Radio Blackout - Abbiamo saputo che c'è uno sciopero generale su quello che sta succedendo sull'Ilva, il 16 ottobre tra due giorni. C'è molto fermento rispetto a questo sciopero, ci sono assemblee, mi sa una vostra assemblea proprio domani, in fabbrica.
Lo sciopero generale è stato indetto dai confederali. Dobbiamo un po' analizzare tutte le sfumature anche perché questo sciopero anticipa un po' l'atmosfera che si sta vivendo a Taranto.
Ci siamo lasciati l'ultima volta qualche mese fa, dove c'erano varie aziende che offrivano denaro in cambio della fabbrica, l'occupazione era sempre una questione secondaria. Adesso tutti queste aziende stanno un pò svanendo perché gli unici due concorrenti a quanto pare che sono rimasti sono due Fondi statunitensi, insomma Trump è venuto in aiuto dalla Meloni a quanto pare, perché il governo ha disatteso quasi tutto quello che aveva, non promesso, solo mormorato rispetto alla fabbrica, rispetto alla città e si prevede un'apocalisse occupazionale, così un po' ne parlano i giornali.
Questa è un po' una breve introduzione, prego se vuoi un po' rimettere in ordine le idee e parlarci un po' di come si sta andando verso lo sciopero generale di Taranto fra due giorni.
Slai cobas sc - Rispetto all'ultima volta che ci siamo sentiti è inutile nasconderci che la situazione sta peggiorando su tutti i fronti, sia sul fronte dei padroni ma anche sul fronte degli operai. Come hai anticipato siamo arrivati a una situazione in cui “l'apocalisse occupazionale” sembra avvicinarsi. La nuova gara è stata lanciata dal governo, pilotata o meno che sia perché non sappiamo più niente anche noi. Prima era stata sponsorizzata a gran voce la Baku Steel con tutto il suo carico, nave di rigassificatore e tutto il resto; ma appena la questione della nave è stata messa in discussione - noi avevamo denunciato da sempre che la Baku Steel puntava soprattutto al gas e questo si è dimostrato vero - la Baku Steel si è ritirata.
Ritirata la Baku Steeel, la Jindal, che pure aveva insistito molto soprattutto nella prima gara, si era autopromossa con interviste sui giornali locali, e che quindi sembrava che in questa seconda tornata potesse tornare a essere favorita, in realtà si è spostata sulla Thyssenkrupp e quindi ha mollato la questione Taranto.
Mollata da Baku Steel, mollata da Jindal, aggravatasi oggettivamente la situazione di mercato - su
questo forse non si dà troppo peso, perché chiaramente una fabbrica che sostanzialmente non funziona da più anni, perde i mercati, si tratta sempre di grandi commesse che vengono fatte verso le grandi acciaierie e chi fa le commesse non le fa giorno per giorno, le fa a lungo periodo, quando una fabbrica entra in crisi e non si sa se si riprenderà, normalmente gli acquirenti si spostano su altri, è normale nel capitalismo - attualmente le prospettive effettive di ripresa dell’Ilva sono 0,1.
Ora c'è una nuova possibilità di mercato dell'acciaio che è legata all'economia di guerra, ormai si va in direzione dell'economia di guerra. L'acciaio serve per la crescita delle industrie d'armamenti, solo che deve essere acciaio di qualità e c'è grande concorrenza, c'è la guerra commerciale, poi c'è stato l'intervento di Trump con i mega dazi che colpiscono anche l'acciaio italiano, europeo; quindi tutto il sistema acciaio, dal punto di vista del capitale, si è fortemente indebolito, ed evidentemente è diminuita l’attenzione verso la questione Taranto; per di più in una situazione di riattivazione del movimento ambientalista, di diffidenze dei lavoratori e delle stesse organizzazioni sindacali, anche queste sono diventate concause del minore interesse verso l'acquisizione dell'Ilva.
In questo minore interesse, la gara rivaluta gli ultimi dei concorrenti che sembravano fuori gioco, che sono i fondi americani. Questi sono due, il Bedrock che era presente anche prima e un altro Fondo. Questi fin dall'inizio avevano detto che loro non volevano acquistare l'Ilva, volevano dare un Euro, se ci fossero stati profitti l'avrebbero pagata. E gli dovevamo dire pure grazie che intervenivano, grazie se riuscivano a rimetterla in sesto sul mercato innanzitutto. Quindi in questo senso si è passati da chi offriva milioni, sempre meno a dir la verità via via che si doveva entrare in merito, a chi dice datecela punto e basta, ve la rimettiamo in sesto.
Il governo che tutto vuole fare tranne occuparsi seriamente dell'Ilva al di là delle dichiarazioni di “industria strategica”, perché è una brutta “gatta da pelare” perchè richiede una montagna di soldi per tenerla in piedi, una montagna di soldi per il risanamento, una montagna di soldi per la riconversione, ristrutturazione, sta sponsorizzando Bedrock. Solo che il fondo Bedrock ha un solo sistema per metterla in sesto: ridurre al minimo il costo del lavoro, ridurre i costi in generale, poi se va bene la restituisce o la rivende a un altro padrone.
Quindi appena si è saputo che in realtà prevede 7500 operai fuori e quindi un'occupazione di soli 3000 operai, di cui a Taranto 2000, la risposta è evidentemente: se questa è la proposta NO è la risposta. Però la situazione è arrivata a un tale stadio che pure questa risposta non viene spontanea né alle organizzazioni sindacali né agli operai.
Noi siamo stati sempre tra coloro che non ci stavano all'analisi di “operai disperati, operai che si trovavano alla frutta e quindi o facevano un'azione eclatante oppure si dovevano affidare a chi li venisse a salvare”.
