SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!
“LETTERE DAL FRONTE” DEL 30/07/15
Invio a seguire e/o in allegato le “Lettere
dal fronte”, cioè una raccolta di mail o messaggi in rete che, tra i tanti che
ricevo, hanno come tema comune la tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori e dei cittadini e la tutela del diritto e della dignità del lavoro.
Il mio vuole essere un contributo a
diffondere commenti, iniziative, appelli relativamente ai temi del diritto a un
lavoro dignitoso, sicuro e salubre.
Invito tutti i compagni e gli amici della
mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della
sicurezza sul lavoro
Medicina Democratica
Progetto “Sicurezza sul lavoro: Know Your
Rights!”
e-mail: sp-mail@libero.it
Web Medicina Democratica: http://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210
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INDICE
Franco Mugliari fmuglia@tin.it
ACRONIMI PER LA SICUREZZA TRA IL SERIO E IL
FACETO
Slai Cobas per il Sindacato di Classe slaicobasta@gmail.com
ILVA TARANTO TUTTI RINVIATI A GIUDIZIO E
COMINCIANO LE CONDANNE
Rete Nazionale Sicurezza bastamortesullavoro@gmail.com
PROCESSO ILVA: PRIMI COMMENTI DELL’AVVOCATO
BONETTO
Dante De
Angelis dadante@tiscali.it
METRO ROMA, MACCHINISTI E PORTE ROTTE:
LINCIATI O LICENZIATI
Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
COMUNICATO STAMPA SUL CONSIGLIO REGIONALE
RIUNITASI A POTENZA IL 21 LUGLIO 2015
Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
QUALCHE STIMOLO ALLA RIFLESSIONE SU EXPO
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
MOHAMED E’ MORTO PER I NOSTRI POMODORI - LA
NUOVA DICHIARAZIONE UNIVERSALE
Associazione Un Mondo che Vorrei info@ilmondochevorreiviareggio.it
STRAGE DI VIAREGGIO: “NON PERVENUTA” NELLE
AGENDE DELLE ISTITUZIONI
Franco Coppoli francoppoli@yahoo.it
COMUNICATO STAMPA SU SENTENZA CONTRO LICENZIAMENTO
LAVORATORE COOP CENTROITALIA
Carlo Marzio carlomarzio@libero.it
PER SCHMIDHEINY DUE GIUDIZI CON LA STESSA
ACCUSA
Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
LA POLITICA DELL’INDIFFERENZA E DELLA
COMPLICITA’ SULLE MORTI PER INFORTUNI SUL LAVORO
Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
LA SICUREZZA IN FERROVIA GRIDA: ALLARME!
Gruppo Operaio Marcegaglia goam@hotmail.it
COMUNICATO DEI 7 DI MARCEGAGLIA: SOSTENETE
CASSA DI RESISTENZA
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
A VIAREGGIO DAL 1 AL 4 AGOSTO 2015: 4
GIORNI DELLA MEMORIA
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From: Franco Mugliari fmuglia@tin.it
To:
Sent: Tuesday, July 21, 2015 5:48 PM
Subject: ACRONIMI PER LA SICUREZZA TRA IL
SERIO E IL FACETO
Dal blog Muglia la Furia
21 luglio 2015
Acronimi PER LA Sicurezza (A.PER.LA.S) di
MLF (Muglia La Furia)
Questa settimana propongo una serie di
slide che tentano di affrontare con
ironia il problema dei tanti acronimi che utilizziamo a volte in maniera
spregiudicata.
Spesso infatti, e non solo in aula,
ci troviamo di fronte a persone che non sono a conoscenza della
terminologia tecnica (la cui definizione spesso trasformiamo in acronimo) che
noi adoperiamo quotidianamente.
A volte ci troviamo di fronte a stranieri che incontrano ancora maggiori
difficoltà a capire il significato di sigle che non sempre hanno il crisma
dell'ufficialità.
Il più delle volte infatti sono il frutto
della fantasia di qualche collega: pensate forse che CSP, CSE, PSC ecc. siano acronimi elaborati dal Ministero del
Lavoro?
Certo che gli acronimi sono molto comodi
ma, attenzione, perché, alcuni di essi, possono indurre in errore. Errori che
si riscontrano anche tra persone già esperte. Due esempi.
RSPP che spesso diventa il Responsabile
della Sicurezza, anziché Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Spesso peraltro vi è l'inversione tra prevenzione e protezione un errore anche
questo che merita di essere sottolineato.
E quindi SPP?
Servizio Proposte e Proteste, Servizio
Prevenzione e Prudenza, Servizio Pratiche e Procedure, Servizio Protezione e
Prevenzione oppure Servizio Prevenzione e Protezione?
E che dire del RLS cui viene attribuito il
ruolo di Responsabile dei lavoratori?
Io
queste slide le utilizzo sempre all'inizio di un nuovo corso e per
qualsiasi destinatario. Mi serve non solo per rompere il ghiaccio ma anche come
verifica del livello di preparazione dei presenti e della comprensione
linguistica.
Lo propongo sempre all'inizio di un modulo
"C" per RSPP in cui siano presenti molti “esonerati” dalla formazione (moduli A e B) e
per i quali la comprensione di acronimi quali RSPP, RLS, DVR è cosa assai
difficile visto che spesso li sentono per la prima volta e non sanno nemmeno di
cosa si stia parlando.
A volte riscontro pure, il vezzo di
tradurre gli acronimi in altre lingue.
Il caso più frequente è sentire il docente
(o l'allievo saputello) che parlando dei Dispositivi di Protezione Individuale,
traduce l'acronimo DPI in DPAI. Come faceva Francesco Paolantoni, pizzaiolo a
New York, che preparava la "paizza margheraita". Ma lui faceva il
comico e non il formatore, anche se a volte non c'è differenza.
DPI si legge DPI e non DPAI: D=Dispositivo,
P=Protezione, I=Individuale e non AIndividuale.
Ma tornando alle cose serie (si fa per
dire) devo premettere che ogni definizione è articolata su tre slide:
1) l’acronimo con 5 ipotesi di risposta;
2) la traduzione corretta dell’acronimo in
forma estesa;
3) la definizione contenuta nel testo unico
del soggetto o strumento di cui abbiamo definito il reale significato
dell’acronimo.
Il valore delle slide forse è più nell’idea
che nel contenuto o nella forma in cui sono presentate. Ognuno infatti potrebbe
predisporne di nuove a seconda del bisogno... PEC/PAV, RUP ecc.
Ciò premesso, dove sono le slide? E' presto
detto. Le potrete scaricare (gratuitamente) dal sito di "iCLhub" che
ha già pubblicato le mie slide su preposti e RLS che hanno avuto un grosso
riscontro e che potete ancora recuperare insieme a molti altri materiali
davvero interessanti.
L'indirizzo per effettuare il download
delle slide è:
Poi, già che ci siete, date un'occhiata a
tutto il resto. Non ve ne pentirete. Infatti ci troverete anche il
"salvatutto".
