SICUREZZA SUL
LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!
NEWSLETTER N. 218
DEL 10/07/15
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
LE “FREQUENTLY ASKED
QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS - N.2
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1
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REVISIONE GENERALE DELLE MACCHINE
AGRICOLE E OPERATRICI
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5
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REGOLAMENTO CLP: LE NOVITA’ SU
RISCHI CHIMICI E VALUTAZIONE DAL PRIMO GIUGNO
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6
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SULLA COLPA “IN ELIGENDO” E “IN
VIGILANDO” PER LA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
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9
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CAMPI ELETTROMAGNETICI: NORMATIVA
ED EFFETTI SULL’UOMO
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11
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VADEMECUM PER LA GESTIONE DELLA
SICUREZZA E DELLA SALUTE SUL LAVORO
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14
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INDICAZIONI OPERATIVE PER LA FORMAZIONE SU
SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
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15
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LE “FREQUENTLY
ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS - N.2
Nella
mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro,
spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a
svolgere delle vere e proprie “consulenze’“ (ovviamente del tutto gratuite) di
ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella
mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di
Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi
pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche
risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso
diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked
Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia
newsletter.
Ovviamente,
per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i
lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto
il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.
************
DOMANDA
Ciao
Marco,
ho
iniziato a diffondere la tua relazione sugli obblighi relativi alla presenza di
materiale amianto negli edifici [vedere le Newsletters da 203 a 207].
Per
ora ho letto solo alcune parti, ma non ho trovato la risposta alla questione se
tali obblighi vi siano anche per l'impiantistica idrica, cioè per le condotte
degli acquedotti pubblici ed eventuali altri manufatti idrici sempre di uso
pubblico.
Sapendo che per legge sia le reti e sia gli impianti appartengono ai Comuni sarebbe loro
dovere finanziare la bonifica o del gestore che gestisce il servizio?
RISPOSTA
Ciao,
innanzitutto
ti ringrazio della diffusione del mio lavoro.
E
ti ringrazio della domanda per mettere in evidenza un aspetto che io ho dato
per scontato, ma che effettivamente può dare adito a dubbi.
La
Legge 257/92, il Decreto Ministeriale del 06/09/94 e il D.Lgs.81/08 si
applicano a tutti i manufatti contenenti amianto, quindi non soltanto alle
coperture o alle tamponature degli edifici in onduline di Eternit (anche se
queste sono le più evidenti e le più diffuse), ma anche a tubazioni,
rivestimenti di tubazioni o impianti, materiale coibente, guarnizioni, ecc.
Gli
obblighi relativi all'inventario, al controllo e all'eventuale bonifica di
materiali contenenti amianto di cui alla
normativa citata, si applicano pertanto a tutti i manufatti contenenti amianto
di qualunque natura e applicazione.
Quello
che può cambiare è lo stato di conservazione dell'amianto che per manufatti
esposti a vento e intemperie può essere più degradato rispetto a manufatti
isolati e magari già confinati (ad esempio pannelli inseriti all'interno di
infissi).
Può
poi cambiare il livello di rischio rispetto agli occupanti dello stabile, in
quanto, mentre è assodato ormai da tutti che l'amianto è cancerogeno per
inalazione, non è ancora convinzione diffusa che lo sia anche per ingestione (e
quindi pericoloso anche nelle tubazioni dell'acqua potabile).
Resta
pertanto a carico e responsabilità del proprietario una corretta valutazione
del rischio del materiale contenente amianto dell'edificio, in funzione della
sua natura, composizione e stato e delle modalità di esposizione, al fine di
decidere se procedere alla bonifica e con quali metodiche (tamponamento,
incapsulamento, rimozione).
In
merito agli oneri finanziari, essi sono sempre a carico del proprietario se
trattasi di edifici o impianti non destinati a lavorazioni (per i quali si
applica la Legge 257/92) e a carico del datore di lavoro e/o del proprietario
se trattasi di edifici o impianti non destinati a lavorazioni (per i quali si
applica anche il D.Lgs.81/08).
Pertanto
nel caso di tubazioni di trasporto di acqua facenti parte di acquedotti, gli
oneri dell’inventario, della valutazione del rischio e delle eventuale
bonifica, ricadono sui proprietari (e quindi società pubbliche, private o miste
proprietarie della rete).
Marco
*******************
DOMANDA
Buonasera
Marco,
vorrei
sapere se anche i dirigenti fanno parte dell'organizzazione aziendale della
sicurezza.
RISPOSTA
Ciao,
i
dirigenti con il D.Lgs.81/08 hanno un ruolo fondamentale in quanto si fanno
carico di tutti gli obblighi delegabili dal datore di lavoro (articolo 18 del
Titolo I e tutti gli altri dei Titoli successivi).
A
maggior ragione i dirigenti sono corresponsabili del datore di lavoro se
quest'ultimo li ha delegati formalmente a fare le sue veci per tutti gli
obblighi delegabili (cioè con esclusione di quelli non compresi nell'articolo
17 che sono la redazione del DVR e la nomina del RSPP).
I
dirigenti hanno comunque precise responsabilità anche se non sono formalmente
delegati.
Tieni
conto che, al di la dell'inquadramento contrattuale, secondo l’articolo 2,
comma 1, lettera d) del D.Lgs.81/08 è dirigente colui che "in ragione delle competenze professionali e
di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività
lavorativa e vigilando su di essa".
Tieni
poi conto di quanto affermato dall’articolo 299 del D.Lgs.81/08 “Esercizio di
fatto di poteri direttivi” che stabilisce che: “Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2,
comma 1, lettere [...] d) [dirigenti], gravano altresì su colui il quale, pur
sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici
riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.
Marco
*******************
DOMANDA
Ciao
Marco,
vorrei
sapere come facciamo a conoscere il nome del medico competente?
So
che la mia azienda si serve di un'azienda privata con più medici, ma credo che
il medico competente debba essere uno solo.
Oppure
sto sbagliando?
RISPOSTA
Ciao,
il
D.Lgs.81/08 prevede che una azienda si possa avvalere (per motivi di dimensioni
e logistici) di più medici competenti per la sorveglianza sanitaria. In ogni
caso l’azienda deve individuare,
all’interno del gruppo di medici, un medico con funzioni di
coordinamento.
