mercoledì 10 maggio 2023

10 maggio - Trascrizione della terza "lezione" di Formazione marxista: "L'enigma del lavoro"

Come avevamo promesso, oltre la registrazione audio, oggi pubblichiamo la trascrizione della terza lezione, tenutasi questa volta tra gli operai di Bergamo il 21aprile.
Come avete potuto leggere, e speriamo sentire, stiamo cercando di fare un lavoro migliore utilizzando anche altri strumenti, la pubblicazione degli audio su podcast, per estendere, elevare l'ascolto, l'attenzione, in primis dei lavoratori. 

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La formazione marxista è fondamentale per la ricostruzione teorica, ideologica, politica e pratica delle avanguardie operaie e della militanza comunista nel nostro paese. Senza Marx, Lenin e Mao non c'è organizzazione comunista nel nostro paese e l'appropriazione viva del marxismo, del leninismo e del maoismo è la chiave vincente della lotta contro il capitalismo, l’imperialismo, nella lotta per il cambiamento: cambiamento della forma partito, cambiamento, del sindacato in Italia, cambiamento strategico della coscienza e dell'azione dei lavoratori.

TERZA LEZIONE: "L'enigma del lavoro"

Riprendo l'esposizione con il metodo finora seguito di capire le categorie come storicamente nascono. D'altra parte solamente facendo così noi capiamo qual è la tesi fondamentale che bisogna acquisire, cioè che il modo di produzione capitalistico e anche la produzione di merci che lo precede, è una realtà storicamente determinata che non è esistita sempre, ha avuto inizio e ci sono anche le condizioni perché finisca. L'economia classica, l'economista, ma l'ideologia borghese in genere, pensa che quella sia la una forma eterna o comunque la forma più avanzata di società. Invece, la tesi marxista è che questa è una forma che ha avuto una funzione storica molto importante ma che è una forma anch'essa storicamente determinata. Vi ricordo quel pezzo che avevo letto dai Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica e cioè che quando gli uomini hanno soppresso la forma limitata capitalistica, l’uomo sta nel movimento assoluto del divenire, è tutto un divenire.

La volta scorsa, abbiamo visto che la società umana parte da un ordinamento a proprietà comune,

l’ordinamento matriarcale e che man mano che i bisogni crescevano, inizia una divisione del lavoro, un'articolazione della divisione del lavoro. E quindi al posto della prima semplice divisione del lavoro tra uomo e donna nella riproduzione comincia a subentrare una prima grande divisione del lavoro e questo dopo che gli uomini avevano vissuto per 17.000 anni in proprietà comune e nell'economia domestica dominata dalla donna, e gli uomini si dedicavano alla caccia e all'allevamento ma come attività marginale rispetto al funzionamento di tutta quanta la società che era fondata sulla proprietà comune. Poi abbiamo visto che per una serie di evoluzioni storiche, gli uomini avevano accumulato ricchezze con l'allevamento, la caccia eccetera, e comincia a subentrare una prima grande divisione del lavoro nello stadio cosiddetto barbarico dove barbarico non è una connotazione negativa chiaramente. Poi a uno stadio superiore della barbarie, che si divide in tre fasi, in tre periodi inferiore, medio e superiore (la prima divisione del lavoro tra pastori e restante massa del barbari, avviene nello stadio medio della barbarie), interviene una seconda divisione del lavoro, che è quella su cui ci soffermiamo, e cioè la divisione della produzione fra due grandi rami: agricoltura e artigianato. 

Una volta che intervenne questa divisione del lavoro, e questo è il punto veramente importante da ribadire, la produzione non avviene ai fini del consumo proprio, cioè della comunità, della famiglia, ma avviene per lo scambio. Cioè io produco una cosa per poterla scambiare con il prodotto di un altro, perché questo mio prodotto serve all'altro e quest'altro produce qualche cosa che serve a me. 

Quindi nella produzione per lo scambio avviene questa novità: non vengono più prodotti semplicemente dei prodotti per sè, per uso proprio, non vengono più prodotti solo dei valori d'uso, e valore d'uso significa qualsiasi cosa utile, gradevole o necessaria alla vita, ma il valore d'uso acquista un valore in quanto è scambiabile. 

I prodotti cominciano ad acquistare un doppio carattere, cioè quello di essere valori d'uso, cioè prodotti che servono per il consumo ma anche prodotti che vengono prodotti per essere scambiati e quindi valori di scambio. Adesso ovviamente è presto storicamente per fare uscire questa distinzione nel modo più netto, però comincia esattamente con lo scambio, fino a che interviene la terza divisione del lavoro e qui siamo alla fine dello stadio barbarico e all'inizio appunto dello stadio della civiltà, la divisione del lavoro tra produttori e mercati. 

Ci fermammo la volta scorsa a quando la produzione diventa produzione non per uso proprio ma per lo scambio, i valori d’uso diventano anche valori di scambio. 

