SICUREZZA SUL LAVORO! KNOW YOUR RIGHTS “LETTERE DAL
FRONTE” DEL 27/05/15
Invio a seguire e/o in allegato le “Lettere dal
fronte”, cioè una raccolta di quelle mail che, tra le tante che ricevo, hanno
come tema comune la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei
cittadini e la tutela del diritto e della dignità del lavoro.
Il mio vuole essere un contributo a diffondere
commenti, iniziative, appelli relativamente ai temi del diritto a un lavoro
dignitoso, sicuro e salubre.
Invito tutti i compagni e gli amici della mia mailing
list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul
lavoro
Medicina Democratica
Progetto “Sicurezza sul lavoro! Know Your Rights”
e-mail: sp-mail@libero.it
Web Medicina Democratica: http://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210
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INDICE
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
VIDEO INCHIESTA SULLE COOPERATIVE SOCIALI
Tiziano Cardosi tcardosi@tiscali.it
DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA RINUNCEREBBE AL
PATTEGGIAMENTO
Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA VITTORIA
AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA
A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO ONLUS 5X1000
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MA LA VITA DI CHI LAVORA LA TERRA NON CONTA NIENTE?
Lavoro & Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
IL JOBS ACT DELLA MARCA TREVIGIANA: SI ASSUME SOLO PER
LICENZIARE
Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
A PROPOSITO DELLA LEGGE SUGLI ECOREATI
Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
ETERNIT BIS: LO STATO SI COSTITUISCE PARTE CIVILE
Senzapatria News anarres56@tiscali.it
SE QUESTE SONO COOPERATIVE…
SENTENZA SOLVAY ATTESA AD ALESSANDRIA: C’E’ FIDUCIA
NELLA GIUSTIZIA?
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
INTERVISTA A FULVIO PERINI: “UNA MONTAGNA DI AMIANTO”
Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO OLIVETTI IVREA
Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO ILVA TARANTO
Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
ILVA: I PADRONI CHIEDONO IL CONTO AL GOVERNO
Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO ILVA
Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
ASAPS CONFERMA: PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU TUTTA LA
RETE AUTOSTRADALE
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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Saturday, May 16, 2015 11:39 AM
Subject: VIDEO INCHIESTA SULLE COOPERATIVE SOCIALI
Lunedì 4 maggio si è svolta a Pisa l’iniziativa
“Inchiesta sul lavoro nelle cooperative sociali e non” con la presentazione del
libro di Renato Curcio “La rivolta del riso”.
L’iniziativa è stata organizzata dai Cobas Pisa per
far luce sulle cooperative sociali e non, dove le condizioni retributive sono
ben al di sotto delle soglie di povertà.
Il video dell’iniziativa è al link:
Altri materiali sono disponibili su www.cobaspisa.it
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From: Tiziano Cardosi tcardosi@tiscali.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 7:00 PM
Subject: DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA
RINUNCEREBBE AL PATTEGGIAMENTO
Sul sito di Peacelink http://www.peacelink.it ci sono molti articoli critici
con la nuova legge sui reati ambientali; mi pare rilevante questo esempio di
come i timori espressi da persone come Amendola si stiano concretizzando.
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DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA RINUNCEREBBE AL
PATTEGGIAMENTO
Il Disegno di Legge 1345, che introduce norme per i
delitti contro l’ambiente nel Codice Penale, è diventato legge e già si vedono
i suoi effetti negativi.
Il primo impatto della nuova legge sugli ecoreati sul
procedimento penale per disastro ambientale è già stato evidenziato da alcune
indiscrezioni giornalistiche secondo cui adesso ILVA avrebbe intenzione di
rinunciare al patteggiamento.
ILVA aveva infatti chiesto di patteggiare,
riconoscendo la responsabilità del disastro ambientale. Ora invece sta
prendendo tempo e sta valutando la legge sugli ecoreati. Perché dovrebbe
riconoscere di aver causato un disastro ambientale in cambio di una riduzione
della pena, quando le nuove norme possono offrire l’assoluzione a chi non
inquina “abusivamente”?
ILVA aveva le autorizzazioni in regola, questa è la
linea difensiva. Quindi potrà scegliere la strategia che consiste nel
sostenere: “Abbiamo inquinato non abusivamente”. Il perfetto tempismo di questa
legge, che punisce il disastro ambientale se “cagionato abusivamente”, è
tutt’altro che casuale.
Arriva adesso, alla soglia dei rinvii a giudizio.
Ricordiamo che rischiano il rinvio a giudizio politici eccellenti di SEL e del
PD, ossia di quei partiti che hanno votato entusiasticamente la legge sugli
ecoreati.
Il testo di tale legge nella sua formulazione risulta
talmente ambiguo da rappresentare de facto un condono ai grandi inquinatori
attuali e potenziali.
Esso mette a rischio i processi per disastro
ambientale escludendo la possibilità per la magistratura di avviare nuove
indagini sui delitti ambientali e di rimettere in discussione impianti
inquinanti dotati di autorizzazioni a operare o produrre.
Questo accade attraverso l’inserimento dell’avverbio
“abusivamente”, che, nell’articolo 452, sancisce il principio che un disastro
ambientale è tale solo se “cagionato abusivamente”.
Ovvero l’articolo 452 dice che chiunque “abusivamente
cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici
anni, costituendo disastro ambientale l’alterazione irreversibile
dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente
onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla
pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della
compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone
offese o esposte a pericolo”.
Un reato ambientale, secondo la norma, sarà tale solo
se sarà stato compiuto al di fuori delle norme. Ma nel caso in cui uno
stabilimento industriale, un inceneritore, una discarica o altro soggetto
inquinante fossero provvisti di un’autorizzazione a produrre o a funzionare,
non sarebbero abusivi e non potrebbero essere giudicati per disastro
ambientale.
La nuova legge, infatti, rappresenta uno scudo di
impunità eccezionale in quanto sarà molto difficile immaginare impianti che
funzionino senza una seppur minima autorizzazione amministrativa.
L’ILVA sarà protetta dalla sua autorizzazione AIA,
modificata, allungata a dismisura nei tempi. Un’AIA che è stata ulteriormente
depotenziata dalla nuova legge pro-ILVA del 5 gennaio 2015, ma che sarà molto
efficace nel proteggere lo stabilimento e i quadri dirigenziali, quali che
siano le azioni che verranno compiute a discapito di cittadini, operai e
ambiente.
I partiti che hanno votato tale legge (dal PD, a SEL,
al M5S e al Nuovo Centro Destra) a nostro parere portano la grave responsabilità
di avere di fatto entrare a Taranto un cavallo di Troia, ossia una legge
apparentemente positiva che però nasconde l’Ottava Norma Salva ILVA.
21 maggio 2015
Per PeaceLink
Antonia Battaglia
Alessandro Marescotti
Luciano Manna
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From: Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 6:26 PM
Subject: DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA
VITTORIA AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA
Da Huffington Post
DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA VITTORIA
AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA
Tanto tuonò che piovve. Dopo oltre venti anni di vana
attesa e mesi di traversie parlamentari, la legge parlamentare sugli ecoreati è
stata definitivamente approvata dal Senato. Successivamente alla pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale, il provvedimento entrerà in vigore tra le due settimane
di “vacatio legis” previste per l’iter ordinario.
La totale mancanza nel nostro ordinamento di strumenti
penali per sanzionare le condotte delittuose relative alla contaminazione
ambientale rende, in ogni caso, una novità positiva l’introduzione di reati
ambientali nel codice penale.