Infine un avviso. Nelle prossime settimane
continuerò a pubblicare alcuni post (in particolare alcune vignette utili per
fare formazione, che mettono a confronto i comportamenti giusti/sbagliati in
cui spesso si incorre), ma senza mandare mail di avviso salvo il caso in cui
succedano cose di particolare importanza.
A presto e buone vacanze per chi ancora
deve farle.
Muglia La Furia
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From: Slai Cobas per il Sindacato di Classe
slaicobasta@gmail.com
To:
Sent: Thursday, July 23, 2015 2:22 PM
Subject: ILVA TARANTO TUTTI RINVIATI A
GIUDIZIO E COMINCIANO LE CONDANNE
ORA VOGLIAMO GIUSTIZIA E RISARCIMENTI PER
OPERAI, LAVORATORI, CITTADINI INQUINATI
Come Slai Cobas per il Sindacato di Classe
e come circa 100 operai ILVA, lavoratori cimiteriali, cittadini dei quartieri
Tamburi e Paolo VI patrocinati dagli avvocati Bonetto del foro di Torino e
Silvestre Lamanna Soggia del foro di Taranto siamo contenti.
Così come siamo contenti per le prime
condanne per Don Gerardo a 10 mesi e Primerano a oltre 3 anni.
Ora finalmente questa udienza preliminare
fiume si è conclusa e il 20 ottobre
comincia il processo vero.
Un processo che per i responsabili
dell’inquinamento e complici non si doveva fare a Taranto, doveva e deve essere
tirato alle lunghe per arrivare alla prescrizione, un processo che doveva e deve essere via via affossato dai
Decreti del Governo Renzi e dai suoi Ministri, che lavorano contro questo
processo e contro l’azione della Magistratura a Taranto.
Un processo da cui hanno provato a tirarsi
fuori Vendola e Stefano, ma non ci sono riusciti ed è grave che Stefano resti
ancora sindaco di questa città, quando le dimissioni sarebbero necessarie e
obbligate.
Ora, vinta una battaglia, bisogna vincere
la guerra.
Guerra che si fa con gli avvocati, ma
sopratutto con la partecipazione delle masse operaie e cittadine al processo,
cosa che finora non c’è stata.
Lo Slai Cobas e le sue parti civili autorganizzate dalla
metà di settembre organizzeranno una
grande assemblea cittadina e poi, con la Rete Nazionale per la Sicurezza e
Salute sui posti di lavoro e territorio, una manifestazione nazionale in
occasione della prima udienza del processo vero il 20 ottobre.
23 luglio 2015
Slai Cobas per il Sindacato di Classe
Taranto
Margherita Calderazzi e 100 operai,
lavoratori cimiteriali, cittadini dei quartieri Tamburi e Paolo VI
mail: slaicobasta@gmail.com
cellulare: 347
53 01 704
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From: Rete Nazionale Sicurezza bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent: Thursday, July 23, 2015 2:57 PM
Subject: PROCESSO ILVA: PRIMI COMMENTI
DELL’AVVOCATO BONETTO
Riportiamo i primi commenti dell'avvocato
Bonetto di Torino che segue le parti civili e lo Slai Cobas al Processo Ilva.
* * * * *
E’ importante che si sia arrivati al rinvio
a giudizio dato che si tratta in effetti di un maxi processo, per il numero
degli imputati, ma anche le contestazioni, non solo il disastro doloso, ma
viene anche contestata tutta la struttura organizzativa che operava attorno
all'ILVA in modo collusivo e l'inchiesta evidenzia uno stretto legame tra gli atteggiamenti
collusivi e gli effetti ambientali.
Questo non è mai stato fatto con un'impresa
in attività, a livello mondiale.
Sarà un processo lungo che ha sempre il
rischio della prescrizione, ma pensiamo che la questione della prescrizione non
c'è, né ci deve essere, dato che l'attività continua e non possono dire che ha
smesso di inquinare. Quindi non ci può essere sul disastro ambientale, mentre
sui reati amministrativi corruttivi è possibile.
La condanna del prete [Don Gerardo] prova che l'ILVA procedeva a finanziamenti a
strutture religiose in cambio di favori, ed è presumibile che lo facesse anche
nei confronti di altri soggetti.
E’ nostro impegno che l'esclusione delle
tre società , sia recuperabile nella fase dibattimentale, con la chiamata come responsabile
civile dell'Amministrazione straordinaria e di tutte le società del gruppo ILVA
sopravvissute.
A questo processo sono parti civili operai
ILVA, lavoratori del cimitero, cittadini dei quartieri Tamburi e di Paolo VI,
principali quartieri inquinati, occorre evidenziare questo dato perchè in
generale la via scelta dalle parti civili è stata di presentarsi come
associazioni, mentre i soggetti colpiti assistono da spettatori.
Siamo riusciti invece, sia pure con un
gruppo ristretto di persone a cui va dato atto del coraggio perchè non vi è
stato nessun genere di appoggio, a una costituzione di parti civili
significativa di cittadini e di lavoratori.
Si sa che nell'ILVA non è “apprezzato” che
i lavoratori si costituiscano parte civile nei confronti della società. E'
indispensabile la presenza delle persone fisiche, non si può delegare alle
associazioni un processo che giudica che negli anni una città è stata travolta
da un'impresa, in cui ambiente di lavoro e di vita sono stati e sono
compromessi da un impresa che continua ad operare.
Quindi è ragionevole che chi è colpito si
faccia vivo nel processo. Non è una questione di associazioni che devono
affermare un principio generale, ma di persone che devono affermare la
questione del pericolo in cui vivono. E devono farlo in prima persona. Se
avremo aule vuote rischiamo di avere sentenze brutte, se invece vengono e si
parla di cosa succede nelle aule è possibile che le sentenze fotografino quello
che è effettivamente accaduto.
E’ chiaro che i processi risentono non solo
dell'aspetto che trattano, ma del clima politico sociale generale, e questo fa
sì che giustizia, risarcimenti, deterrenza verso l'azione dei responsabili e
del capitale, possano o meno essere messi in discussione dal clima politico e
sociale in generale. questo processo può fare molto di più sia in bene che in
male. Le leggi, la Costituzione impediscono lo scambio salute-lavoro e
impediscono lo scambio lavoro-ambiente.
Avvocato Bonetto
cellulare 348 73 93 874
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From: Dante De
Angelis dadante@tiscali.it
To:
Sent: Friday, July 24, 2015 2:49 PM
Subject: METRO ROMA, MACCHINISTI E PORTE
ROTTE: LINCIATI O LICENZIATI
Cari,
due fatti di cronaca mi hanno turbato, come
pendolare, utente della metro e come macchinista...
L'altro ieri a Roma un treno della metro B
è partito da Termini con una porta aperta:
Tutti hanno accusato il macchinista PERCHE’
E’ PARTITO.
Qualcuno lo vorrebbe “licenziare”.
Ieri, sempre a Roma, un treno della metro B
non è partito da Tiburtina con una porta aperta:
Tutti hanno accusato il macchinista PERCHE’
NON E’ PARTITO.
Qualcuno lo voleva “linciare”.
Linciati o licenziati: una scelta etica e
professionale difficile da prendere su due piedi.
