Mentre
Di Maio si vanta del suo "Decreto Dignità" che avrebbe
trasformato tanti lavori da tempo determinato a tempo indeterminato
nelle grandi aziende si continua a mettere in cassa integrazione o a
licenziare direttamente come alla Sirti.
La
risposta dei capi sindacali è minestra riscaldata, ci vuole altro,
se dai pastori sardi in lotta, viene qualche insegnamento …
Il
numero dei licenziamenti dichiarati è 833, tra operai e impiegati,
su 3600 dipendenti. La SIRTI è un colosso nazionale delle
infrastrutture per telecomunicazioni e information technology. I capi
sindacali puntano sulla la fabbrica 4.0, favoleggiano sui posti di
lavoro che sarebbero aumentati grazie alla tecnologia
dell’informazione, i padroni li hanno accontentati subito con i
licenziamenti proprio in questo settore.
“Siamo molto preoccupati
per questa situazione, anche perché la Sirti ha subìto continue
riorganizzazioni, l’ultima solo nel novembre scorso”, commenta la
Fiom Cgil di Bologna, evidenziando che la crisi del gruppo si lega
“anche al blocco delle infrastrutture a livello nazionale, visto
che Sirti lavora anche per la Tav, oltre che per la Tim”. Ed ecco
che i sindacalisti favorevoli alle grandi infrastrutture vengono
fuori. In pratica chiedono per gli industriali commesse milionarie
dello Stato.
La
Rsu Fiom dello stabilimento di Mareno di Piave (Treviso) pone
l’accento sul fatto che “non vi è carenza di lavoro, anzi i
recenti violenti eventi atmosferici hanno consegnato nel Triveneto
una mole di lavoro per diversi anni, prima di tornare alla
normalità”. Infatti l’espansione di lavoro di installazione,
manutenzione e interventi sulle reti sono sub-appaltate a ditte in
supporto ai lavoratori Sirti. E qui sta il nodo. Usare mano d’opera
a più basso costo, con meno regole. Più esposta ad ogni tipo di
ricatto. La Tim pare che voglia scaricare lo scontro in corso tra
padroni italiani e padroni francesi per il controllo della società
sulle imprese primarie che lavorano sulla rete. I padroni della Sirti
hanno denunciato, come causa della crisi “ il taglio dei prezzi, da
parte della Tim e degli altri competitor”, la perdita di alcune
commesse passate alle aziende concorrenti a un prezzo più basso.
Come sempre la lotta di concorrenza al ribasso si scarica sulle
spalle degli operai ed, in questo caso, anche sui così tanto
pubblicizzati tecnici digitalizzati. I sindacati confederali iniziano
con scioperi parcellizzati in cui spezzettano la forza dei
lavoratori, non lavorano in nessun modo all’unita di tutti gli
operai, dipendenti della Sirti e delle imprese, ed impedire così che
si scindano in due forze contrapposte. Che è quello a cui mira il
padrone. Quando quest’ultimo, ad esempio, passa ai delegati
sindacali le liste in cui si capisce in pratica, per mansioni e
progetto da tagliare, chi verrà licenziato ne richiede la
riservatezza. Ma i delegati invece di denunciare l’operazione
aziendale, che non tiene conto nemmeno dei soliti, minimi criteri
sindacali di tutela dei lavoratori più deboli, si rammaricano quando
la lista viene trafugata e diventa di dominio pubblico, accettando
implicitamente tutte le logiche di ristrutturazione aziendale e la
scissione degli operai, comoda al padrone per indebolire la lotta,
tra licenziati e salvati. 883 licenziamenti non si affrontano in
questo modo, con qualche sciopero, qualche processione al ministero,
ci vuole altro, blocchi, occupazioni, proteste forti. I pastori
qualcosa insegnano. I soliti scioperi annunciati, programmati a
scadenza, di qualche ora, non fanno male al padrone, ma solo agli
operai, li demoralizzano e spengono ogni voglia di ribellione. Si
parla di 250 licenziamenti tra Milano e in Lombardia, un centinaio
nel Triveneto, Emilia Romagna e Marche, e un altro centinaio tra