Che cosa significa questo? I prodotti umani non è che nascono tenendo scritto in fronte che nascono come valori di scambio, anzi nascono come valori d’uso, diventano anche valori di scambio e perciò merci. Quindi i prodotti non nascono come merci lo diventano storicamente in una determinata fase della produzione umana. Quindi la forma di merce è una forma storicamente determinata, è un rapporto sociale. Allora quando noi diciamo che i prodotti del lavoro umano sono merci, nel momento in cui diciamo merci non stiamo dicendo una cosa che gli appartiene per natura, ma un carattere che acquistano attraverso il mutare dei rapporti sociali. Se io dico che questo porta occhiali è un valore d'uso perché mi serve per tenere gli occhiali allora questa è una proprietà che possiamo dire naturale del prodotto. Se io dico invece che è una merce perché l'ho comprata dall'ottico, allora vedete che il valore d'uso acquista quest'altra proprietà di essere valore di scambio, cioè l'ottico non l'ha prodotta per sé, per mettersi i suoi occhiali, ma per scambiarlo con un mio prodotto, poniamo una lezione di filosofia. Noi dobbiamo vedere come lo scambio avviene.

L'importante è che capiamo che quando noi diciamo merce, ci stiamo riferendo a un rapporto sociale determinato che trasforma in qualche modo, da’ un carattere ai valori d'uso. 

Prima che questo succedesse, quindi nella fase preistorica, nella fase dello Stato selvaggio e della barbarie, i prodotti non erano merci, così come nella società socialista i prodotti finiranno a poco a poco di essere merci, rimarranno solo valori d'uso, però, e questo è importante, per una serie di condizioni che sono state create durante tutte le epoche in cui i prodotti si presentavano come merci. Perché il fatto che gli uomini ad un certo punto hanno cominciato a dare ai loro prodotti carattere di merci, non l'hanno fatto per uno schiribizzo, ma perché c'erano dei bisogni, cioè la vecchia società fondata solo sulla produzione dei valori d'uso non bastava più a soddisfare i bisogni. Cioè A non può più farsi tutto, cioè prodursi la carta, prodursi la penna e poi dopo scrivere. Ma allora B produce le penne, A la carta, C un'altra cosa e ciascuno, dice Marx, si fa mezzo del bisogno dell’altro, per diventare fine a se stesso. 

Qua ci fermammo all’altra lezione, e adesso dobbiamo fare un passo avanti e comincia il momento più difficile. 

Io sto seguendo l'ordine storico. La forma di merce sorge storicamente, quindi all'inizio della civiltà, solamente però che all'inizio della civiltà i prodotti vengono scambiati con merce in piccolissima parte. Lo diventano pienamente nella società capitalistica, però cominciano già allora e noi dobbiamo capire questo, cioè come comincia, per poi capire come viene fuori la società capitalistica, altrimenti non capiamo il capitale come funziona. 

Quindi fino all'età moderna esistevano certi prodotti come merci però in parte piccola; cioè la società continuava a produrre valori d’uso, anche durante la schiavitù e durante la servitù della gleba poi le eccedenze venivano scambiate, le eccedenze dei prodotti. Come il contadino mungeva le mucche faceva il latte e poi quello che rimaneva lo andava a vendere al mercato. 

Adesso ci dobbiamo concentrare su come avviene lo scambio, quali sono le problematiche relative allo scambio, perché queste sono uguali a tutte le epoche dove c'è la forma di merce, quindi riguarda sia le società più antiche, dove le merci erano solo l'eccedenza dei prodotti e poi soprattutto la nostra società che invece è fatta tutta di merci. Adesso dobbiamo cominciare lo scambio e dobbiamo fare i conti con il problema del valore, altrimenti dopo non capiremo il plusvalore. Quindi che cos'è questo benedetto valore?

Noi dobbiamo trovare un criterio, prevedendo che A ha bisogno del pettine non posso però chiedere in cambio la macchina, a meno che io non abbia bisogno di un pezzettino di ricambio della macchina, del posacenere...

Con quale criterio? Ora lo facciamo automaticamente ‘la macchina vale più del pettine’, ma dobbiamo adesso sapere perché diciamo questo. Facciamo il ragionamento che fece un grande teorico dell'antichità, un grande ideologo del modo di produzione schiavistico, il grande filosofo greco Aristotele, un grande conoscitore delle forme umane, che cominciò a capire pure qualche cosa di questa storia, però si fermò a un certo punto e vi dico subito perché. 

