giovedì 9 luglio 2015

9 luglio - Konw Your Rights: la controinformazione su Salute e Sicurezza sul Lavoro



SICUREZZA SUL LAVORO! KNOW YOUR RIGHTS “LETTERE DAL FRONTE” DEL 08/07/15

Invio a seguire e/o in allegato le “Lettere dal fronte”, cioè una raccolta di quelle mail che, tra le tante che ricevo, hanno come tema comune la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini e la tutela del diritto e della dignità del lavoro.
Il mio vuole essere un contributo a diffondere commenti, iniziative, appelli relativamente ai temi del diritto a un lavoro dignitoso, sicuro e salubre.
Invito tutti i compagni e gli amici della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Medicina Democratica
Progetto “Sicurezza sul lavoro! Know Your Rights”

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INDICE

SOLVAY KILLER ANCHE IN AULA GIUDIZIARIA

Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
COMUNICATO DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA "COALIZIONE DELLO SCIOPERO SOCIALE"

Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
OPERAI SUI TETTI CONTRO I LICENZIAMENTI ALLA MARCEGAGLIA

Comitato Lavoratori Porto di Napoli comitatolavoratoriporto@gmail.com
25 LUGLIO 2015: APPELLO DELLE OPERAIE E DEGLI OPERAI DEL PORTO DI NAPOLI PER UN'ASSEMBLEA NAZIONALE

Franco Mugliari fmuglia@tin.it
L’ESAME DI MATURITA', CALVINO, LEVI E L'AMIANTO

Carlo Marzio carlomarzio@libero.it
IN VIGORE IL DECRETO LEGGE 7 LUGLIO 2015 (“DECRETO FINCANTIERI”)

CUB Sanità Firenze cubsanita.firenze@libero.it
TAGLI ALLA SANITA': UN POZZO SENZA FINE

Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
JOBS ACT: PRECARI SENZA CONTRATTO E DIPENDENTI SENZA FUTURO!

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To:
Sent: Wednesday, July 01, 2015 10:10 PM
Subject: SOLVAY KILLER ANCHE IN AULA GIUDIZIARIA

Denuncia il Pubblico Ministero al Consiglio superiore della Magistratura.
Si inventa un complotto ai suoi danni: un intrigo internazionale “dei poteri forti” ordito dai congiurati Ausimont, Arpa, Carabinieri Noe, Comune, Provincia, Regione, giunte di sinistra e di destra, amministratori e funzionari, Montedison, Edison, Eridania, Coopsette, Esselunga, associazioni ambientaliste. Tutti dediti a tangenti e mazzette.
Il Pubblico Ministero diventa il deus ex machina dei congiurati. Una “denuncia” che è una cazzata di fatto e in diritto, ma che ha l’ambizione di inceppare i meccanismi giudiziari.
In questi processi industriali sono in gioco interessi enormi, basti pensare alle centinaia di milioni dei costi di bonifica del disastro ambientale di Spinetta Marengo in caso di sentenza di colpevolezza, dunque tutti i mezzi sono ammessi per la difesa, senza scrupoli.
Tra questi ci sta, ad opera della Solvay, la denuncia del Pubblico Ministero al Consiglio superiore della Magistratura.
Obbiettivo immediato dell’annuncio in aula della Corte di Assise di Alessandria è aggredire i giudici popolari con una cannonata: Solvay denuncia che il Pubblico Ministero Riccardo Ghio ha concorso a un complotto contro la multinazionale belga, ha falsificato gli atti del processo, ha commesso un serie gravissima di reati al fine della “concussione ambientale”, cioè estorsione di soldi.
Più la spari grossa e più fai impressione, se poi aspetti a sparare all’ultima udienza il botto che ti proponi è il massimo. Il teorema dell’avvocato “best” Luca Santamaria è fantasioso (vedi dopo), ma è talmente pesante da diventare subdolo, teso a indurre il dubbio fra i giurati, e il dubbio serve quando il confine è “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Non dovrebbero però avere dubbi i giudici dopo aver seguito decine di udienze per anni, non dovrebbero lasciarsi abbacinare dal pirotecnico teorema.
L’annuncio è probabilmente un bluff, petardo più che una bomba, non è così scontato che partirà la denuncia, soprattutto in caso di condanna in Assise. Però una cosa è assolutamente certa: se la Corte assolverà dal dolo gli otto imputati, Solvay procederà senza esitazioni contro il Pubblico Ministero usando la carta assoluzione come grimaldello nella denuncia.
Gli obbiettivi di prospettiva diventerebbero allora più ambiziosi e concreti. Il polverone sollevato al Consiglio superiore della Magistratura servirebbe per altri due scopi.
Uno, nel ricorso in Appello: il boato della denuncia, proprio perché al limite del ridicolo, sarebbe talmente clamoroso da fuorviare tutto il dibattimento e trascinarlo per il largo e il lungo (prescrizione).
L’altro obbiettivo guarda al filone processuale che si sta per aprire per le morti e le malattie provocate dall’inquinamento soprattutto atmosferico. Questo secondo processo per Solvay è ancora più pericoloso dell’attuale perché essa non può neppure attuare lo scaricabarile su Ausimont.
Dunque le diventerebbe essenziale, tramite la denuncia, fare della Procura di Alessandria “l’anatra zoppa” (l’Accusa sotto accusa!!), sostituire il Pubblico Ministero, o chiedere addirittura lo spostamento del processo in altra sede (tentativo fallito in precedenza).
Questa manovra contro il Pubblico Ministero Riccardo Ghio (ignobile sul piano personale, tipica di chi passerebbe sul cadavere della madre) è stata scelta per regia di Giorgio Carimati nell’impossibilità di agire direttamente sulla Corte di Assise.
Noi abbiamo spesso criticato la Presidente Sandra Casacci perché agli avvocati difensori è stato concesso di fare e dire qualunque cosa. Alla luce degli avvenimenti, ora dobbiamo ammettere che la pazienza è così riuscita a non offrire il benché minimo pretesto di killeraggio processuale.
A Chieti il presidente della Corte d’assise Geremia Spiniello è stato ricusato da Montedison semplicemente per aver dichiarato in una intervista l’ovvio impegno di rendere giustizia al territorio e sostituito da Camillo Romandini. Le accuse di alcuni giurati per pressioni indebite da parte del subentrato presidente sono al vaglio del Consiglio superiore della Magistratura (vedi dopo).
Ad Alessandria, nel 2008, all’impostazione del processo (differente da Chieti), termini e capi di imputazione compresi, Riccardo Ghio aveva lavorato sotto la guida del Procuratore generale Michele Di Lecce trasferitosi a Genova nel 2012 e sostituito da Mario D’Onofrio. A quel tempo Solvay non se l’era sentita di attaccare Di Lecce, mentre ora evidentemente reputa che Ghio sia isolato.
In conclusione, la denuncia della Solvay di Spinetta al Consiglio superiore della Magistratura è una bolla, anzi una balla.
Si reggerebbe solo se riuscisse a dimostrare l’esistenza delle tangenti che, afferma Solvay, sarebbero state pagate (collusione e concussione) da Ausimont agli Enti locali (e non solo) per renderli complici nel nascondere gli inquinamenti.
Solvay dovrebbe portare le prove delle mazzette, che nella contabilità aziendale non possono sfuggire. Se le ha e non le tira fuori è perché rischierebbe di scoprire i propri altarini.
Senza questa prova regina, il teorema di Santamaria è ridicolo, un bluff, un polverone, una messa in scena cinica. L’aveva già enunciato per sei ore nell’udienza del 17 novembre 2014.
Santamaria, senza prove sei solo un killer prezzolato!!!