Infatti
l’articolo 39, comma 6 del D.Lgs.81/08 prevede:
“Nei casi di aziende con più unità
produttive, nei casi di gruppi d'imprese, nonché qualora la valutazione dei
rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici
competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento”.
Il
nominativo del/dei medico/i competente/i deve essere comunicato
obbligatoriamente ai lavoratori, ai sensi dell’articolo 36, comma 1, lettera d)
del D.Lgs.81/08 (obbligo sanzionabile):
“Il datore di lavoro provvede affinché
ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione sui nominativi [...] del medico competente”.
Marco
*******************
DOMANDA
Ciao
Marco,
se
a un lavoratore vengono riconosciute delle ridotte capacità lavorative, a chi
spetta il compito di ricoloccarlo (se ne esiste la possibilità) in azienda? Al
medico competente? Al RSPP? Al datore di lavoro o a chi per lui lo rappresenta?
RISPOSTA
Il
compito di ricollocarlo (attento: il compito, ma non l'obbligo) spetta al
datore di lavoro (o ai dirigenti delegati) dell’azienda di appartenenza del
lavoratore, ai sensi dell'articolo 42 del D.Lgs.81/08 che così recita:
“Il datore di lavoro, anche in considerazione
di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 [tutela dei disabili], in relazione ai giudizi di cui
all'articolo 41, comma 6 [giudizio di idoneità alla mansione formalizzato
dal medico competente], attua le misure
indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla
mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni
equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento
corrispondente alle mansioni di provenienza”.
Attenzione
all’inciso “ove possibile”, poiché se
il ricollocamento del lavoratore non è possibile a causa della organizzazione
della azienda (mancanza di mansioni compatibili con lo stato di salute del
lavoratore), il datore di lavoro può licenziare il lavoratore per giusta causa
oggettiva.
Marco
************
DOMANDA
Ciao
Marco,
all’interno
della mia azienda ci sono dei gruppi di lavoratori che non dipendono direttamente
dalla azienda, ma dalla società capogruppo, che ha un’altra sede e un’altra
ragione sociale.
In
questo caso chi è il preposto di questi colleghi?
Grazie.
RISPOSTA
Ciao,
se
le persone sono assunte dalla tua azienda (con qualunque tipo di contratto),
sono di fatto lavoratori della tua azienda, ai sensi della definizione di cui
all’articolo 2, comma 1, lettera a), primo capoverso del D.Lgs.81/08:
“lavoratore: persona che, indipendentemente
dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito
dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza
retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una
professione”.
Ma
anche se i lavoratori non fossero assunti direttamente dalla tua azienda (ad
esempio lavoratori distaccati, vedi anche dopo), andrebbero considerati come
lavoratori di fatto della tua azienda che risulta l’ “organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”
all’interno della quale in concreto essi operano.
Relativamente
a questi lavoratori, i preposti sono coloro che all’interno della struttura
organizzativa della tua azienda sovrintendono e controllano il loro operato, in
forza della definizione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e) del
D.Lgs.81/08:
“preposto: persona che, in ragione delle
competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali
adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività
lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone
la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale
potere di iniziativa”.
Ciò
è confermato anche in maniera chiara dall’articolo 299 del D.Lgs.81/08
“Esercizio di fatto di poteri direttivi” che stabilisce che:
“Le posizioni di garanzia relative ai
soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) [datore di lavoro], d) [dirigenti] ed e) [preposti], gravano
altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in
concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.
Anche
nel caso di ipotesi di lavoratore “distaccato” ai sensi del D.Lgs.276/03 gli
obblighi posti dal D.Lgs.81/08 relativi al lavoratore distaccato (eccetto la
formazione, ma compresa la sorveglianza, per tramite dei preposti) sono a
carico del datore di lavoro utilizzatore, come stabilito dall’articolo 3, comma
6 del D.Lgs.81/08 medesimo:
“Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di
cui all'articolo 30 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a
carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di
informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo
svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato”,
come
recentemente confermato anche dalla Sentenza n. 15696 del 16 aprile 2015 della
Corte di Cassazione Penale.
In
definitiva per i lavoratori da te citati, i preposti sono i dipendenti della
tua azienda che li sovrintendono e li controllano.
Marco
************
NOTA
Nel
testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usate i
seguenti acronimi e termini:
ASL
= Azienda Sanitaria Locale
CCNL
= Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DVR
= Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI
= Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori
in appalto
RSPP
= Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS
= Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
D.Lgs.81/08:
Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e
integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”
REVISIONE GENERALE DELLE MACCHINE
AGRICOLE E OPERATRICI
Da Portale
Consulenti
2 luglio
2015
di Secondo
Martino
E’ entrato
in vigore il Decreto 20 maggio 2015 del Ministero delle Strutture e dei
trasporti “Revisione generale periodica delle macchine agricole e
operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del decreto legislativo n. 285
del 30 aprile 1992”.
Secondo tale
Decreto Le macchine agricole e operatrici dovranno essere sottoposte alla revisione
generale a far data dal 31 dicembre 2015, a seguito .
E’ disposta
la revisione generale, con periodicità di cinque anni, delle macchine agricole,
di cui all’articolo 57 del Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992, di
seguito specificate:
-
trattori
agricoli così come definiti nella Direttiva 2003/37/CE del 26 maggio 2003 e
successive modificazioni ed integrazioni;
-
macchine
agricole operatrici semoventi a due o più assi;
-
rimorchi
agricoli aventi massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate e
con massa complessiva inferiore a 1,5 tonnellate, se le dimensioni d’ingombro
superano i 4,00 metri
di lunghezza e 2,00 metri
di larghezza.
E’ disposta
poi la revisione generale, con periodicità di cinque anni, delle macchine
operatrici, di cui all’articolo 58 del Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile
1992, di seguito specificate:
-
macchine
impiegate per la costruzione e la manutenzione di opere civili o delle
infrastrutture stradali o per il ripristino del traffico;
-
macchine
sgombraneve, spartineve o ausiliarie, quali spanditrici di sabbia e simili;
-
carrelli,
quali veicoli destinati alla movimentazione di cose.
