Pubblichiamo questa lettera e chiediamo con forza anche noi, come Slai Cobas sc, che questo trattamento ingiustamente e immotivatamente discriminatorio cessi subito.
Chiamiamo alla solidarietà tutti coloro, persone, compagni, associazioni che si battono contro la repressione delle lotte e sono sensibili nel denunciare e contrastare questi soprusi - inviando messaggi al Tribunale di Sorveglianza e Direzione del Centro Servizi Sociali per Adulti: ornella.defilippo@giustizia.it
Come Slai Cobas rivendichiamo pienamente le lotte dei disoccupati per il lavoro, la raccolta differenziata, l'ambiente, ecc. che negli anni passati abbiamo organizzato; lottare per questi diritti fondamentali NON E' REATO! Solo grazie a quelle lotte una parte significativa dei disoccupati oggi lavora. Ma, come Benni, tanti altri disoccupati e disoccupate, noi stessi, siamo stati processati e condannati come se fossimo criminali!
Ora con Benni si è andati anche oltre. Sembra una specia di "vendetta" dello Stato.
Questa discriminazione su diritti umani deve finire!
LA LETTERA
Gentile dott.ssa De Filippo, le scrivo questa email per esporle il rammarico per il trattamento discriminatorio esercitato nei miei confronti. Naturalmente non mi riferisco alla gestione del caso da parte sua che ritengo, al contrario, corretto, comprensivo e impeccabile. Mi riferisco al trattamento riservatomi dal Tribunale di Sorveglianza e dalla Direzione del Centro Servizi Sociali per Adulti.
Premetto che, seppur ritengo ingiusto ogni trattamento punitivo nei confronti dei lavoratori che legittimamente rivendicano i diritti inalienabili del lavoro e della salute, non ho mai contestato la condanna subita perché mi ritengo da sempre consapevole delle conseguenze a cui sarei andato incontro.
Il pregiudizio nei miei confronti si nota già nel rigetto della istanza di affidamento dove sono presenti varie inesattezze e riferimenti alla mia supposta personalità delinquenziale fondati su precedenti penali risalenti a più di 25 anni fa, per reati strettamente legati al mio stato di tossicodipendenza, considerati ostativi alla concessione dell’affidamento per un reato di interruzione di pubblico servizio, nello specifico, un consiglio comunale interrotto con striscioni che denunciavano la gestione illecita di fondi destinati ai rifiuti, confermati successivamente dalle indagini della Magistratura, che avevano come conseguenza la perdita del lavoro.
Si fa riferimento a un reato di violazione edilizia a me totalmente sconosciuto, tranne se per violazione edilizia si intende le morosità delle rate del mutuo di una abitazione che mi è stata confiscata nonostante io abbia pagato le somme del pignoramento fino al 2020. Si fa riferimento alla violazione dell’affidamento mai avvenuta. Si legge ancora: Si ritiene inoltre “una immagine non proprio tranquillizzante (soprattutto alla luce della revoca dell’affidamento concessogli, delle altre misure diverse di cui ha fruito, della assoluta insensibilità a tutti i benefici di legge ottenuti nel corso degli anni), peraltro in assenza totale di una qualche attività risocializzante”; giudizio da parte del Tribunale con evidente pregiudizio nei miei confronti. Non si ritiene attività risocializzante l’impegno nel sociale del sottoscritto riguardo l’immigrazione, i diritti delle classi più povere come i disoccupati, la lotta per il lavoro e l’ambiente, temi sui quali il sottoscritto ha tenuto vari incontri con le Istituzioni locali e Regionali, convegni pubblici sull’ambiente e incontri periodici formativi sulla gestione dei rifiuti rivolti ai disoccupati, informazioni che il Tribunale avrebbe certamente e facilmente trovato se solo le avesse cercate.
Si fa riferimento poi al reperimento di una attività di volontariato mai cercata in oltre un anno dall’istanza, questo è falso, è stata presentata una disponibilità da parte dell’ass. “Noi e Voi” all’UEPE di via Cagliari in data 24/07/2020, come confermato dalla responsabile dell’associazione dott.ssa M.Grazia Marangi, documentazione smarrita negli uffici di via Cagliari. La richiesta di permesso pasquale di pochi giorni che mi avrebbe permesso di uscire con mio figlio di 8 anni, a cui ho dovuto raccontare diverse bugie per giustificare la mia permanenza continua in casa durante tutte le festività natalizie, mi è stato negato senza alcuna comunicazione né rigetto che motivasse tale decisione, costringendomi a raccontare a mio figlio cose di cui avrei sicuramente fatto a meno. Considerando che, per una sorta di umanizzazione della pena, nella stragrande maggioranza dei casi di semilibertà, detenzione domiciliare e persino affidamento lavorativo, questi permessi vengono concessi in automatico, senza alcuna richiesta da parte del detenuto, è lecito pensare che nei miei confronti si è voluto attuare una disumanizzazione della pena.
Ritengo di essere stato oggetto di discriminazione di carattere sicuramente politico poiché non riesco a trovare altra motivazione plausibile. Se non ritenessi certa l’ influenza negativa che potrebbe impattare sul morale e sul rendimento scolastico del mio bambino, restituirei anche il permesso per accompagnarlo a scuola.
Le ho inviato questa email perché spero vorrà accluderla al mio fascicolo personale, io cercherò di rendere nota questa attività discriminatoria il più possibile e in diversi ambienti affinché se ne conoscano gli artefici e si impedisca loro di trattare con pregiudizio altri detenuti.
Cortesi saluti.
Benni Scripilliti
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