Suggerimento: perché non si convoca, di
volta in volta, un Consiglio d'Amministrazione per stabilire se, con una porta
rotta, il treno deve partire o no?
Amministratori, dirigenti e macchinisti
Atac: linciati o licenziati insieme!
Ciao
Dante
PS
Per chi fosse interessato ai dettagli: http://www.inmarcia.it/porte-killer#elenco
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From: Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
To:
Sent: Friday, July 24, 2015 7:15 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA SUL CONSIGLIO
REGIONALE RIUNITASI A POTENZA IL 21 LUGLIO 2015
Comunicato stampa
L’assemblea del Consiglio regionale
riunitasi a Potenza il 21 luglio 2015 su richiesta di 1/5 dei consiglieri,
avrebbe dovuto avere carattere
monotematico riguardante le estrazioni
su tutto il territorio regionale e trattare in maniera dettagliata e
approfondita tutti gli aspetti ambientali, produttivi, economici,
programmatici, autorizzativi, normativi.
I punti all’Ordine del Giorno erano 15 e
hanno evidenziato la volontà politica di non trattare il tema e non volere neanche affrontare e risolvere
la controversa impostazione da dare alla sentenza del TAR riguardante
l’autorizzazione concessa alla Aleanna Resources sul Vulture Alto Bradano.
Il Consiglio non ha affrontato neanche la
situazione esistente a Montegrosso in
agro di Brindisi di Montagna, dove persistono indagini della magistratura. Lo
stesso Consiglio non considera che le aree su cui si vogliono concedere
autorizzazioni a trivellare riguardano territori di ben 95 comuni su 131.
I consiglieri non hanno tenuto debitamente
conto della grave posizione politica tenuta dal nostro Presidente Pittella che,
durante la manifestazione di Policoro si nascondeva dietro le spalle del
Presidente della Regione Puglia Emiliano e non riusciva a esprimere alcuna
opinione perché non consentitogli dai fischi della folla.
La discussione del problema relativo alle
estrazioni è stata rinviata al 27 luglio di quest’anno ben sapendo di
partecipare in data giorno 24 luglio alla
riunione delle regioni che hanno rigettato l’articolo 38 della
cosiddetta Legge “Salva Italia”: Abruzzo, Molise, Calabria, Marche, Puglia.
E’ lecito chiedersi: con quale mandato
politico la regione Basilicata si presenterà a detta riunione? In barba
all’intelligenza dei cittadini di questa regione.
Lo stesso Pittella ha dichiarato che vorrà
“perseguire la strada dell’interlocuzione plurale con Renzi”, senza esplicitare il significato di questa
stessa frase.
I Sindaci ed il Presidente della Regione
sono i diretti responsabili civili e penali della salute dei cittadini, se
cagionata da inquinamento ambientale.
L’intera cittadinanza di tutta la Basilicata,
ricordando la richiesta di moratoria internazionale per non permettere le
esplorazioni off-shore e le
trivellazioni nel “bacino del Mediterraneo”, e la completa applicazione
degli accordi regionali per le coltivazioni petrolifere,
CHIEDE
-
un
serio confronto e paragone sulla qualità dell’acqua prima e dopo le
trivellazioni; acqua bevuta giornalmente da milioni di persone tra la Puglia e
la Basilicata, utilizzata per l’irrigazione di milioni di ettari di terreno e
per abbeveramento di migliaia di capi di bestiame;
-
una
mappatura completa dei siti inquinati nell’ambito delle perforazioni e del
trattamento dei fanghi di estrazione;
-
la
bonifica del territorio;
-
l’ufficializzazione
dello stato di salute delle comunità coinvolte sul territorio circostante le trivellazioni
destinate alla ricerca, alle estrazioni petrolifere e alle aree interessate al
trattamento dei fanghi di estrazione. Lo stato di salute della comunità deve
essere basato su prove VERIFICABILI dai cittadini, giornalisti, medici e dalla
Magistratura.
Matera 24 luglio2015
Associazione Italiana Esposti Amianto Onlus
Ban Asbestos Network
Associazione Italiana Esposti Amianto Val
Basento
sede legale: Matera, via De Martino, 65
cellulare 340 78 82 621
sede di Potenza, piazza Gianturco, 1
cellulare 347 22 20 788
Il presidente Mario Murgia
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From: Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
To:
Sent: Saturday, July 25, 2015 11:53 AM
Subject: QUALCHE STIMOLO ALLA RIFLESSIONE
SU EXPO
Carissimi*,
in questa mail potete trovare i link alle
relazioni svolte al Convegno di fine giugno di critica ad EXPO.
Mi permetto di consigliarne l'ascolto per
le tante informazioni, anche scientifiche, ivi presenti e non sempre facilmente
reperibili.
I MATERIALI DEL CONVEGNO “EXPO: NUTRIRE IL
PIANETA O LE MULTINAZIONALI?”
L'indirizzo web per la cartella con i
materiali del convegno è:
L'indirizzo web con i video degli
interventi, quelli di venerdì:
e quelli di sabato
Aggiungo anche un articolo sulla Grecia che
ho pubblicato sul mio blog su ilfatto quotidiano:
Buona lettura e buone vacanze per chi è
riuscito a scappare dalla calura cittadina.
Vittorio Agnoletto
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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Friday, July 24, 2015 8:23 PM
Subject: MOHAMED E’ MORTO PER I NOSTRI
POMODORI - LA NUOVA DICHIARAZIONE UNIVERSALE
Da Il Manifesto
22 luglio 2015
MOHAMED E’ MORTO PER I NOSTRI POMODORI
Nardò, l’immigrato sudanese lavorava in
nero: 3,5 euro per ogni cassone di 3 quintali. Il caldo a 42 gradi, la fatica,
la pressione dei caporali. FLAI CGIL: l’azienda è già sotto processo per tratta
di uomini
Mohamed si è accasciato mentre raccoglieva
i pomodori. Il caldo eccessivo, il sole forte, probabilmente la stanchezza, lo
hanno stroncato: è successo l’altro ieri, alle due del pomeriggio, in un campo
di Nardò, in provincia di Lecce.
Il bracciante, un immigrato sudanese di 47
anni, non aveva un contratto, ma era in possesso della carta di soggiorno in
quanto richiedente asilo. L’azienda per cui lavorava è attualmente sotto
processo per un caso di cui si è molto parlato a Lecce, un’organizzazione
criminale sgominata nel 2011 grazie all’operazione di polizia Sabr (dal nome di
uno dei caporali): le accuse, per sedici imputati, imprenditori e caporali
ancora in attesa di una sentenza di prima grado, vanno dall’associazione per
delinquere alla riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù,
all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e falso, e
comprendono anche la tratta di persone.
Ieri, per la morte di Mohamed, sono finiti
sul registro degli indagati il titolare dell’azienda agricola per cui lavorava,
la moglie di quest’ultimo e il caporale che lo aveva portato nel campo.