Ciononostante restano diversi i punti critici della
normativa, piuttosto ammorbidita (rispetto alle potenzialità che vent’anni di
gestazione potevano e avrebbero dovuto esprimere) dalle pressioni delle lobbies
economiche e dei rispettivi protettorati politici.
L’ITALIA DEL BIOCIDIO E LA MANCANZA DI STRUMENTI
PUNITIVI.
Nel nostro paese la tutela dell’ambiente dal punto di
vista giuridico sconta da sempre la mancanza di adeguate normative punitive in
grado di colpire in modo esemplare le frequenti condotte inquinanti. Eppure non
viviamo in un paese incontaminato, anzi (si visiti a tal proposito e a titolo
esemplificativo la piattaforma web di mappatura partecipata Atlante Italiano
dei Conflitti Ambientali).
Calcolando soltanto i 57 SIN (Siti di Interesse
Nazionale) censiti dal Ministero dell’Ambiente, di cui 18 declassati a SIR
(Siti di interesse Regionale), la porzione di territorio nazionale gravemente
inquinato per cui occorre predisporre urgenti operazioni di bonifica è pari a
155.000 ettari in terra ferma e 180.000 ettari di aree marine. Un’area che
corrisponde al 3% del territorio nazionale, entro cui vivono, secondo i dati
dello stesso Ministero, oltre 5 milioni e mezzo di persone, un cittadino su
dieci. Ai SIN si aggiungono poi gli oltre 25.000 SIR censiti dal Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, solo 3.011 dei quali bonificati
(Fonte: Ministero dell’Ambiente: Siti di interesse nazionale, Stato delle
procedure di bonifica al 31 dicembre 2013).
Per capire quali siano le conseguenze in termini
sociali e sanitari di tale condizione di grave contaminazione, basta scorrere
le risultanze dello Studio Epidemiologico Sentieri, realizzato dall’Istituto
Superiore di Sanità. Nei tre rapporti diffusi tra il 2010 e il 2014 si
registrano, nelle zone sottoposte a studio, tassi di sovra mortalità e di
incidenza di patologie tumorali e di altre malattie legate all’inquinamento ben
più alto delle medie regionali di riferimento. Di fronte a tali e conclamate
emergenze, causate ciascuna non da un caso fortuito, ma da condotte spesso
deliberate, la sostanziale inazione dei governi che si sono succeduti negli
ultimi decenni assume contorni di colpevolezza complice.
L’INSOSTENIBILE LIMITATEZZA DELLA NORMATIVA
PRECEDENTE.
Fino a questo provvedimento, in mancanza di strumenti
normativi adeguati, per punire le condotte dannose in campo ambientale, i
magistrati potevano appellarsi soltanto all’abusata fattispecie del “Getto
pericoloso di cose”, contravvenzione prevista dall’articolo 674 del Codice
Penale (codice Rocco del 1930), secondo cui : “chiunque getta o versa, in un
luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso,
cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non
consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a
cagionare tali effetti”. Fattispecie debole con ancor più debole sanzione:
arresto fino a un mese o ammenda fino a 206 euro.
E’ il caso, tra gli altri, della famosa causa
intentata contro la contaminazione elettromagnetica di Radio Vaticana alla base
dell’elevatissima incidenza di tumori infantili a Cesano, alle porte di Roma, e
finita in prescrizione come molte altre cause intentate in questi anni per
riconoscere e sanzionare le responsabilità di chi, spesso per decenni, ha
inquinato indisturbato vaste aree del territorio nazionale.
IL CONTENUTO DELLA NUOVA NORMATIVA: UNA VITTORIA
ALL’ITALIANA, OVVERO AL RIBASSO
La nuova legge raddoppia gli attuali termini di
prescrizione per i crimini ambientali e introduce cinque nuove fattispecie di
reato, che in caso di condanna o patteggiamento per il reato, prevedono la
confisca dei beni e il ripristino dello stato dei luoghi:
-
inquinamento ambientale (pene detentive da 2 a 6 anni,
multa da 10 a 100mila euro): la fattispecie prevede che sia punibile chi
“abusivamente compromette e deteriora in modo significativo o misurabile la
biodiversità o un ecosistema o la qualità del suolo, delle acque o dell’aria”;
tra le aggravanti sono previste: lesioni personali, gravi e gravissime e morte
della persona; in questo ultimo caso la pena può arrivare fino a un massimo di
12 anni; se la condotta criminosa è causa di lesioni plurime a danno di più
persone si applica la pena più grave aumentata fino al triplo, entro il limite
massimo dei 20 anni di reclusione;
-
disastro ambientale (pene detentive da 5 a 15 anni):
la fattispecie punisce “chi abusivamente altera gravemente o irreversibilmente
un ecosistema o compromette la pubblica incolumità”; è prevista specifica
aggravante per disastro ambientale in aree protette; sia inquinamento che
disastro ambientale vedono, pur in presenza di aggravanti, le pene ridotte fino
a un massimo di due terzi in assenza di dolo;
-
traffico e abbandono di materiale ad alta
radioattività (pene detentive da 2 a 6 anni, multa fino a 50mila euro): punisce
chi “abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura
ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività”.
-
impedimento del controllo (pene detentive da 6 mesi a
3 anni), punisce “chi nega o ostacola l’accesso o intralcia i controlli
ambientali”;
-
omessa bonifica (pene detentive da 1 a 4 anni, multa
fino a 80mila euro): punisce “chiunque avendone l’obbligo non provvede alla
bonifica e al ripristino”.
Alcune di queste prescrizioni presentano evidenti
punti di criticità.
Anzitutto il ricorrente utilizzo dell’avverbio
“abusivamente” nelle fattispecie di inquinamento e disastro ambientale e di
traffico di materiale radioattivo. L’utilizzo di tale ulteriore elemento
qualificante della condotta comporterà con ogni probabilità diverse difficoltà
circa la punibilità di alcuni reati. Tale specifica non appartiene, del resto,
ad altre condotte criminose, che, com’è noto, sono punibili in caso di
sussistenza di dolo o colpa.
In secondo luogo, nella fattispecie di omessa bonifica
lascia non poche riserve la previsione del cosiddetto “ravvedimento operoso”:
la pena è diminuita dalla metà ai due terzi per chi si impegni a evitare che la
condotta illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in
sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi,
“prima che sia dichiarata l’apertura del dibattimento di primo grado”.
Ulteriore rilievo riguarda l’indeterminatezza di
termini come “deterioramento significativo o misurabile”, “grave alterazione”
che potrebbero rendere eccessivamente discrezionale la valutazione delle
condotte.
Per quanto riguarda le pene, la riduzione fino a due terzi
in assenza di dolo delle pene, porterebbe ad esempio, nel caso di disastro
ambientale, a una pena detentiva massima di 5 anni, molto meno di quanto
previsto per reati le cui conseguenze sociali e sanitarie sono ben inferiori
rispetto alle fattispecie in esame.
Infine, nell’ultimo passaggio alla Camera è stato
soppresso il divieto di utilizzo della tecnica dell’Air Gun ovvero le
perforazioni esplosive per lo sfruttamento di idrocarburi (per cui si prevedeva
la pena della reclusione da 1 a 3 anni).
Resta chiaro, che, come ogni norma penale, la legge
non ha effetto retroattivo. Rimangono quindi fuori dall’applicazione della
legge le condotte criminose risalenti a prima dell’entrata in vigore della
legge. Come resta da definire un importantissimo punto: la bonifica dei
territori contaminati.