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Solvay è innocente: vittima di un intrigo internazionale ordito dai poteri forti della chimica, dei supermercati e della politica, per impedirle di denunciare i veri colpevoli della catastrofe ambientale di Spinetta Marengo, e per impedirle di bonificare l’altrui avvelenamento doloso delle falde acquifere. Regista finale del complotto: il Pubblico Ministero. Svelato il giallo in Corte di Assise di Alessandria: tutti i nomi dei congiurati. Ombra della massoneria.
UDIENZA DEL 17 NOVEMBRE 2014
“Va bene a tutti, anche all’amico Balza”: l’avvocato Luca Santamaria conclude l’arringa difensiva in Corte di Assise di Alessandria. L’ironia storpiante su “amico” è scontata: ormai è un ritornello additare Lino Balza come “nemico”, numero due, distaccato di parecchie lunghezze dal nemico numero uno di Solvay, il Pubblico Ministero Riccardo Ghio. Invece, è assai nebulosa la conclusione del romanzo giallo raccontato per sei ore dall’illustre legale, cioè l’intrigo internazionale “dei poteri forti” che si materializzerebbe nell’assassinio di Solvay a opera di un folto gruppo di congiurati. I quali sarebbero in ordine di presentazione: Ausimont, Pubblico Ministero, Arpa, Carabinieri NOE, Comune, Provincia, Regione, giunte di sinistra e di destra, amministratori e funzionari, Montedison, Edison, Eridania, Coopsette, Esselunga, associazioni ambientaliste ad eccezione di Medicina Democratica (bontà sua). Non cita i sindacati. Dimentica il GUP Stefano Moltrasio. Dice Santamaria: “Va bene a tutti” l’assassinio finalmente ordito, cioè l’incriminazione di Solvay per avvelenamento doloso e dolosa omessa bonifica, ai sensi dell’articolo 439 del Codice di Procedura Penale, “va bene a tutti” i suddetti congiurati, e anche all’ “amico” Balza che, pur non avendo compreso il complotto, è contento lo stesso perché costituzionalmente nemico giurato di Solvay.
Santamaria avvince come giallista, ma non convince come difensore di Giorgio Carimati. Avvince, che è un piacere ascoltarlo due tre ore, quando scava nella dietrologia, quando dissemina indizi inquietanti su ciascuno dei congiurati, ma poi quando dopo sei ore il mosaico dovrebbe comporsi ti rendi conto che le tessere sono forzatamente assiemate, come avviene per i giallisti neofiti. L’ultimo capitolo rende oscura la trama. Nessun giallo regge se non regge il movente. Non convince il garbuglio. D’altronde è la prima volta che Santamaria si esercita in questa nuova veste di romanziere. Per il resto è senza dubbio il leader dell’esorbitante staff difensivo della multinazionale chimica, è preparatissimo, analitico fino alla pignoleria, conosce a memoria tutti i risvolti processuali, segue e indirizza Solvay ancora prima del processo come è evidente nelle intercettazioni telefoniche, è attento e ascoltato consigliere di Carimati nel bene e nel male, non è solo un impareggiabile giurista ma anche uno sgobbone che sacrifica per la causa le ore di sonno. In questa udienza si è presentato un po’ stanco, con la barba lunga, a tratti emozionato probabilmente per una qualche presenza di riguardo, ma pur sempre un leone indomito. Però come giallista...
Quando arrivi alla fine di un giallo e ti rendi conto che non sei in grado di riassumere la trama: resti deluso. Può essere colpa tua perché il genere letterario non ti è confacente? Perché non possiedi neppure le veline giornalistiche che potrebbero aiutarti come prefazione del romanzo? A questo punto vai a comprare i giornali. Trascriviamo quello che hanno capito loro del complotto internazionale: “Metà dell’area ex zuccherificio di Spinetta Marengo, vicina allo stabilimento, fu ceduta a Esselunga per fare un supermercato, ma i signorotti locali (i politici NDR) sostenitori di CoopSette insorsero fino a che si decise di destinare l’altra metà a CoopSette un perfetto inciucio in barba al Piano regolatore comunale. Sembravano tutti felici e contenti, ma Solvay va a rompere le scatole perché, continua Santamaria, insiste per la messa in sicurezza di emergenza della propria area, dopo aver scoperto che le perdite dalla fabbrica con relativo inquinamento sono più cospicue di quelle che le aveva dato a bere Ausimont (la venditrice NDR) propinandole la bischerata di un piano di caratterizzazione falso. Basato su documenti falsi alle Autorità compiacenti. Ma se Solvay scopre gli altarini, viene fuori che anche l’ex zuccherificio è inquinato è salta l’inciucio supermercato”. Fine della trascrizione.
Dunque c’era il rischio che l’integerrima Solvay facesse partire denunce penali contro Ausimont e soprattutto le Autorità colluse e corrotte. Allora ci chiediamo: perché in 7 anni Solvay non ha fatto denunce? perché parla di tangenti dell’Ausimont ai politici, senza produrre prove? Non è che andando con gli zoppi si continua a zoppicare? Invece, nel racconto di Santamaria, Solvay stava rompendo (sic) la continuità mafiosa vigente ad Alessandria (con quanta discrezione! al punto di passare inosservata NDR). Il vento di Bussi (?) terrorizzò i congiurati (siamo all’escalation della suspense del giallista) la paura corre sul filo, il gioco del cerino acceso (sic) brucia Comune e Arpa, si salvi chi può. E’ la quadratura del cerchio: esclama ispirato Santamaria. Noi invece comprendiamo sempre meno il garbuglio del giallo, i collegamenti logici e fattuali, che c’azzecca lo zucchero col cromo esavalente, la lobby dei super mercati con la lobby della chimica?
Ma è proprio a quel punto che scatta il coup de théâtre del romanzo. A quel punto (2008) entra in scena il complice Riccardo Ghio. Il Pubblico Ministero che, senza prove, bluffando, anzi falsificando le carte, individua come facile capro espiatorio (sic) l’innocente Solvay e la incrimina per sviare l’attenzione politica e mediatica e penale dall’ex zuccherificio, sotto il quale si cela il corpo del reato, cioè la discarica abusiva su cui il complice Pubblico Ministero non vuole proprio indagare: evidentemente contiene cromo e clorurati inquinanti la falda (che fantasia! se si pensa che lavoravano barbabietole per produrre zucchero!).
Santamaria definisce il fraudolento intervento di Ghio come “una vera e propria operazione di distrazione di massa” volta a non scoperchiare il vaso di Pandora (sic) dell’ex zuccherificio e a salvare il culo ai politici, gli stessi che impedivano (sic) a Solvay di bonificare l’inquinamento, a questo punto non di origine chimica ma zuccheriera. “Il Pubblico Ministero inscena una realtà finta e marcia, una menzogna organizzata da alte stanze del potere alessandrino, colluso da decenni con Montedison-Ausimont. Loro sono i veri colpevoli dell’avvelenamento e non Solvay. Perciò chiedo l’assoluzione con formula piena di Solvay e in particolare di Giorgio Carimati che dal 2003 al 2008 non poteva certo passare i sabati e le domeniche negli scantinati degli archivi segreti”. Fine del romanzo giallo.