Mohamed, raccontano Antonio Gagliardi e Yvan Sagnet, sindacalisti della FLAI
CGIL, era arrivato da pochi giorni a Nardò: come tantissimi altri braccianti
usava spostarsi nei diversi territori di raccolta, in tutto il Sud, a seconda
delle stagioni. La moglie e la figlia piccola si trovavano infatti a Catania, e
appena appresa la notizia sono partite immediatamente per raggiungere il centro
pugliese.
“Mohamed lavorava per 3,50 euro a cassone”
- spiega Sagnet, sindacalista della FLAI – “Ciascun cassone pesa 3 quintali, e
più ne riempi, più vieni pagato. La giornata di lavoro inizia alle 5 del
mattino e finisce tra le 17 e le 18: si passano 12 ore sotto il sole, a
faticare come bestie. Mohamed probabilmente non era abituato, era la prima
volta che raccoglieva pomodori, e i 42 gradi, la pressione psicologica, sono
stati fatali. Non si conosce ancora il motivo esatto della morte, le autorità
hanno disposto un’autopsia”.
Erano irregolari anche i due lavoratori che
si trovavano vicino all’uomo e che hanno lanciato l’allarme, come non erano a
norma dal punto di vista della sicurezza altri 28 braccianti registrati dalla
polizia in quel momento nel campo. “L’autoambulanza, chiamata dagli altri
lavoratori, è arrivata dopo due ore” - dice Sagnet – “ma ormai era troppo tardi
e Mohamed era già morto”.
La storia, drammatica già in sé, diventa
ancora più significativa se si guarda il contesto in cui è avvenuta:
innanzitutto, come detto, l’azienda coinvolta era già sotto processo. E in
quello stesso processo, avviato nel gennaio 2013 dopo due anni di indagini su
una tratta di clandestini dall’Africa all’Italia, si sono costituite come parti
civili anche la FLAI e la CGIL. Ma evidentemente le cause legali, le
imputazioni penali, non bastano a fermare certi imprenditori “spregiudicati”.
Stesso discorso per i caporali, spesso immigrati anche loro: gli imputati per
il caso Sabr, spiegano alla FLAI CGIL, sono ad esempio tunisini, algerini,
sudanesi.
Ma non basta, perché nel 2011 c’era stata
un’altra vittima tra i braccianti di Nardò: “Un ragazzo era morto in una
baracca e non nel campo” - racconta Sagnet – “Non abbiamo mai capito per quale
motivo, ma deve aver contribuito la durezza del lavoro”. Proprio nel 2011 è
scoppiata una rivolta a Nardò, con uno sciopero dei migranti durato 13 giorni,
e che poi ha acceso i riflettori sul territorio e ha contribuito alla riuscita
dell’operazione Sabr, quella che ha portato sotto processo i presunti
trafficanti di uomini.
Sagnet, camerunense, era uno di quei
braccianti ribelli, e da allora è cresciuto fino a diventare sindacalista della
FLAI CGIL. “Se non è andata come a Rosario” - aggiunge il suo collega Antonio
Gagliardi – “è stato grazie al fatto che il sindacato ha saputo incanalare
quelle lotte, e al successivo intervento delle autorità. Poi abbiamo deciso di
costituirci parte civile”.
“Ma tante cose ancora non funzionano” -
conclude Gagliardi – “Ad esempio le liste di collocamento pubbliche che noi del
sindacato abbiamo fortemente voluto: ci sono e sono uno strumento importante,
ma non è obbligatorio per le imprese pescare i lavoratori solo da lì, e quindi
ritengono più comodo ed economico utilizzare ancora oggi i caporali”.
“La morte di Mohamed non può restare un
fatto di cronaca estiva, è un atto di accusa verso un mercato del lavoro
agricolo colpito dalla piaga dello sfruttamento” - dice Stefania Crogi,
segretaria generale della FLAI CGIL - E’ una situazione che denunciamo e
contrastiamo da anni, incontrando enormi difficoltà anche da parte di chi
(politica e istituzioni) dovrebbe dare risposte forti e immediate. Mohamed è
morto perché non poteva alzare la testa per chiedere aiuto, non poteva far
valere i suoi diritti”.
Antonio Sciotto
* * * * *
Da Il Manifesto
23 luglio 2015
LA NUOVA DICHIARAZIONE UNIVERSALE
Oggi il vero spartiacque fra chi crede
nella piena dignità e integrità dell’essere umano e chi non lo crede risiede
nelle contrapposte concezioni dell’emigrazione.
Gli scorsi giorni hanno visto in Italia
l’asfittico ripetersi del ciclo monotono “emergenza migranti”, guerra fra
poveri, strumentalizzazioni delle destre, nella fattispecie, Lega, Casa Pound,
Fratelli d’Italia.
Il ciclo ricalca uno schema che ha già dato
ampie prove di sé nel corso di tutto il Novecento.
Questo schema si nutre sempre dello stesso
veleno: negativizzazione e criminalizzazione dell’altro in quanto tale.
Questo risultato si ottiene attraverso
meccanismi retorici di falsificazione, di generalizzazione, attraverso la
dilatazione e la manipolazione strumentale di dati statistici, attraverso la
propagazione di allarmi sociali, l’evocazione di paure irrazionali e la
contrapposizione ancestrale fra il noi e il loro come antagonismo fra il
legittimo e l’illegittimo, fra la titolarità e la clandestinità. Da questo
schema è espunto lo statuto universale di dignità dell’essere umano.
La politica sta all’interno di questo
circuito perverso o per sopravvivere alla prossima cosiddetta emergenza o per
parassitare qualche vantaggio elettorale con la pretesa di ergersi a paladina
degli autoctoni assediati dagli invasori.
Coloro che per origine ideale dovrebbero
opporsi allo squallido tran tran della politichetta come mestiere non hanno
nessuna autorevolezza o credibilità per farlo, non sanno ergersi oltre lo
status quo, oltre la routine mediatica.
Alzare lo sguardo significa ricordare che
solo quarant’anni fa, nelle terre del nord, gli “altri” erano i nostri
cittadini meridionali, i terroni, ricordare che nel corso di cento anni
(1870–1970) gli “altri” sono stati gli italiani, 30 milioni di emigranti (molti
clandestini) nelle Americhe, in Europa e in Australia.
E’ necessario ricordare che cittadini
autoctoni simili in tutto e per tutto a quelli che oggi nel Veneto e alle porte
di Roma non vogliono nel loro quartiere un pugno di migranti africani, allora,
con la stessa attitudine intollerante, non volevano gli italiani, li
descrivevano come pericolosi, sporchi, violenti, criminali.
Chi oggi vuole respingere i migranti è
portatore della stessa patologica mentalità di chi allora calunniava, insultava
e voleva ricacciare in mare i nostri concittadini che non sfuggivano alle
guerre, ma alla fame endemica, alla disperazione sociale, alla mancanza di
futuro.
Nell’alluvione di retorica e falsità che
accompagnano il pensiero reazionario sulla “questione migranti” emerge come
apoteosi del raggiro lo slogan frusto e truffaldino: “Aiutiamoli a casa loro”.
Ma certo! Aiutiamoli a casa loro. Allora c’è un solo modo per farlo: espellere
dall’Africa ogni interesse colonialista.