In definitiva, dopo quattro passaggi parlamentari e
vent’anni di attesa, di fronte all’entità e alla gravità dell’emergenza
ambientale nazionale, era lecito aspettarsi un provvedimento più contundente,
che potesse concretizzarsi in una tutela integrale per l’ambiente e le comunità
umane esposte a fattori di rischio ambientale.
Anche questa volta, tuttavia, la logica del
compromesso e l’effetto delle pressioni esercitate dalle lobbies, in primo
luogo Confindustria e mayor dell’industria petrolifera hanno portato al
raggiungimento di un risultato parziale, che speriamo possa essere
sostanzialmente migliorato quando la politica, dismessa la sua veste di
protezione di interessi di parte, rivestirà quelli, ormai impolverati, del
difensore di interessi diffusi e generali.
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From: A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 9:37 PM
Subject: ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO ONLUS 5X1000
Buonasera,
la nostra Associazione svolge attività di sostegno per
le vittime e gli esposti all’amianto, fa informazione e attività legali:
sostenendola aiuti la lotta contro l’amianto.
Un aiuto concreto è devolvere il 5x1000 nella vostra
dichiarazione dei redditi.
Potete trovare varie informazioni e i modelli della
dichiarazione dei redditi ai link qui sotto:
Grazie e SOSTENETECI!
Lorena Tacco
A.I.E.A. Paderno Dugnano
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Friday, May 22, 2015 9:19 AM
Subject: MA LA VITA DI CHI LAVORA LA TERRA NON CONTA
NIENTE?
Al Ministero delle Politiche Agricole (ministro@pec.politicheagricole.gov.it).
Ministro Martina dica qualcosa su questa carneficina.
Continua inarrestabile la strage di agricoltori
schiacciati dal trattore. Sono già 21 dal 1° maggio Festa dei Lavoratori e
inaugurazione dell’EXPO che “nutre il pianeta”. Sono 51 dall’inizio dell’anno.
Nel 2014 sono stati schiacciati dal trattore 152 lavoratori e 142 da quando
l’Osservatorio che dirigo le ha mandato una mail il 28 febbraio 2014 per
avvertirla, come del resto ho fatto con Renzi e Poletti dell’imminente strage
che puntualmente si è verificata. Lo stesso è stato fatto nel febbraio 2015.
Il risultato è lo stesso: la Sua indifferenza e quella
di Renzi e Poletti. La vita di questi lavoratori non vale neppure un twitter?
Eppure la vediamo tutti i giorni in televisione.
Se ne occupi finalmente! Lei è il Ministro delle
Politiche Agricole. Questo post sarà continuamente aggiornato fino a quando non
la vedremo spendere una parola su queste vittime che si potrebbero dimezzare se
solo ci fosse un’informazione corretta e attenta, oltre ovviamente a interventi
mirati per mettere in sicurezza i vecchi trattori con interventi sulle cabine.
Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna
morti sul lavoro
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From: Lavoro & Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
To:
Sent: Friday, May 22, 2015 9:28 AM
Subject: IL JOBS ACT DELLA MARCA TREVIGIANA: SI ASSUME SOLO PER LICENZIARE
L’IMPRENDITORE BERDINI VUOLE DISFARSI DI TRE OPERAI
MENTRE NE CERCA ALTRETTANTI: ECCO GLI EFFETTI PERVERSI DELLA LEGGE
SIGNIFICATIVO L’ASSORDANTE SILENZIO DI TUTTA LA
POLITICA E DELLE ASSOCIAZIONI D’IMPRESA, BENCHE’ IL FATTO SIA ASSURTO
ALL’ATTENZIONE DELLA CRONACA LOCALE E NAZIONALE
di Augustin Breda
La ditta Bardini srl di Nervesa della Battaglia (TV),
poco meno di cinquantina dipendenti, potrebbe essere la prima azienda
industriale della Marca che, in sede di Direzione Territoriale del Lavoro e in
assenza di una conciliazione, intimerà il licenziamento di tre operai per
ragioni economiche e organizzative mentre al contempo ha assunto altrettanti
lavoratori in loro sostituzioni. E’ evidente che i tre lavoratori neo assunti,
ora precari con contratti a termine, potrebbero essere stabilizzati con tutti i
vantaggi economici del Jobs Act. Un altro dei fenomeni da iscrivere al clima
della riforma del lavoro di Renzi/Poletti.
I tre lavoratori sospesi hanno tra i 35 e i 50 anni,
con un’anzianità aziendale ultra decennale.
Sono operai specializzati, oltre il livello
riconosciuto, e due hanno diploma di studi tecnici superiori. Due sono iscritti
alla FIOM e Giuseppe Ingallo era l’unico RSU (Rappresentante dei lavoratori) in
azienda. Uno dei tre operai è un migrante con permesso di soggiorno per lavoro.
I tre lavoratori sono stati esonerati dalla
prestazione lavorativa il 23 aprile, in attesa dell’esito della conciliazione
prevista dalle nuove disposizioni normative. La volontà esplicitata, nero su
bianco, dalla società è risolvere il rapporto di lavoro come comunicato
dall’imprenditore Ivan Bardini.
L’auspicio è che l’azienda torni sui suoi passi, come
hanno rivendicato con forza la FIOM e i colleghi di lavoro, che hanno
scioperato per chiedere di non procedere con i licenziamenti (mentre scriviamo
la Direzione Territoriale del Lavoro ha fatto sapere che si occuperà del caso
il giorno 3 giugno). In caso contrario potremmo essere di fronte ad una causa
pilota, che farà giurisprudenza.
Con l’attuale formulazione dell’articolo 18 dello
Statuto dei Lavoratori, modificato nel 2012 con la riforma Fornero, il Giudice
dovrà definire prima di tutto se le motivazioni dei licenziamenti sono o no di
“manifesta insussistenza” e nel caso siano di “manifesta insistenza” potrà
esservi la reintegra sul posto di lavoro. In caso contrario, il giudicante
potrà anche stabilire che c’è l’illegittimità del licenziamento per
insussistenza di giusta causa, ma il giudice potrà condannare il datore al
pagamento di un indennità, anche forte, senza che si configuri il diritto al
reintegro sul posto di lavoro.
Dunque la linea di demarcazione tra la reintegra e la
sola tutela indennitaria è rappresentata, rispettivamente, dall’insussistenza o
meno del fatto dichiarato dall’azienda. Il problema di notevole rilevanza, per
il giudice che è chiamato a dirimere, consiste nell’individuare il concetto di
sussistenza del fatto. Il Legislatore non definisce con tassatività e tipicità
tale nozione di insussistenza del fatto, lasciando alla giurisprudenza e a
coloro che sono tenuti ad applicare il diritto l’arduo compito di interpretare
la norma. Anche se pare evidente ai lavoratori che a fronte di 3 licenziamenti
e 3 assunzioni, si configuri la “manifesta insussistenza” della motivazione
“economica e organizzativa” comunicata dall’azienda ai tre operai e alla
Direzione territoriale del Lavoro.
La causa è certamente complessa, anche per l’indubbia
ragione economica collegata al minor costo dei lavoratori dei neo assunti. Per
il delegato RSU della FIOM si aggiunge l’eventuale valutazione della
discriminazione, anch’essa apparentemente palese, oltre alla possibile azione
per attività antisindacale contro l’imprenditore, che riferisce ad un profilo
penale.
Quest’ultima azione non spetta al lavoratore, ma è
nelle facoltà della FIOM di Treviso e del suo Segretario Generale.
Meglio farebbe l’impresa a evitare uno scontro tanto
aspro e soprattutto drammatico per chi rischia il lavoro e relativo reddito.