Che ragionamento faceva Aristotele? Si domandava, come noi facciamo a dire 5 letti uguale una casa? Erano 5 letti d’oro. E’ la stessa cosa che dire 5 letti uguale tanto e tanto denaro? Il genio di Aristotele capì una cosa. Evidentemente per dire che 5 letti uguale una casa è la stessa cosa che dire anche 5 letti uguale tanto denaro. Per dire che sono comparabili evidentemente devono avere qualcosa in comune. Che cosa hanno in comune 5 letti, una casa, denaro cioè queste tre cose che sono molto differenti? Dobbiamo cercare questa cosa che hanno in comune. Guardate che la cosa avveniva già nel baratto, gli uomini lo facevano ma non sapevano quello che facevano. Dobbiamo trovare quella cosa comune. Aristotele, benchè era un genio, non ci arrivò. Marx spiega perché non ci poteva arrivare, ma non perché aveva colpa, per una ragione molto profonda. 

Allora torniamo al discorso che facemmo al primo incontro, quando parlai della storia della economia politica e dissi che era una scienza moderna e che i primi economisti moderni, i monetaristi, chiedendosi che cos'è la ricchezza dissero: “la ricchezza è oro”; però Marx obiettava: questa è una concezione unilaterale della ricchezza. Vennero poi i mercantilisti e dissero: “No, la ricchezza è nel commercio” (e già c’è un livello maggiore di astrazione, è più ampio dire è il commercio. Mentre dire oro è l'elemento oggettivo, adesso si sposta su l'elemento soggettivo. Però rimane ancora unilaterale). Qui arrivarono i fisiocratici che cominciarono a dire una cosa ancora più in generale, cioè che la ricchezza è la terra e quindi la fonte della ricchezza è il lavoro agricolo. Marx dice questa è una grande scoperta, intanto perché la terra è universalissima, perché la terra da’ i mezzi di sussistenza e di produzione. Quindi i fisiocratici avevano fatto questa scoperta, avevano detto: la terra, che era una visione già più ampia, ma soprattutto avevano anche detto che per la terra ci vuole il lavoro per trasformare. Io feci l'esempio di un fisiocratico italiano che disse che se voi date ad un cuoco una porzione di piselli lui la restituisce tale e quale, datela a un contadino e vi restituisce i piselli e il plusvalore. Quindi, un grande progresso. 

Ma l'enorme progresso lo fece Adam Smith economista inglese il quale disse che la ricchezza è tutto ciò che produce denaro, qualunque lavoro. Questa era la grande scoperta. E dice, abbiamo capito che la sorgente della ricchezza è il lavoro, qualunque lavoro. Quindi, se io dico la ricchezza è lavoro, è prodotto del lavoro, voi lo capite facilmente che i prodotti prima di essere scambiati sono prodotti del lavoro. E disse: guardiamo l’America, qui gli uomini passano in tutta la loro vita indifferentemente da un lavoro all'altro e non gliene importa, è indifferente, questa flessibilità fa diventare praticamente vero che ogni prodotto è prodotto del lavoro e quindi la fonte della ricchezza è il lavoro. 

Perché Aristotele non poteva capire che la ricchezza è il lavoro? Chi lavorava ai tempi di Aristotele? Gli schiavi. E gli schiavi erano considerati “strumentario semi vocalico”, come gli animali, quindi non emergevano. Nella società, la cellula elementare era il cittadino. Aristotele non poteva vedere il lavoro flessibile. Lui non teneva di fronte l'America. Come poteva capire che dicendo 5 letti, una casa e tanto e tanto denaro, per i 5 letti ci devi lavorare, una casa il muratore la deve fare e tanto e tanto denaro si deve andare a scavare la miniera d’oro? Non ci poteva arrivare perché non c'erano le condizioni storiche per arrivarci. C'era la merce, c'era il denaro, ma l'enigma non poteva essere penetrato perché non c'erano le condizioni materiali. Vedete il materialismo, cioè una teoria non nasce in cielo, ci devono essere le condizioni. Un genio che ha scoperto tante cose dell'essere umano e della natura non poteva però capire questo fatto perché non c'erano le condizioni, il lavoro era il lavoro degli schiavi. Quando invece il lavoro diventa lavoro salariato, che è sempre schiavitù d'accordo ma come vedremo c'è apparentemente libero scambio della forza lavoro, poteva “uscire” Adam Smith che diceva che la sostanza, la sorgente di ogni ricchezza è il lavoro. Ed ecco che possiamo cominciare a capire due secoli fa, l'enigma del lavoro.

E allora che cosa hanno in comune dei prodotti per essere scambiati? Hanno in comune il fatto di essere tutti quanti, il pettine, la macchina, la casa, il computer, la bottiglia, il mouse, ecc., prodotti del lavoro umano. Abbiamo trovato la sostanza comune, il lavoro è la sostanza del valore! Questo è basilare, è tutta la chiave del discorso 

Quindi abbiamo una prima definizione, che cos'è il valore di scambio? Il valore di scambio è la manifestazione del lavoro. Attenzione però, perché qui comincia il problema. Che il pettine, la macchina, il computer, il portaocchiali sono tutti quanti i prodotti del lavoro, hanno in comune il lavoro che produce il computer e il lavoro che produce questa bottiglia, o il lavoro che produce il portaocchiali, la risposta è ancora niente. Perché il lavoro del computeraio, il lavoro del bottigliaio, sono processi lavorativi completamente differenti. Se un operaio va a manipolare l'acciaio è un lavoro completamente differente da chi fabbrica una bottiglia di plastica. 