Il colonialismo è stato, al di là di ogni
possibile dubbio, il più vasto e perdurante crimine della storia dell’umanità.
Il primo e più efferato criminale anche se non il solo è stato l’Occidente e,
per nulla pentito persiste. Il crimine è perdurante e prosegue nel nostro tempo
con le guerre “umanitarie” o preventive, con l’azione delle multinazionali, con
la sottrazione delle risorse più preziose ai legittimi titolari, impedisce la
sovranità alimentare, idrica, arraffa terre ed è in combutta con i governanti
più corrotti e tirannici. Vediamo questi politicastri da quattro soldi se sono
capaci di aiutarli a casa loro. Vediamo sotto i nostri occhi come sono capaci
di contrastare la schiavizzazione dei lavoratori stranieri nei nostri campi di
pomodori e nei nostri frutteti. Ma fra le devastazioni più imperdonabili con le
quali la mentalità colonialista ha inquinato il rapporto fra uomini di culture
diverse c’è la concezione dell’altro visto come minore, sottomettibile,
diseguale.
Prima l’ideologia colonialista si è auto
assegnata il compito di civilizzazione di altre culture definite
unilateralmente come incivili, oggi che le conseguenze dell’infestazione
coloniale portano grandi flussi migratori verso l’Europa, l’altro diventa
indesiderabile, minaccioso, da respingere. Ovviamente colui che maggiormente
viene ostracizzato è il più povero, il più disperato, mentre, per confondere le
acque, ci si mostra disponibili ad accogliere colui che è provvisto di
attributi accettabili. Il razzista e lo xenofobo odierni non vogliono essere
definiti come tali, fingono di risentirsi contro chi li apostrofa con l’epiteto
che danno mostra di ritenere insultante.
Ma oggi il vero spartiacque fra chi,
diciamo, crede nella piena dignità e integrità dell’essere umano e chi con
variegate motivazioni, non lo crede risiede nelle contrapposte concezioni
dell’emigrazione. Per chi accoglie in sé la dignità dell’altro come bene
supremo, l’emigrazione è progetto di trasformazione per la costruzione di una
società di giustizia e solidarietà. Per coloro che non percepiscono in sé
l’accoglienza dell’altro come orizzonte verso cui mettersi in cammino
l’emigrazione è problema, emergenza, turbativa, invasione.
Chi, individuo, associazione, partito o
movimento sostiene la piena dignità dell’altro e prende sul serio la “Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo” ha il dovere di radicalizzare la propria
perorazione chiedendo subito, come da tempo suggerisce il sindaco di Palermo
Leoluca Orlando, l’abolizione universale del permesso di soggiorno. Il cammino
sarà certo lungo ma è tempo di iniziarlo con decisione.
Moni Ovadia
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From: Associazione Un Mondo che Vorrei info@ilmondochevorreiviareggio.it
To:
Sent: Saturday, July 25, 2015 10:05 AM
Subject: STRAGE DI VIAREGGIO: “NON
PERVENUTA” NELLE AGENDE DELLE ISTITUZIONI
Se vi capitasse di passare da Viareggio,
consiglio una sosta alla Casina dei ricordi. Poco distante dal rogo avvenuto il
29 giugno del 2009 le famiglie delle vittime e i sopravvissuti hanno deciso di
allestire un luogo che custodisce frammenti della loro vita vissuta fino
all’attimo in cui le fiamme l’hanno
incenerita. Ricordi di figli che non
potranno più abbracciare, di amici con cui non potranno più condividere nulla.
Genitori, compagni, mariti o mogli, sorelle o fratelli con i quali non potranno più proseguire alcun
discorso, o anche solo immaginare di costruire qualcosa insieme.
Chiudiamo gli occhi e per un attimo
pensiamo (cercando di immaginare) che quanti ci sono più cari non esistano più:
stop, chiuso, fine delle trasmissioni, senza alcuna possibilità di ritorno. La
morte interrompe tutto. Bruscamente, dolorosamente e irrimediabilmente senza di
loro.
La Casina dei ricordi è un lieve fermo
immagine di una tragica sequenza che, dopo sei anni, per l’opinione pubblica è
a malapena un ricordo. Da quanto scrive Daniela Rombi, mamma a cui è stata
strappata una delle due figlie e presidente dell’Associazione “Un mondo che
vorrei” (info@ilmondochevorreiviareggio.it),
la strage di Viareggio, anche per le istituzioni, è a malapena un ricordo, un “non pervenuto”
sulle loro agende.
Daniela mi ha mandato la lettera di un comune cittadino indirizzata
alle famiglie delle vittime, ai sopravvissuti, che aspettano tutti noi alla
casina dei ricordi.
TESTO DELLA LETTERA
Non sono nato a Viareggio, ma ci abito da
40 anni. Ho una casa nella zona del disastro del 29 giugno 2009 a due, trecento
metri dal treno che deragliò. Ho subìto anch’io qualche danno; poca cosa
rispetto a chi ha perso la casa, meno di niente di fronte a chi ha perso uno o
più familiari.
Non conoscevo nessuna delle vittime, tranne
Stefania Maccioni che, avendo lavorato in una lavanderia, mi aveva stirato
tante volte i pantaloni.
Nei giorni successivi presi parte a diversi
incontri nel tentativo di essere utile e mi aggregai a una delle associazione
che si formarono in quei giorni. Non mi piaceva sentirmi sfortunato e volevo
fare qualcosa per chi lo era stato davvero. Vivere in una città vuol dire
vivere in una comunità, partecipare alla vita e ai problemi che ci sono e ho
cercato, come ho potuto, di essere presente.
In quei mesi del 2009 abbiamo avuto la
solidarietà di altre realtà, vittime di tragedie e ci siamo aperti a condividere
esperienze. Ho preso parte anch’io a diverse contatti: a L’Aquila, a Torino per
il processo Thyssen, a Livorno per la Moby Prince, a Casalecchio di Reno, a
Bruxelles per dare un contributo di idee in merito alla sicurezza del traffico
ferroviario, nella commissione trasporti del Parlamento europeo.
Non potrò mai dimenticare la testimonianza
di Daniela Rombi per la figlia Manuela e di Antonio Lunardi, figlio di Anna
Chiara Maccarone, quando descrissero nei dettagli gli interventi e le sedute di
sbruschinatura della pelle ustionata, che sua madre aveva subito negli 11 mesi
di ricovero a Torino, quando neanche la morfina era sufficiente ad alleviare il
dolore. Seguirono minuti di silenzio assoluto, nessuno aveva voglia di
ricominciare a parlare.
Come non potrò dimenticare l’impressione
nel primo anniversario del terremoto de L’Aquila, in una città resa spettrale
dal silenzio, dal buio, dalle case vuote, fra macerie di ogni genere e con un
freddo che a Viareggio non abbiamo mai.
Dopo 7 mesi a Viareggio ci fu il carnevale.
Fu detto che era un momento importante, perché la vita continua e forse un
sorriso poteva aiutare verso la normalità. Ci si credette davvero e fu
difficile perfino ottenere, il martedì, l’ultimo giorno, un minuto di silenzio,
che la TV non accettò di riprendere.