Per tutti i
veicoli, per i quali sia disposta la revisione ai sensi dell’articolo 111 del
Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992, non presentati a revisione e che
continuano a circolare dopo le rispettive scadenze, si applicano le sanzioni di
cui al comma 6 del medesimo articolo 111.
Le modalità
di esecuzione della revisione, ai fini della sicurezza della circolazione
stradale, sono definite con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e
forestali, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 80 del Decreto
Legislativo n. 285 30 aprile 1992, con la possibilità di effettuare tale
revisione mediante unità mobili.
Le macchine
agricole, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), sono sottoposte alla
revisione generale a far data dal 31 dicembre 2015 e successivamente ogni
cinque anni, entro il mese corrispondente alla prima immatricolazione.
I criteri,
le modalità e i contenuti della formazione professionale per il conseguimento dell’abilitazione
all’uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall’articolo
73 del Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, e successive modificazioni
e integrazioni, sono stabiliti con l’Accordo del 22 febbraio 2012, n. 53/CSR, sancito
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano e parte integrante del Decreto
Ministeriale.
Il Decreto
20 maggio 2015 del Ministero delle Strutture e dei trasporti “Revisione
generale periodica delle macchine agricole e operatrici, ai sensi degli
articoli 111 e 114 del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992” è scaricabile
all’indirizzo:
REGOLAMENTO CLP: LE NOVITA’ SU
RISCHI CHIMICI E VALUTAZIONE DAL PRIMO GIUGNO
Da:
PuntoSicuro
03 luglio
2015
Le modifiche
all’analisi e alla valutazione dei rischi con riferimento alla fine del periodo
di transizione del Regolamento CLP e alle novità dei regolamenti comunitari.
Cosa è cambiato e cosa deve ancora cambiare.
Gli
adempimenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nel
comparto chimico sono soggetti a continui mutamenti dovuti per lo più alle
novità normative di origine comunitaria.
Ricordiamo,
ad esempio, che il Regolamento CLP (entrato in vigore nell’Unione Europea il 20
gennaio 2009) dal 1 giugno 2015
ha abrogato le direttive 67/548/CEE (Direttiva sulle
Sostanze Pericolose) e 1999/45/CE (Direttiva sui PreparatiP) al termine di un
periodo di transizione.
In relazione
ai continui mutamenti normativi, in questi anni si sono moltiplicati gli
incontri, seminari, corsi per mettere in rilievo le azioni da intraprendere
nelle aziende del comparto chimico e le buone pratiche da adottare, anche con
riferimento ai “nuovi pericoli chimici” che emergono dal primo giugno 2015.
In particolare
la società NECSI ha realizzato quattro incontri nel 2015 (Trento, 7 maggio; Pordenone,
14 maggio; Vicenza, 21 maggio; Brescia, 28 maggio) sulle importanti novità
introdotte dai regolamenti europei REACH e CLP che cambiano sensibilmente le
modalità di valutazione e gestione del rischio da agenti chimici.
Tali
incontri hanno avuto anche PuntoSicuro come media partner e che hanno trattato
diversi temi:
-
come devono
essere gestite le informazioni delle schede sicurezza in azienda in seguito
all’entrata in vigore del regolamento CLP;
-
le novità
introdotte dal regolamento CLP e il ruolo dell’Autorità di Controllo per gli
utilizzatori finali;
-
come cambia
la valutazione dei rischi da agenti chimici pericolosi nei luoghi di lavoro;
-
REACH-CLP:
un’occasione per migliorare la prevenzione dei rischi da agenti chimici;
-
la scelta,
l’uso e la gestione dei Dispositivi di Protezione Individuale in azienda: i
criteri di valutazione dei DPI negli ambienti di lavoro, indicazioni per
attuare le linee guida del Decreto 81/08 in merito alla validazione dei DPI;
-
dopo aver
fatto la valutazione dei rischi, come gestire la realizzazione degli interventi
di adeguamento.
Con
riferimento agli atti degli incontri, ci possiamo soffermare brevemente
sull’intervento di Stefania Turrisi dal titolo “Come cambia la valutazione dei
rischi da agenti chimici pericolosi nei luoghi di lavoro?”.
L’intervento
ricorda innanzitutto i vari regolamenti che possono influenzare la valutazione
con riferimento al contenuto dell’articolo 223 (Valutazione dei rischi da
agenti chimici) del Titolo IX, Capo I, del D.Lgs. 81/08:
-
Regolamento
1907/2006/CE (REACH);
-
Regolamento
1272/2008/CE (CLP);
-
Regolamento
453/2010/CE (SDS).
La relazione
inizia presentando “cosa non è cambiato”, con riferimento al comma 4 dell’articolo
232 del D.Lgs. 81/08, che recita:
“Nelle more
dell’adozione dei Decreti di cui al comma 2, con uno o più Decreti del Ministro
del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di
entrata in vigore del presente Decreto, i parametri per l’individuazione del
rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di
cui all’articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di
categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative,
sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente
rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la
valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei
lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro”.
Ancora oggi,
malgrado il fatto che il Regolamento CLP individui in modo puntuale le classi
di pericolo per gli agenti chimici pericolosi, manca la definizione di rischio
chimico basso per la sicurezza e rischio chimico irrilevante per la salute.
Ci sono
stati in realtà alcuni tentativi di definizione.
I tentativi
più autorevoli (2012) si riferiscono solo a cosa distingue il rischio per la
sicurezza rispetto il rischio per la salute.
Ad esempio
nel documento “Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio
chimico” della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul
Lavoro del 2012, si riportano le seguenti definizioni:
-
sicurezza:
il rischio chimico per la sicurezza si collega principalmente alle proprietà
chimico-fisiche oltre che alla proprietà tossicologica acuta e alle proprietà
chimiche in generale;
-
salute: il
rischio chimico per la salute è collegato a tutte le proprietà tossicologiche
degli agenti chimici.