* * * * *

La sentenza della Corte d’Assise di Chieti, che ha mandato in parte assolti (per avvelenamento delle acque) e in parte prescritti (per disastro ambientale) 19 dirigenti e tecnici della Montedison, imputati per il mortifero inquinamento causato dalle discariche di Bussi sul Tirino (Pescara), è fortemente sospetta di pressioni indebite del Presidente della Corte su alcuni membri della Giuria.
Alcune giurate hanno infatti affermato di essersi sentite dire dal Presidente che “se avessero condannato per dolo, e se poi gli imputati si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo, negozio e casa compresi”. Affermazione in sé falsa perché la legge prevede la responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo oppure di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”. Fatti e prove ben documentati dai Pubblici Ministeri, dall’Istituto Superiore della Sanità, dall’Avvocatura dello Stato.
Però quella minacciosa prospettazione della loro rovina economica era volta a derubricare il disastro da reato doloso a reato colposo, punito con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già scattata.
No dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto fra un’udienza e l’altra ai sei giudici popolari. Così fu la genesi della sentenza composta in Camera di consiglio di una pizzeria.
Ora, sulla correttezza della condotta dei due giudici togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio Superiore della Magistratura, anche annullando il verdetto.

Messaggio di pace e salute inviato da Lino Balza
via Dante 86
15121 Alessandria
cellulare 347 01 82 679

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From: Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
To:
Sent: Wednesday, July 01, 2015 11:11 PM
Subject: COMUNICATO DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA "COALIZIONE DELLO SCIOPERO SOCIALE"
Il programma di riforme del Governo Renzi, eseguitO sotto dettatura della Commissione europea, prosegue la sua azione a colpi di fiducia, la quarantesima in sedici mesi è arrivata in Senato, sul maxiemendamento riguardante la scuola. Come era avvenuto per il Jobs Act, Renzi si è imposto, con arroganza e autoritarismo, ottenendo la fiducia sul Disegno di Legge e sulle nove deleghe che sconvolgono totalmente la scuola pubblica.
Scioperi, blocchi e manifestazioni nel mondo della formazione continueranno nelle prossime settimane e mesi, al pari di quelle contro la riforma del mercato del lavoro, nonostante l’immagine distorta degli effetti del Jobs Act che i media e il Governo stanno provando a delineare.
Non siamo di fronte a una nuova “primavera occupazionale” né, tanto meno, a una “universalizzazione delle tutele”. Nonostante la propaganda e le mistificazioni di Renzi e Poletti, i dati reali ci consegnano una povertà in dilagante aumento, una precarietà diffusa e una disoccupazione giovanile drammatica, mentre gli ammortizzatori sociali rimangono iniqui ed insufficienti.
In questo contesto, il Presidente del Consiglio ha con violenza respinto la proposta di introduzione di un reddito garantito, definendolo misura “incostituzionale” e “assistenzialista”. Una misura (occorre ricordarlo) assente solo in Grecia e in Italia, che rappresenta per i movimenti sociali e per larghi strati dall’associazionismo di base un orizzonte di lotta irrinunciabile contro il ricatto della precarietà e della povertà.
Intanto, in questi giorni, prosegue l’azione implacabile della Troika nei confronti della Grecia, una forma di “guerra di classe” dall’alto verso il basso che colpisce non solo i greci, ma tutti i paesi europei, mentre il vertice europeo sulle migrazioni mostra la rilevanza strategica del governo della mobilità e la scala ormai compiutamente transnazionale dei processi di precarizzazione.
L’alternativa tra dittatura del debito e della finanza e democrazia reale ormai è radicale, per questo crediamo che l’estensione transnazionale di forme di coalizione, di lotta e di sciopero oggi più che mai è necessaria.
A partire dalla “Coalizione per lo sciopero sociale” e dalle inedite forme di sindacalismo sociale sperimentate negli ultimi mesi a partire dalla mobilitazione del 14 novembre, sentiamo l’esigenza di confrontarci in una assemblea nazionale, per immaginare i nostri prossimi passi verso l’autunno. Vorremmo farlo, però, ripartendo dalla possibilità, dimostrata durante quest’anno, di costruire forme espansive e generalizzate di conflitto sui temi del salario minimo europeo, del reddito garantito, del welfare universale e del permesso di soggiorno minimo europeo di due anni.

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From: Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
To:
Sent: Wednesday, July 01, 2015 12:07 PM
Subject: OPERAI SUI TETTI CONTRO I LICENZIAMENTI ALLA MARCEGAGLIA