Questa situazione chi l'ha agitata lo faceva e lo fa con stile da demagoghi che non mancano mai, sia a livello locale sia soprattutto a livello nazionale.
La situazione in realtà è che gli operai sono sfiduciati e stanchi, le assemblee sono andate male, i lavoratori in generale stanno ad ascoltare, non si incazzano, sembrano rassegnati e le domande che fanno, a cui noi non rispondiamo perché rispondere a queste domande è già accettare che lo Stato al massimo per la grave caduta occupazionale metta un incentivo all'esodo; e qui i sindacati giocano a chi vende la cifra più alta: il governo avrebbe promesso di mettere 100 mila euro a persona per chi se ne va. Oppure (vedi Usb) mettono al primo posto la richiesta dei benefici amianto, lavori usuranti.
D’altra parte, i lavoratori vogliono andare via dalla fabbrica perché non hanno più fiducia che questa fabbrica possa avere un'effettiva ripresa.
Questo sciopero generale, quindi, lanciato dai sindacati sembra più per salvare la faccia ai sindacati stessi e per tornare a essere interlocutori, dato che finora questa interlocuzione con i governi non ha prodotto assolutamente nulla.
Le nostre parole sono cadute nel vento, abbiamo abbaiato la luna, ma continuiamo a credere che una grande lotta dei lavoratori fatta autonomamente contro padroni, governo, possa interloquire con il movimento ambientalista e possa rimettere i piedi sul piatto per una prospettiva che sia di lavoro e ambientalizzazione effettiva.
Però è difficile anche per noi credere alla possibilità ora come ora di mettere in pratica questa linea; chiaramente la riproporremo perché noi abbiamo detto sin dall'inizio che bisognava respingere tutte le proposte di vendita del governo, perché tutte avevano diverse gradazioni di esuberi e di prospettive di salvare fabbrica e ambiente abbastanza di lungo periodo.
Rispetto alla “nazionalizzazione”. Il problema è che anche lo Stato che prende questa fabbrica deve fare le stesse cose che deve fare il privato, cioè ridurre di molto l'occupazione, stabilire una cassa integrazione permanente per permettere i processi di decarbonizzazione e nello stesso tempo tenere buoni i lavoratori con ammortizzatori sociali possibili, come gli incentivi. Lo Stato, quindi, si troverà di fronte agli stessi problemi.
Siamo tornati come una sorta di “gioco dell’oca”, al punto di partenza ma con una situazione molto peggiore.
Radio Blackout - Volevo capire un po' il valore che avete dato alle assemblee per cui avete insistito che fossero fatte fuori la fabbrica.
Infatti voi la fate vicino al porto, dove giorni fa vi sono stati blocchi verso una nave che doveva fornirsi di gas e andare in Israele. Quindi, anche a Taranto la realtà è abbastanza viva e inanimata. Ti chiedevo se la vostra idea di far esplodere le assemblee fuori dalla fabbrica e la vostra posizione come Slai cobas, conveniva fare le assemblee popolari.
Voi avete proclamato un'assemblea per domani, l'avete organizzata al porto…
Slai cobas - Quando diciamo assemblea al porto facciamo leva sulle ditte dell'appalto che sono divise in quelle che lavorano direttamente nella zona industriale e quelle che lavorano sempre per l’Ilva al porto.
I lavoratori del porto sia perché sono precari sia perché ci siamo anche noi e recentemente ci siamo anche ingrossati - ma si tratta chiaramente di una goccia nel mare, e anche il porto è una giungla di ditte e di appalti e il fatto che tu diventi il primo sindacato in una Ditta non ti assicura, almeno oggi non ti assicura, che ti porti dietro le altre ditte del porto.
Domani facciamo l'assemblea in cui diremo ai lavoratori o ci vogliamo far valere e quindi usciamo allo scoperto, diamo battaglia, in distinzione anche con la linea generale degli altri sindacati stando nel contesto dello sciopero generale, oppure noi possiamo essere “bravi e belli” però non incidiamo nell'universo che comunque rimane gigantesco, perché al di là di tutto tra occupati diretti Ilva e appalto sta una massa di operai ancora rilevantissima che è ancora tutta in campo oggettivamente, benchè ancora non soggettivamente.
Teniamo conto che le cose si sono realmente aggravate. La prospettiva è di 7500 fuori dalla fabbrica. Se anche passa la soluzione “spezzatino” (a cui di fatto Genova spinge), Taranto viene lasciata al suo destino.
Di fronte alla prospettiva di 7500 licenziamenti se non si rovescia l'intero paradigma che regge ormai questa situazione, non c’è “trippa per i gatti”. Però chi lo rovescia?
Noi pensiamo che lo possono rovesciare gli operai che si ribellano.
Ma ancora i segnali non vanno in questa direzione. Le assemblee non sono infuocate né i lavoratori non vedono l'ora di mettersi in campo; non ci sono ancora le condizioni per un'esplosione operaia, non ci sono le condizioni perché una forza che si batte per questo e in qualche maniera ha una presenza, sia pure limitata, possa influire sulla grande massa.
Oggi, come si dice, siamo ottimisti nella volontà e piuttosto pessimisti nella ragione, perché per fortuna spesso i lavoratori ci smentiscono, nel senso che gli operai tutto ad un tratto trovano il canale per ritornare in campo.
Radio Blackout - Il vostro slogan è chiaro: come l'acciaio resiste la città, non è uno slogan qualsiasi.
Slai cobas - Diremmo che la città resiste, non resiste come ci vorrebbe la fabbrica, ma se manca la fabbrica non vedo che tipo di resistenza possa fare la città, se non quello di avere una chiusura pilotata dell'Ilva e un disastro occupazionale.
Questo è lo stato delle cose oggi, spero che giovedì le cose vadano diversamente e ancora più dopo giovedì.

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