I familiari delle vittime della strage a
più riprese chiesero al Capo dello Stato un incontro, non hanno ricevuto un
“sì” o un “no”, non hanno ricevuto risposta. L’attuale Presidente ha declinato
l’invito non ritenendolo opportuno con il processo in corso.
La stessa richiesta è stata rivolta a 3 dei
4 Presidenti del Consiglio e anche da loro, nessuna risposta.
Ugualmente dai Ministri dei trasporti e dai
Ministri di giustizia avvicendati nel periodo, nessuna risposta.
Sembra che a Viareggio non sia accaduto
niente o che quello che è accaduto è meglio dimenticarlo.
Dimenticare contiene la parola “mente” e
vuol dire togliere, rimuovere dalla mente qualcosa, un avvenimento, una
persona, come un fastidio.
Non ho condiviso e non condivido il
dimenticare, credo sia giusto, invece, il ricordare.
Ricordare contiene la parola latina “cuore”
e significa rivivere un evento col cuore, con affetto, con amore. Quanto è
accaduto il 29 giugno 2009, la scia di morti per sei mesi, le persone
ustionate, ferite nel corpo, nella mente e negli affetti, chi ha perso la casa,
non può essere dimenticato, tolto dalla mente, ma deve essere ricordato perché
ha toccato e continua a toccare nelle sue conseguenze la vita di molti di noi.
C’è un’altra parola che mi è molto cara: la
parola compassione.
Compassione contiene la parola “patire” e
vuol dire patire con, provare gli stessi sentimenti, sia di sofferenza, che di
gioia, o di speranza con qualcuno.
Nel nostro parlare abbiamo una parola
ancora più espressiva “condividere”, che vuol dire “dividere con”. Dividere un
peso con qualcuno vuol dire sentirlo meno insopportabile, condividere un dolore
significa non sentirsi soli, vuol dire sentire che qualcuno ti vuole essere
vicino e ti vuole aiutare a portare con te una parte del tuo peso.
Qualcuno mi ha detto che questo è un
pensiero tipicamente cristiano, qualche altro mi ha detto che questa è una
visione laica della vita.
Io non so dare una risposta,
penso solo che questo sia semplicemente un
comportamento umano di impegno civile.
di Elisabetta Reguitti
23 luglio 2015
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From: Franco Coppoli francoppoli@yahoo.it
To:
Sent: Saturday, July 25, 2015 4:02 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA SU SENTENZA
CONTRO LICENZIAMENTO LAVORATORE COOP CENTROITALIA
Ai mezzi di stampa ed informazione.
Si inoltra comunicato stampa sulla sentenza
di reintegro del lavoratore P.T. dei Cobas, illegittimamente licenziato da Coop
Centro Italia.
Se ne chiede la più ampia diffusione e pubblicazione
di cui si ringrazia anticipatamente.
Per la Confederazione Cobas di Terni
Franco Coppoli
COMUNICATO STAMPA
REINTEGRATO E RISARCITO IL LAVORATORE
INGIUSTAMENTE LICENZIATO DA COOP CENTROITALIA: IL FATTO NON SUSSISTE
II Giudice del lavoro di Terni, con la
sentenza 262 del 22 luglio 2015, ha affermato che il fatto non sussiste,
respingendo come infondata l’opposizione della Coop Centro Italia e confermando
l’ordinanza del 22/12/14 di reintegro e
risarcimento del lavoratore ingiustamente licenziato da Coop Centro
Italia, condannando la Cooperativa di
distribuzione a rifondere le spese processuali.
Una seconda vittoria importante che oltre a
ingiungere alla Coop Centro Italia a ridare diritti, salario e contributi
previdenziali a T.P., lavoratore iscritto
ai Cobas e difeso dall’avvocato Gabriella Caponi per la confederazione Cobas di
Terni, ne ristabilisce pienamente la dignità e la caratura che l’accusa di
furto, pretestuosa e inconsistente da parte di Coop, aveva di fatto messo in
dubbio.
E’ stata dunque respinta l’opposizione di
Coop Centro Italia all’ordinanza del Giudice del lavoro di Terni del 22
dicembre 2014 che aveva già ordinato la reintegra del lavoratore e condannato
la Coop Centro Italia, al pagamento dell’indennità risarcitoria nonché
al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal licenziamento
alla reintegra e alle spese processuali.
Quello che è assurdo è che questa sentenza
non potrà essere affissa nella bacheca sindacale all’interno della Coop Centro
Italia, perché nonostante il 30% dei
lavoratori abbiano votato Cobas alle RSU, la direzione di Coop ha consegnato le
chiavi alla sola CGIL che monopolizza, in “strana” sintonia col datore di
lavoro, la stessa bacheca e come Cobas del Lavoro Privato siamo ancora in attesa
della conclusione di un articolo 28 della Legge 300/70 contro Coop per
comportamento antisindacale.
Ricordiamo brevemente l’ingiusto
licenziamento di P.T.: nel novembre del 2013 Coop Centro Italia rispondeva di
fatto alla costituzione del Cobas e all’affermazione alle elezioni RSU del sindacato di base nel punto vendita di
Terni, votato da oltre il 30% dei lavoratori, con un licenziamento che abbiamo
sempre definito “politico” e del quale abbiamo sempre denunciato
l’inconsistenza e insussistenza delle motivazioni nonché il carattere
pretestuoso e strumentale da parte di Coop Centro Italia.
Partiva subito una campagna di solidarietà
nazionale contro il licenziamento di P.T., un lavoratore di sessanta anni
accusato di furto di merendine da Coop Centro Italia attraverso l’uso
strumentale di immagini che nulla mostravano se non la loro palese illegalità
essendo state riprese nei magazzini senza alcuna comunicazione alle RSU e ai
sindacati, in piena violazione delle norme e dei diritti dei lavoratori.
Se nell’immagine pubblicitaria Coop lancia
slogan come “la Coop sei tu” nelle pratiche di relazione sindacali è ben altro
il quadro che si viene a definire. Con un’arroganza e un attacco ai diritti dei
lavoratori che non appartengono assolutamente alla storia del movimento operaio
e del mutualismo da cui Coop proviene, ma da cui si è allontanata abissalmente,
come queste pratiche confermano. Ma ora dovrà reintegrare e risarcire P.T. .
“Un torto subito da un lavoratore è un
torto fatto a tutti” diceva l’Industrial Workers of the World, oggi possiamo
dire che con questa sentenza giustizia è stata fatta non solo per P.T., ma per
tutti i lavoratori, contro i licenziamenti illegittimi, il videocontrollo
illegale e l’arroganza padronale.
Franco Coppoli,
Confederazione Cobas Terni
via del lanificio 21 05100 Terni
cellulare 328 65 36 553
e-mail:cobastr@yahoo.it
aderente a Cobas – Confederazione dei
Comitati di Base
viale Manzoni, 55 00185 Roma
telefono: 06 77 59 19 26
fax: 06 77 20 60 60
web: http://www.cobas.it
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From: Carlo Marzio carlomarzio@libero.it
To:
Sent: Saturday, July 25, 2015 4:57 PM
Subject: PER SCHMIDHEINY DUE GIUDIZI CON LA
STESSA ACCUSA
SOSPENSIONE AL PROCESSO ETERNIT: ATTI ALLA
CONSULTA.