Ieri mattina un gruppo di operai della Marcegaglia hanno deciso di salire sul tetto, e di rimanervi ad oltranza, per protestare contro la chiusura dello stabilimento. I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda sono tutti aderenti al comitato di lotta che lo scorso anno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione.
Lo scorso giugno un accordo separato firmato da FIM e UILM ha sancito la chiusura dello stabilimento di Milano per trasferirlo a Pozzolo Formigaro in Piemonte a 108 km dallo stabilimento che insiste nell’area della ex Breda siderurgica.
In provincia di Milano Marcegaglia aveva (ed ha) due stabilimenti e altri due siti in provincia di Lecco e di Bergamo, ma l’illuminato gruppo dirigente aziendale non volle neppure sentir parlare di ricollocare in una di quelle quattro fabbriche i lavoratori: a chi non accettò il trasferimento a Pozzolo Formigaro toccarono due anni di cassa integrazione straordinaria.
Grazie al governo Renzi e alle sue nuove norme sugli ammortizzatori sociali, i due anni di cassa si sono ridotti a uno e così Marcegaglia ha deciso di imporre ai 7 lavoratori rimasti il trasferimento forzato a Pozzolo oppure il licenziamento.
Con un atteggiamento piuttosto arrogante e nonostante il fatto che i lavoratori abbiano fornito un elenco dettagliato delle reali necessità di organico nei 4 suddetti stabilimenti, l’azienda ha semplicemente dichiarato: “Decidiamo noi se, quando, e dove assumere, e al momento abbiamo deciso che non serve nessuno”.
Il 30 giugno un altro incontro per espletare il formale “esame congiunto” per articolo 8 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro con le rappresentanze. E anche in quella sede l’azienda ha ribadito la deportazione e con mezzi propri, che significa una spesa media procapite per recarsi a lavoro di circa 800 euro mensili. L’azienda stessa ha riconosciuto che l’esito più probabile di tale trasferimento e l’assenza ingiustificata e il conseguente licenziamento disciplinare.
“Che il gruppo dirigente di Marcegaglia volesse semplicemente disfarsi dei lavoratori della fabbrica di viale Sarca a noi è stato chiaro da subito”, scrive la FIOM in un comunicato. “Ma ora, quando la partita di gioca su 7 operai, dovrebbe essere chiaro a tutti. E’ impensabile, infatti, che l’azienda non riesca a ricollocare un numero così esiguo di lavoratori in uno dei quattro siti limitrofi a Milano, che producono a pieno ritmo e dove, spesso, si fanno straordinari”, si legge ancora nella nota.
“Va ricordato che il gruppo Marcegaglia acquistò a prezzo agevolato i capannoni di viale Sarca” - sottolinea Massimiliano Murgo, RSU FIOM - “grazie alle allora Prodiane politiche di incentivazione al rilancio industriale delle aree industriali inutilizzate. Il prezzo fu di circa 50 mila lire al Metro quadro. Nel nuovo contesto urbano il valore del terreno raggiunge diverse migliaia di euro, e parliamo di un area di quasi 80.000 metri quadrati. Liberare quest’area fa intravedere un enorme speculazione da parte dell’azienda”.
Gli operai furono messi davanti a 3 scelte, spiega Murgo:
trasferirsi nello stabilimento piemontese avvalendosi di un servizio navetta e 150 euro lorde di incentivo individuale, oppure 250 euro lorde individuali con i mezzi propri: entro il 18 luglio 2014 hanno operato questa scelta circa 60 lavoratori, a cui già 4 hanno rinunciato;
accettare il licenziamento dietro il versamento di un incentivo di 30.000 euro lorde (circa un anno di retribuzione media lorda) più il riconoscimento del mancato preavviso;
accedere al secondo anno di cassa integrazione straordinaria con l’impegno dell’azienda fin dal primo giorno di cassa (1 settembre 2014) a ricercare negli stabilimenti di Lanate, Corsico, Boltiere, Lomagna un ricollocamento, con l’impegno di proporre (non imporre) comunque il trasferimento a Pozzolo a chi non si fosse riuscito a ricollocare.
I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda, tutti e 7 aderenti al comitato di lotta che lo scorso anno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione, contrari a questo accordo che ha già falcidiato 90 posti di lavoro circa a Milano, non hanno accettato i soldi “né di essere deportati”.
“7 è un numero piccolissimo” – continua Murgo - “per un gigante come Marcegaglia. E’ davvero la cosa più semplice e meno costosa da fare per l’azienda ricollocarli. Ma invece ha deciso di punirli. La determinazione di risollevarsi dalla sconfitta dello scorso hanno, nel mantenere l’obiettivo di avere un lavoro dignitoso che non gli sconvolgesse la vita, nel non lasciarsi intimidire dalla baldanza padronale, è un onta per il padrone Marcegaglia, che ha scelto un uomo della scuola FIAT per gestire con la mano pesante e la faccia di gomma la vertenza di Milano e non solo”.
La richiesta dei lavoratori è semplice: rispetto degli impegni, e ricollocazione nelle aziende previste nel accordo. A Lomagna, a Corsico, a Lainate, a Boltiere sono sotto organico, si fanno un botto di straordinari.
Fondamentalmente i lavoratori di Milano ci dicono: “Redistribuire il lavoro che c’è per lavorare tutti”.
Articolo pubblicato in co-produzione con "Controlacrisi"

A seguire il primo comunicato degli operai dai tetti della Marcegaglia Buildtech.

DAI CIELI FRA SESTO E MILANO CON LO SGUARDO SULLE STRADE CHE UNA VOLTA FURONO LASTRICATE DEL FUOCO DEGLI OPERAI PARTIGIANI AI QUALI VORREMMO RESTITUIRE UN PO’ DI ONORE
Le prime 24 ore di occupazione dei carroponte e del tetto del reparto pannelli della Marcegaglia sono state piene di adrenalina e riflessione. Nessun problema di gestione dei rapporti con la sicurezza interna.
La produzione dei pannelli coibentati a Milano è stata totalmente bloccata.
Le spedizioni sono state interrotte. Dal punto di vista del danno economico ci siamo!
Sul piano della immagine l’azienda mostra di avere più problemi.
Ieri ha pagato la giornata agli altri lavoratori che sono in procinto di andare volontariamente in mobilità o volontariamente al Lager di Pozzolo Formigaro, per evitare di avere troppa “movida” davanti ai cancelli.
Oggi e domani sono stati tutti messi in cassa integrazione.
Ed è proprio sul piano dell’immagine che facciamo appello alle organizzazioni sindacali, ai partiti di classe, alle associazioni e ai collettivi che si sentono vicini alla nostra battaglia di muoversi nelle prossime ore.
Vorremmo che attorno alla fabbrica si renda più visibile possibile la lotta. Noi quassù da questo punto di vista abbiamo i mezzi limitati.
Ieri ci sono stati 2 incontri in prefettura.
L’azienda non tratta se non scendiamo, e comunque non è disponibile a discutere di ricollocamento.
Per cui DECRETIAMO quanto segue.
NOI NON MOLLIAMO la presa fino al momento in cui non sarà palesato nero su bianco il ricollocamento negli stabilimenti di Boltiere, Corsico, Lainate e Lomagna. A rafforzamento di ciò uno dei 6 occupanti ha deciso spontaneamente di mettersi in sciopero della Fame.
A tale senso facciamo richiesta alle autorità competenti di metterci a disposizione quotidianamente la visita di un medico per verificare lo stato di salute del compagno Sergio. Segnaliamo che di noi c’è un lavoratore, Alfredo Mastropasqua, affetto da una grave patologia tumorale. Per la precisione si tratta di un cordoma alla base cranica. A causa di tale patologia ha disturbi visivi e dell’equilibrio. Chiaramente noi riteniamo responsabile l’azienda delle conseguenze sulla salute di tutti noi, visto che ci ha costretti non rispettando gli impegni presi a scegliere questa forma estrema di RESISTENZA.
Ci domandiamo l’amministrazione comunale di Sesto e soprattutto quella di Milano, che ha delle serie responsabilità legate al PGT che ha trasformato il cemento e il ferro di questi capannoni in oro, se e quando hanno intenzione di esprimere almeno una posizione di netta distanza da quella che esprime l’azienda.
Alla luce di tutto ciò ribadiamo il nostro appello a tutti e tutte di sostenere con tutte le forze possibili la nostra battaglia per il lavoro e contro le nefaste conseguenze del Jobs Act e di tutte le scelte governative in tema di lavoro degli ultimi 20 anni che favoriscono terribilmente queste forme di cannibalismo padronale.
La nostra lotta è la lotta di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.
SOLO UNITI POSSIAMO VINCERE!
Sono bene accetti comunicati e attestai di solidarietà.
Inviateli alla mail: fazzolettirossi@gmail.com oppure sms o wathsapp al numero 349 49 06 191

Alfredo, Cristian, Franco, Gianni, Massimiliano, Sergio

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From: Comitato Lavoratori Porto di Napoli comitatolavoratoriporto@gmail.com
To:
Sent: Friday, July 03, 2015 1:17 PM
Subject: 25 LUGLIO 2015: APPELLO DELLE OPERAIE E DEGLI OPERAI DEL PORTO DI NAPOLI PER UN'ASSEMBLEA NAZIONALE