Calabria e Sicilia. La protesta dei sindacati, che hanno subito
indetto lo stato di agitazione del gruppo, è cominciata con la
sospensione di prestazioni straordinarie, flessibilità, reperibilità
e tempi di viaggio, ma bisogna rendersi conto che non ci troviamo di
fronte ad un rinnovo contrattuale, ci troviamo di fronte ad 833
licenziamenti, un altro paio di maniche. “Anche noi vogliamo
trasformare l’azienda, ma senza licenziare 833 lavoratori”,
spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom Cgil milanese. La
solita fantasia, quella di essere più bravi dei padroni a fare i
padroni, senza licenziare nessuno. “Riteniamo inaccettabile che la
Sirti abbia deciso di lasciare a casa proprio quei lavoratori che
dovrebbero portare a termine il piano banda ultralarga e
intraprendere le attività previste per il 5G. Tra i lavoratori in
esubero, infatti, ci sono anche coloro che posano la fibra e i
lavoratori del radiomobile”. Per l’esponente sindacale “il
motivo vero dei licenziamenti annunciati è che i gruppi dirigenti
aziendali vorrebbero guadagnare di più, utilizzando in maniera
selvaggia appalti e subappalti. E in futuro non sono esclusi
altri tagli”. Ma se credessero veramente a quello che dicono, e
cioè che la vera ragione dei licenziamenti sta nella corsa a
guadagnare di più, dovrebbero di conseguenza denunciare i profitti
come la leva più pericolosa, sia quando si tratta di spremere gli
operai sul lavoro, sia quando si tratta di buttarli in mezzo ad una
strada, alla fame. I sindacati, riferendosi all’incontro con
l’azienda, spiegano che Sirti “ha ricondotto tale decisione alle
condizioni di mercato, che hanno generato pesanti perdite finanziarie
nell’ultimo biennio, scarsa marginalità e ulteriore frammentazione
dei soggetti imprenditoriali concorrenti”. Qui l’unica risposta
seria poteva essere: “diteci quanti sono stati i profitti di almeno
gli ultimi dieci anni e dove sono finiti. Le pesanti perdite
finanziare, se ci sono state, potevano e possono essere ripianate con
i vostri conti in banca, arrangiatevi”. Sappiamo che una risposta
del genere avrebbe scandalizzato tutti, si sarebbe gridato alla
irresponsabilità, ma non scandalizzano di più 833 licenziamenti?
Ormai è una pratica collaudata. I confederali dopo scioperi di poche
ore chiedono l’intervento del governo dei padroni. I confederali,
dopo aver invocato lo sviluppo tecnologico, gli investimenti in
tecnologia avanzata, quando questi producono nelle mani degli
“imprenditori” nuovi utili, antichi esuberi e licenziamenti, non
sanno più cosa fare A Sirti e ad Assolombarda i sindacati chiedono
“la sospensione dell’avvio della procedura di licenziamento
collettivo e, al contempo, l’apertura di un confronto con il
governo, al fine di effettuare un’analisi approfondita per
ricercare le opportune soluzioni che potranno anche prevedere
l’utilizzo di ammortizzatori sociali non espulsivi, favorendo il
ricambio occupazionale, tramite riconversione professionale e
accompagnamento alla pensione”. Sempre all’azienda, infine,
chiedono “di congelare il piano unilaterale d’incentivi e di
aprire un confronto sull’organizzazione del lavoro, nell’ottica
di un’intesa sindacale”. In pratica i confederali iniziano il
balletto per chiedere la cassa integrazione e gli autolicenziamenti
decisi con il consenso tra padroni e sindacati. Ormai è sempre più
evidente la partecipazione dei capi sindacali alla gestione indolore
dei licenziamenti. Operai della SIRTI se andiamo dietro alle
indicazioni di questi sindacalisti la sconfitta è sicura e senza
nemmeno far pagare un prezzo pesante a chi fino ad ieri, sul nostro
lavoro, ha costruito la sua fortuna.
L.
S.
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