Il processo Eternit si ferma e passa al
vaglio della Corte Costituzionale.
Il Giudice per l’Udienza Preliminare
Federica Bompieri, che doveva pronunciarsi sul destino dell’imprenditore
svizzero Stephan Schmidheiny, imputato di omicidio con dolo eventuale per la
morte da amianto di 258 persone, ha interpellato la Consulta perché faccia luce
su una complicatissima questione di diritto. Se ne riparlerà, dicono a Palazzo
di Giustizia, non prima di una decina di mesi.
Negli uffici giudiziari subalpini la mossa
del giudice Bompieri non viene accolta in modo negativo.
In primo luogo, i Pubblici Ministeri
Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace potranno sfruttare il periodo di stop
per aggiungere al processo (dando per scontato che riprenderà e non sarà
annullato) nuove accuse legate ad altri 94 decessi.
“In secondo luogo” - spiegano in procura –
“la questione è molto importante ed è bene che venga chiarita subito”.
Si tratta del “ne bis in idem”, il
principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso
fatto. Schmidheiny era già stato processato per disastro ambientale doloso
(uscendone indenne perché la Cassazione ha stabilito che il reato è prescritto)
e la difesa afferma che questa causa è soltanto una ripetizione della
precedente. Il Giudice per l’Udienza Preliminare Bompieri ha rilevato che sulla
materia esistono profonde divergenze fra la giurisprudenza italiana e quella
della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Se accoglierà la questione, la Consulta
dovrà addirittura riscrivere un articolo del codice di procedura penale (il 649
“Divieto di un secondo giudizio”).
E c’è di più. Schmidheiny sarà prosciolto
subito da almeno 186 casi di omicidio, quelli di cui si era parlato nel primo
processo. Per gli altri (compresi quelli che nel frattempo arriveranno) si
vedrà.
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From: Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
To:
Sent: Sunday, July 26, 2015 8:30 PM
Subject: LA POLITICA DELL’INDIFFERENZA E
DELLA COMPLICITA’ SULLE MORTI PER INFORTUNI SUL LAVORO
Sono salite a nove le vittime
dell’esplosione nella fabbrica di fuochi d’artificio in provincia di Bari, ma
questa è solo la punta di un iceberg.
C’è uno stillicidio giornaliero che lascia
indifferenti tutti. Sono sessantanove i morti sui luoghi di lavoro in Italia
dal 1° luglio 2015. Sono 372 dall’inizio dell’anno e oltre 740 se si aggiungono
i morti sulle strade e in itinere che sono considerati dallo Stato a tutti gli
effetti come morti sul lavoro.
Affanculo alla politica dell’indifferenza,
della compiacenza, che mai s’interroga su queste tragedie e sul reale numero
delle morti per infortuni sul lavoro. Tutti gli anni parlano di cali favolosi,
ma che sono inesistenti. Da quando ho aperto l’Osservatorio Indipendente di
Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.it
il 1° gennaio 2008 non sono mai stati
così tanti. In questi ultimi due anni poi c’è stato un crescente che lascia
allibiti quelli come me che fanno il lavoro di monitoraggio delle morti senza
avere nessun interesse da salvaguardare. Un lavoro volontario fatto per
passione, iniziato per ricordare gli operai della Thyssen-Krupp di Torino morti
così tragicamente poche settimane prima.
Ma perché questa disinformazione? Ma perché
nessuno va a verificare se quello che l’Osservatorio dice corrisponde al vero?
Ma la politica a cosa serve se non s’interessa a queste tragedie? L’INAIL va in
Parlamento e parla anche per il 2014 di un calo delle morti per infortuni,
mentre da anni scrivo che le morti si sono solo trasferite da chi dispone di
questa assicurazione a lavoratori in nero o assicurati in modo diverso
dall’INAIL che monitora solo i propri assicurati.
Ma nessuno in Parlamento che dica: un
momento, c’è chi dice che le morti sono aumentate, andiamo a verificare.
Veramente occorre ricordare che l’onorevole Alfonso Bonafede ha presentato un’interrogazione
parlamentare chiedendo spiegazioni al Ministro Martina. Allora? La verità è che
in Parlamento non c’è più un partito dei lavoratori, che alla fine in quel
luogo surreale non c’è nessuno che s’interessi quello che succede a decine di
milioni di cittadini.
La legge Fornero ha fatto aumentare le
morti sul lavoro, muoiono in tantissimi con più di sessant’anni per infortuni mentre lavorano.
Ma nessuno dice niente. A nessuno interessa. Diminuiscono ulteriormente le
protezioni con il Jobs act, ma a nessuno
in quel luogo interessa e si oppone concretamente.
I lavoratori utilizzati solo come utili
idioti. Sono già oltre quaranta gli agricoltori schiariti dal trattore dal 1°
Maggio Festa dei lavoratori e Martina pur avvertito, come del resto Renzi e
Poletti, come nel febbraio 2014, sull’imminente strage causate da questo mezzo
non fa niente contro queste morti. Anche
il grande giornalista Santo Della Volpe, scomparso poche settimane fa, uno dei pochi che s’interessava costantemente
di queste tragedie non riusciva a farsi ascoltare. Ma in che Paese siamo caro
Presidente Mattarella? Li mandi tutti a casa.
Carlo Soricelli
Curatore dell'Osservatorio Indipendente di
Bologna morti sul lavoro
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From: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Sunday, July 26, 2015 9:15 PM
Subject: LA SICUREZZA IN FERROVIA GRIDA:
ALLARME!
Il 20 luglio scorso, una porta di salita
del treno regionale 3171 (Jazz) Firenze-Arezzo, si è staccata ed è volata via
mentre percorreva la galleria San Donato della “Direttissima”.
I Jazz sono treni nuovi e percorrono le
linee ferroviarie da pochissimi mesi!
Un incidente potenzialmente gravissimo:
come in tantissimi altri casi; sarebbe stato sufficiente che una sola
condizione si realizzasse diversamente o non si realizzasse, e le conseguenze
sarebbero state drammatiche.
Siamo familiari delle vittime, ferrovieri,
cittadini di Viareggio, rappresentiamo una delle numerose stragi del nostro
paese, una strage, come altre, ANNUNCIATA che ha provocato 32 Vittime, feriti
gravi e gravissimi e tanta distruzione. Una strage annunciata perché, anche
allora, i treni lanciarono l' “allarme” attraverso i tanti incidenti mancati
nelle settimane che precedettero la strage del 29 giugno 2009. Ma non furono
ascoltati.
Siamo titolati a dire, “La sicurezza grida:
Allarme! Lo scorso 29 giugno è stato il 6° anniversario del disastro
ferroviario di Viareggio ed è l'esperienza accumulata in questi anni che ci dà
questa titolarità. Sono gli incidenti che continuano ad accadere, sono i morti
sui binari (nel periodo 2006-2014, periodo di Moretti come Amministratore
Delegato, hanno perso la vita 54 lavoratori) che hanno (avrebbero) tanta voce
per lanciare questo allarme.