ORGANIZZARSI E COORDINARSI
Tenere aperte le aziende! Creare posti di lavoro! Costruire l’alternativa!
Non sono i padroni ad essere forti, sono gli operai e le masse popolari che devono fare valere la loro forza!
APPELLO DEGLI OPERAI E DELLE OPERAIE DEL PORTO DI NAPOLI PER UN’ASSEMBLEA NAZIONALE
Abbiamo deciso di resistere all’attacco da parte dei padroni e contro il Governo il cui decreto Sblocca Italia prevede, tra le altre cose, l’eliminazione di gran parte delle Autorità Portuali, organi di governo dei porti, ulteriore avanzata del processo di privatizzazione delle strutture produttive e di eliminazione di posti di lavoro. Solo nel porto di Napoli sono 500 i lavoratori a rischio! Abbiamo deciso di occuparci delle nostre aziende per impedire che vengano chiuse, ridimensionate, delocalizzate.
Per quanto sia ragionevole, giusto, legittimo rivendicare “più diritti”, “più lavoro”, protestare contro questo corso delle cose, finché gli operai e gli altri lavoratori lasciano nelle mani delle attuali autorità il compito di trovare soluzioni e attuare le misure di emergenza che sono necessarie, le cose non possono cambiare e non cambieranno.
La nostra è un’iniziativa con cui intendiamo promuovere lo sviluppo del coordinamento per i lavoratori dei porti di tutta Italia, di Ancona, di Genova, di Livorno, di Salerno, di Taranto, di Trieste e di tutti gli altri, e mira a coordinarsi anche con le lotte di tutti gli operai, di tutti i lavoratori e di tutte le masse popolari del paese.
Vogliamo coordinarci con tutti quelli che sono sempre più colpiti dalla crisi del capitalismo che si aggrava e si estende, con uno smantellamento industriale in tutte le parti d’Italia, con una lacerazione del tessuto produttivo in intere aree e in fabbriche che costituiscono centri di produzione vitali per intere città e regioni.
Noi lavoratori possiamo e dobbiamo coordinarci contro un Governo che attacca i diritti e le conquiste della classe operaia e delle masse popolari nel campo del lavoro (ultima misura è il Jobs Act), della scuola, della sanità, dell’ambiente: in ognuno di questi campi e in tutti gli altri che riguardano la vita delle masse popolari il Governo Renzi interviene a fianco dei padroni, dei Marchionne e di tutti gli altri per eliminare tutto quanto abbiamo conquistato e per negare il futuro alle giovani generazioni.
Possiamo e dobbiamo coordinarci con gli operai della FIAT di Pomigliano, di Melfi, di Termoli, di Cassino e degli altri stabilimenti, con gli operai della siderurgia di Terni, di Taranto, di Piombino, con gli operai della Fincantieri, con gli operai che si organizzano in comitati e si coordinano, come alla Piaggio di Pontedera, alla Continental di Pisa, alla GKN e alla CSO di Firenze, con gli operai e le operaie in lotta alla Fiber di Bergamo, alla Nuova Sinter di Arzano, alla Avio Interiors di Latina, all’IKEA, all’ALCOA, con i lavoratori delle Aziende Partecipate di Napoli e con tutti i lavoratori che si organizzano nelle aziende pubbliche, nelle amministrazioni, negli ospedali, nelle scuole, nei trasporti, con i disoccupati, con gli studenti, con gli immigrati, donne, per con chi lotta per la casa, per l’acqua, per difendere i beni comuni e l’ambiente, i movimenti No TAV e No MUOS.
Possiamo e dobbiamo coordinare le azioni di lotta e confrontarci per iniziare ad elaborare e sperimentare la messa in campo di possibili misure atte alla ripresa delle produzioni utili alla collettività o alla conversione di quelle dannose, salvaguardando i posti di lavoro, i diritti e le condizioni di vita dei territori, creando nuovi posti di lavoro.
Possiamo farlo, se non restiamo chiusi a chiedere soluzioni a chi, come Renzi, come Marchionne e come tutti gli altri, non può né vuole darcene, se non restiamo fermi allo sdegno, alla denuncia, alla protesta, alla rivendicazione. Possiamo farlo mettendo a confronto le rispettive esperienze di organizzazione e di lotta, pensandoci e ponendoci come artefici di una nuova governabilità dal basso, occupandoci direttamente del futuro delle aziende, sperimentando misure d’emergenza a partire da quella centrale:
UN LAVORO UTILE E DIGNITOSO PER TUTTI!
Possiamo UNIRE veramente le migliaia di forme in cui si esprime la resistenza degli operai, di tutti i lavoratori, dei giovani, delle donne, di chi lotta per la difesa dell'ambiente, per la difesa dei beni comuni, della Costituzione, del patrimonio che ci ha lasciato la Resistenza, insomma di tutte le mobilitazioni in corso tra le masse popolari. Possiamo unire e unirci non tanto e non solo stando fermi a resistere alla guerra non dichiarata che la classe dominante conduce contro la classe operaia, tutti i lavoratori e le lavoratrici e tutte le masse popolari del nostro paese, ma muovendoci insieme nelle fabbriche, nelle città e nelle campagne, passo dopo passo,ciascuno organizzandosi nel suo ambito di lavoro, di vita, di interesse, come istituzioni di governo della produzione e dei territori, come fondamento di un’alternativa politica e di una nuova governabilità che dia a quello che decidiamo e facciamo in ogni nostro ambito forma di legge che regola l’economia, la politica e la società in tutto il paese.
Il 25 luglio del 2015, nell’ambito della Festa Nazionale della Riscossa Popolare (dal 22 al 27 luglio) terremo il dibattito su “Organizzarsi e coordinarsi, tenere aperte le aziende, creare posti di lavoro, costruire l’alternativa”. Lo terremo nel porto di Napoli.
Invitiamo le organizzazioni operaie e popolari del paese a contribuire alla costruzione di questa iniziativa, invitiamo tutti i sinceri democratici, gli intellettuali, gli attivisti, i sindacalisti che difendono gli interessi dei lavoratori, tutti quelli che hanno a cuore il progresso del paese a partecipare, ad inviarci la loro adesione, a sottoscrivere questo appello.
Al dibattito del 25 luglio 2015 seguirà un concerto di sostegno alla nostra lotta, organizzato nella Festa della Riscossa Popolare al Parco dei Camaldoli, a Napoli. Agli artisti che porteranno il loro contributo con le loro parole, la loro musica, i loro messaggi di solidarietà, auspichiamo se ne aggiungano molti altri, cantando e suonando insieme come, ad esempio, hanno fatto per l’Aquila dopo il terremoto, perché anche qui dobbiamo ricostruire un paese devastato, e lo faremo, perché sappiamo e impariamo a farlo e sappiamo come sbarrare il passo a chi continua a devastarlo. Il concerto porterà il primo contributo a una cassa di resistenza e di mutua solidarietà come quelle che abbiamo imparato a costruire fino dalle origini del movimento operaio organizzato, il nostro movimento che oggi con maggiore coscienza, fiducia e forza di ieri si mette all’opera per garantire gli interessi e le aspirazioni di tutte le masse popolari italiane, per un nuovo governo del paese e per una nuova società.