Significativo anche l’assordante silenzio, su questo emblematico evento, di
tutta la politica e delle Associazioni d’impresa, benché il fatto sia assurto
all’attenzione della cronaca locale e nazionale. E’ chiara la portata nelle sue
possibili ripercussioni nei rapporti di lavoro e sociali. Evidentemente
vorrebbero che gli operai accettassero d’essere agnelli sacrificali del nostro
tempo.
Scordatevelo.
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From: Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
To:
Sent: Saturday, May 23, 2015 6:39 PM
Subject: A PROPOSITO DELLA LEGGE SUGLI ECOREATI
La norma in questione ha luci e ombre.
Si tenga presente che l’alternativa era rimanere con
reati contravvenzionali, con il “getto pericoloso di cose” e il “disastro”
generale oppure, (versione iniziale del testo) con “in violazione di
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste
a tutela dell’ambiente”.
Uno dei punti maggiormente critici della legge è
l’aggiunta dell’avverbio “abusivamente” alla definizione del reato, lasciando
intendere che chi inquina in presenza di autorizzazione ambientale (e quindi
non “abusivamente”) non verrà toccato dall’apparato sanzionatorio.
Come sapete Medicina Democratica non voleva
quell’avverbio ma ha comunque sostenuto il proseguo della legge contestualmente
proponendo emendamenti (non accolti per lo più).
Non ricordo che gli attuali detrattori abbiano fatto
tale sforzo o ritenevano la partita perduta in partenza?
Non sono convinto comunque che la presenza
dell’avverbio in questione sia così catastrofica mentre ci sono altri aspetti
su cui non sono affatto d’accordo, come quello del sistema (parte sesta bis) da
nessuno denunciato, della prescrizione tramite la Polizia Giudiziaria con
uscita dal procedimento giudiziario con un adempimento e il pagamento di una
sanzione amministrativa che è molto più negativo del criticato “ravvedimento
operoso”.
Nessuno che denuncia questo aspetto! Un grave fatto di
inquinamento può venire “chiuso” senza neppure che si apre pienamente un
procedimento...
Tornando all’avverbio “abusivamente”, pur non essendo
un esperto di diritto, la lingua italiana attribuisce al termine di abusivo il
significato di “illecito”. E’ quindi pacifico che non rispettare una
prescrizione autorizzativa è un illecito (un abuso) che oggi ha una sua
(moderata) fattispecie già punita (formalmente anche con la sospensione o il
ritiro della autorizzazione).
Questa fattispecie rimane ma se dal fatto vi è un
“disastro” o un “inquinamento” si può aggiungere una specifica ipotesi di
reato.
Io ero (e sono) uno di quelli che criticava il reato
di danno ambientale (guarda caso MAI utilizzato in vicende come quelle di ILVA)
in quanto lo stesso è legato alla contestuale violazione di una norma
ambientale (quindi anche una prescrizione autorizzativa).
Non si poteva pretendere il ripristino/indennizzo per
un danno ambientale se non vi era contestualmente una specifica violazione a
una altra norma ambientale.
A mio avviso l’avverbio non salva (non deve salvare)
chi ha una autorizzazione, è un limite ma è analogo (a mio avviso in misura
meno vincolante) rispetto a quello esistente per il danno ambientale.
Va ricordato un aspetto. Come ambientalisti siamo
certamente contro quando viene permesso a un’azienda di emettere sostanze
pericolose in quanto lo consideriamo un rischio e l’obiettivo è quello di
produzioni senza rischio, potremmo dire che per noi ogni emissione è un
inquinamento ma così non è per la normativa.
Fissare un limite a una emissione non significa
emettere una licenza (un “diritto”) di inquinamento a un’azienda, almeno con
l’introduzione della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrata
dell’inquinamento è così, non esiste una soglia permessa quale diritto eterno,
il contrario quella soglia può essere messa in discussione e rivista al ribasso
in ogni momento.
Da parte delle aziende ovviamente questo viene vissuto
al contrario come una diritto a inquinare.
Ma la definizione di inquinamento non è legata al
rispetto o meno di una soglia permessa ma significa esclusivamente un evento di
deterioramento ambientale, per l’esattezza l’inquinamento è “l’introduzione
diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni,
calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria,
nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità
dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o
perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi”.
Qui non si parla di “abusivo” o no. Quindi
“inquinamento” ha una accezione estesa e determina degli obblighi generali per
le imprese, al di là dei dettagli delle autorizzazioni. Per inciso tale
accezione ampia viene prese da alcuni (per esempio Amici della Terra italiani)
per dire che non esistono “vittime dell’inquinamento” perchè ognuno di noi
inquina consumando e su tale base approva l’incenerimento e quant’altro.
Sul fatto che ILVA rinunci al patteggiamento
(probabilmente in prospettiva di una applicazione della norma considerata di
“favor rei”, ma non so quanto possono ovvero se e quanto la nuova norma possa
essere retroattiva) non credo sia un grande notizia, per inciso non mi risulta
che il patteggiamento sia deciso dall’imputato, lo può chiedere, ma il Pubblico
Ministero e il giudice devono decidere se concederlo. In reati gravi come
quelli di ILVA che l’imputato cerchi di svignarsela con il patteggiamento non
mi sembra una grande risultato per le vittime!
Su ILVA pesano principalmente le leggi ad hoc fatte
per salvaguardarla e non questa norma.
Per quanto concerne gli omicidi dei lavoratori non
vedo cosa c’entra la norma in questione, gli infortuni e malattie professionali
sono soggette ad altra, precedente e immutata normativa.
Vediamo di ragionare a mente fredda su questa norma e
cercare di far emergere i lati positivi che ci sono.
Saluti
Marco Caldiroli
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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 6:08 AM
Subject: ETERNIT BIS: LO STATO SI COSTITUISCE PARTE CIVILE
La Repubblica Piemonte Torino
ETERNIT BIS, RENZI MANTIENE LA PROMESSA: LO STATO SI
COSTITUISCE PARTE CIVILE
La presidenza del Consiglio, assieme alla Regione
Piemonte e alla Provincia di Alessandria, sarà tra i soggetti danneggiati nel
processo per omicidio sui morti da amianto a Casale Monferrato. Respinta
l’istanza della difesa del magnate svizzero Schmidheiny che chiedeva lo
spostamento a Ivrea. Il sindaco di Casale, Palazzetti: “Istituzioni finalmente
unite”
La presidenza del Consiglio dei ministri si è
costituita parte civile al processo Eternit bis, di cui oggi a Torino è ripresa
l’udienza preliminare. Era stato il premier Matteo Renzi, all’indomani della
discussa sentenza di Cassazione che aveva dichiarato prescritto il reato di
disastro, ad annunciare che si sarebbe impegnato, anche in tema di
prescrizione, per evitare in futuro casi simili. Era stata dunque grande la
delusione dei parenti delle vittime quando, all’avvio del processo bis per
omicidio, né lo Stato né gran parte degli enti locali si erano fatti vedere.
Mancanza colmata ora: si sono costituite anche la
Regione Piemonte e l’ente della Provincia di Alessandria, che vanno ad
aggiungersi alla quarantina di soggetti pubblici e privati che avevano
presentato la domanda nelle scorse udienze. Resta intanto a Torino il processo:
il giudice Federica Bompieri ha letto in aula, alla riapertura dell’udienza
preliminare per omicidio volontario, l’ordinanza con cui ha stabilito che il
magnate svizzero Stephan Schmidheiny deve essere giudicato nel capoluogo
piemontese, e non a Ivrea come chiedevano le difese.