Mentre nel
documento “Agenti chimici pericolosi: istruzioni ad uso dei lavoratori”
dell’INAIL del 2012, si riportano le seguenti definizioni:
-
sicurezza:
rischio basso per la sicurezza è associato alla salvaguardia dell’integrità
fisica del lavoratore da effetti acuti e immediati, quali un infortunio o le
conseguenze di una breve esposizione;
-
salute:
rischio irrilevante per la salute è associato a condizioni di lavoro nelle
quali il livello di esposizione medio è dello stesso ordine di grandezza di
quello medio della popolazione generale.
Inoltre
manca anche un metodo ufficiale (normato) per la valutazione del rischio
chimico (MoVaRisCh è l’unico metodo italiano citato nel sito INAIL).
Serve un
metodo in cui la valutazione sia oggettiva, motivata, ripetibile e che
definisca:
-
un livello
di priorità in base al livello di rischio;
-
un criterio
per individuare le soluzioni.
La relazione
si sofferma in particolare sulla Valutazione del Rischio Chimico con
riferimento all’utilizzo del software “Risolvo”, e riprende anche le proposte
di definizione di NECSI sulla valutazione del rischio chimico basso o
irrilevante:
-
basso per la
sicurezza: condizioni di lavoro che offrono scarse possibilità di sviluppo di eventi
incidentali; in caso di tali eventi, la probabilità di propagazione degli
effetti dell’incidente è da ritenersi limitata ed è salvaguardata l’integrità
fisica del lavoratore da gravi effetti acuti e immediati (quali un infortunio o
le conseguenze di una breve esposizione);
-
irrilevante
per la salute: condizioni di lavoro nelle quali l’esposizione agli agenti
chimici pericolosi è ampiamente al di sotto dei valori limite di esposizione
individuati dalla normativa.
Arriviamo
brevemente a cosa è cambiato con i regolamenti comunitari.
In realtà le
modalità e i criteri per effettuare la valutazione dei rischi non hanno subito
alcuna variazione a seguito dell’emanazione dei Regolamenti REACH e CLP e il
Regolamento REACH non pregiudica l’applicazione della normativa di tutela di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08).
Tuttavia
bisogna ricordare che l’articolo 223, comma 1 del D.Lgs. 81/08 indica che nella
valutazione il datore di lavoro determina preliminarmente l’eventuale presenza
di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti,
prendendo in considerazione in particolare:
-
le loro
proprietà pericolose;
-
le
informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile
dell’immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza.
Con i
regolamenti CE e la loro entrata in vigore si hanno nuovi criteri per le
sostanze, parametri generali.
Alcuni
esempi di cambiamenti:
-
riguardo
alla tossicità acuta cambiano i criteri di attribuzione nelle 4 categorie;
-
nuovi
criteri per le sostanze;
-
nuovi
criteri per le miscele: ad esempio sono state abbassate le concentrazioni
soglia delle sostanze corrosive o irritanti in virtù delle quali vengono
classificate le miscele;
-
gli
algoritmi hanno modificato i punteggi di pericolo per salute e sicurezza degli
agenti chimici;
-
ci sono
modifiche anche per i preparati non pericolosi, ma con componenti pericolosi,
come ad esempio miscele non classificabili come pericolose, ma contenenti
almeno una sostanza pericolosa;
-
la
classificazione dei rifiuti si è adeguata ai nuovi criteri definiti per le
miscele: alcuni rifiuti non pericolosi potrebbero essere classificati
pericolosi;
-
l’etichettatura
dei rifiuti pericolosi soggetti a deposito temporaneo dovrà essere adeguata a
quella prevista dal CLP;
-
probabilmente
aumenteranno i casi in cui il rischio è alto per la sicurezza e rilevante per
la salute.
Si ricorda
in conclusione, con riferimento all’articolo 225 del D.Lgs. 81/08 (“Misure
specifiche di protezione e di prevenzione”), la priorità degli interventi in
caso di rischio alto per la sicurezza e rilevante per la salute:
-
sostituzione
degli agenti e dei processi pericolosi;
-
progettazione
di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature
e materiali adeguati;
-
appropriate
misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
-
misure di
protezione individuali, compresi i DPI, qualora non si riesca a prevenire con
altri mezzi l’esposizione;
-
sorveglianza
sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.
Il documento
“Atti degli incontri sul rischio chimico”, di Fabrizio Demattè, Stefania
Turrisi e Matteo Pettenuzzo, sono scaricabili all’indirizzo:
SULLA COLPA “IN ELIGENDO” E “IN
VIGILANDO” PER LA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Da:
PuntoSicuro
06 luglio
2015
di Gerardo
Porreca
Individuata
a carico di un datore di lavoro la colpa “in eligendo” e “in vigilando” per
avere affidata la valutazione dei rischi aziendali a una società esterna non
dotata di idonea organizzazione e per non avere controllato il suo operato.
Una sentenza
quella che si commenta nella quale viene messa in evidenza dalla Corte di Cassazione
penale la necessità da parte del datore di lavoro di scegliere oculatamente il
soggetto al quale affidare la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi
(DVR) esistenti nella propria azienda nonché di vigilare sul suo operato e sui
tempi di esecuzione di tale importante adempimento, necessità tanto più
avvertita nel caso in cui il datore di lavoro, che è titolare indelegabile
dell’obbligo di valutare i rischi e di elaborare il relativo DVR, si affidi a
soggetti o società esterne.
Individuata
nel caso in esame dapprima dal Tribunale e ribadita quindi dalla suprema Corte
una colpa “in eligendo” a carico del datore di lavoro, addebitata al momento
della scelta del soggetto al quale ha affidata la valutazione dei rischi ed una
colpa “in vigilando” a carico dello stesso nel momento in cui non ha provveduto
a controllare il suo operato.
IL CASO E IL
RICORSO IN CASSAZIONE
Il Tribunale
ha condannato il legale rappresentante di una cooperativa alla pena
dell’ammenda per la contravvenzione prevista dall’articolo 29, comma 1 e punita
dall’articolo 55 comma 1 del D.Lgs. 81/08 perché, in qualità di datore di
lavoro, non aveva effettuata la valutazione dei rischi e non aveva elaborato il
documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) dello stesso Decreto in
collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed
il medico competente, nei casi previsti dall’articolo 41.
