Per il giudice Mario Cusimano non ha fatto la manomissione all’orditoio che ha ucciso la giovane operaia il 3 maggio 2021. La difesa: "Si cerchino i veri responsabili". Emma Marrazzo: "La legge non è uguale per tutti".
Per il giudice Mario Cusimano non ha fatto la manomissione all’orditoio che ha ucciso la giovane operaia il 3 maggio 2021. La difesa: "Si cerchino i veri responsabili". Emma Marrazzo: "La legge non è uguale per tutti".
Assolto per non aver commesso il fatto. Per il giudice di Prato Jacopo Santinelli non ci sono dubbi: Mario Cusimano, tecnico manutentore, non ha eseguito la manomissione fatale che è costata la vita a Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni stritolata dall’orditoio a cui era addetta il 3 maggio 2021 nell’Orditura srl di via Garigliano a Montemurlo. Il giudice ha letto la sentenza ieri pomeriggio al termine di una camera di consiglio di due ore di fronte alla mamma della ragazza, Emma Marazzo, al padre e ai familiari, all’ex fidanzato della giovane e a decine di telecamere ammesse alla lettura del dispositivo. Lacrime di gioia e di delusione: da un lato Cusimano si è stretto un lungo abbraccio liberatorio con il suo legale, Melissa Stefanacci, dall’altro i familiari di Luana hanno trattenuto a stento le lacrime.
Cusimano fin dal primo momento si è dichiarato innocente: "Non ho fatto quella manomissione all’orditoio", ha ripetuto all’infinito. E ieri ce l’ha fatta a dimostrare la sua innocenza. Il tecnico era imputato per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche. Gli stessi reati contestati ai titolari della ditta, Luana Coppini e Daniele Faggi, che hanno patteggiato rispettivamente due anni e un anno e sei mesi. Per la procura Cusimano era altrettanto colpevole anche se "non c’era la pistola fumante", come ha detto il pm Vincenzo Nitti nella requisitoria al termine della quale ha chiesto una condanna a due anni e 8 mesi.
Il processo è stato piuttosto combattuto. La procura Cusimano era il manutentore di fiducia dell’azienda. Più volte aveva eseguito interventi sui macchinari in quanto tecnico di riferimento per la Toscana della Karl Meyer, la ditta tedesca che produce quel tipo di orditoi. Gli stessi Faggi e Coppini, intercettati dopo la tragedia, aveva telefonato a Cusimano per chiedergli di rimettere a posto la macchina in fretta e furia. Una ricostruzione totalmente sconfessata dal manutentore che ha spiegato come lui sia "un meccanico" e non un elettricista. All’orditoio a cui lavorava Luana erano stati rimossi tutti i sistemi di sicurezza (cancello di protezione quando gira a velocità elevata e fotocellule) attraverso un bypass elettrico. "Intervento che avrebbe potuto fare un elettricista qualsiasi", ha detto l’avvocato Stefanacci insistendo sul fatto che altri tecnici mettevano mano agli orditoi. Se Cusimano avesse voluto eliminare i sistemi di sicurezza, avrebbe tolto una sbarra meccanica ma non avrebbe operato quel "ponticello" elettrico, ha aggiunto l’avvocato.
"Ho lottato con tutte le mie forze per questo processo – ha commentato l’avvocato Stefanacci dopo la lettura della sentenza – perché ci credevo fortemente. Non spetta a me dire chi ha fatto quella manomissione, ma bisognava indagare altrove. Cusimano è un uomo serio, lui le sicurezze le mette, non le toglie. La Karl Meyer ha fiducia in lui. E’ stata un’accusa infamante quella che gli è stata rivolta proprio perché è un professionista coscienzioso. Questa sentenza è stata la liberazione da un incubo".
"Me lo aspettavo – ha invece commentato Emma Marazzo visibilmente provata – La giustizia italiana non è giustizia. La legge non è uguale per tutti come c’è scritto in quest’aula. E’ una vergogna, sono convinta che le indagini sono state fatte male: andavano indagati tutti fin dall’inizio. Quella che è sepolta sotto tre metri di terra è mia figlia". Emma che da sempre ha seguito il processo e che sta portando avanti una battaglia per il riconoscimento del reato di omicidio sul lavoro è un fiume in piena. "Non mi vanto del fatto che mia figlia sia il simbolo dell’ingiustizia – attacca – Tutto il procedimento è stato gestito male, a cominciare dai patteggiamenti dei titolari. In questo processo la morte di mia figlia è stata definita un ’evento’, si è parlato di ’ponticelli banali’. E’ assurdo che finisca così: si legge una sentenza e poi si scappa. Qui ci sono i mandanti ma non c’è l’esecutore, è inconcepibile. Non crederò mai all’innocenza di Cusimano. Quello che resta a noi familiari è l’inferno di dolore, il calvario. Spero che la vicenda di mia figlia, anche quella giudiziaria, metta in guardia tutti i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, che stiano attenti, che pretendano la sicurezza. Noi continueremo a lottare per sopravvivere".


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