Il processo contro il colosso dell’amianto conta 258
decessi tra residenti ed ex operai degli stabilimenti italiani della
multinazionale Eternit. Proprio per il fatto che la prima vittima in ordine
cronologico a essere entrata nel fascicolo aperto dal Pubblico Ministero
Raffaele Guariniello era di Cavagnolo, la difesa dell’imputato aveva chiesto il
trasferimento del procedimento al tribunale di Ivrea. Dopo la riorganizzazione
degli uffici giudiziari, infatti, il comune di Cavagnolo è passato dalla
competenza di Torino a quella del tribunale eporediese. Ma secondo il giudice
quel primo decesso era già stato inserito nel procedimento prima della riforma
degli uffici giudiziari, quando il paesino era sotto la giurisdizione di
Torino.
“Le istituzioni sono finalmente unite, a tutti i
livelli, nel perseguire i responsabili del caso Eternit” - è quanto afferma il
sindaco di Casale Monferrato (Alessandria), Titti Palazzetti, commentando la
costituzione di parte civile dello Stato, della Regione Piemonte e della
Provincia nel processo Eternit bis.
“È giusto inoltre ricordare” - aggiunge – “come il
governo abbia mantenuto le promesse fatte alla città dopo la sentenza della
Cassazione dello scorso novembre: sono stati stanziati i fondi per le
bonifiche, è ripreso l’iter per adeguare ai tempi la legge sui reati ambientali
e ora la decisione di costituirsi parte civile così come promesso alla signora
Romana Blasotti in occasione dell’incontro a Roma. Tutti insieme” - conclude il
sindaco – “proseguiamo con fermezza nella richiesta di giustizia, anche per
tutte le persone che nel resto d’Italia e nel mondo stanno subendo i danni
dell’amianto”.
La Stampa Alessandria
ETERNIT, ANCHE RENZI PARTE CIVILE CONTRO LO SVIZZERO
SCHMIDHEINY
IL PROCESSO BIS RESTA A TORINO
Nel procedimento Eternit Bis, di cui si sta celebrando
l’udienza preliminare, l’Avvocatura dello Stato ha presentato istanza di parte
civile per la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Anche Renzi ha chiesto (e ottenuto) di costituirsi
parte civile contro lo svizzero Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio
volontario di 258 persone uccise dal mal d’amianto. Nel procedimento Eternit
Bis, di cui si sta celebrando a Torino l’udienza preliminare, stamane
l’Avvocatura dello Stato ha presentato istanza di costituzione di parte civile
per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri. E così hanno fatto la
Regione e la Provincia, entrambe accolte. La procura ha accolto favorevolmente
le istanze dei tre enti, “anzi ci eravamo stupiti non l’avessero già fatto” ha
commentato il Pubblico Ministero Raffaele Guariniello.
Ovviamente, invece, la difesa si è opposta osservando
che, sulla base del principio di rilevante gravità dei fatti contestati, che
sta alla base della richiesta di ammissione avanzata in particolare della
presidenza del Consiglio, “lo Stato” - ha rilevato l’avvocato Astolfo Di Amato
– “avrebbe titolo di costituirsi in qualsiasi processo indipendentemente dal
reato. Così salta qualsiasi selezione”.
Eh no, ha replicato il legale inviato da Renzi: “Il
criterio di gravità va correlato al contesto in cui è avvenuto il reato” e ha
richiamato il caso della strage in piazza della Loggia a Brescia.
L’avvocato Mattioda ha, invece, sottolineato che la
Regione ha ben titolo di costituirsi, perché per le vittime d’amianto ha dovuto
sostenere notevoli spese sanitarie.
Alla Provincia di Alessandria è stato contestato che,
dopo la legge che ha “abolito” questi enti, o meglio ne ha ridotto
drasticamente i compiti, è venuto meno il suo ruolo “esponenziale” della collettività.
“Non è così” - ha replicato l’avvocato Alberto Vella – “vero che la cosiddetta
legge Delrio ha modificato il ruolo della Provincia inserendolo, però, in una
revisione della Costituzione che, comunque, non è ancora avvenuta. Quindi il
ruolo esponenziale, cioè rappresentativo della collettività, che è indicato
nella Costituzione, non è ancora venuto meno”.
Il processo Eternit bis resterà a Torino.
La difesa aveva avanzato al giudice Federica Bompieri
la richiesta di spostare il processo a Ivrea, sollevando l’eccezione della
competenza territoriale, essendo la prima vittima di Cavagnolo, un comune che
oggi rientra nella giurisdizione del tribunale di Ivrea. Secondo il giudice,
però, il fascicolo con il nome della persona deceduta è stata aperto prima del
riassetto territoriale, ovvero quando il Comune di Cavagnolo era sotto la
giurisdizione del tribunale di Torino, dove quindi continuerà a svolgersi il
processo.
21/05/15
Silvana Mossano
Alessandria News
ANCHE LO STATO PARTE CIVILE AL PROCESSO ETERNIT BIS
Si è aperta questa mattina, giovedì, la terza udienza
davanti al giudice per le indagini preliminari al processo Eternit Bis: anche
lo Stato italiano, insieme e Regione Piemonte e Provincia di Alessandria si
sono costituiti parte civile
Terza udienza, questa mattina, giovedì, davanti al
giudice per le indagini preliminari di Torino per il processo Eternit Bis
promosso dal Pubblico Ministero Raffaele Guariniello contro Stephan
Schmidheiny, accusato di omicidio volontario.
Da Torino, Bruno Pesce, coordinatore AFEVA,
Associazione Famigliari Vittime dell’Amianto, ha fatto sapere che anche lo
Stato Italiano si è costituito parte civile, insieme alla Provincia di
Alessandria e alla Regione Piemonte. Una notizia attesa fin dalle prime battute
del processo, quella della costituzione dello Stato come parte danneggiata che
rafforza, almeno dal punto di vista simbolico, la battaglia dei casalesi per
avere giustizia delle morti causate dalle lavorazioni dell’amianto.
La difesa del magnate svizzero tenterà davanti al
giudice di affermare il principio del “Ne bis in idem” che ossia al fatto che
nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto.
21/05/15
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From: Senzapatria News anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 8:58 AM
Subject: SE QUESTE SONO COOPERATIVE...
23 maggio 2015
QUANDO L’ETICHETTA NON E’ IL CONTENUTO
Dinamica Centro Servizi Società Cooperativa Foligno
(capitale sociale 383.336,18 €).2013, valore della produzione 7.391.654 €,
utile/perdita 1.160 €, ricavi 7.387.061 € (2013).
E’ la “cooperativa” che non ha assunto 2 lavoratori
cimiteriali, tra l’altro svantaggiati, (vedi http://www.usi-ait.org/index.php/notizie/915-senigallia-aggiornamento) protetti da clausola sociale nell’appalto dei servizi cimiteriali di
Senigallia dopo aver vinto, seconda classificata, una gara giocata al casinò
del massimo ribasso e li ha sostituiti con due interinali flessibili a chiamata
all’altrettanto massimo ribasso con la connivenza della amministrazione
comunale.
Cooperativa questa? Che si sottrae agli obblighi di
legge ed umani? Cooperativa? Che esclude proprio un lavoratore che ha sempre
lottato per la sicurezza chiedendo solo l’applicazione delle leggi dello stato?
Cooperativa? Che lascia nella miseria più nera un onesto lavoratore, unico
reddito di una famiglia di quattro persone? Cooperativa?