Avverso la Sentenza l’imputato,
tramite il proprio difensore, ha proposto impugnazione qualificata come
appello, nella quale ha sostenuto che aveva commissionato a una società esterna
la redazione del DVR, documento che era stato redatto in ritardo per cause
imputabili alla società stessa ed era stato presentato alla ASL 48 ore dopo il
sopralluogo nel quale era stato accertato il reato. Il Tribunale aveva comunque
ritenuto sussistente una colpa “in eligendo” e una colpa “in vigilando” in capo
all’imputato, il quale si era affidato a una impresa inadeguata e non aveva
sorvegliato sui tempi di effettiva redazione del documento. In merito la difesa
del datore di lavoro ha messo in evidenza che, ammesso pure che il documento
presentato avesse alcune lacune, la versione definitiva dello stesso era stata
comunque depositata nel successivo mese di agosto.
LE DECISIONI
DELLA SUPREMA CORTE
L’impugnazione,
qualificata come ricorso per Cassazione, essendo stata proposta avverso una
Sentenza di condanna alla sola ammenda inappellabile ai sensi dell’articolo
593, comma 3 del Codice di Procedura Penale è stata ritenuta inammissibile da
parte della Corte di Cassazione perché basata su motivi non sufficientemente
specifici.
Secondo la
stessa Corte, infatti, la difesa si era limitata a mere indimostrate asserzioni
in relazione alla circostanza che il ritardo nella redazione del DVR sarebbe
stato imputabile esclusivamente all’inerzia della società che era stata
incaricata a tale scopo per cui i rilievi presentati non sono stati ritenuti
idonei a scardinare l’impianto logico-argomentativo della sentenza impugnata.
Il
ricorrente ha trascurato infatti, secondo la suprema Corte, “di contestare le
affermazioni contenute nella stessa Sentenza, secondo cui vi sarebbero, nel
caso di specie, sia una colpa in eligendo, per l’affidamento dell’incarico di
redazione del documento a una società dotata di un’organizzazione inadeguata,
sia una colpa in vigilando, per il mancato controllo dell’imputato sui tempi di
esecuzione di tale importante e indifferibile adempimento”.
“Né la
difesa ha spiegato” - ha così concluso la Sezione III - “perché
l’imputato, pur consapevole della mancanza del documento, abbia comunque
continuato lo svolgimento dell’attività aziendale, rispetto alla quale tale
documento che deve avere data certa ed essere custodito presso l’unità
produttiva a cui si riferisce la valutazione dei rischi, costituisce un
presupposto indefettibile (ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008,
articolo 38, comma 2 e articolo 29, comma 4)”.
Tenuto
conto, altresì, della Sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13/06/00 e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistevano elementi per ritenere che la
parte avesse proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, la
Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente, a norma
dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, al pagamento delle spese del
procedimento nonché della somma di 1.000 euro in favore della Cassa delle
ammende.
La Sentenza n. 12962 del 26 marzo 2015 della
Corte di Cassazione Penale Sezione III è consultabile all’indirizzo:
CAMPI ELETTROMAGNETICI: NORMATIVA ED
EFFETTI SULL’UOMO
Da:
PuntoSicuro
06 luglio
2015
di Tiziano
Menduto
Un
intervento riporta diverse informazioni sui campi elettromagnetici, con
riferimento anche agli effetti sull’uomo e alla normativa di tutela.
L’interazione di campi elettrici e campi magnetici, gli effetti diretti e
indiretti sulla salute.
A causa
della mansione svolta o per gli ambienti in cui si trovano a operare, molti
lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici. E se durante
l’attività sono superati specifici valori limite, i campi elettromagnetici
possono diventare un vero e proprio rischio per la loro salute. E infatti il
D.Lgs. 81/08 (Capo IV, Titolo VIII) prevede l’adozione di misure di prevenzione
e protezione dei lavoratori dai danni fisici che dipendono dall’esposizione ai
campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz).
Tuttavia
perché le misure di prevenzione e protezione siano efficacemente attuabili è
necessario conoscere il rischio, un rischio che, a differenza di altri, può non
essere facilmente percepibile senza un’adeguata formazione e informazione.
Per questo
motivo ci soffermiamo oggi su un seminario divulgativo che è stato promosso da
Assoservizi e Unindustria Rimini, in collaborazione con Elettroprogetti, dal
titolo “Campi elettromagnetici negli ambienti di lavoro” e che si è tenuto il
19 Maggio 2015 a
Rimini.
Un seminario
che ha permesso di aumentare l’informazione di base sulle radiazioni ionizzanti
e non ionizzanti, sui campi elettromagnetici (CEM), e sulle radiazioni ottiche
artificiali (ROA) e sulla normativa di tutela.
Ci
soffermiamo oggi in particolare sull’intervento “Concetti base sui campi
elettromagnetici. Riferimenti normativi”, a cura dello Studio Tecnico
Elettroprogetti, che ricorda come le radiazioni elettromagnetiche siano
suddivise in due principali gruppi:
-
radiazioni
ionizzanti (IR): dotate di elevato contenuto energetico, in grado di rompere i
legami atomici del corpo urtato e caricare elettricamente atomi e molecole
neutri ionizzandoli; comprendono raggi X, raggi gamma e una parte dei raggi
ultravioletti;
-
radiazioni
non ionizzanti (NIR): che hanno un’energia associata non sufficiente a indurre
nella materia il fenomeno della ionizzazione ovvero non possono dare luogo alla
creazione di atomi o molecole elettricamente cariche (ioni).
E dunque
l’interazione con le NIR non provoca un danno direttamente sulla cellula, ma
porta a modificazioni termiche, meccaniche e bioelettriche. Ed è importante
ricordare che la frequenza (o la corrispondente lunghezza d’onda) è una delle
principali caratteristiche che definiscono un campo elettromagnetico (CEM).
Campi a diversa frequenza interagiscono con il corpo umano con modalità differenti.
Si possono
immaginare le onde elettromagnetiche come una serie di onde regolari che viaggiano
a una velocità elevatissima: la velocità della luce. La frequenza descrive
semplicemente il numero di oscillazioni o cicli per secondo, mentre il termine
lunghezza d’onda descrive la distanza fra un’onda e la successiva.