Questo tipo di lavoro, cioè l'acciaio che manipola X o il malato che manipola Y, qualsiasi prodotto del lavoro, quindi qualsiasi valore d'uso, è prodotto di un lavoro specifico. E la tecnica per fare questi prodotti specifici è quanto mai differente. Quindi il lavoro che produce i valori d'uso sono lavori completamente differenti. 

E allora voi vedete che dobbiamo trovare tra questi lavori differenti una sostanza comune. Che cos'hanno in comune, che cosa può avere in comune il lavoro di X che manipola l'acciaio, quello di Y che manipola malati, o io che manipolavo studenti o che manipolo i cervelli vostri..., cosa possono avere in comune tutti questi lavori così diversi imparagonabili tra loro? Sono dispendio di muscoli, nervi, cervello basta. Sono prodotto di una forza lavoro. Sono prodotto di capacità umana. E allora voi vedete che anche il lavoro qui ha un doppio carattere, lavoro che produce valore d’uso e il lavoro che produce valore di scambio. 

I lavori che producono valori d'uso non sono paragonabili. Il lavoro che produce valore di scambio è questo lavoro astratto generale, dispendio di muscoli, nervi, cervello. 

Ora voi dite: riesco a capire il lavoro che produce la bottiglia perchè lo vedo, riesco a capire il lavoro che produce quest’altro, ma il lavoro come dispendio di muscoli, nervi, cervello qua dentro non lo vedo, c'è il sudore. Ma adesso non ci interessa se il sudore è frutto di sfruttamento oppure di hobby, dobbiamo solo capire che per essere scambiati questi prodotti abbiamo bisogno di trovare un elemento comune e che cosa hanno in comune tutti questi prodotti per essere scambiati? Che sono prodotti di forza lavoro di muscoli, di nervi e cervello. Cioè stiamo parlando di una astrazione. Ma un'astrazione che ci sta. Non c'è il “lavoro”, c’è il lavoro dell'infermiere, il lavoro di quello che fa il computer, il lavoro di quello che fa le bottiglie, il lavoro di quello che fa l'auto, di quello che fa il pettine. Quando dobbiamo scambiarli come faccio a dire che la macchina tiene più valore del pettine? Ho bisogno di andare a trovare questa sostanza comune che è il fatto che la macchina come il pettine, sono risultati prodotti di lavoro umano generale. Dietro questi ci sta comunque il lavoro umano generale, dispendio dei muscoli nervi e cervello punto. Quindi dice Marx, c'è una cosa spettrale. Questo spettro se io vado a scavare dentro questo oggetto non lo trovo, però c'è. E quello è il criterio per poter scambiare. Questo è il punto più complesso da capire. 

Per cui nella merce, io devo considerare un doppio carattere del lavoro stesso: lavoro in quanto produce valore d'uso, e qui ogni lavoro è completamente diverso, ma per poterlo scambiare io devo grattare via tutte queste particolarità e devo considerare il fatto che questo è dispendio di muscoli, nervi, cervello. Non ci interessa adesso se questo lavoro è fatto dall'operaio più sottopagato, dall'immigrato più dannato, oppure se è fatto dall'amministratrice delegata di Gucci, che fa il disegno raffinato eccetera super pagato. Ci interessa che tutti stanno sullo stesso piano, come soggetti dello scambio, che dietro questi prodotti, dalla cacca modificata al prodotto del super architetto chic, ci sta oggettivazione, espressione di lavoro astratto, dispendio di muscoli, nervi, cervello. Questo non è un giudizio di valore, non sto dicendo che voglio metterli sullo stesso piano, non sto facendo giudizi morali. Gli uomini per scambiare devono trovare un criterio comune, una sostanza comune, si tratta di una constatazione. Ogni qualvolta andiamo a fare la spesa gli uomini stanno facendo, senza sapere quello che fanno, questo tipo di operazione: ridurre tutto a questa sostanza comune, di essere lavoro astratto. Questa si chiama sostanza del valore di scambio. Cioè la sostanza del valore di scambio è lavoro astratto. La sostanza del lavoro d’uso è lavoro concreto, quello che produce valore d’uso. Dietro questi oggetti, a prescindere dalla specificità dei lavori, ci sta lavoro astrattamente generale. 

Questo rende allora possibile scambiare il famoso pettine con la macchina, perché intanto abbiamo trovato la sostanza comune, lavoro astratto, lavoro senza metterci aggettivi, per poterlo scambiare, non per poterlo usare. 

