lunedì 25 febbraio 2019

24 febbraio - info: LICENZIAMENTI DI MASSA ALLA SIRTI: ALTRI 883 OPERAI SENZA LAVORO...

Mentre Di Maio si vanta del suo "Decreto Dignità" che avrebbe trasformato tanti lavori da tempo determinato a tempo indeterminato nelle grandi aziende si continua a mettere in cassa integrazione o a licenziare direttamente come alla Sirti.
 
La risposta dei capi sindacali è minestra riscaldata, ci vuole altro, se dai pastori sardi in lotta, viene qualche insegnamento …
Il numero dei licenziamenti dichiarati è 833, tra operai e impiegati, su 3600 dipendenti. La SIRTI è un colosso nazionale delle infrastrutture per telecomunicazioni e information technology. I capi sindacali puntano sulla la fabbrica 4.0, favoleggiano sui posti di lavoro che sarebbero aumentati grazie alla tecnologia dell’informazione, i padroni li hanno accontentati subito con i licenziamenti proprio in questo settore.
“Siamo molto preoccupati per questa situazione, anche perché la Sirti ha subìto continue riorganizzazioni, l’ultima solo nel novembre scorso”, commenta la Fiom Cgil di Bologna, evidenziando che la crisi del gruppo si lega “anche al blocco delle infrastrutture a livello nazionale, visto che Sirti lavora anche per la Tav, oltre che per la Tim”. Ed ecco che i sindacalisti favorevoli alle grandi infrastrutture vengono fuori. In pratica chiedono per gli industriali commesse milionarie dello Stato.
La Rsu Fiom dello stabilimento di Mareno di Piave (Treviso) pone l’accento sul fatto che “non vi è carenza di lavoro, anzi i recenti violenti eventi atmosferici hanno consegnato nel Triveneto una mole di lavoro per diversi anni, prima di tornare alla normalità”. Infatti l’espansione di lavoro di installazione, manutenzione e interventi sulle reti sono sub-appaltate a ditte in supporto ai lavoratori Sirti. E qui sta il nodo. Usare mano d’opera a più basso costo, con meno regole. Più esposta ad ogni tipo di ricatto. La Tim pare che voglia scaricare lo scontro in corso tra padroni italiani e padroni francesi per il controllo della società sulle imprese primarie che lavorano sulla rete. I padroni della Sirti hanno denunciato, come causa della crisi “ il taglio dei prezzi, da parte della Tim e degli altri competitor”, la perdita di alcune commesse passate alle aziende concorrenti a un prezzo più basso. Come sempre la lotta di concorrenza al ribasso si scarica sulle spalle degli operai ed, in questo caso, anche sui così tanto pubblicizzati tecnici digitalizzati. I sindacati confederali iniziano con scioperi parcellizzati in cui spezzettano la forza dei lavoratori, non lavorano in nessun modo all’unita di tutti gli operai, dipendenti della Sirti e delle imprese, ed impedire così che si scindano in due forze contrapposte. Che è quello a cui mira il padrone. Quando quest’ultimo, ad esempio, passa ai delegati sindacali le liste in cui si capisce in pratica, per mansioni e progetto da tagliare, chi verrà licenziato ne richiede la riservatezza. Ma i delegati invece di denunciare l’operazione aziendale, che non tiene conto nemmeno dei soliti, minimi criteri sindacali di tutela dei lavoratori più deboli, si rammaricano quando la lista viene trafugata e diventa di dominio pubblico, accettando implicitamente tutte le logiche di ristrutturazione aziendale e la scissione degli operai, comoda al padrone per indebolire la lotta, tra licenziati e salvati. 