Veniamo ai
campi elettrici che esistono quando è presente una carica elettrica positiva o
negativa.
Alcune
indicazioni relative ai campi elettrici:
-
questi campi
esercitano delle forze sulle altre cariche presenti all’interno del campo;
-
l’intensità
del campo elettrico si misura in Volt per metro (V/m);
-
qualsiasi
conduttore elettrico in tensione produce un campo elettrico associato al
terreno: questo campo esiste anche se nel conduttore non transita corrente;
-
più alta è
la tensione, più intenso è il campo elettrico generato dal conduttore; il campo
elettrico è più intenso in prossimità di un conduttore in tensione; l’intensità
diminuisce rapidamente allontanandosi da esso;
-
materiali
conduttori come i metalli collegati a terra schermano efficacemente il campo
elettrico; altri materiali, come le strutture edili e gli alberi, hanno
proprietà schermanti; quindi, i campi elettrici originati dagli elettrodotti
all’interno delle case vengono attenuati dalle pareti, dagli edifici adiacenti
e dagli alberi;
-
quando gli
elettrodotti sono in cavo interrato, i campi elettrici alla superficie del
terreno sono trascurabili.
Qualche
accenno ai campi magnetici che sono generati dal movimento delle cariche
elettriche in un conduttore o solenoide (corrente elettrica).
Alcune
indicazioni:
-
l’intensità
del campo magnetico si misura in Ampere per metro (A/m); di solito però, si
preferisce riferirsi ad una grandezza correlata, denominata densità di flusso o
induzione magnetica (B);
-
al contrario
del campo elettrico, un campo magnetico viene generato soltanto quando viene
acceso un apparecchio elettrico e quindi scorre della corrente; più alta è la
corrente, maggiore risulta l’intensità del campo magnetico;
-
i campi
magnetici, come i campi elettrici sono più intensi in prossimità della sorgente
e diminuiscono rapidamente all’aumentare della distanza da essa;
-
i campi
magnetici non sono schermati dai materiali comuni, come le pareti degli
edifici.
Ricordando
che i campi magnetici vengono generati solamente quando transita una corrente
elettrica, in questo caso, nell’ambiente coesistono campi magnetici e campi
elettrici. Più forte è la corrente, più intenso è il campo magnetico. E le onde
elettromagnetiche sono una forma di propagazione dell’energia nello spazio e, a
differenza delle onde meccaniche (ad esempio onde onore) per le quali c’è
bisogno di un mezzo, si possono propagare anche nel vuoto.
Si ricorda
che l’insieme di tutte le possibili onde elettromagnetiche, al variare della
frequenza, viene chiamato spettro elettromagnetico.
L’intervento
si sofferma poi sulla varie tecnologie e i vari apparecchi in relazione alla
frequenza, che può essere estremamente bassa (ELF, hanno generalmente frequenze
fino a 300 Hz), che può essere una frequenza intermedia (IF, tra 300 Hz 10 MHz)
e poi ci sono i campi a radiofrequenza (RF) con frequenze da da 10 MHz a 300
GHz.
Ad esempio:
-
gli impianti
che forniscono energia elettrica agli apparecchi che usano l’elettricità sono
sorgenti di campi ELF:
-
gli schermi
dei computer, gli impianti antifurto e i sistemi di sicurezza sono le
principali sorgenti dei campi IF;
-
la radio, la
televisione, le antenne radar e dei telefoni cellulari e i forni a microonde
sono le principali sorgenti di campi RF.
Vediamo come
interagisce il corpo umano con questi campi:
i campi
elettrici a bassa frequenza interagiscono col corpo umano nello stesso modo in
cui interagiscono con qualsiasi materiale contenente particelle cariche; i
campi elettrici agiscono sui materiali conduttori provocando una concentrazione
di cariche elettriche alla loro superficie: una persona sottoposta a un campo
elettrico con tensione alternata è percorso da una corrente elettrica;
i campi
magnetici a bassa frequenza inducono correnti che circolano all’interno del
corpo umano (induzione magnetica); l’intensità di queste correnti dipende
dall’intensità del campo magnetico: se l’intensità è sufficientemente elevata,
queste correnti possono stimolare nervi e muscoli o influenzare altri processi
biologici.
In
definitiva i meccanismi di interazione dei campi elettromagnetici accertati
portano sostanzialmente a due effetti fondamentali:
-
induzione di
correnti nei tessuti elettricamente stimolabili;
-
cessione di
energia con rialzo termico.
Tali effetti
sono definiti effetti diretti in quanto risultato di interazioni dirette con il
corpo umano. Con l’aumentare della frequenza diventa sempre più significativa
la cessione di energia nei tessuti attraverso il rapido movimento oscillatorio
di ioni e molecole di acqua, con lo sviluppo di calore e riscaldamento.
Oltre agli
effetti diretti, esistono tuttavia anche effetti indiretti.
Due sono i
meccanismi di accoppiamento indiretto con i soggetti esposti:
-
correnti di
contatto: che si manifestano quando il corpo umano viene in contatto con un
oggetto caricato elettricamente e possono indurre effetti quali percezioni
dolorose, contrazioni muscolari, ustioni;
-
accoppiamento
del campo elettromagnetico con dispositivi elettromedicali (compresi stimolatori
cardiaci) e altri dispositivi impiantati o portati dal soggetto esposto.
Altri
effetti indiretti consistono:
nel rischio
propulsivo di oggetti ferromagnetici all’interno di intensi campi magnetici
statici;
nell’innesco
di elettrodetonatori
nel rischio
d’incendio di materiali infiammabili per scintille provocate dalla presenza dei
campi elettromagnetici nell’ambiente.
In
definitiva che effetti possono avere questi campi sull’uomo?
Il relatore
indica che se l’uomo viene esposto a livelli di campo elettrico e magnetico (a
bassa frequenza) molto elevati in confronto a quelli che si possono riscontrare
in ambiente di vita, si possono manifestare effetti di disturbo sui “sistemi
elettrici” del corpo umano, come il cuore.