No questa roba non è una cooperativa, lo sappiamo bene
noi dell’USI: le cooperative nascono per l’auto aiuto, senza fondi dello stato,
in un momento di crisi nera (vera) alla fine dell’800, per salvare dalla fame
il popolo espulso dalla sopravvivenza della cosiddetta in(ri)voluzione
industriale che portò alla rovina numerosi artigiani e costrinse a lavori
sempre più massacranti. I lavoratori infatti vennero sottoposti a condizioni di
sfruttamento disumane.
Fu allora che si realizzarono associazioni volontarie
e i lavoratori coraggiosi costituirono società operaie o società di mutuo
soccorso, che prevedevano il versamento settimanale di un contributo da cui poi
gli associati avevano diritto ad un’assistenza reciproca, mutua, in caso di
malattia, infortuni o morte. Da queste esperienze derivarono le prime forme di
cooperazione, come ad esempio le cooperative di consumo, per procurarsi gli
alimenti essenziali di qualità e a prezzi contenuti, quelle di acquisto di beni
e servizi, nonché quelle di lavoro e di produttori.
Nella prima metà del XIX secolo dunque nasce l’idea di
un’economia cooperativa, mirante a rendere accessibile anche ai lavoratori
l’acquisizione dei mezzi di produzione.
No, non può essere una cooperativa solo perché si
appiccica un’etichetta di comodo che non ha più valori (ereditata solo perché
era nata tale) e non è neppure una brutta copia: 437 dipendenti, il numero di
soci non è dato sapere se non quello delle tre Società partecipate proprietarie
(“socie” di altro tipo però): Co.S.I.F. Consorzio servizi integrati Foligno
(dal 2005) Capitale sociale 38.940,00 €, SEICER srl (dal 2003) Capitale sociale
700.000 €, Angel Service Società consortile a R.L. (dal 2012) Capitale sociale
500.000,00 €.
No, un etichetta non è il vero contenuto se assomiglia
di più ad una società di capitali.
E’ un incongruenza che non si può sentire. O sono
cooperative o sono società per azioni: ambedue le cose contemporaneamente
appaiono paradossali allo stesso modo di quando i ministri (del PD) sfilavano
in corteo contro se stessi. Una condizione inaccettabile che deriva da premesse
apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente
accettabile e che quindi inganna tutti.
Nelle società di capitali infatti vi è una tendenziale
irrilevanza della persona del socio che deriva dalla mancanza di una sua
responsabilità per le obbligazioni sociali e si riflette sulla mancanza di
poteri gestori al socio in quanto tale. Mentre invece le cooperative sono
imprese che dovrebbero mettere al primo posto le persone rispetto al denaro, il
lavoro rispetto al capitale e i soci avrebbero diritto a partecipare alle
assemblee decisionali secondo il metodo “di una testa e un voto”.
Invece ci sono solo Consigli di Amministrazione che
redigono e decidono.
No. Queste non sono Cooperative, se non hanno
conservato quella dimensione umana e solidale e assembleare con la quale e per
la quale erano nate.
Mariella Caressa
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From: MD Alessandria movimentodilottaperlasalute@medicinademocraticaalessandria.it
To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 10:44 PM
Subject: SENTENZA SOLVAY ATTESA AD ALESSANDRIA: C’E’
FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA?
I potenti resteranno impuniti?
Il ruolo dei Giudici popolari.
A Bussi si sospettano minacciose pressioni sulla
Giuria: gli imputati (tra cui quelli di Spinetta) prosciolti per prescrizione.
Udienza del 25 maggio 2015
Con le arringhe finali dei difensori Ausimont
(Montedison) e Solvay si è prossimi alla sentenza in Corte di Assise ad
Alessandria per il disastro ecologico di Spinetta Marengo.
Quale sentenza è attesa? Se ascolti gli addetti ai
lavori, gli avvocati, la disputa sembra se il dolo dell’articolo 439 riguarda
solo i terroristi che versano cianuro nei tubi dell’acquedotto o anche i
dirigenti d’azienda che consapevolmente versano cancerogeni nelle falde
acquifere.
Se invece interroghi la gente, ti rendi conto che non
c’è molta fiducia nella giustizia. Difficilmente la pronunciano con la
maiuscola. E non per le motivazioni che le attribuisce Berlusconi. Bensì
proprio per il contrario. Sono infatti convinti che i potenti resteranno
impuniti, in virtù del fatto che sono potenti, ricchi. I magistrati, dicono,
hanno sempre fatto parte di quella casta.
La Giuria popolare? Sì, ma conta davvero? Le notizie
che giungono dall’Abruzzo non hanno fatto altro che intorbidire le aspettative.
La sentenza della Corte d’Assise di Chieti, che mandò in parte assolti (per
avvelenamento delle acque) e in parte prescritti (per disastro ambientale) 19
dirigenti e tecnici della Montedison, imputati per il mortifero inquinamento
causato dalle discariche di Bussi sul Tirino (Pescara), è infatti altamente
sospetta di pressioni indebite del Presidente della Corte su alcuni membri
della Giuria.
Alcune giurate hanno infatti affermato di essersi
sentite dire dal Presidente che “se avessero condannato per dolo, e se poi gli
imputati si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto
citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere
tutto quello che abbiamo, negozio e casa compresi”. Affermazione in sé falsa
perché la legge prevede la responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo
oppure di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”.
Fatti e prove ben documentati dai Pubblici Ministeri, dall’Istituto superiore
della sanità, dall’Avvocatura dello Stato.
Però quella minacciosa prospettazione della loro
rovina economica era volta a derubricare il disastro da reato doloso a colposo,
punito con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già
scattata.
No dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto
fra un’udienza e l’altra ai sei giudici popolari. Così fu la genesi della
sentenza.
Ora, sulla correttezza della condotta dei due giudici
togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio superiore della Magistratura,
anche annullando il verdetto.
Cose del genere sono impensabili per la Corte di
Assise di Alessandria. Ma questa provincia ha già assistito sgomenta alla vergognosa
prescrizione dell’Eternit e tutti, a cominciare dalle vittime e dai familiari
dei morti, hanno chiaro che una sentenza Solvay per colpa, invece che per
inquinamento doloso delle acque e dolosa omessa bonifica, equivarrebbe a una
prossima prescrizione.
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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Monday, May 25, 2015 6:43 PM
Subject: INTERVISTA A FULVIO PERINI: “UNA MONTAGNA DI
AMIANTO”
Diffondo il link sull’intervista di Fulvio Perini sul
rischio amianto nella perforazione del tunnel della linea AV in Val di Susa.
Alessandra Cecchi
Pubblicato il 24 mag 2015
Nell’ambito di una produzione Speciale in
collaborazione tra Zeroincondotta (http://www.zic.it), SmkVideofactory e Radioalsuolo in occasione di “Una montagna di libri
contro il TAV”, a VAG61 (Bologna), intervistiamo Fulvio Perini, intervenuto nel
corso della giornata di dibattiti sull’inquinamento da amianto causato dai
lavori TAV.
“Tutte le montagne della Valle di Susa contengono
nelle loro rocce delle quantità di amianto”.
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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:01 AM
Subject: PROCESSO OLIVETTI IVREA
Da La Repubblica
AMIANTO ALL’OLIVETTI, I SINDACATI AMMESSI PARTE CIVILE
AL PROCESSO
Udienza preliminare per l’inchiesta su 14 ex
dipendenti morti dopo aver lavorato a lungo a contatto con le fibre tossiche.
Gli indagati sono 28, la seduta è stata aggiornata a settembre.
Si è conclusa con l’ammissione delle parti civili
l’udienza preliminare, a Ivrea, per le morti da amianto alla Olivetti.
Il Giudice della Udienza Preliminare Cecilia Marino ha
accolto le richieste, tra le altre, della FIOM-CGIL e di alcuni comuni, tra cui
Scarmagno.
