Amianto il tribunale riduce
l’invalidità dell’operaio 10 anni dopo che è morto. L’Inail rivuole 60mila euro
in un mese
La storia di
Mario Barbieri, morto nel 2006 dopo aver lavorato per quasi trent'anni ai
cantieri navali di Marina di Carrara. La figlia: "Sono sconcertata, si
accaniscono contro una famiglia". L'ente si limita a precisare che la
cifra potrà essere pagata a rate
Mario Barbieri si ammalò di asbestosi dopo aver lavorato
a contatto con l’amianto nel cantiere navale di Marina di Carrara.
Ma era invalido al 38 per cento e non all’80, come disse in un
primo momento il tribunale. E quando quella cifra fu corretta in appello, lui
era già morto da 10 anni. In ogni caso ora l’Inail rivuole indietro il
denaro non dovuto dai familiari, la moglie e i tre figli: niente più pensione
di reversibilità alla vedova, ma soprattutto restituzione dei
soldi in più ricevuti finora. Cifra totale: oltre 60mila euro.
Tempo per
restituire la somma: 30 giorni. La figlia di Mario, Federica, 38 anni, si dice
“sconcertata”. “Io e mia madre – dice – abbiamo come unico bene la casa di
mio padre. Sono pronta a incatenarmi se vogliono venire a prenderla. Mi
stupisco dell’Inail, che è un ente che dovrebbe tutelare i lavoratori e invece si
accanisce contro una famiglia che ha già perso troppo, abbiamo perso un
padre”. Da parte sua l’Inail, a ilfattoquotidiano.it, si limita a
far sapere che la cifra potrà essere pagata a rate. Mario è morto nel novembre
2006 a causa dell’asbestosi, una gravissima malattia polmonare,
dopo una vita da operaio al cantiere navale di Marina di Carrara, dal
1966 al 1992. Per farsi riconoscere l’asbestosi, aveva dovuto trascinare l’Inail
in tribunale. E aveva vinto in primo grado. Morì pochi mesi dopo quella
sentenza, nel novembre 2006. Ma il processo non era ancora finito. L’Inail fece
ricorso e dopo 10 anni, nell’ottobre del 2016, la Corte d’Appello di Genova
ribalta tutto: l’invalidità professionale era del 38 per cento, non dell’80.
Così l’istituto di assistenza ora rivuole indietro dagli eredi i soldi
riscossi tra il 2002 e il 2006, quando l’operaio era allettato e con la
respirazione forzata 24 ore su 24. La moglie Luperfina, 75 anni, adesso
non ha più diritto alla pensione di reversibilità come vedova di un morto di
amianto e deve restituire quella elargita finora. La sentenza parla chiaro: fu
colpa dell’amianto se Mario aveva contratto l’asbestosi. Ma la malattia era “in
forma iniziale”. A farlo soffocare, secondo i giudici, sarebbe stata piuttosto
una malattia respiratoria “non professionale”. “Se posso, ricorro in Cassazione
– dice Federica – Ma sono arrabbiatissima, sconcertata, vivo attacchi di
panico. Voglio tutelare mia madre che ha già avuto un infarto”. Anche perché,
aggiunge la figlia di Barbieri, “lui non era un’eccezione dentro quel
cantiere. L’Inail lo sa bene cosa c’era in quel cantiere, perché paga altre
reversibilità per altri deceduti. Ho fatto una promessa a mio papà, che gli
avrei fatto riconoscere questa malattia”. Anche attaccato alla bombola
d’ossigeno, a Mario mancava il suo lavoro. “Più di una volta, con la maschera
dell’ossigeno, sdraiato in macchina perché non riusciva a tirarsi su, lo
abbiamo portato a vedere la sua gru. Ce lo chiedeva. Amava questo
lavoro”. Federica e la madre, negli ultimi anni, erano arrivate a tenere
nascoste a Mario gli amici che venivano a mancare, per non agitarlo mentre
combatteva tra la vita e la morte. “Sapeva cosa stava succedendo –
continua Federica – ha visto spegnersi i suoi amici più cari, ma non potevamo
dirgli ‘sai papà, è morto anche quello’”. Per questo la figlia di Barbieri dice
che l’Inail sa cosa accadeva nei cantieri di Carrara. Le malattie respiratorie,
alla Nca di Marina di Carrara, erano frequenti. “In cantiere – racconta
la figlia – coibentavano a spruzzo, vale a dire che l’amianto in polvere
veniva spruzzato con dei macchinari contro le pareti delle navi per coibentarle
e renderle ignifughe. Sabbiavano le lastre, poi mio padre le caricava
con la gru e le inseriva nella nave. Non c’era aeratore, né maschere di
protezione. Papà in pausa pranzo stava seduto sui sacchi dell’amianto a
mangiarsi il panino”.
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