Una volta che abbiamo trovato questo elemento comune che il filosofo Aristotele non riusciva a trovare, allora il lavoro come lo misuriamo? Lo misuriamo in tempo e l'unità della misura del lavoro è il tempo. 

Quanto tempo. Se metto una persona a lavorare 24 ore quella muore. Quindi vedete come la giornata lavorativa è decisiva. L'unità di misura del lavoro è il tempo. E allora ‘voglio la macchina in cambio del pettine’ e A dice: no vedi dove te ne devi andare. Perché non si può fare questo scambio? Posso dire che un pettine è uguale una Panda? No, perché quanto tempo di lavoro ci vuole per produrre il pettine? Quanto tempo ci vuole per produrre una Panda? Qualcuno mi potrà dire: oggi ci stanno le macchine, perfetto. Quanto tempo ci vuole per produrre la macchina, cioè quanta gente ci lavora intorno alla macchina a partire dall’ingegnere che la progetta? 

Allora quanto tempo di lavoro ci vuole per produrre un pettine? Diciamo un'ora. Quanto ci vuole per produrre la macchina? Diciamo un giorno. (Dopo vi spiego perché in realtà la produci poi in meno di un'ora. E’ però lo stesso non può essere). Allora perché lo scambio non può avvenire? Perché la quantità di tempo dei lavori che costa la macchina è molto maggiore di quello che costa il pettine. Questo è il punto importante. Che cosa rende possibile lo scambio? Il fatto che hanno come sostanza comune di essere lavoro astratto, quindi non il lavoro di chi fa il pettine e il lavoro di chi fa la macchina, ma lavoro astratto... Cosi’, perché posso dire due braccia di tela uguale un abito? Braccia è la misura che usava Marx. Perché due braccia di tela siano uguali a un abito vuol dire che il sarto e il tessitore hanno dovuto spendere la stessa quantità di tempo di lavoro astratto. Non il lavoro del sarto o il lavoro del tessitore, perché quelli sono diversi, ma la stessa quantità di dispendio di muscoli, nervi, eccetera. Allora io posso dire esiste l'equazione, possiamo scambiare due braccia di tela con l'abito. Se io dicessi invece quattro braccia di tela uguale a un abito sarebbe corretta questa equazione? No c’è una quantità di tempo differente: in cambio di quattro braccia di tela sono due abiti. 

Come facciamo a scambiare una pentola di acciaio col progetto di un ponte di un architetto? Se io vado dall'architetto dico fammi il progetto in cambio di una pentola, si può fare o no? Per fare la pentola d'acciaio anche di una certa qualità l’operaio ci impiega un’ora. Un architetto particolarmente abile ha uno studio professionale eccetera, ci mette un’ora. Ma rendiamo la cosa più verosimile. Dieci pentole, il progetto di un architetto 5 ore, allora come faccio? Allora dobbiamo inserire qui un concetto importante, lavoro composto, lavoro complesso. Chi ha fabbricato la pentola l’ha fatto secondo un determinato standard, perché immagino l’operaio ha già davanti il modello che gli ha dato l'ingegnere della fabbrica, mentre ovviamente il progetto lo fa l'architetto, anche se ci ha messo meno tempo che per fare 10 pentole, e in effetti non ci siamo ancora con la scambiabilità. Oppure mettiamola così: un'operazione chirurgica che dura mezz'ora scambiata con x pentole, cosa possibilissima, ma se l’operaio ha messo un'ora per fare 10 pentole e il chirurgo ha messo mezz'ora per fare l'operazione, sono scambiabili 10 pentole con due operazioni chirurgiche? No perché il chirurgo per arrivare là ha studiato. Dobbiamo allora distinguere con Marx lavoro semplice e lavoro complesso. Cioè che cos'è il lavoro semplice? Lavoro semplice è un lavoro che è dispendio di muscoli, nervi, cervello. Per poterlo scambiare con il lavoro del chirurgo, dobbiamo lo stesso calcolare dispendio di muscoli, nervi e cervello. Ma poiché dietro il lavoro del chirurgo ci sta il lavoro dei professori dell'università che l'hanno formato, dovete sommare tutto quando il lavoro di formazione che c'è voluto per il medico, allora il lavoro composto è la somma di tutti i lavori semplici che rientrano nel processo di produzione della forza lavoro del medico chirurgo.