L’udienza, nella quale verrà discusso l’eventuale
rinvio a giudizio dei 28 imputati, è stata poi aggiornata al 23 settembre.
Nel corso dell’udienza di oggi, inoltre, le parti
civili hanno presentato l’istanza (annunciata nei giorni scorsi) di citazione
per responsabilità civile di Telecom, che nel 2003 prese il controllo della
storica società dopo una complessa operazione di fusione per incorporazione.
“L’ammissione della FIOM come parte civile” - commenta
Federico Bellono, segretario provinciale della FIOM-CGIL – “è coerente con
quanto già avvenuto in analoghi processi e rappresenta un riconoscimento del
ruolo che abbiamo sempre esercitato sui temi della salute dei lavoratori.
Altrettanto importante è stato aver dato corso alla citazione di Telecom per
responsabilità civile. Ora attendiamo il rinvio a giudizio degli imputati e
l’avvio del processo vero e proprio”.
Il processo riguarda la morte di quattordici ex
lavoratori, dovuta secondo l’indagine al contratto con le fibre d’amianto, e
per un caso di lesioni colpose.
I Pubblici Ministeri Laura Longo e Lorenzo Boscagli
hanno indagato i vertici della Olivetti, che a partire dagli anni Sessanta
hanno ricoperto incarichi dirigenziali. Tra questi Carlo De Benedetti, amministratore
delegato e presidente del Consiglio di Amministrazione dal 1978 al 1996, l’ex
ministro Corrado Passera e l’imprenditore Roberto Colaninno, quest’ultimo per
un solo caso di lesioni.
A Ivrea Telecom, di cui la FIOM ha chiesto la
citazione in giudizio per responsabilità civile, era già stata condannata dal
giudice del lavoro Luca Fadda a risarcire con un milione e 200 mila euro i
familiari di Franca Lombardo, di Burolo (Torino), morta nel 2007 a 69 anni per
un mesotelioma pleurico: la donna avrebbe contratto la patologia lavorando in
uno dei capannoni della Olivetti in cui si adoperava il talco contaminato da
tremolite. L’azione legale era cominciata nel 2013.
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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:12 AM
Subject: PROCESSO ILVA TARANTO
Da Taranto contro
A seguito dell’incontro tra le Procure di Milano e
Taranto, la richiesta di patteggiamento dell’ILVA è ora in forse, ma le
motivazioni sono negative, legate ai “buchi” della nuova legge sugli
“ecoreati”.
Nell’incontro i Procuratori hanno analizzato i
risultati della nuova indagine aperta a Milano dopo lo stato di insolvenza
dell’ILVA, per “bancarotta fraudolenta” da parte dei Riva che avrebbero
distratto grossi fondi, si parla di centinaia di milioni di euro, usando
fatture false.
L’altro argomento è stata la richiesta di
“patteggiamento” presentata dai legali dell’ILVA SpA nel processo ILVA Ora,
questa richiesta pare che possa essere ritirata nella prossima udienza del 28
maggio.
Noi saremmo contenti (su questo, ricordiamo, abbiamo
fatto una lettera aperta ai Pubblici Ministeri di Taranto, perchè in questo
modo l’ILVA si tirerebbe fuori con una multa dal processo e le parti civili non
potrebbero più avere dalla società i risarcimenti.
Ma la motivazione del passo indietro dei commissari
dell’ILVA e del governo avrebbe solo ragioni ignobili.
Come riporta Il Fatto Quotidiano: “In una riunione
tenuta martedì 19 maggio tra il Ministro Federica Guidi e la struttura
commissariale guidata da Piero Gnudi, presente Paola Severino in veste di
consulente legale del commissario, si è deciso appunto di frenare sul
patteggiamento, perchè la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere un impatto
sul processo in corso a Taranto essendo ritenuta più favorevole al reo rispetto
al reato di disastro innominato per cui l’azienda, la famiglia Riva e altri
vengono perseguiti a Taranto”.
Trovano così una prima conferma i timori finora non
ufficiali della Procura e del Tribunale della città pugliese sugli effetti che
la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere sul maxi-processo ILVA.
D’altronde anche magistrati esperti del tema come
Gianfranco Amendola, uno dei padri dell’ambientalismo italiano, e Raffaele
Guariniello lasciano intendere che il lavoro del Parlamento non sia stato così
accurato come ci si aspetterebbe per una normativa attesa da vent’anni almeno.
Nella nuova legge compare l’avverbio “abusivamente”
riferito al delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale; questo
avverbio subordina la punibilità di una condotta che provoca anche migliaia di
vittime alla mancanza di un’autorizzazione: questo significa limitare in modo
quasi irragionevole le condotte delittuose punibili, con le ovvie ripercussioni
del caso sulle obbligazioni risarcitorie a carico del reo.
Inoltre il nuovo delitto di inquinamento ambientale
prevede che le condotte atte a cagionarlo sono punibili solo nel caso in cui la
compromissione e il deterioramento siano “significativi” e “misurabili”, e che
siano state interessate “porzioni estese o significative” del suolo o del
sottosuolo. Senza tuttavia indicare sulla base di quali parametri il giudice
sarà chiamato ad effettuare tale valutazione, e con il serio rischio di una
pronuncia di incostituzionalità della Consulta.
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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:15 AM
Subject: ILVA: I PADRONI CHIEDONO IL CONTO AL GOVERNO
Da Taranto contro
Nell’assemblea della Federacciai, i padroni hanno
fatto sentire forte la loro voce per pretendere che l’ILVA di Taranto torni
presto a loro.
Hanno sciorinato i dati sul calo dell’acciaio (del 10%
nei primi quattro mesi dell’anno che, secondo le previsioni del centro studi di
Siderweb, a fine anno si assesterà al 4%, e che segue il pesante rallentamento
degli ultimi anni: nel 2012 la frenata è stata del 5,2, nel 2013 è stata
dell’11,6%, l’anno scorso si è perso un ulteriore 1,6 per cento), per
concludere che una delle responsabilità principali di questa crisi è dovuta al
“rallentamento degli impianti di Taranto”.
“Quindi” - ha aggiunto il presidente della
Confindustria Giorgio Squinzi - “per questo motivo appare irrazionale e
incomprensibile quanto avvenuto all’ILVA, sia sul piano industriale che proprietario.
All’ILVA siamo in presenza di un esproprio di un’azienda da parte della
magistratura, senza che la proprietà sia stata consultata, senza che sia potuta
intervenire in alcun modo. Da sostenitore del principio della libera impresa
non sono d’accordo”.
E il presidente della Federacciaio, Gozzi, ha
rincarato la dose: “Questo esproprio è una macchia sulla reputazione
internazionale del paese. Abbiamo combattuto con forza fin dall’inizio la
scelta dei commissariamenti, decisione che si è trasformata in un esproprio
senza indenizzo ai danni della proprietà Riva. Occorre ridefinire la
prospettiva di un ritorno dell’azienda in mani private”.
Suona quantomeno bizzarro sentire in bocca a Squinzi e
Gozzi la frase “esproprio senza indennizzo”. Visto che questa frase era ed è
detta da operai, dagli abitanti dei quartieri inquinati, ma proprio perchè non
è mai stata attuata da parte dello Stato e né lo sarà in futuro.
Non c’è stato nessun “esproprio”! C’è stato solo la
dichiarazione di uno stato di insolvenza, operazione-truffa che ha permesso al
governo di fare il settimo decreto salva-ILVA aggirando la legge Marzano e le
norme europee contro gli accessi di aiuti di Stato, e di tener fuori l’ILVA dai
risarcimenti nel processo. E i Riva continuano a non pagare per tutti le morti,
le malattie, l’inquinamento che hanno causato.