Problemi di
questo tipo si possono riscontrare ad esempio in certi ambienti di lavoro, dove
i livelli di campo magnetico possono raggiungere le centinaia di microTesla. Se
invece si parla di esposizioni prolungate a bassi livelli di campo (come si
possono vivere in ambiente urbano e residenziale), gli effetti sopra descritti
non si manifestano, ma sono stati studiati altri possibili danni alla salute.
Concludiamo
questa breve rassegna sul rischio da campi elettromagnetici ricordando che ai fine
della tutela della salute umana e della tutela ambientale, sono stati fissati
per i campi elettrici e quelli magnetici a bassa frequenza (con il Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003) i limiti di
esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità.
E riguardo
alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la relazione fa
riferimento al D.Lgs. 81/08 che contiene, al Titolo VIII, specifiche norme di
tutela della salute dei lavoratori esposti agli agenti fisici.
Segnaliamo
infine che, con la pubblicazione prima della Direttiva 2012/11/UE e poi della
Direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013, si sono modificati i termini di
entrata in vigore delle disposizioni relative al Titolo VIII (Agenti Fisici),
Capo IV (Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici)
del D.Lgs. 81/08.
In ogni caso
(si sottolinea nell’intervento) in attesa della riformulazione del Titolo VIII,
Capo IV del D.Lgs. 81/08, ai fini del recepimento della nuova direttiva resta
valido il principio generale di cui all’articolo 28 del D.Lgs. 81/08 e
relativamente agli agenti fisici l’articolo 181, che impegna il datore di
lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza inclusi
quelli derivanti dalle esposizioni a campi elettromagnetici,e all’attuazione
delle appropriate misure di tutela.
L’intervento
“Concetti base sui campi elettromagnetici. Riferimenti normativi”, a cura di
Luciano Gaia, Roberto Berardi, Daniele Cenni (Studio tecnico Associato
Elettroprogetti) è scaricabile all’indirizzo:
VADEMECUM PER LA GESTIONE DELLA
SICUREZZA E DELLA SALUTE SUL LAVORO
Da:
PuntoSicuro
06 luglio
2015
Una guida
sulla gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro: i ruoli degli attori della
sicurezza, documenti per la gestione della sicurezza e della salute, gestione
delle emergenze, ergonomia del posto di lavoro.
L’Università
degli Studi di Perugia ha pubblicato un’interessante guida sulla gestione della
sicurezza nei luoghi di lavoro, che illustra in maniera semplice e chiara
norme, compiti e responsabilità relative alla sicurezza sul lavoro.
Il testo
individua i ruoli di tutti gli attori della sicurezza, ossia:
-
datore di
lavoro;
-
dirigente;
-
preposto per
la sicurezza;
-
addetto
antincendio e primo soccorso;
-
Responsabile
del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP);
-
medico competente;
-
Rappresentante
dei Lavoratori per la
Sicurezza (RLS);
-
lavoratore.
Per ciascuno
di queste figure vengono definiti in maniera chiara e sintetica i compiti
specifici e gli obblighi previsti dalla norma.
Vengono
quindi individuati e schematizzati i documenti per la gestione della sicurezza
e della salute, ossia:
-
il Documento
di Valutazione dei Rischi (DVR);
-
il piano di
sorveglianza sanitaria;
-
il piano di
manutenzione di ambienti di lavoro, impianti, attrezzature;
-
il piano di
gestione della sicurezza sul lavoro.
Vengono poi
illustrate le modalità di intervento e gestione delle emergenze, in
particolare:
-
come
utilizzare un estintore;
-
come
effettuare una rianimazione cardiopolmonare;
-
quali numeri
chiamare in caso di emergenza;
e viene
illustrato come comportarsi in caso di evento sismico e in quali luoghi trovare
riparo.
Infine
vengono analizzate le questioni legate all’ergonomia della postazione di lavoro
e al corretto utilizzo del videoterminale.
Il
“Vademecum per la gestione della sicurezza e della salute sul lavoro”
realizzato dall’Università degli Studi di Perugina è scaricabile all’indirizzo:
INDICAZIONI OPERATIVE PER LA FORMAZIONE SU SALUTE
E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Da Portale
Consulenti
7 luglio
2015
COME GESTIRE
LA FORMAZIONE DEI
LAVORATORI
Prendiamo
spunto dal documento redatto dalla Regione Piemonte, che riguarda, le
indicazioni operative per la formazione alla salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro di cui al D.Lgs.81/08 e s.m.i. .
La sicurezza
e la salute nei luoghi di lavoro sono certamente fra gli indicatori principali
del grado di civiltà di un paese e la formazione può costituire, se ben
progettata e realizzata, uno strumento di notevole efficacia per accrescere
conoscenze e competenze di tutte le figure a vario titolo coinvolte nella
gestione dei processi che creano sicurezza.
Negli ultimi
anni, infatti, il Legislatore ha voluto dare un segnale inequivocabile in tal
senso, estendendo notevolmente l’obbligo formativo ed entrando nel dettaglio
della definizione dei percorsi formativi stessi, coinvolgendo spesso la Conferenza per i
rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano.
Se da un
lato, però, questa consistente produzione di atti di indirizzo costituisce un
importante supporto per tutti coloro che erogano o usufruiscono della
formazione, nonché per le amministrazioni deputate al controllo, dall’altro è
indubbia la necessità di indicazioni operative che diano omogeneità a tale
impianto normativo, oltre che chiarezza nelle modalità per adempiere
correttamente ad alcuni obblighi.
A ciò si
aggiunge il fatto che le indicazioni nazionali necessitano di essere calate
nelle diverse realtà regionali, anche perché la Costituzione
attribuisce alle Regioni potestà di legislazione concorrente con lo Stato in
materia di tutela e sicurezza del lavoro e di legislazione esclusiva in materia
di istruzione e formazione professionale.
