Sulla situazione all’ex
Ilva e l’ultima fase ci siamo espressi con comunicati, volantini,
prese di posizione, azione fuori e dentro i cancelli della fabbrica
in questi ultimi due mesi, senza dimenticare l’importanza dello
sciopero del 6 maggio scorso, un’occasione che per responsabilità
dei dirigenti sindacali confederali, le Rsu, Usb compreso, poteva
essere con lo sciopero riuscito e la contestazione della Morselli il
vero inizio della battaglia che sicuramente avrebbe inciso sulla
situazione e probabilmente un decreto come questo del governo
Meloni/Urso non lo avremmo avuto.
Ora che c’è, da un lato non
possiamo che unirci alle denunce che vengono dalle organizzazioni
sindacali e da una parte attiva dei lavoratori – mentre francamente
noi non diamo gran chè peso alle strilla di Sindaco e Regione che
finora hanno inciso solo negativamente nello sviluppo di una lotta
reale a Taranto in fabbrica e in città contro padroni e governi.
Ma
ci sentiamo di dire: finalmente! Il nuovo decreto, più che tutti gli
altri messi insieme, chiama ad uno scontro reale su cui sia gli
operai innanzitutto devono dire la loro subito, si parla di
assemblee, sciopero di 32 ore, iniziativa a Roma, sia noi ma
soprattutto dopo. Perché è ben chiaro che per quante iniziative in
un certo senso scontate verranno fatte dai sindacati confederali e
Rsu, è certo che non si può pensare a passi indietro di padroni e
governo (vedi anche l'ultima inaccettabile antisindacale presa di
posizione della Morselli contro i diritti delle Rsu) senza una
lotta prolungata che, come ci ostiniamo a dire da soli, deve cambiare
passo, forme, contenuti e alla fine organizzazione e direzione.
Per
questo vale la pena prendere sul serio il decreto e analizzarlo da un
punto di vista di classe, così come mettere in luce che le critiche
che vengono da sindacati, ecc. perfino quando sono giuste sono
inadeguate a dare una base solida, una piattaforma solida e obiettivi
conseguenti alla lotta dei lavoratori e speriamo delle masse popolari
della città unite ad essi.
Intanto
ribadiamo, decreto o non decreto, che gli operai dell’appalto messi
fuori dalla lettera della Morselli devono rientrare subito dopo le
feste a lavorare; che le assemblee devono essere generali e non
monopolizzate da dirigenti sindacali e Rsu abituati da sempre a fare
un giorno i “fuochisti” e 364 giorni i pompieri. Assemblee che
devono puntare all’unità di lotta dei lavoratori, raggiunta col
confronto/scontro anche aspro, perché altrimenti siamo alle solite.
E questa situazione “alle solite” è quella che realmente ha
contribuito al punto a cui si è arrivati.
AdI nega sala Consiglio di Fabbrica
L'azienda accusa alcune RSU di condotte violente durante i momenti di tensione dello scorso 23 dicembre
(Siamo al capovolgimento dei fatti. Sono stati i vigilanti che hanno spintonato i delegati, anche ferendone alcuni, con metodi che qualcuno ha definito da "buttafuori". E' l'azienda che viola norme sindacali (Statuto dei lavoratori) appropriandosi di una sala, che una volta legalmente concessa non può essere nella disponibilita' dell'azienda.
Chiaramente si tratta di un pretesto, ma pericoloso segnale di una azione apertamente repressiva antisindacale che non potra' che peggiorare. NdR)
Da Corriere di Taranto
Con una lettera indirizzata a Fiom, Uilm e Usb Acciaierie d’Italia spiega perché non concede l’utilizzo della sala del consiglio di fabbrica richiesta dai sindacati due giorni fa via pec:
“...al termine della riunione (del 23 dicembre) alcune RSU – allo stato in corso di identificazione – forzando le grate installate a protezione della stessa (nonché arrampicandosi sulle stesse), raggiungevano la Direzione AdI dello Stabilimento cercando deliberatamente di occuparla e non riuscendo nel proposito criminoso solo grazie alla difesa passiva attuata dal personale di Vigilanza“...
“Le gravissime condotte perpetrate, per le quali l’Azienda si riserva ogni più ampia richiesta di tutela e ristoro, violano ogni forma di vivere civile e di corretta relazione tra Azienda e OO.SS – prosegue la lettera dell’azienda -. Per tutto quanto occorso, la scrivente Società... ritiene che allo stato non sussistano le condizioni minime di sicurezza di persone e cose all’interno dello Stabilimento e, pertanto, di non poter concedere l’uso della Sala del Consiglio di Fabbrica..."
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