Comitato Lavoratori Porto di Napoli

Il link dell’evento su Facebook è il seguente:

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From: Franco Mugliari fmuglia@tin.it
To:
Sent: Sunday, July 05, 2015 11:07 AM
Subject: L’ESAME DI MATURITA', CALVINO, LEVI E L'AMIANTO

Dal blog Muglia la Furia
domenica 5 luglio

Ce ne sarebbero di cose da raccontare: semplificazioni che vengono cancellate in nome della semplificazione (ormai è un mantra), altre novità che come tali vengono spacciate e tanto altro ancora su Jobs Act, Monfalcone, ILVA... ma non ci voglio tornare su perché di questo ho già scritto “peste e corna”.
Oggi voglio restare sulla cronaca ma di tutt’altro genere: l’esame di maturità 2015 e la prova di italiano.
Che c'entra il tema di italiano per l'esame di maturità con la salute e la sicurezza sul lavoro? Niente se non che è stato Italo Calvino l'autore proposto ai maturandi. Primo Levi lo fu nel 2010 e sia Italo Calvino che Primo Levi, hanno avuto modo di confrontarsi con il tema dell’amianto e la sua tragedia.
Di Kafka, ispettore dell’istituto austriaco per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro:
e del suo tentativo imprenditoriale di produrre manufatti di amianto:
ricorderete.
Meno noti sono gli interventi carichi di drammaticità di Primo Levi e Italo Calvino che raccontano la loro esperienza con l'amianto.
AMIANTO A BALANGERO: LA MINIERA NELLE PAROLE DI PRIMO LEVI E ITALO CALVINO
Un racconto autobiografico e un reportage giornalistico: molto prima del 1992 (anno in cui la legge ha messo al bando la fibra killer) due fra i maggiori narratori del Novecento colsero con la loro sensibilità la violenza mortale dell'asbesto. Scenario dei loro scritti la cava piemontese, colta come un girone dantesco.
Primo Levi ambientò nella miniera il racconto a sfondo autobiografico “Nichel” contenuto nella raccolta “Il sistema periodico” (1975). Lo scrittore torinese vi aveva infatti lavorato nel novembre del 1941, appena conseguita la laurea in chimica.
Italo Calvino nel 1954 venne inviato a Balangero, come redattore del quotidiano l'Unità, per descrivere una vertenza dei lavoratori della miniera contro la proprietà. Su tale vertenza e sulle condizioni di lavoro degli operai Calvino scrisse poi un lungo reportage intitolato “La fabbrica nella montagna”.
LEVI: I GIORNI A BALANGERO COME ESPERIENZA DI VITA
Quelli rievocati da Primo Levi nel capitolo “Nichel” de “Il sistema periodico” sono pochi giorni del novembre 1941 quando, neolaureato al Politecnico (su incarico di un tenente del Regio Esercito) si trovò a lavorare presso quella che, negli anni seguenti, sarebbe diventata la più grande miniera d’amianto in Europa. Il libro è suddiviso in ventun capitoli, ognuno dei quali ha per titolo un elemento naturale: una “versione letteraria” del sistema di Mendeleev che l’autore utilizza in chiave metaforica per raccontarsi, tra osservazione, rievocazione e memoria, nelle sue due “anime” di chimico e scrittore. Dagli studi maturati negli anni del fascismo alle drammatiche vicende della guerra, Levi pone al centro del romanzo il tema del lavoro come momento di esperienza determinante per capire le cose e gli uomini: un arco ampio di vita all’interno del quale i giorni passati a Balangero assumono una portata formativa di rilevanza essenziale.
RECUPERARE “QUALCOSA DI UTILE” DAI MATERIALI DI SCARTO
“Il lavoro che (il tenente del Regio Esercito, NDR) mi propose era misterioso e pieno di fascino. “In qualche luogo” c’era una miniera, dalla quale si ricavava il 2 per cento di qualcosa di utile (non mi disse cosa) ed il 98 per cento di sterile, che veniva scaricato in una valle accanto. In questo sterile c’era del nichel: pochissimo, ma il suo prezzo era talmente alto che il suo recupero poteva essere preso in considerazione”. L’incarico che nel 1941 viene affidato al giovane chimico Primo Levi è, dapprincipio, carico di suggestione: cercare di estrarre nichel dal materiale di scarto dell’Amiantifera di Balangero (lo scrittore riuscì nell'intento, ma la tecnica necessaria era troppo dispendiosa e il progetto venne abbandonato).
LA MONTAGNA COLTA COME UN GIRONE DANTESCO
Levi, uomo di scienza, si getta con autentica passione nel compito assegnato, malgrado le condizioni illegali imposte dall’ azienda che avevano vincolato il suo stipendio alla capacità di trovare una soluzione al problema. In “Nichel” lo scrittore descrive, così, la realtà che lo circonda con lucidità e rigore e, allo stesso tempo, compone con leggerezza (a tratti con ironia) l’intreccio di relazioni tra i lavoratori della miniera. Ma quello che emerge con maggior vigore dal racconto è il profilo della cava. Colta nella sua aspra e ancora attualissima fisicità, la montagna scavata a gradoni si mostra da subito agli occhi dello scrittore come un girone infernale di dantesca memoria. “In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale del diametro di quattrocento metri: era in tutto simile alle rappresentazioni schematiche dell'Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina Commedia” scrive Levi. che non esita a descrivere con toni omerici, come “lavoro da ciclopi”, la fatica per strappare “un misero 2 per cento d’amianto” dalla roccia.
QUELLA CAPPA D’AMIANTO COME “NEVE CENERINA”
I pochi giorni passati a Balangero rimangono impressi per sempre nella coscienza di Levi, che coglie con trepidazione autentica lo sforzo terribile dei minatori. “L’operazione procedeva in mezzo ad un fracasso da apocalisse” – racconta – “in una nube di polvere che si vedeva fin dalla pianura”. Eccola, quindi, la polvere. L’amianto onnipresente che Levi descrive come una sorta di demone, asfissiante e ostile. “C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina” – ricorda – “se si lasciava per qualche ora un libro sul tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo”. Tutto a Balangero sembra immerso in quella cappa d’amianto, la cui nocività la sensibilità di Levi sembra cogliere ben prima delle certezze scientifiche. “I tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra”: descrizioni che rilette oggi (alla luce dei fatti violenti della cronaca, dei tanti processi e dei troppi morti) assumono il peso di una denuncia implacabile.
CALVINO: IL REPORTER CHE DESCRISSE LO SCIOPERO ALLA CAVA
Totalmente diverso (almeno nella forma) è l’approccio di Calvino, che arriva nella miniera piemontese come redattore del quotidiano “L’Unità”, inviato a seguire uno sciopero di 40 giorni dei lavoratori della cava dopo la soppressione, da parte dell’azienda, di un premio di produzione. “La fabbrica nella montagna” è il reportage che egli realizzò (probabilmente anche spinto dalle suggestioni dell’amico Levi): pagine di scrittura emblematica dove gli eventi descritti sono colti ben oltre la loro portata storica e diventano, alla fine, materia di denso valore esistenziale.
AI POZZI IL NOME DEI MINATORI CHE VI ERANO CADUTI DENTRO
La fatica dei minatori è l’elemento che turba, nel 1954, l’allora redattore de “L’Unità” Italo Calvino. Impegnato a documentare una vertenza sindacale presso l’Amiantifera, Calvino coglie con emozione il dramma degli operai costretti a vivere e a morire nella cava, e alla cui memoria venivano intitolati i pozzi nei quali erano caduti. Come il povero Bellezza “che di in cima al pozzo scivolò e d’un volo, senza che il ciglio di un gradino lo fermasse, precipitò sul fondo frantumandosi anche lui come l’asbesto diroccato dal suo piccone, e così gli altri quindici morti di infortunio in trentacinque anni di storia della cava”.
“IL GRIGIO POLVERONE D’ASBESTO DELLA CAVA CHE DOVE ARRIVA BRUCIA, FOGLIE E POLMONI”
Anche nella cronaca di Calvino, come nella narrazione di Levi, emerge, a un certo momento, l’amianto, rappresentato come una presenza onnicomprensiva, soffocante e dolorosa e dallo scontro per il salario l’attenzione del cronista si sposta inevitabilmente su quella nube opprimente, che lo stile limpido e incisivo dello scrittore descrive come viva, malvagia, famelica. “Ma non ce n’è di lepri nel bosco, non crescono funghi nella terra rossa dei ricci di castagno, non cresce frumento nei duri campi dei paesi intorno” – scrive Calvino – “c’è solo il grigio polverone d’asbesto della cava che dove arriva brucia, foglie e polmoni, c’è la cava, l’unica così in Europa, la loro vita e la loro morte”. Calvino scriveva queste parole nel 1954. La legge italiana avrebbe messo al bando l'asbesto 38 anni dopo.

