Sentiamo parlare ormai spesso di come Poste
Italiane sia diventata una fabbrica di precarietà, per abbattere i
costi del personale e massimizzare il profitto. Ma c’è un altro
drammatico aspetto, legato al raggiungimento di una redditività
sempre più alta, solitamente poco discusso: la sicurezza sul
posto di lavoro. Su questo fronte, i dati sono sconcertanti.
Al netto dei casi di infortunio “in itinere” e di Covid-19, nel
triennio 2021-2023 il numero totale di infortuni sul lavoro dei
dipendenti di Poste Italiane è stato pari a 14.590.
Di cui 3.704 con gravi conseguenze e 12 decessi. Nel
periodo 2018-2020 è andata addirittura peggio, con 17.907
eventi infortunistici. Di cui 4.973 con gravi conseguenze e
14 decessi. Circa il 75 per cento degli infortuni registrati
sono concentrati nel recapito postale, che risente
delle insidie connesse alla circolazione stradale. La prima tipologia
di infortuni è legata all’uso dei mezzi aziendali, in particolare
per caduta da motoveicoli e per collisione con o senza terzi
coinvolti. Al secondo posto si collocano gli episodi di scivolamento
e caduta durante i percorsi a piedi. La figura del portalettere,
che notoriamente svolge la propria attività all’aperto, risulta
essere quella esposta a più tipologie e più elevati livelli di
rischi lavorativi.
Dietro questi numeri ci sono vite spezzate,
persone rimaste storpie e menomate, famiglie distrutte. Un’autentica
carneficina, che si verifica ogni giorno sulle nostre
strade. Anche se la maggior parte delle volte non fa notizia,
né in tv, né sui principali quotidiani. Poste Italiane viene
considerata tra le migliori aziende al mondo in cui lavorare, grazie
alle sue politiche di valorizzazione delle risorse umane, ma
la realtà è ben diversa. L’azienda, da anni, sta
riducendo il personale, sottoponendo i propri dipendenti a ritmi
frenetici e pressioni costanti. A ciò si aggiunge l’insicurezza
lavorativa che deriva dalla precarizzazione del lavoro
nel recapito, dove si è diffusa la pratica delle assunzioni a tempo
determinato per portalettere e addetti allo smistamento.
I
lavoratori precari entrano in servizio con una formazione
spesso inadeguata, svolta perlopiù in modalità a distanza
attraverso piattaforme digitali. Le attività pratiche per insegnare
ai nuovi arrivati l’uso corretto e in sicurezza delle attrezzature
da lavoro, o lo svolgimento di qualsiasi procedura lavorativa, in
genere vengono demandate ai colleghi assunti in pianta
stabile.
Nessuno dovrebbe mai rischiare la vita per lavorare,
specialmente quando si è giovani. È inaccettabile che ciò avvenga
ordinariamente in un’azienda come Poste Italiane, dove lo Stato
centrale è il principale azionista e che pertanto dovrebbe
prestare maggiore attenzione all’equilibrio tra profitto e impatto
sociale.
Roma, 6 marzo 2025
Carmine Pascale Lavoratori precari di Poste Italiane
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