LA SITUAZIONE ALL'ARCELORMITTAL - TARANTO
La situazione
all’ArcelorMittal resta molto grave a fronte di un piano
industriale presentato da AM che prevede esuberi strutturali di 3300
operai, cassa integrazione permanente, che per l'appalto portano
direttamente a licenziamenti, riduzione del costo del lavoro
scaricata sulle condizioni operaie, situazione sempre molto precaria
e a rischio gravi incidenti e infortuni in materia di sicurezza e un
piano ambientale che è lungi dall’essere d’emergenza e adeguato
alle condizioni di inquinamento della città.
Da sempre al piano
Mittal abbiamo proposto non le favole e la demagogia ma la lotta
seria e organizzata per difendere posti di lavoro, condizioni di
lavoro e migliorare la situazione in materia di sicurezza e
ambientalizzazione.
Questa strada gli
operai non l’hanno ancora percorsa. A fronte del piano dei padroni
occorreva e occorre una lotta prolungata che deve prevedere diversi
scioperi; così come deve prevedere il blocco della fabbrica e della
città, come si fa in tutte le realtà di fabbriche e città dove
sono in pericolo lavoro e salute.
Ma il sindacalismo in
Ilva e l’ambientalismo antioperaio hanno fatto finora molti più
danni delle buone parole e delle buone denunce che talvolta fanno.
Hanno disarmato i lavoratori, li hanno messi in difesa e alimentano
divisioni e favole, che purtroppo trovano consenso tra settori di
lavoratori che su parole d’ordine demagogiche e fantasiose ogni
tanto si muovono; ma una lotta seria e di classe invece ancora non
c'è e gli operai non trovano la strada per farla emergere come
alternativa.
Da tempo diciamo che ci
vuole una piattaforma seria, autonoma da padroni e governo e autonoma
da quella sciagura che sono le Istituzioni locali, da Emiliano e
compagnia.
Su una piattaforma
seria si lotta per mesi e non una volta per tutte, usando tutte le
forme di lotta, facendosi capire dalla città, stabilendo legami con
gli altri stabilimenti e alla fine imponendo, o direttamente, o anche
le attuali rappresentanze, risultati concreti, anche se parziali,
alla controparte.
Anche ora non si può
combattere il piano Mittal contando su un governo che prima gli dà
il consenso negli accordi segreti e poi dice il contrario e annuncia
roboanti promesse che non è in grado di mantenere.
Così come
evidentemente i sindacalisti anche di “fama”, da Palombella
(Uilm) a Rizzo (Usb), non possono fare i “numeri” senza guardare
con serietà alla situazione.
Non è vero che Mittal
se ne vuole andare. Lo stabilimento di Taranto è strategico
nell’acuta guerra commerciale che si svolge a livello mondiale.
Senza Taranto ArcelorMittal perde terreno nel mercato mondiale, già
da alcuni mesi non è più il primo produttore mondiale.
Siamo di fronte ad una
crisi di sovrapproduzione dell’acciaio, ovvero della
sovrapproduzione dell’acciaio per il profitto che caratterizza
l’economia capitalista; non certo, quindi, di una produzione
eccessiva per i bisogni delle popolazioni, dalle infrastrutture,
all'edilizia, alla ristrutturazione di strade, ponti, ecc., per cui
invece servirebbe molto, ma molto più acciaio in Italia e nel mondo.
Ma questo richiede che la si faccia finita col sistema capitalista in
Italia e nel mondo e si lotti per la produzione socializzata, non più
in mano ai padroni ma allo Stato proletario.
Intanto, al piano
Mittal si deve rispondere rivendicando la riduzione dell’orario di
lavoro a parità di paga, gli esuberi vanno affrontati non con
continui ammortizzatori sociali ma con prepensionamenti (per
l'amianto, perchè 25 anni bastano...), giustificati dal lavoro
siderurgico e dal risarcimento verso i lavoratori di Taranto che
hanno pagato un alto prezzo alla gestione capitalista della fabbrica,
per 41 anni in mano allo Stato e 19 in mano ai privati.
Certo c’è la
pandemia che ha fermato la produzione mondiale, ed era naturale che i
padroni in tutto il mondo rivedano i loro piani industriali e che i
volumi produttivi previsti non si possono raggiungere. Ma anche qui
si risponde al padrone con una trattativa seria che punti a gestire
l’unità dei lavoratori che non deve essere ulteriormente divisa e
smantellata: l’uso degli ammortizzatori sociali contrattati con
indennità al 100%, integrata dallo Stato, e il controllo operaio
sulla produzione e la sicurezza, con postazioni ispettive e sanitarie
in fabbrica e lotta corpo a corpo perché il padrone non faccia il
“furbo”.
I piani di
riconversione ambientale della fabbrica, NON si fanno chiudendo la
fabbrica. Gli ammodernamenti tecnologici, sostenuti dall’eventuale
entrata dello Stato nella proprietà, non possono farsi dall’oggi
al domani e quindi non risolvono i problemi ne dei volumi produttivi
ne dei numeri dell’occupazione, ne di un’immediata ricaduta sul
piano ambientale in città.
In questo quadro non ci
sono ricette facili, ne soluzioni una volta per tutte ma un rapporto
di forza, una unità tra lavoratori e masse popolari che solo una
struttura organizzata, autonoma e di classe dei lavoratori può
realizzare e garantire.
I cosiddetti “Piani
di riconversione economica”, poi, sono o pieni di progetti illusori
in un sistema capitalista che si butta sulla green economy” solo se
dà profitti e permette taglio dei costi, in primis dei lavoratori; o
si tratta di attività che già dovevano essere attuate per
migliorare una città che è sempre negli ultimi posti nelle
classifiche nazionali, e che devono dare lavoro alla massa dei
disoccupati, non permettere di buttare fuori dalla fabbrica in lavori
precari quasi 15mila operai dell'Ilva/appalto. L'accordo di programma
di Genova, tanto esaltato da Sindaco di Taranto e ambientalista e
Usb, ha signicato trasformare operai siderurgici con una storia
gloriosa in Lpu occupati a “spazzare le strade” per i Comuni...
La soluzione “diamo
tutto in mano allo Stato” non cambia assolutamente la situazione.
Questo Stato al servizio dei padroni come è adesso, gestito da
apprendisti stregoni come negli ultimi due governi, non è in grado
di farsi carico effettivamente dello stabilimento, o se lo fa dentro
al crisi e il sistema capitalistico dovrà fare le stesse cose che
vuole fare Mittal.
Non abbiamo altra
strada che lottare seriamente contro padroni e governo su una
piattaforma operaia, con tutte le forme di lotta necessaria e per
tutto il tempo che è necessario.
SLAI COBAS per il
sindacato di classe
Taranto
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