Nella
precedente parte abbiamo visto che nonostante la crisi, il capitale non crolla
spontaneamente, perchè mette in opera una serie di fattori di controtendenza
che impediscono che la diminuzione del profitto si trasformi in un suo
definitivo crollo. Le conseguenze di questi interventi, se salvano i
capitalisti più forti, significano peggioramento per gli operai, attraverso
principalmente l'aumento del grado di sfruttamento del lavoro (prolungando l'orario
di lavoro e/o intensificando il lavoro) la diminuzione del salario e i
licenziamenti.
Nello stesso tempo questa azione del capitale affossa tutte quelle teorie che vedono nelle crisi via via più devastanti la possibilità della fine del sistema del capitale.
Queste teorie sono false e deleterie per gli operai e le masse popolari, che invece devono comprendere che senza l'azione soggettiva del proletariato, senza la rivoluzione proletaria questo marcio sistema borghese resiste e continua a distruggere.
Nello stesso tempo questa azione del capitale affossa tutte quelle teorie che vedono nelle crisi via via più devastanti la possibilità della fine del sistema del capitale.
Queste teorie sono false e deleterie per gli operai e le masse popolari, che invece devono comprendere che senza l'azione soggettiva del proletariato, senza la rivoluzione proletaria questo marcio sistema borghese resiste e continua a distruggere.
APPUNTI DI STUDIO SU MARX E LA CRISI
stralci da “il capitalismo e la crisi”. Scritti scelti
(di Marx)
a cura di
Vladimiro Giacchè.
(I pezzi in corsivo segnalati da (ndr) sono brevi
note
di Proletari comunisti)
3° parte
Dal boom del credito alla crisi
Durante la crisi i livelli del ricorso al credito
continuano a crescere da una recessione all'altra e da un massimo di ciclo
economico all'altro. In misura sempre maggiore il livello generale di attività
economica (...) viene sostenuto da sempre maggiori iniezioni di credito da
parte del governo e da parte di enti privati.
(ndr) come i capitalisti produttivi non sono estranei alla crisi finanziaria,
così non lo è affatto il governo che dando soldi, finanziamenti “a fondo
perduto” agli industriali sotto varie forme, o dirette (vedi gli acquisti
gratis di fabbriche come l'Ilva da parte del capitale privato, le agevolazioni
economiche date ad industriali per investire in zone “svantaggiate”, ma di
grande vantaggio per il capitale) o indirette (vedi sgravi, ma anche gli stessi
miliardi spesi per ammortizzatori sociali), contribuiscono ad amplificare il
credito, ad aumentare il capitale finanziario (chiamiamolo “virtuale”) rispetto
a quello reale.
La finanza non è la malattia, ma il sintomo della malattia
... e al tempo stesso la droga che ha permesso di
non avvertirla – e quindi l'ha cronicizzata.
Questa esplosione della finanza e del credito ha avuto
una triplice funzione: 1) mitigare le conseguenze della riduzione dei redditi
dei lavoratori; 2) allontanare nel tempo lo scoppio della crisi da
sovrapproduzione nell'industria; 3) fornire al capitale in crisi nel settore
industriale forme alternative di investimento a elevata redditività. Vediamo
più da vicino questi tre aspetti.
1) Credito alle famiglie... il tenore di vita
delle persone con redditi medio-bassi ha cominciato ad essere almeno in parte
sganciato dall'andamento del reddito da lavoro... ha alimentato il credito al
consumo e la bolla immobiliare, consentendo a famiglie a basso reddito di
contrarre debiti relativamente a buon mercato... il risultato era la quadratura
del cerchio, il sogno di ogni capitalista: un lavoratore che vede diminuire
il proprio salario e però consuma come e più di prima.
2) Credito alle imprese... facciamo un esempio.
L'intervento svolto da Sergio Marchionne all'incontro della Fiat con il governo
e i sindacati del 18 giugno 2009 è molto utile per intendere questo aspetto:
“il primo grande problema del settore è quello della sovraccapacità produttiva
(...) la capacità produttiva a livello mondiale è di oltre 90 milioni di
vetture l'anno, almeno 30 milioni in più rispetto a quanto il mercato sia in
grado di assorbire in condizioni normali”... Come hanno fatto le case
automobilistiche a tirare avanti in questi anni in presenza di una
sovrapproduzione di questa entità? In tre modi. Innanzitutto spingendo sul
credito al consumo per l'acquisto di autovetture... lo stesso Marchionne ha
affermato che “le autovetture finanziate in Europa sono tre su quattro”, Poi
riscadenzando i propri debiti... Infine facendo profitti non più con le
attività tradizionali ma da operazioni finanziarie.
(ndr) come si vede questi interventi, anche il “credito alle imprese”,
costituiscono poi un “debito” solo per le famiglie con redditi medio-bassi;
quindi sul medio periodo vanno ad aggravare i salari dei lavoratori, ad indebitare
enormemente le masse popolari; mentre per il capitale, soprattutto il
grande capitale, nel suo complesso – a parte alcuni singoli fallimenti,
costituiscono una possibilità di difendere i profitti punto e basta. Su questo
l'esempio fatto di Marchionne è rivelativo. Marchionne dice praticamente io su
quattro vetture, per tre se non le vendo non perdo niente; salvo però poi far
pesare queste “tre autovetture” quando deve imporre tagli al salario degli
operai e aumento dello sfruttamento in fabbrica.
3) La speculazione come mezzo per la valorizzazione
del capitale... “tutte le nazioni a produzione capitalistica vengono colte
periodicamente da una vertigine nella quale vogliono far denaro senza la
mediazione del processo di produzione” (Marx).
(continua giovedì prossimo)
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