Allo stato
attuale la normativa italiana prevede e dettaglia gli obblighi formativi di
seguito riportati:
-
Responsabile
e Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP e ASPP) secondo
l’articolo 32, comma 2 del D.Lgs.81/08 e Accordo Stato-Regioni del 26/01/06;
-
datore di
lavoro che svolge direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi
secondo l’articolo 34, comma 2 del D.Lgs.81/08, Accordo Stato-Regioni del
21/12/11 e Accordo Stato-Regioni del 25/07/12;
-
lavoratori:
secondo l’articolo 37, comma 1 del D.Lgs.81/08, Accordo Stato-Regioni del
21/12/11 e Accordo Stato-Regioni del 25/07/12;
-
dirigenti e
preposti: secondo l’articolo 37, comma 7 del D.Lgs.81/08, Accordo Stato-Regioni
del 21/12/11 e Accordo Stato-Regioni del 25/07/12;
-
lavoratori e
preposti addetti all’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante
funi: secondo l’articolo 116, comma 2 e allegato XXI del D.Lgs.81/08;
-
lavoratori e
preposti addetti al montaggio, trasformazione e smontaggio dei ponteggi: secondo
l’articolo 136, comma 6 e allegato XXI del D.Lgs.81/08;
-
lavoratori
incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e
responsabilità particolari: secondo l’articolo 73, comma 5 del D.Lgs.81/08 e
Accordo Stato-Regioni del 22/02/12.
Le
definizioni sono importanti per comprendere e redigere in modo corretto
l’attestato di formazione
Riportiamo
alcuni termini individuati dalla regione Piemonte dei quali è necessario
comprendere esattamente il significato, onde evitare fraintendimenti e
interpretazioni scorrette.
Soggetto
formatore: è l’ente (agenzia formativa, associazione datoriale o sindacale,
ente pubblico, ecc.) che organizza il corso, in quanto in possesso dei
requisiti richiesti per quello specifico corso. Può essere anche il datore di
lavoro, persona fisica, ove espressamente previsto, cioè nella formazione dei
lavoratori ex articolo 37 D.Lgs.81/08.
Soggetto
erogatore: è l’ente che concretamente realizza l’attività formativa. Il
soggetto formatore, come sopra definito, può quindi essere anche soggetto
erogatore del corso, oppure può, a seconda dei casi, avvalersi di proprie
strutture di diretta emanazione o di strutture esterne che vengono appositamente
incaricate e che saranno appunto definite “soggetto erogatore”. In tal caso, il
soggetto erogatore deve essere presente nell’elenco dei soggetti formatori
abilitati per lo specifico corso.
Docenti:
sono le persone fisiche che contribuiscono alla realizzazione del corso tramite
la conduzione di lezioni frontali, esercitazioni, laboratori, ecc.. Anche
questi devono possedere specifici requisiti seppure differenti da quelli
richiesti per i soggetti formatori.
Accreditamento:
è l’accreditamento, per la formazione e/o per il riconoscimento dei corsi, rilasciato
dalla Direzione Istruzione, Formazione Professionale e Lavoro della Regione
Piemonte, ai sensi della Decreto della Giunta Regionale n. 29-3181 del 19
giugno 2006 e dell’Accordo sancito il 20 marzo 2008 in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di
Trento e di Bolzano, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 23 gennaio 2009. Non
esistono, in Piemonte, modalità di accreditamento diverse da questa, ad esempio
per soggetti formatori che erogano corsi sulla sicurezza e igiene del lavoro.
Diretta
emanazione: come chiarito nell’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012, per
strutture formative di diretta emanazione di un’associazione sindacale dei datori
di lavoro o dei lavoratori oppure di un ente bilaterale oppure ancora di un
organismo paritetico, si deve intendere una struttura formativa di proprietà di
tali soggetti o almeno partecipata da essi.
Corso: è il
progetto formativo, comprensivo di titolo, programma e contenuti, come previsto
dalla normativa di riferimento. Ad esempio: corso per Responsabili e Addetti al
Servizio di Prevenzione e Protezione, corso per datore di lavoro che svolge
direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi, ecc.
Edizione del
corso è il singolo intervento formativo realizzato da uno specifico soggetto
erogatore e caratterizzato da date e sedi di svolgimento.
Nel
Bollettino Regione Lombardia Serie Ordinaria n.38 sono individuati per il
rilascio degli attestati i Destinatari ex Accordo articolo 34, commi 2 e 3 e i
Destinatari ex Accordo articolo 37, comma 2 individuando i soggetti formatori.
Fermo
restando quanto stabilito negli Accordi, per ogni percorso formativo i soggetti
che realizzano i corsi devono utilizzare un registro delle presenze, composto
da fogli non asportabili e numerati. Il registro delle presenze deve essere
redatto, per ogni corso realizzato, nel rispetto di requisiti minimi di
registrazione, quali:
-
compilazione
contestuale allo svolgimento delle attività formative;
-
firme degli
allievi, per la rilevazione delle presenze;
-
firme dei
docenti e dei tutor (se previsti).
Il Registro
deve essere compilato e firmato, prima del suo utilizzo, dal responsabile del
progetto formativo che può essere anche un docente (Accordo ex articolo 34,
Punto 3; Accordo ex articolo 37, Punto 2).
I contenuti
della formazione erogata devono essere esplicitati indicando i seguenti
elementi minimi:
-
tipologia di
percorso di riferimento (Normativa, Accordo di riferimento, ecc);
-
ore di
formazione programmate (totali e distinte per materia);
-
nominativi
dei docenti, dei tutor, degli esperti e di altre figure che intervengono
nell’ambito dell’erogazione delle azioni formative;
-
modalità
organizzative del percorso (lezioni frontali, esercitazioni, ecc);
-
valutazione
e certificazione (criteri, indicatori, tipologia e quantità delle prove, ecc.).
I soggetti
che realizzano i corsi devono conservare presso la propria sede e rendere
disponibile, anche ai fini di eventuali controlli da parte degli Organi di
vigilanza e degli Uffici competenti, tutta la documentazione attinente
all’attività svolta per il periodo di tempo richiesto dalla normativa nazionale
e/o comunitaria pertinente (al massimo 10 anni), tra cui:
-
il registro
degli attestati rilasciati;
-
le prove
finali, i verbali finali e tutti i documenti di valutazione dell’ apprendimento
degli allievi;
-
i curricula
vitae dei docenti formatori, dei tutor, ecc..
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