Vedete come il lavoro è sempre sociale, vedete il valore di scambio è l’elemento sociale. Quante ore ci sono volute per produrre un chirurgo? Ecco allora capite perché, anche se la Panda è stata prodotta in mezz'ora e la pentola prodotta in un'ora o il pettine prodotto in un'ora, per la Panda nel tempo di lavoro ci dovete sommare tutti i tempi di lavoro e quindi diventa lavoro composto. Quindi la differenza tra lavoro semplice e lavoro composto sta nel fatto che, il lavoro composto è la somma di una serie di lavori semplici. Noi scomponiamo il lavoro che è servito per produrre il chirurgo o l'architetto e il lavoro che è servito per produrre l’operaio sulla pentola. E allora possiamo fare l'equazione. L'equazione non può essere un'ora di lavoro di acciaierie, del pentolaio, contro un'ora di lavoro di chirurgo, ma può essere un'ora di lavoro di Sebastiano contro un quarto d'ora di lavoro di chirurgo, perché dietro quel quarto d'ora ci sono lavori che valgono due ore. 

Per farvi capire l'importanza politica di questa cosa economica vi dico che Engels scrisse un libricino contro un socialista di nome di Duhring. Duhring accusava Marx di essere un aristocratico perché aveva creato questa storia del lavoro semplice e lavoro composto e aveva detto non tutti i lavori per scambiare sono uguali, cioè il lavoro dell'architetto e il lavoro del carrettiere sono diversi nel senso che il lavoro dell'architetto è il doppio di quello del carrettiere. Duhring invece diceva: ci vuole l'eguaglianza dei salari, devono essere pagati tutti allo stesso modo, perché questo sarebbe egualitario e socialista. Engels gli dice: idiota, noi qui non stiamo parlando dei lavoratori, stiamo parlando dei lavori, cioè il lavoro di carrettiere e il lavoro dell'architetto stanno tra loro come lavoro semplice e lavoro composto, cioè, per i motivi che vi ho detto, per formare l’architetto ci vuole più tempo che per formare il carrettiere. 

Allora è evidente che qui stiamo parlando di lavori non dei lavoratori, e quindi il lavoro di carrettiere è chiaro che è comparabile con il lavoro di architetto, nel senso che per potere compensare il lavoro di architetto di un'ora ci vogliono due ore di lavoro di carrettiere. Dice Engels: come si risolve il problema? Si risolve nella formazione. Una società socialista che cosa fa? Educa i fanciulli fin dalla prima età all'unità di lavoro manuale e lavoro intellettuale in modo che ad un certo punto non c'è nessun contraddizione per il fatto che un uomo per un'ora da istruzioni come architetto e per due ore fa il carrettiere. Nella società borghese invece non è possibile questo. E allora è chiaro che lavoro si identifica con lavoratore. Questo è quanto Dhuring non capiva. Cioè avere una formazione in grado di formare un individuo flessibile. 

Ma vedete anche qui la funzione storica del capitale con la flessibilità, che qui però è precarietà, che crea le condizioni per un'individualità che invece poi vive la flessibilità non come precarietà, perché tutta la questione è superare l'opposizione di lavoro manuale e lavoro intellettuale. Allora X per un’ora da istruzioni come ingegnere o come direttore dei lavorie per due ore va a fare il carrettiere. Adesso vogliamo vedere quanti mezzi di sussistenza X deve ricevere. Lui ha fatto due ore di lavoro come carrettiere un'ora come architetto, adesso deve andare a prendersi i mezzi di sussistenza. Il totale dei mezzi di sussistenza che X deve avere a quante ore devono ammontare? I mezzi di sussistenza che riceve quante ore devono oggettivare? Dobbiamo fare lo scambio sul tempo di lavoro: lui ha lavorato due ore come carrettiere e un'ora come architetto: quattro ore, perché un'ora di lavoro di architetto sono due ore di carrettiere. Quindi X riceve quattro ore. Nella società borghese dove tu “nasci” architetto e “nasci” carrettiere, il carrettiere riceverà due e l'architetto riceverà due per un'ora, ma rimarranno sempre carrettieri e architetto per tutta la vita. 

Per sintetizzare. La merce è un prodotto del lavoro umano, quindi un valore d'uso che per ragioni sociali viene scambiato, viene prodotto non per se stesso ma per gli altri e quindi ha anche questa capacità sociale di essere valore di scambio. Per potere scambiare un prodotto devo trovare una sostanza comune, la sostanza del valore di scambio non è quella del valore d'uso, perché ogni valore d'uso ha lavori completamente diversi. Invece la sostanza del valore di scambio è lavoro astrattamente umano, quindi dispendio di muscoli, nervi, cervello. Due braccia di tela uguale un abito. E’ possibile farlo perché tutti e due sono manifestazioni di lavoro umano astratto. Come adesso scambiamo? Misurando la quantità di tempo di lavoro, perché l'unità del lavoro si misura in tempo, perché, diceva sempre Aristotele, il tempo è la misura del movimento secondo l'ordine del prima e del dopo. Il lavoro è un movimento, è un processo che si misura in tempo.

Quindi due braccia di tela uguale un abito e quattro braccia di tela sono due abiti; l'equazione è possibile perché tela e abito manifestano la stessa quantità di tempo di lavoro. 