883 licenziamenti non si affrontano in questo modo, con qualche sciopero, qualche processione al ministero, ci vuole altro, blocchi, occupazioni, proteste forti. I pastori qualcosa insegnano. I soliti scioperi annunciati, programmati a scadenza, di qualche ora, non fanno male al padrone, ma solo agli operai, li demoralizzano e spengono ogni voglia di ribellione. Si parla di 250 licenziamenti tra Milano e in Lombardia, un centinaio nel Triveneto, Emilia Romagna e Marche, e un altro centinaio tra Calabria e Sicilia. La protesta dei sindacati, che hanno subito indetto lo stato di agitazione del gruppo, è cominciata con la sospensione di prestazioni straordinarie, flessibilità, reperibilità e tempi di viaggio, ma bisogna rendersi conto che non ci troviamo di fronte ad un rinnovo contrattuale, ci troviamo di fronte ad 833 licenziamenti, un altro paio di maniche. “Anche noi vogliamo trasformare l’azienda, ma senza licenziare 833 lavoratori”, spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom Cgil milanese. La solita fantasia, quella di essere più bravi dei padroni a fare i padroni, senza licenziare nessuno. “Riteniamo inaccettabile che la Sirti abbia deciso di lasciare a casa proprio quei lavoratori che dovrebbero portare a termine il piano banda ultralarga e intraprendere le attività previste per il 5G. Tra i lavoratori in esubero, infatti, ci sono anche coloro che posano la fibra e i lavoratori del radiomobile”. Per l’esponente sindacale “il motivo vero dei licenziamenti annunciati è che i gruppi dirigenti aziendali vorrebbero guadagnare di più, utilizzando in maniera selvaggia appalti e subappalti. E in futuro non sono esclusi altri tagli”. Ma se credessero veramente a quello che dicono, e cioè che la vera ragione dei licenziamenti sta nella corsa a guadagnare di più, dovrebbero di conseguenza denunciare i profitti come la leva più pericolosa, sia quando si tratta di spremere gli operai sul lavoro, sia quando si tratta di buttarli in mezzo ad una strada, alla fame. I sindacati, riferendosi all’incontro con l’azienda, spiegano che Sirti “ha ricondotto tale decisione alle condizioni di mercato, che hanno generato pesanti perdite finanziarie nell’ultimo biennio, scarsa marginalità e ulteriore frammentazione dei soggetti imprenditoriali concorrenti”. Qui l’unica risposta seria poteva essere: “diteci quanti sono stati i profitti di almeno gli ultimi dieci anni e dove sono finiti. Le pesanti perdite finanziare, se ci sono state, potevano e possono essere ripianate con i vostri conti in banca, arrangiatevi”. Sappiamo che una risposta del genere avrebbe scandalizzato tutti, si sarebbe gridato alla irresponsabilità, ma non scandalizzano di più 833 licenziamenti? Ormai è una pratica collaudata. I confederali dopo scioperi di poche ore chiedono l’intervento del governo dei padroni. I confederali, dopo aver invocato lo sviluppo tecnologico, gli investimenti in tecnologia avanzata, quando questi producono nelle mani degli “imprenditori” nuovi utili, antichi esuberi e licenziamenti, non sanno più cosa fare A Sirti e ad Assolombarda i sindacati chiedono “la sospensione dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo e, al contempo, l’apertura di un confronto con il governo, al fine di effettuare un’analisi approfondita per ricercare le opportune soluzioni che potranno anche prevedere l’utilizzo di ammortizzatori sociali non espulsivi, favorendo il ricambio occupazionale, tramite riconversione professionale e accompagnamento alla pensione”. Sempre all’azienda, infine, chiedono “di congelare il piano unilaterale d’incentivi e di aprire un confronto sull’organizzazione del lavoro, nell’ottica di un’intesa sindacale”. In pratica i confederali iniziano il balletto per chiedere la cassa integrazione e gli autolicenziamenti decisi con il consenso tra padroni e sindacati. Ormai è sempre più evidente la partecipazione dei capi sindacali alla gestione indolore dei licenziamenti. Operai della SIRTI se andiamo dietro alle indicazioni di questi sindacalisti la sconfitta è sicura e senza nemmeno far pagare un prezzo pesante a chi fino ad ieri, sul nostro lavoro, ha costruito la sua fortuna.
L. S.


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