L'8° decreto
Ilva mostra in maniera chiara come il governo sia un comitato d'affari della
classe dei capitalisti, e che per esserlo deve usare sempre di più metodi da dittatura.
Con questo decreto Renzi affossa la Costituzione e gli stessi poteri dello
Stato. Esso, al di là del contenuto, dimostra esplicitamente, senza più veli,
come il governo intende impostare i rapporti con il Diritto e la Magistratura:
i giudici decidono un sequestro e le sue modalità e il governo con un decreto
lo cancella, cancellando l'autonomia di un potere dello Stato borghese. Proprio
così, anche per la tempistica, finora non si era vista una tale formale e
ufficiale messa da parte; in altre occasioni – sempre per l'Ilva, e il
sequestro di tutta l'area a caldo fatto nel 2012 dalla Giudice Todisco, era
stato un organo giudiziario superiore, la Cassazione, ad annullare
provvedimenti di sequestro della magistratura di Taranto; ora, invece, è il governo
che interviene “a gamba tesa”. Se tanto ci dà tanto, ad ogni provvedimento di
magistrati che non andasse in sintonia con gli interessi immediati della classe
imprenditoriale, interverrebbe il governo con l'arma del decreto a ripristinare
“l'interesse supremo, strategico” quello della produzione, del mercato.
Scrive un
giornalista sul Corriere della Sera “Ai giudici non si chiede di abdicare al
proprio ruolo e di diminuire la propria potestà ma di ampliare la ricognizione
sui mutamenti della struttura economica, sulle discontinuità che la Grande
Crisi ci lascia e quindi di accrescere il grado di consapevolezza degli effetti
di questa o di quella interpretazione della norma”...
Basta,
quindi, con un tratto di penna scrivere nel decreto che, nonostante la
situazione che permane a rischio viene ripristinata la facoltà d'uso dell'Afo2,
o per la Fincantieri di Monfalcone che “i depositi temporanei fatti sulla
banchina di Monfalcone, anziché sulla nave, sono legittimi”, che situazione
da illegittima diventa “legittima” per non intralciare l'interesse del
capitale.
Se non siamo
di fronte ad un “colpo di Stato”, poco ci manca.
Renzi – si
scrive sul CdS – ha “una sorta di irritazione strutturale per quegli eccessi
di intervento di alcuni organi dello Stato, dalle sopraintendenze alla stessa
Magistratura, nell'attività di impresa o in senso lato nel settore economico.
Interventi o lentezze che a suo giudizio hanno più volte contribuito più che a
tutelare interessi pubblici, a danneggiare altri interessi di pari se non
superiore rilievo: il diritto alla libertà di impresa, quello alla continuità
aziendale, (e, en passant...) la tutela dell'occupazione, la salvaguardia di
interessi di sviluppo economico che troppo spesso finiscono per essere
pregiudicati...”!
Quindi, le
stesse leggi di questo Stato, quelle poche che ancora possono risultare
“fastidiose”, devono essere stravolte se fanno da ostacolo alla legge del
capitale. E' evidente, infatti, come il decreto, fatto dopo un gravissimo
infortunio mortale, si fa beffe del TU 81/08 e seguenti sulla sicurezza. Ma con
esso il governo Renzi, dichiarando che le aziende di interesse strategico
nazionale sono terreno in cui legge, divieti, obblighi costituzionali non
devono entrarci, dà di fatto una legittimità ad uccidere. Cercare poi di
attutire l'effetto del decreto, scrivendo che entro 30gg l'Ilva deve presentare
un piano di messa in sicurezza è quasi una provocazione: quantomeno vuol dire
che per 30gg l'AFO2 non è in sicurezza ma comunque gli operai ci possono
lavorare e possono rischiare la vita. Come è sicuramente una provocazione, e
mai come in questo caso vale il detto: 'fare dello spirito ad un funerale',
scrivere nel decreto che “il blocco della produzione vale soltanto quando
c'è un conclamato rischio imminente alla sicurezza e al rischio ambientale”, e
contemporaneamente escludere da questo blocco proprio l'Ilva che è stata ed è
tuttora l'esempio più lampante di questi rischi (nella sua relazione il Gip di
Taranto, Rosati, ha scritto a proposito dell'Afo2: “privo dei più elementari
dispositivi destinati e idonei alla protezione dell'incolumità dei
lavoratori...”).
Ma
chiaramente questo non vale solo per l'Ilva o per Fincantieri, ma per tutte le
fabbriche di rilevanza strategica: “quando scatta una misura di sequestro ad
opera della magistratura, il provvedimento non deve impedire la prosecuzione
dell'attività dell'impresa... purchè l'azienda presenti un piano di messa in
sicurezza” - e già si dice che con questo decreto ci sarebbe “una
moratoria per alcune centinaia di impianti di depurazione privi al momento
dell'Aia”. Dichiarando apertamente che questo Stato mette a rischio decine,
centinaia di persone, lavoratori, cittadini.