Muglia La Furia

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From: Carlo Marzio carlomarzio@libero.it
To:
Sent: Tuesday, July 07, 2015 5:28 PM
Subject: IN VIGORE IL DECRETO LEGGE 7 LUGLIO 2015 (“DECRETO FINCANTIERI”)

Vi trasmetto copia del “Decreto Fincantieri” in cui si dice che nonostante il sequestro per motivi di sicurezza sul lavoro nei posti di lavoro strategici (Fincantieri è strategico?) le imprese possono continuare a lavorare...
Notate che il Decreto che interviene in materia di sicurezza del lavoro non è stato firmato né dal Ministero del Lavoro né dal Ministero della Salute.
Bruttissimo precedente: la Presidenza del Consiglio va per conto suo senza alcun rispetto per le competenze specifiche e legiferando sull'emergenza. Mi ricorda quello che successe nel napoletano con Berlusconi e la protezione civile quando cercavano dei siti da adibire a discarica con il Berlusca che sospese l'applicazione del Decreto 81.
La chiave è la considerazione di “strategico” che dovrebbe giuridicamente essere corretta.
Lì di strategico c’è solo il profitto come a Taranto.
Un altro provvedimento fatto sull’emergenza che serve a Confindustria a continuare a operare infischiandosene delle regole e dei morti sul lavoro.
Vergogna e ancora vergogna.
Questi signori che hanno firmato sono complici di chi provocherà i futuri morti sul lavoro nei luoghi di lavoro cosiddetti “strategici”, mettendo un bavaglio alla Magistratura.
Quindi più è importante il cantiere meno sono tutelati i lavoratori.
Carlo.

DECRETO LEGGE 7 LUGLIO 2015
"DECRETO ILVA E FINCANTIERI"
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
-         visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione;
-         ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni che assicurino la coerenza e l'uniforme applicazione delle definizioni di produttore, di raccolta e di deposito temporaneo di rifiuti, al fine di uniformare la disciplina nazionale con quanto stabilito dalla Direttiva 2008/98/UE, con particolare riferimento alle attività che costituiscono l'iter tecnico-amministrativo di produzione e gestione dei rifiuti;
-         ritenuta, altresì, la straordinaria necessità e urgenza di adottare una disciplina transitoria volta a consentire che le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46, di attuazione della Direttiva 2010/75/UE, già operanti nel pieno rispetto dei requisiti stabiliti dalla Direttiva medesima, possano proseguire il proprio esercizio nelle more della definizione dei procedimenti amministrativi di autorizzazione da parte delle competenti autorità regionali;
-         considerata la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni che assicurino la prosecuzione, per un periodo determinato, dell'attività produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale interessati da un provvedimento giudiziario di sequestro dei beni;
-         considerata, altresì, la straordinaria necessità e urgenza di garantire che le misure, anche di carattere provvisorio volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva dei medesimi stabilimenti, siano adempiute secondo condizioni e prescrizioni contenute in un apposito piano, a salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente;
-         vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2015;
-         sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della Giustizia;
EMANA
il seguente decreto-legge:
Articolo 1 “Modifiche al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152”
1. All'articolo 183, comma 1, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera f), dopo le parole: "produce rifiuti" sono aggiunte le parole: "e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione";
b) alla lettera o), dopo la parola: "deposito" e' aggiunta la seguente: "preliminare alla raccolta";
c) alla lettera bb), la parola: "effettuato" è sostituita dalle seguenti: "e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati" e dopo le parole: "sono prodotti" sono inserite le seguenti: “da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti".
Articolo 2 “Modifiche all'articolo 29 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46”
1. All'articolo 29, del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46, il comma 3 e' sostituito dal seguente:
"3. L'autorità competente conclude i procedimenti avviati in esito alle istanze di cui al comma 2, entro il 7 luglio 2015. In ogni caso, nelle more della conclusione dei procedimenti, le installazioni possono continuare l'esercizio in base alle autorizzazioni previgenti, se del caso opportunamente aggiornate a cura delle autorità che le hanno rilasciate, a condizione di dare piena attuazione, secondo le tempistiche prospettate nelle istanze di cui al comma 2, agli adeguamenti proposti nelle predette istanze, in quanto necessari a garantire la conformità dell'esercizio dell'installazione con il Titolo III-bis, della Parte seconda del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152".
Articolo 3 “Misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario”
1. Al fine di garantire il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuità dell'attività produttiva, di salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia, l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non è impedito dal provvedimento di sequestro, come già previsto dall'articolo 1, comma 4, del Decreto Legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 231, quando lo stesso si riferisca a ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori.
2. Tenuto conto della rilevanza degli interessi in comparazione, nell'ipotesi di cui al comma 1, l'attività d'impresa non può protrarsi per un periodo di tempo superiore a 12 mesi dall'adozione del provvedimento di sequestro.
3. Per la prosecuzione dell'attività degli stabilimenti di cui al comma 1, senza soluzione di continuità, l'impresa deve predisporre, nel termine perentorio di 30 giorni dall'adozione del provvedimento di sequestro, un piano recante misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite all'impianto oggetto del provvedimento di sequestro.
L'avvenuta predisposizione del piano è comunicata all'autorità giudiziaria procedente.
Il piano è trasmesso al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, agli uffici della ASL e dell'INAIL competenti per territorio per le rispettive attività di vigilanza e controllo, che devono garantire un costante monitoraggio delle aree di produzione oggetto di sequestro, anche mediante lo svolgimento di ispezioni dirette a verificare l'attuazione delle misure ed attività aggiuntive previste nel piano. Le amministrazioni provvedono alle attività previste dal presente comma nell'ambito delle competenze istituzionalmente attribuite, con le risorse previste a legislazione vigente.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai provvedimenti di sequestro già adottati alla data di entrata in vigore del presente Decreto e i termini di cui ai commi 2 e 3.
Articolo 4 “Entrata in vigore”
1. Il presente Decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 4 luglio 2015
Mattarella, Presidente della Repubblica
Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Galletti, Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Guidi, Ministro dello Sviluppo Economico
Orlando, Ministro della Giustizia
Visto, il Guardasigilli: Orlando.

