l’indice di produttività si è fermato a 91,6, prendendo come livello di riferimento il 2021 tarato su 100: significa che negli ultimi quattro anni c’è stato un calo dell’8,4%. Allargando lo spettro temporale, negli ultimi 25 anni i dati Eurostat certificano che la produzione in Italia è calata del 23%, il valore più alto nell’Unione europea. Secondo la Cgil si contano complessivamente 96 aziende in crisi, per un totale di lavoratori coinvolti pari a 121.489, il tutto in un «quadro parziale riferito alle sole vertenze nazionali», cui andrebbero sommati i tavoli di crisi regionali. Tra i settori più coinvolti ci sono l’automotive, quello dei macchinari e la metallurgia.”

In quest’ultimo settore produttivo, accanto all’ex Ilva, l’ultima crisi che si è aperta in ordine di tempo riguarda le acciaierie Valbruna, nel territorio di Bolzano che vede a “rischio 1.800 posti di lavoro, compreso il collegato stabilimento di Vicenza, oltre all’indotto”, (sempre oltre l’indotto! Cioè altre migliaia di operai per lo più precari) e “la chiusura potrebbe prevedere uno spostamento delle attività all’estero, negli Stati Uniti!”, classica  operazione di “delocalizzazione” messa in campo dai padroni, altro che reshoring

Per la crisi della siderurgia in Italia, abbiamo Piombino e Portovesme, in Sardegna… e infatti alle proteste degli operai dell’ex Ilva, da Genova a Taranto, si aggiungono quelle degli operai dell’Eurallumina che sono attualmente in cima ad una torre di 40 metri.

Tutto questo significa, come ha detto un rappresentante della Confindustria che pezzo dopo pezzo l’industria se ne vaMa niente affatto! Anche se è innegabile, come si vede dai dati, che la tendenza è quella di una minore capacità industriale nel tempo - ci saranno meno fabbriche nel paese - quello che succede, ed è in corso, è una necessaria ristrutturazione di tutto l’apparato industriale che fino a questo momento conta di circa 1 milione e mezzo di metalmeccanici (coinvolti nella lotta per il rinnovo contrattuale scaduto da un anno e mezzo!) più altri 4 milioni dell’industria in generale!

Una ristrutturazione che avviene “Nel contesto della crisi di sovrapproduzione del sistema capitalista-imperialista” e dentro la quale “i padroni per mantenere i loro margini di profitto vogliono prendere altro tempo di vita degli operai per la produzione e attaccare orario, salario, condizioni di lavoro e di vita”!

Ma per ogni ora di vita tolta agli operai, aumenta inevitabile l’ora della ribellione a questo sistema che ci vuole ogni giorno sempre più una macchina per la produzione di profitto ‘fisicamente spezzato e spiritualmente abbrutito’”. (https://cobasperilsindacatodiclasse.blogspot.com/2025/11/19-novembre-sulla-trattativa-del.html).



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