Poi distinguiamo lavoro semplice dal lavoro complesso o composto. il lavoro composto è la somma di lavori semplici. Quindi il lavoro dell'architetto è la somma del lavoro di tutti quanti quelli che stanno dietro l'architetto per poterlo produrre come architetto. Idem per il lavoro del carrettiere, ma il lavoro del carrettiere ha pochissima composizione, perché per istruirlo ci vuole pochissimo e un pò di pratica. 

Quindi, due ore di lavoro di carrettiere equivalgono poniamo a mezz'ora di lavoro di architetto. 

Torniamo a due braccia di tela uguale a un abito. Allora con due braccia di tela uguale un abito abbiamo detto che le due braccia di tela e l'abito sono comparabili perché tutti e due oggettivano, manifestano il lavoro umano astratto generato indipendentemente dai valori d'uso diciamo tela e abito, perché semplicemente sono espressioni di determinate quantità di tempo di lavoro.

Quindi se ci sono volute due ore di lavoro astratto per fare due braccia di tela, e due ore di lavoro astratto per fare un abito, lo scambio può avere luogo. Osserviamo però questa equazione molto singolare: due braccia di tela uguale un abito, perché io vado a scomodare l'abito cioè il lavoro del sarto? Perché ho bisogno di trovare un'equivalente del valore delle due braccia di tela. Cioè devo dire due braccia di tela a quanto sono uguali a quanto equivalgono. Quindi per misurare due braccia di tela io devo trovare qualche cosa che li equivalga, un'equivalente, l'abito. Allora diremo che due braccia di tela è il valore di scambio. L'abito diventa il secondo termine dell'equazione, l'equivalente delle due braccia di tela. Allora il primo valore di scambio si chiama valore di scambio, le due braccia di tela, quello che sta a sinistra in partenza, quella del venditore. Per cui A nella sua mente immagina che poi va a vendere le due braccia di tela in cambio dell’abito e quindi fa questa operazione ideale di dire mi è costato x tempo di lavoro. E quindi che cosa accade qui? Che l'abito deve essere l'equivalente delle braccia di tela.

Mentre B che ha fatto l'abito e vuole le due braccia di tela perché poi ne deve fare un altro, e qui abbiamo invertito la cosa, un abito uguale due braccia di tela. Qual è adesso il valore di scambio e qual è l'equivalente dal punto di vista di B? È tutto il contrario. Perché adesso quello che sta a sinistra sta a destra quello che sta a destra sta a sinistra. Vedete il gioco del venditore e del compratore come si scambiano? A ha tessuto due braccia di tela vuole l'abito, perché serve a lei per vestirsi o perché lo vuole vendere con una Bibbia. Quindi in mano ad A le due braccia di tela sono valori di scambio. Quindi valore. Qui valore o valore di scambio è la stessa cosa. Ma B ha cucito l'abito. L'abito B se l'è cucito per lei? No per altri. Quindi l'abito in mano a B è valore di scambio e le due braccia di tela sono l'equivalente dell’abito. Ognuno si sta facendo i fatti degli altri per farsi i fatti propri. Ho detto in maniera volgare quello che Marx dice ‘ciascuno si fa mezzo del bisogno dell'altro perché deve dare fine a se stesso’. Attenzione qui perché c’è il filo di tutto il discorso.

Per dire che due braccia di tela oggettivano due ore di tempo di lavoro astratto, quindi per esprimere il valore di scambio della tela, A lo esprime in una maniera irrazionale. Perché per esprimere il valore di scambio della tela, lo esprime nel valore d'uso dell'abito. Cioè per dire che la tela oggettiva due ore di tempo di lavoro, A deve darle questa valore di scambio, l'anima della tela è come se fosse astratta, le deve dare il corpo dell'abito. L'anima della tela, valore di scambio, si esprime nel valore d'uso dell'abito. Cioè l’abito piglia un corpo. B viceversa per esprimere il valore di scambio dell'abito, le va a dare il corpo nel valore d'uso della tela. L'una è l'anima e l'altra è corpo. La prima parte quella a sinistra è l'anima, la sostanza del valore, il valore di scambio. Per dire però il valore di scambio della tela io le do il corpo di un'altra cosa. Vedete è come l'eucarestia, piglio Gesù Cristo lo metto nell'ostia, dice Marx, come la natura pecorina cristiano, e trova il suo equivalente nell'agnello di Dio. É proprio teologia pura questa cosa. Infatti Marx lo chiama “il corpo di merce”, l'anima della merce è il valore di scambio. Per dire il valore di scambio della tela, la devo andare a incorporare nell’abito. Cioè A non va da B a dire: io ho faticato due ore per questa tela, tu quanto hai faticato per l’abito? Dice semplicemente, io ho in mano la tela, voglio l'abito. E B giudica se darle o no un corpo. 

