Le richieste dei pm nel processo sul treno deragliato a Pioltello il 25 gennaio 2018
I pm della procura di Milano hanno chiesto 8 anni e 4 mesi di condanna per l'ex amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile e per l'allora direttore della direzione produzione Umberto Lebruto nell'ambito del processo sul disastro ferroviario del 25 gennaio 2018 a Pioltello, dove un treno Trenord era deragliato causando la morte di Maddalena Ida Milanesi, Giuseppina Pirri e Pierangela Tadini - tutte e tre passeggere nella terza carrozza - e il ferimento di oltre cento passeggeri.
Per altri tre imputati, tutti dirigenti del gestore dell'infrastruttura, i pm Leonardo Lesti e Maura Ripamonti hanno chiesto condanne da 6 anni e 10 mesi - per Andrea Guerini e Marco Albanesi - a 7 anni e 10 mesi, per Vincenzo Macello. Gli imputati rispondono, a vario titolo, di disastro ferroviario colposo, rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose. Chiesta invece l'assoluzione per Moreno Bucciatini, l'allora capo del reparto programmazione e controllo dell'unità territoriale linee sud di Rfi, Ivo Rebai, ex responsabile della struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano e Marco Gallini, all'epoca dirigente della struttura organizzativa di Rfi.
Gli imputati per cui sono state chiesto condanne avrebbero per "colpa, consistita in imprudenza, negligenza e violazione delle norme legislative" provocato "non impedendolo, il disastro ferroviario" del treno 10452, partito dalla stazione di Cremona e diretto a quella di Milano Porta Garibaldi, stando alle ricostruzioni degli inquirenti.
La tragedia
La tragedia era avvenuta il mattino del 25 gennaio 2018, quando il convoglio - composto da cinque carrozze - era deragliato all'altezza della stazione di Pioltello per "l'effetto della rottura di un giunto isolante incollato". Nella sua requisitoria, il pm Maura Ripamonti, ha rimarcato che disporre un rallentamento su quel tratto "era l'unica cosa che, esclusa la sostituzione del giunto, avrebbe potuto prevenire con certezza l'incidente". "Se un treno deraglia non a 140 chilometri all'ora, ma a 50 - ha sottolineato -, allora quasi sicuramente non muore nessuno". In un altro passaggio è poi stato evidenziato che "non potendo sostituire tutti i giunti, si finisce per accettare il rischio che qualche giunto si rompa. O si interviene tempestivamente in continuazione oppure ogni tanto qualcosa si rompe. Intervenire ogni tanto costa meno". Il non aver riparato il giunto lungo i binari "è una sorta di scorrettezza nei confronti dello Stato" ma "anche una forma di slealtà" nei confronti di chi viaggiava: "c'erano 250 passeggeri, gente che andava a lavorare e si fidava del treno", ha detto la pm Ripamonti.
secondo gli accertamenti, il deragliamento era avvenuto proprio a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto "punto zero" sopra un giunto in pessime condizioni. Per la Procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di "omissioni" nella "manutenzione" e nella "sicurezza", messe in atto solo per risparmiare. Nell'ambito dello stesso processo a gennaio 2021 erano stati archiviati gli ex vertici di Trenord Cinzia Farisè e Alberto Minoia e anche due manager dell'agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.
Le difese: "Richiesta condanne su pregiudizio"
Opposto il ragionamento dei difensori di Lebruto e Macello. "Per l'ennesima volta si pretendono condanne per ruoli apicali", ha sostenuto Ambra Giovene, difensore dei due ingegneri: "Il reato è diventato una colpa per talune categorie sociali. Una deriva ignota al mondo civile occidentale. Il processo ha dimostrato che ogni scelta è stata compiuta nel rispetto di un sistema complesso, correttamente regolato, certificato e organizzato. Ma osservare la legge non basta. Il sospetto è diventato regola di giudizio e la responsabilità da posizione pare tranquillizzare gli animi. È l'unico modo per non rendere giustizia né agli imputati né alle vittime. Le richieste di condanna non hanno alcun fondamento probatorio e si fondano su un pregiudizio che non dovrebbe mai trovare ingresso in un'aula di tribunale".
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