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From: CUB Sanità Firenze cubsanita.firenze@libero.it
To:
Sent: Tuesday, July 07, 2015 5:41 PM
Subject: TAGLI ALLA SANITA': UN POZZO SENZA FINE

Mentre la Grecia sta resistendo contro le politiche di austerità europee, in Italia giovedì 3 luglio sono stati decisi ulteriori tagli di 2,35 miliardi alla sanità, con Accordo Stato Regioni. 3 regioni non lo hanno sottoscritto sostenendo che ulteriori tagli "stanno mettendo a rischio l'aspettativa di vita delle popolazioni".
L'aspettativa di vita non è messa a rischio solo dai tagli, ma dalle scelte scellerate e costose che stanno minando la salute nell'ambiente di vita e di lavoro, vedi inceneritori.
La Toscana non è naturalmente fra le regioni che non hanno firmato: Rossi tornerà all'attacco anche con i ticket ospedalieri, dopo aver dato il via alla "controriforma della sanità toscana" e ai 2.000 esuberi.
A seguire un contributo di CUB Sanità Firenze su quanto sta accadendo.

TAGLI ALLA SANITA': UN POZZO SENZA FINE
A fronte del braccio di ferro imposto dalla Comunità europea  e dalle politiche di austerità che stanno portando allo smantellamento di ogni forma di protezione sociale in tutti i paesi europei, l'Italia prosegue nella politica di obbedienza ai diktat dell'Europa attaccando i diritti fondamentali dei lavoratori e dei cittadini: diritto all'educazione, al lavoro, alla previdenza, alla salute.
Proprio la salute è ormai da anni oggetto della forbice dei vari governi: mentre si investono risorse economiche ingenti per opere che mettono a rischio la salute della popolazione, come inceneritori, TAV, ecc., dall'altra i tagli ai servizi sanitari rendono sempre più difficile l'accesso alle cure: 24 miliardi di euro dal 2010 al 2014, ulteriori tagli e riconferma del blocco delle assunzioni e dei contratti con la legge di stabilità del 2014 e proprio in questi giorni una previsione di riduzione di 2,35 miliardi euro al fondo sanitario 2015, per l'Accordo Stato Regioni: solo 3 regioni non hanno  sottoscritto l'accordo e la Toscana non è fra quelle.
La Toscana, che è stata in prima fila nell'attuare i tagli richiesti dal governo, con riduzione dei posti letto e dei servizi territoriali, con ticket sempre più esosi  e  liste di attesa sempre più lunghe, che stanno spingendo verso la sanità privata, sta attuando una controriforma  nel servizio sanitario che, con l'accorpamento delle 12 ASL in 3 aree vaste e i 2.000 esuberi nel personale sanitario entro il 2016 (che si aggiungono ai 2.500 dipendenti in meno dal 2011) depotenzierà ulteriormente il servizio sanitario, ne renderà sempre più difficile l'accesso, peggiorerà le condizioni di  lavoro del personale.
Nel frattempo la Giunta Regionale Toscana mentre giustifica i tagli con la necessità di risparmiare si è indebitata per 20 anni con i costruttori dei 4 nuovi ospedali (Prato, Pistoia, Lucca, Massa) con il sistema capestro del  Project Financing.
Ma non è finita qui: cosa altro ci preparerà la giunta Rossi per obbedire agli ulteriori tagli decisi in questi giorni?
Lavoratori e cittadini hanno promosso un referendum abrogativo della legge regionale  28 sull'accorpamento delle ASL.
Uniti per riaffermare il diritto alla salute e alla sanità pubblica e universale.

Confederazione Unitaria di Base
CUB Sanità Firenze
via Guelfa 148/R
telefono e fax: 055 49 48 58

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From: Assemblea Lavoratori assemblealavoratori@libero.it
To:
Sent: Tuesday, July 08, 2015 11:19 AM
Subject: JOBS ACT: PRECARI SENZA CONTRATTO E DIPENDENTI SENZA FUTURO!

6 LUGLIO GIORNATA NAZIONALE DI PROTESTA DEI LAVORATORI DI ITALIA LAVORO SPA
La giornata indetta dal Coordinamento vincitori vacancies di Italia Lavoro SpA è iniziata questa mattina con sit-in, presidi e conferenze stampa davanti alle sedi dell'azienda.
Da Napoli a Roma, da Bari a Perugia centinaia di precari e dipendenti si sono uniti per denunciare l'immobilismo di Italia Lavoro SpA e del Ministero del Lavoro rispetto al futuro occupazionale del lavoratori.
Italia Lavoro SpA, ente strumentale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha per anni impiegato risorse altamente specializzate per svolgere numerose attività a sostegno dell’occupazione e delle politiche attive del lavoro. Proprio mentre è in discussione il Decreto Legislativo per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e politiche attive, centinaia di operatori specializzati rischiano di rimanere disoccupati. In questo momento di crisi occupazionale reputiamo sia fondamentale un sistema avanzato di politiche attive del lavoro in Italia, in linea con i maggiori paesi europei.
In che modo, infatti, funzionerà l'ANPAL, l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive e il Lavoro, prevista dal Jobs Act, se la nostra comunità professionale con anni di esperienza alle spalle, non verrà utilizzata? Questa domanda è rimbalzata nelle diverse manifestazioni avvenute oggi in Italia. Ad oggi, infatti, circa 400 collaboratori vincitori della selezione conclusa ai primi di giugno non hanno visto alcuna contrattualizzazione. A ciò si aggiunge la situazione di assoluta incertezza occupazionale di tutto il personale dipendente attualmente in servizio.
Oltre che in Campania, Puglia e Lazio altri comitati si stanno costituendo in Liguria, Umbria, Emilia Romagna e in tante altre regioni italiane con la richiesta di immediata contrattualizzazione di tutti i vincitori delle vancancies.
A Roma la manifestazione si è articolata con uno “speakers corner” in cui decine di vincitori di vacancies e lavoratori dipendenti hanno raccontato le proprie storie professionali, fatte di anni di assistenza tecnica ai centri per l'impiego, di prima accoglienza e orientamento ai neet e ai disoccupati del programma Garanzia Giovani, di supporto e organizzazione delle politiche attive per i lavoratori cassintegrati a causa delle crisi industriali.
La manifestazione ha ottenuto un confronto pubblico con l'azienda, rappresentata dal dottor Mauro Tringali, a cui è stato ricordato l'atteggiamento incomprensibile da parte dei vertici di Italia Lavoro SpA rispetto alla mancata contrattualizzazione dei vincitori delle vacancies con contratti di collaborazione a progetto e a tempo determinato. La mancanza di risposte da parte dei vertici aziendali e l'immobilismo delle sedi istituzionali sono un segnale preoccupante per il futuro professionale di centinaia di lavoratori, per questi motivi rilanciamo con forza il presidio presso il Ministero del Lavoro.
L'unità di tutti i lavoratori, in attesa di contratto, precari e dipendenti, ci sembra una segnale importantissimo per poter sbloccare immediatamente la vertenza.

Coordinamento vincitori vacancies di Italia Lavoro SpA

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