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Operai ControLa storia si ripete, la prima volta una tragica storia lontana di un operaio bambino sfruttato ed ucciso in Pakistan, la seconda volta vicino “a casa nostra”, un ragazzo di 17 anni, operaio in nero muore scaricato davanti all’ospedale di Nocera.
Iqbal Masih, un bambino pakistano di 12 anni, lavorava come
schiavo in una fabbrica di mattoni dall’età di 4 anni, fu poi
ceduto ad un fabbricante di tappeti. Nonostante fosse un bambino, la
sua “lunga vita da schiavo”, lo portò velocemente a prendere
coscienza della sua condizione, si ribellò e scappò dalla sua
fabbrica- prigione. Si unì al Labour Liberation Front, e divenne uno
dei più giovani sindacalisti del suo paese, ma forse al mondo. Si
batté per i diritti dei lavoratori bambini, contro la schiavitù, e
per i diritti internazionali dell’infanzia. Il suo impegno ha
portato alla chiusura di molte fabbriche di tappeti. “Non ho più
paura di lui (il suo ex padrone), è lui che ha paura di me, di noi,
della nostra ribellione”. Il suo attivismo faceva veramente paura
agli schiavisti, talmente tanta che per neutralizzarlo, la “mafia
dei tappeti” ordinò di ucciderlo il 16 aprile del 1995 all’età
di 12 anni. Una strana coincidenza ci porta 30 anni dopo in un altro
paese, l’Italia, sicuramente un paese più “avanzato” da tutti
i punti di vista del Pakistan, un ragazzo di 17 anni viene ammazzato
dal suo “padrone”, ma qua da noi, paese civilizzato, si chiamano
“datori di lavoro”. Yassine, di origine marocchina, si conosce
solo il suo nome, era probabilmente al suo primo giorno di lavoro in
una azienda per lo smaltimento dei rifiuti di Nocera Inferiore.
Lavorava in nero in una azienda che doveva essere chiusa perché
posta sotto sequestro dal 2016. Non sono ancora chiare le dinamiche
di quello che viene chiamato “incidente sul lavoro”, è stato
scaricato davanti all’ospedale dove è poi morto. La sua
identificazione è stata possibile solo attraverso le sue impronte
digitali, quindi, probabilmente, Yassine era uno dei tanti bambini
portati dal mare in tempesta che finiscono per sparire nelle nostre
città, nell’anonimato più assoluto o sfruttati dalla criminalità
nelle piazze dello spaccio o, come nel suo caso, dalla criminalità
“legalizzata” che gestisce lo sfruttamento nelle fabbriche. Gli
indagati sono quattro e, come sempre quando si tratta di morti sul
lavoro, il capo d’accusa è omicidio “colposo”, che significa
che è un reato, che si verifica “quando si cagiona la morte di
un’altra persona, non con l’intenzione di uccidere, ma per
negligenza, imprudenza, o imperizia”. La morte di un operaio/a è
una “imprudenza” e non, come dovrebbe essere un “omicidio
doloso”, cioè un omicidio che avviene in un’organizzazione del
lavoro che lo rende possibile, una media di tre operai morti al
giorno.
Di bambini schiavi come Iqbal nel mondo ce ne sono 150
milioni, in Italia i fratelli di Iqbal sono 350mila. Dal rapporto
stilato dall’UNICEF, i lavoratori minorenni 15/17 anni in Italia
nel 2023 erano 78.530. Dal 2018 al 2022 le denunce di infortunio
presentate all’Inail a livello nazionale sono state 338.323,
211.241 riguardano i minori di età fino a 14 anni, 127.082 la fascia
di età 15/19.
Gli infortuni mortali per lo stesso periodo sono
stati 83 di cui 9 nella fascia di età fino a 14 anni e 74 tra i
15/19. (dati Inail, INPS, ISTAT). Dal 2017 al 2021 sono stati
denunciati 296.003 infortuni e 18 morti di ragazzi impegnati
nell’alternanza scuola /lavoro, oggi rinominata PCTO (percorsi per
le competenze trasversali e l’orientamento) è il “tocco di
classe” voluto dal nuovo governo, per differenziarsi, con le parole
senza cambiare i contenuti. Infatti, lo scopo è sempre lo stesso,
garantire mano d’opera a basso costo alle aziende. La grande
“sensibilità” del ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara,
davanti alle morti e agli incidenti di cui sono stati vittime gli
studenti, lo ha portato a rivendicare il merito dell’approvazione
del decreto varato dal consiglio dei ministri del 1 maggio, che
stanziava un fondo per “risarcire” le famiglie degli studenti
morti o che “potrebbero” morire, durante l’alternanza,
normalizzando di fatto la possibilità di morire durante il percorso
di formazione. Una miserevole (ma qualsiasi cifra lo sarebbe), somma
di denaro per “risarcire” le famiglie “della perdita”. Altro
che educazione sentimentale, una nuova materia è stata introdotta
nelle scuole da un bel po’, sotto l’acronimo PCTO, si nasconde la
materia che sta più a cuore ai padroni, educare sin da giovani
quella parte della popolazione destinata a lavorare e produrre la
ricchezza per tutti, imparando presto a sottomettersi allo
sfruttamento, anche a rischio della propria vita, tanto i “danni
collaterali” saranno risarciti. Questo in Pakistan…..mica ce lo
hanno!!!!
S.O.