Ma di sicurezza che non c'è non se ne deve
parlare (e non solo in ferrovia) e per impedire di ascoltare anche la più alta
delle voci (quella dei superstiti e dei familiari delle vittime) lor signori si
inventano, ogni volta, qualcosa di nuovo. Anche questo fa parte dell'esperienza
di questi 6 anni. Lo ha fatto Napolitano, lo ha ribadito Mattarella (tanto per
fare due esempi famosi): i familiari di Viareggio non li vogliono incontrare.
Come fa parte della nostra esperienza il
fatto che occorra l'informazione e la denuncia innanzi tutto. Ma non basta.
Occorre ascoltare questo grido di allarme, occorre promuovere quanto è
necessario per la sicurezza collettiva, per evitare nuovi incidenti e disastri,
a cominciare dal sostegno ai ferrovieri licenziati per essersi schierati
proprio in difesa della sicurezza del trasporto ferroviario. Noi continueremo
ad opporci alle sentenze di quei giudici che, confermando i licenziamenti, come
quello di Riccardo Antonini, pensano che queste siano le voci che più
facilmente possono mettere a tacere.
Dal 1° al 4 agosto si terranno a Viareggio,
nella Pineta di Levante (di fronte allo stadio), i “Giorni della Memoria e
della Solidarietà”. Tra gli obiettivi che ci proponiamo c'è l'auspicio che la
nostra esperienza sia conosciuta e possa essere di insegnamento per lavoratori
e lavoratrici che ci vorranno ascoltare.
I familiari delle Vittime, all'appello alla
partecipazione, aggiungono l'invito a non temere in nessun modo l'incontro con
chi è stato così duramente colpito, colpito negli affetti più cari. Temerlo
significa solo ampliare quel silenzio che lor signori vogliono imporre a tutti
i costi intorno a questa strage ferroviaria.
25 luglio 2015
Associazione “Il mondo che vorrei” info@ilmondochevorreiviareggio.it
Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
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From: Gruppo Operaio Marcegaglia goam@hotmail.it
To:
Sent: Monday, July 27, 2015 11:10 AM
Subject: COMUNICATO DEI 7 DI MARCEGAGLIA:
SOSTENETE CASSA DI RESISTENZA
CASSA INTEGRAZIONE PER UN ALTRO ANNO
FIRMATA.
LA LOTTA PAGA!
ORA CONQUISTIAMOCI IL LAVORO!
Lo scorso giovedì 23 luglio, con nostra
estrema sorpresa per la velocità con cui siamo stati convocati, presso il
Ministero del lavoro si è tenuto l'esame congiunto per il secondo anno di CIGS.
E’ stato sottoscritto il verbale di accordo e l'azienda ci anticiperà la cassa
alle scadenze della busta paga per tutto l'anno.
Quando abbiamo occupato la fabbrica e
presidiato tetti e carroponti per bloccare la produzione e le merci pochi
confidavano nel risultato (Marcegaglia non è mai tornata sui suoi passi) e
invece in soli 7, con la determinazione e l'organizzazione, abbiamo scritto una
storia diversa da quella che il padrone voleva imporci.
Non è stata la disperazione a spingerci in
questa impresa, ma la voglia di fargliela pagare cara, di non piegare la testa,
di dimostrare al padrone e agli altri lavoratori e lavoratrici che la nostra
dignità non se la possono prendere, che resistere è giusto, è possibile e porta
risultati molto migliori del silenzio e della concertazione!
Abbiamo vinto però solo una battaglia! La
lotta è ancora lunga e siamo determinati a raggiungere il nostro obiettivo: IL
LAVORO.
Il padrone vorrebbe far passare questi 12
mesi in pace per poi metterci di nuovo alla porta tentando di imporci la
deportazione a Pozzolo Formigaro.
Ora abbiamo tempo un anno, ora possiamo
costruire assieme a tutti i compagni e le compagne che hanno creduto nella
nostra lotta un percorso di conflitto crescente che porti al raggiungimento
dell'obiettivo nella consapevolezza che questa non è solo la lotta dei 7
grintosi combattenti che hanno occupato una fabbrica, ma è la lotta di tutti e
di tutte contro l'arroganza padronale e il governo Renzi che con il suo Jobs
Act afferma legalmente il fascismo padronale.
A settembre organizzeremo a Milano una
assemblea di bilancio e di rilancio della lotta. Vorremmo il contributo di
tutti e tutte!
Ringraziamo i compagni e le compagne che ci
hanno sostenuto.
Ringraziamo le organizzazioni sindacali che
hanno creduto in noi.
Ringraziamo le nostre famiglie che hanno
sofferto e resistito assieme a noi!
APPUNTAMENTO A
SETTEMBRE!
CE N'EST QU'UN
DEBUT CONTINUONS LE COMBAT!
A SARÀ DÜRA! JETTA SANG!
Alfredo, Cristian, Franco, Gianni,
Massimiliano, Roberto, Sergio
Contatti:
cellulare: 349 49 06 191
Per inviare contributi alla nostra Cassa di
resistenza: ricarica Posta Pay n. 4023600585120662, intestata a De Clemente
Rosaria
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From: Maria Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, July 29, 2015 10:47 AM
Subject: A VIAREGGIO DAL 1 AL 4 AGOSTO
2015: 4 GIORNI DELLA MEMORIA
MASSIMA DIFFUSIONE E PARTECIPATE!!!
4 GIORNI DELLA MEMORIA E DELLA SOLIDARIETA’
IL MONDO CHE VORREI Onlus
con la collaborazione attiva di ASSEMBLEA
29 GIUGNO
Incontri, dibattiti, spettacoli teatrali e
concerti per dire NO alla prescrizione per Viareggio
DAL 1 AL 4 AGOSTO 2015 PINETA FRONTE STADIO
DEI PINI (VIAREGGIO)
EVENTI PRINCIPALI
SABATO 1 AGOSTO
Serata di apertura e proiezione del film
“Ovunque Proteggi” realizzato da Massimo Bondielli e Luigi Martella
DOMENICA 2 AGOSTO
Proiezione video Reportage testimonianze e
approfondimenti con periti e avvocati
LUNEDI’ 3 AGOSTO
Spettacolo Teatrale “#teen” con gli allievi
de La Bottega del Teatro regia di Luca Barsottelli, Serena Guardone e Mirtilla
Pedrini
MARTEDI 4 AGOSTO
Grande chiusura Luca Bassanese & La
Piccola Orchestra Popolare: concerto NO alla Prescrizione per Viareggio
TUTTE LE SERE
Dalle ore 18.00
-
esposizione
mostra “INCANCELLABILE”
-
bar
-
stand
espositivi
Dalle ore 19.45
-
spazio
giochi realizzato dalla Coop Crea
-
cucina
casalinga con menù di terra e di mare
Leggi tutto il programma completo su: www.ilmondochevorreiviareggio.it
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