Se neanche
le leggi di questo Stato borghese non hanno più senso, allora vuole dire che
siamo di fronte a una “dittatura economica e politica”! In cui è chiaro cosa
questo governo, questo Stato, questo parlamento intende per “rilevanza
strategica”: rilevanza per il profitto della classe padronale, rilevanza per il
posto dell'economia italiana capitalista sul mercato internazionale, rilevanza
per il peso dell'imperialismo italiano...
In questo,
la vita degli operai NON HA RILEVANZA!
Il fatto
semplice che le fabbriche, l'Ilva, vanno avanti con il lavoro degli operai
viene cancellato – e gli operai appaiono nudi e crudi come forza-lavoro
(muscoli, ossa, nervi, mani, testa...) da sfruttare fin quando non si
consumano, o muoiono. Ma l'altra realtà è che con gli 8 decreti per l'Ilva dei
governi, si sta semplicemente prolungando un'agonia della fabbrica, senza
risolvere alcuno dei problemi reali. Parafrasando un film, intitolato “Dead man
walking”, si potrebbe dire per l'Ilva “Dead factory walking”.
Questa morte
la stanno accompagnando i governi della borghesia che prima non hanno imposto
ai Riva i risanamenti, i fondi necessari, e ora col governo Renzi e i suoi
commissari fanno anche di peggio, uniscono interventi dittatoriali a
improvvisazione, sprovvedutezza, irresponsabilità, con cui lasciano andare una
grande fabbrica e 12 mila operai alla deriva, senza procedere ad un effettivo
risanamento (anche i tempi già lunghi dell'AIA non vengono rispettati), senza
una meta, costruendo una situazione in cui pur regalandola, nessun padrone ora
si arrischierebbe a prenderla.
Questa morte
l'hanno prodotta negli anni i sindacati confederali che sapevano e
sottoscrivevano accordi con Riva, e ancor prima con l'Italsider di Stato,
conquistandosi posizioni di forte privilegio, parassitismo (soprattutto con la
fabbrica pubblica); questa morte la stanno accompagnando ora, plaudendo ad ogni
decreto salva Ilva, fino a quest'ultimo.
Bentivogli
della Cisl dichiara: “Il governo ha fatto bene ad intervenire. Stavolta non
ha fatto come in passato, quando annunciava il decreto e poi passavano settiane
prima che vedesse luce...”; Barbagallo della Uil parla di “scelta
apprezzabile”.
Il
segretario della Cgil di Taranto di fronte a un decreto che dà libertà di
uccidere ancora, dichiara: “la nostra priorità è di capire se l'impianto è
in sicurezza (?!)...”. E subito dopo la morte di Alessandro Morricella,
Landini si compiaceva che i suoi delegati Fiom di Taranto avevano fatto un
esposto indicando tutte i problemi di irregolarità dell'Afo2 – senza aggiungere
però che prima che morisse Alessandro l'avrebbero dovuto fare e senza
chiedersi cosa facevano prima i suoi Rsu, Rls!
Per non
parlare di Rappa, segretario della Fiom che, senza rendersi conto del ridicolo,
plaude al cambiamento portato dai commissari del governo, rispetto ai tempi di
Riva, sul problema della sicurezza (!?) (per capirci, nei giorni successivi
l'infortunio mortale vi sono stati altri due gravi incidenti che per miracolo
non hanno portato ad altri operai morti).
Ma questa
“morte della fabbrica”, loro malgrado, la stanno per ora accompagnando nel
silenzio anche gli operai, concedendo troppa tranquillità all'azienda.
Così pensano
di salvaguardare il posto di lavoro, ma si sbagliano! Non c'è nessun altro che
può difendere lavoro e imporre il risanamento degli impianti e le bonifiche
ambientali, se non una lotta dura, prolungata degli operai, che usi tutti i
mezzi della guerra di classe. Se siamo di fronte a una politica da “colpi di
Stato”, che scavalca e straccia leggi, legalità, Costituzione, per far
prevalere esplicitamente, senza mediazioni, l'interesse della classe padronale;
se siamo di fronte al rivendicare esplicitamente l'interesse al solo
sfruttamento di uomini e impianti, allora è l'illegalità che si deve praticare.
Se la loro
legalità è morte, è distruzione anche di una grande fabbrica, allora gli operai
non hanno altra strada che essere “illegali”!
Nessun commento:
Posta un commento