Vedete, sembra proprio una perversione, e cioè quest'anima della tela che non è più tela perché è diventato lavoro astratto, poi le devo dare un corpo, e le vado a dare il corpo dell'abito. Viceversa per B l'anima è l'abito. Siccome il lavoro astratto per quanto possa scavare e scavare non lo trovo, però poi devo scambiare veramente, allora lo dico in un altro modo, come dice Marx, un quid pro quo, una cosa per un altra. Gli deve andare a dare un corpo. 

Perché avviene questo? Dobbiamo andare con Marx a un racconto. A proposito di una favola che uscì nel 700, Robinson Crusoe. Si parla di uno che sbarca su un isola deserta e su quest'isola deserta deve campare da solo. E allora che cosa fa? Siccome è un inglese bello, ordinato fa tutto l'elenco degli oggetti che ha, gli oggetti che gli servono, e fa il suo lavoro ogni giorno e calcola tutto il tempo di lavoro che ha impiegato per fare gli oggetti che gli servono. Qui è tutto molto trasparente, si sa quanto tempo di lavoro spende per fare questo e quest’altro. Dice: per fare il pettine non posso spendere però più tempo di quando spendo per fare un'altra cosa. Quindi o mi sbrigo o niente, c'è una scala di priorità. Adesso dice Marx proviamo ad andare via da questa luminosa l'isola di Robinson e andiamo nell'oscuro mondo medievale. Qui il contadino servo della gleba sa benissimo che deve lavorare durante la settimana tre giorni nel suo pezzo di terra per farsi il suo fondo di sostegno e tre giorni deve dare gratis per la corvee al padrone. Qua è tutto chiaro, quanto tempo deve lavorare per se e quanto per la corvee, anche perché se non gli va a dare la corvee al padrone, sono legnate. E qui dice Marx la decima che va pagata al prete è più chiara della benedizione del prete. 

Oppure Marx fa un altro esempio. Andiamo in un'antica famiglia patriarcale indiana, dove si uniscono agricoltura e tessitura, cioè coltivano cotone, lo tessono. Il padre tesse, la madre fila, i ragazzi fanno i garzoni; è molto chiara la divisione del lavoro ed è molto chiaro per ognuno il tempo di lavoro. Andiamo adesso, dice Marx, in una società socialista e anche qui è molto chiaro perché X abbiamo detto per un'ora da istruzioni come architetto, due ore per carrettiere, va con uno scontrino e dice ho lavorato un'ora di architetto e due ore per carrettiere, ottiene quattro ore. 

Nel primo caso Robinson è solo, negli altri due casi ci sono rapporti di dipendenza padrone e servo espliciti, nella terza proprietà comune. A e B fanno il loro lavoro, ciascuna per i fatti propri e quindi devono scambiare prodotti che sono eseguiti privatamente, isolatamente l’una dall'altra, non ci interessa adesso qui sapere se A tiene una super fabbrica ed è proprietaria e B fa in proprio, eseguono i loro lavori privatamente, separatamente ma sono esseri sociali perché A ha bisogno di B e B di A. Ma li non c'è la pianificazione quindi non si possono dire quanto tempo hai lavorato, perché stanno lontane, la produzione avviene in privato, è la circolazione, è lo scambio che avviene socialmente. Nella produzione sembra che stiano privatamente. E allora come possono dirsi quanto tempo di lavoro è necessario per fare la tela e l'abito? A non può andare con uno scontrino da B a dire io ho lavorato x, o B andare con uno scontrino da A, perché A, B e tutto il resto, eseguono i loro lavori separatamente. E allora se lo devono dire in questa maniera strana, facendo diventare i rapporti tra persone rapporti di cosa, se lo devono dire nella cosa - far parlare le cose -, invece di andare a dire loro personalmente: io ho faticato tanto. 

Allora sono le cose che parlano, due braccia di tela valgono un abito cioè le tue braccia di tela si presentano con un cartellino in fronte: un abito. O l'abito col cartellino in fronte: due braccia di tela. Cioè, camminando per via Monte Napoleone o dove sia, non sono le persone a dirsi: io ho lavorato tanto, ma dietro le vetrine ci stanno cose che parlano tra loro: due braccia di tela uguale un abito. Cioè i rapporti sociali tra persone diventano rapporti di cosa. 

Avviene, dice Marx, come nella religione: i prodotti del cervello umano, perché la religione è un prodotto degli uomini, diventano cose a sé stanti, Gesù Cristo, la Madonna, San Giuseppe. Vedete come è teologica la società dove viviamo, vedete come è teologica la spesa, sono le cose che parlano. Gli uomini fanno questo capitombolo. Quello che sarebbe il soggetto cioè il lavoro umano, diventa il predicato e il predicato diventa il soggetto. Le cose diventano cose sociali. E qua ci fermiamo perché la prossima volta potete capire perché esce il denaro.


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