Ben che vada, verranno a loro tolti appena circa 2
miliardi (ma su questo è lo stesso Gozzi che ricorda che il famoso 1,3 miliardi
non sarà sbloccato finché non ci sarà una sentenza, e ciò vuol dire anni) a
fronte dei lauti fondi fatti sullo sfruttamento e sul sangue degli operai ILVA
che restano tranquilli nei paradisi fiscali.
Il Commissariamento dell’ILVA da parte del governo è
stato quindi solo per salvare l’ILVA, proprio come vogliono i padroni.
Tant’è che alle critiche, sollecitazioni di Squinzi e
Gozzi, il ministro Federica Guidi ha spiegato che il commissariamento
dell’azienda ha l’obiettivo di rivitalizzarla attraverso una “newco” a
controllo statale, probabilmente entro l’estate, (alla quale saranno veduti gli
“asset”) per poi rimetterla sul mercato.
“Il nostro obiettivo” - ha rassicurato Guidi – “non è
trasformare ILVA in un’azienda pubblica. Al contrario, l’intervento del Governo
va nella direzione di garantire un risanamento che permetta all’ILVA di
continuare ad operare”.
Ma questi appunti dei principali rappresentanti del
padronato italiano sicuramente non rimarranno senza effetto. I soldi verranno
soprattutto impiegati per sostenere la produzione, il risanamento verrà fatto
solo per quel poco necessario a non scontentare i nuovi padroni acquirenti, e i
tempi del passaggio potranno essere ridotti.
I padroni (italiani o stranieri) saranno accontentati.
I lavoratori e le masse popolari di Taranto saranno
ulteriormente danneggiate.
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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:21 AM
Subject: PROCESSO ILVA
PROCESSO ILVA: IL 28 MAGGIO PARLANO GLI AVVOCATI DI
RIVA E DELLE SOCIETA’
Il 28 maggio al processo ILVA parleranno gli avvocati
di Nicola Riva, tuttora non estradato dalla bella vita di Londra, l’avvocato di
Riva Fire, gli avvocati per l’ILVA in amministrazione straordinaria.
Per quest’ultima, per cui i commissari straordinari
hanno chiesto il patteggiamento, lo Slai Cobas ha presentato la lettera aperta
ai Pubblici Ministeri che riportiamo a seguire.
Slai Cobas per il sindacato di classe
via Rintone, 22
Taranto
telefax: 099 47 92 086
cellulare: 347 53 01 704
e mail: slaicobasta@gmail.com
* * * * *
Al Procuratore Franco Sebastio
Al Procuratore aggiunto Pietro Argentino
Ai Pubblici Ministeri Mariano Buccoliero, Giovanna
Cannarile, Remo Epifani, Raffaele Graziano
OGGETTO: PATTEGGIAMENTO DEI COMMISSARI STRAORDINARI
GNUDI, ARRUBA, LAGHI PER L’ILVA
La scrivente Organizzazione Sindacale Slai Cobas per
il sindacato di classe, parte civile al processo ILVA, a nome delle parti
civili di operai, lavoratori, cittadini, che rappresenta, chiede alle Signorie
Loro di non concedere l’assenso alla richiesta di patteggiamento dell’ILVA, in
quanto nessuna reale giustizia vi sarebbe, né risarcimenti per le parti civili.
Se passasse questa richiesta l’ILVA uscirebbe dal processo
solo con una sanzione di 3 milioni di euro; soldi che, essendo ora l’azienda
sotto amministrazione dello Stato, dovrebbero essere pagati dallo Stato e
quindi di fatto da noi contribuenti; fermo restando che comunque andrebbero nel
passivo fallimentare per essere recuperati chissà quando.
Non un solo centesimo verrebbe destinato al
risarcimento del danno delle parti civili.
Pur prevedendo poi una misura interdittiva, ci
troveremmo di fronte alla contraddizione che gli stessi commissari condannati
verrebbero nominati commissari giudiziali e continuerebbero a dirigere lo
stabilimento.
Il patteggiamento non permetterebbe un approfondito
accertamento della responsabilità dell’ILVA sull’inquinamento, malattie e
morti, con relativa adeguata condanna. Quindi, il patteggiamento, a nostro
parere, più che un’ammissione di colpa, come è stato detto, sarebbe un modo per
l’ILVA di liberarsi del processo.
Temiamo che in questo modo il processo, dopo la
esclusione già avvenuta delle 3 società dai risarcimenti, verrebbe
ulteriormente svuotato. E diventerebbe un processo solo per le colpe
individuali e non al “sistema ILVA”, vera causa dei disastri dentro e fuori la
fabbrica.
Noi chiediamo, che questo processo dia giustizia e
verità ai tanti operai, lavoratori, cittadini.
E la prima giustizia è che sul banco degli imputati
continuino a restare l’ILVA e le altre società che coscientemente hanno messo
il profitto della produzione sopra la salute e la vita della popolazione.
Conoscendo la Vostra sensibilità e rigore giudiziario,
attendiamo fiduciosi.
per Slai Cobas per il sindacato di classe
per le parti civili
Calderazzi Margherita
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From: Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 9:49 AM
Subject: ASAPS CONFERMA: PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU
TUTTA LA RETE AUTOSTRADALE
Come abbiamo scritto più volte e avvertito i Ministeri
competenti anche l’Osservatorio ASAPS (ASsociazione Amici Polizia Stradale)
conferma la strage di agricoltori schiacciati dal trattore.
Si muore più sui campi che sulle autostrade.
Carlo Soricelli
Da La Reubblica
MAGGIO, PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU TUTTA LA RETE
AUTOSTRADALE
Con 29 sinistri e 20 morti, in questo mese con i
trattori c’è stata una vera e propria strage.
Incredibile ma vero: nei campi si muore più del doppio
che in autostrada. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Il Centauro
dell’ASAPS (ASsociazione Amici Polizia Stradale) a maggio c’è stata una vera e
propria strage di incidenti con trattori.
Nei soli primi 15 giorni del mese l’Osservatorio ASAPS
ha già registrato 29 episodi che hanno causato 20 morti di cui 17 fra gli
stessi conducenti delle macchine agricole. Un record mai visto prima e che non
può essere dimenticato: per capire la portata del fenomeno basta dire infatti
che nello stesso periodo (sulla intera rete autostradale con ben altri volumi
di traffico di auto, moto e camion) le vittime sono state 8. Come dire che nei
campi a primavera si muore più che il doppio che in autostrada.
Intanto nei primi quattro mesi del 2015 l’Osservatorio
il Centauro dell’ASAPS ha registrato: 111 incidenti con trattori agricoli che
hanno causato 46 vittime e 70 feriti. Il fenomeno insomma inizia a preoccupare
davvero: nel 2014, secondo il report dell’ASAPS, le vittime totali nei campi e
sulle strade adiacenti per incidenti con trattori agricoli furono 181 (+4,6%) e
257 i feriti (+4%) in 390 incidenti (+4,3%).
“Gli incidenti nei campi” - ci ha spiegato Giordano
Biserni, presidente ASAPS – “nonostante i nuovi provvedimenti in materia di
patenti e di sicurezza dei mezzi, ancora non danno segno di diminuzione e
riteniamo sia indispensabile una forte e mirata comunicazione dei fattori di
rischio fra gli agricoltori stessi e in particolare fra quanti lavorano la
terra per hobby saltuariamente”.
Vincenzo Borgomeo
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