"Noi, alla Perugina come gli stagionali dei
pomodori. Oggi governano i
giovani leoni"
I lavoratori contestano gli esuberi e rimpiangono i
tempi in cui "essere qui
era meglio che stare in banca". Secondo
l'azienda, su un organico di 860
dipendenti, 180 dovrebbero accettare più flessibilità
per tenere conto della
crisi
di Salvatore Cannavò | 9 aprile 2014
"Se va avanti così, finiremo come gli stagionali
dei pomodori". La
constatazione è amara, come lo stato d'animo degli
operai dello stabilimento
di San Sisto, quartiere di 10mila anime, nato e
costruito attorno alla
Perugina, la storica fabbrica dei Baci. L'odore di
cioccolato si sente non
appena si arriva sul trafficato viale che chiude la
fila di case abitate e
immette nella zona industriale. Anche questa è nata
attorno alla fabbrica,
quando lo sviluppo della fabbrica era lo sviluppo di
Perugia. "Qui una
volta - dice Michele Greco, coordinatore della Rsu -
lavorare alla Perugina
era meglio che lavorare in banca". Erano gli anni
'60 quando veniva
inaugurato lo stabilimento di San Sisto e gli operai
erano appena stati
braccianti o mezzadri. La Perugina era il futuro, il
"fiore all'occhiello
della città". Ancora oggi sono circa 4000 i
curriculum che arrivano da ogni
parte.
Uno spaccato del "come eravamo" lo offre
l'amministratore del Circolo
dipendenti fondato a poche centinaia di metri dalla
fabbrica. "Se servisse a
farla ritornare quello che era ci lavorerei
gratis" dice l'ex operaio, oggi
pensionato, con gli occhi gonfi di rammarico ma
compiaciuto dal ricordo. Era
il caporeparto delle caramelle "con cui
riempivamo i buchi della
stagionalità. Oggi, lei le vede le caramelle
Perugina?".
"Se la fabbrica riparte ci lavoro anche
gratis"
Il problema è proprio quello dei consumi stagionali.
Alla Perugina si lavora
da luglio a dicembre per il picco natalizio e poi per
la Pasqua fino a
marzo-aprile. La "curva bassa", il periodo
di magra, inizia ad aprile ma "c'è
sempre stato", spiega Greco. "Solo che lo
abbiamo gestito avendo a cuore gli
interessi di tutti". Oggi, invece, il sindacato
denuncia il tentativo di
abolire il contratto a tempo indeterminato per 180
lavoratori su 860, di cui
340 in produzione, 270 part-time e 150 impiegati. Poi
ci sono i circa 250
che stagionali lo sono già. Con la proposta aziendale
salirebbero a 450, la
maggioranza assoluta: "Appunto, sorride il
sindacalista, il lavoro alla
Perugina sarebbe uguale alla raccolta estiva dei
pomodori".
"Ma figuriamoci se voglio trasformare 180 persone
in stagionali e precari -
risponde al Fatto Gianluigi Toia, responsabile delle
relazioni industriali
della Nestlé. Che però invita il sindacato "a
raccogliere la sfida lanciata
dal Jobs Act". Ad esempio con l'ipotesi di
garantire agli stagionali il
lavoro in determinati periodi dell'anno: "Cosa
sarebbe, lavoro a tempo
determinato o indeterminato? Discutiamone, noi siamo
aperti a tutte le
soluzioni". "Il problema è che l'azienda
dorme" insiste l'ex caporeparto,
"non c'è la testa che c'era una volta".
Greco allarga la visuale: "Una volta
i capireparto erano tutti di Perugia, davano l'anima,
pensavamo all'azienda
ma anche ai compagni di lavoro che incontravano quando
tornavano a casa".
Era un "mutuo scambio che faceva gli interessi di
tutti". Oggi, invece, ci
sono i "giovani leoni, i capireparto appena
laureati che passano di corsa
alla Perugina avendo in testa il mondo Nestlé,
concentrati su numeri e
grafici aziendali. Ma i risultati non si sono
visti".
Intorno allo stabilimento il traffico corre veloce. Il
turno pomeridiano
vedrà la sua fine a tarda serata, alle 22, quello
mattutino si è svolto
dalle 6 alle 14. Quando la "curva è alta" si
lavora anche su tre o quattro
turni, ora in produzione ci sono circa 4-500 persone.
Ancora per poco,
passata la Pasqua si entra in letargo. Lo stipendio
medio è di 1300 euro,
dignitoso, ma non esaltante. Il problema, sottolineano
i lavoratori, è che
il colpo è arrivato all'improvviso. "Qui, ancora
nel 2008, si è inaugurato l'asilo
aziendale, l'estate si tiene il campus per i figli dei
dipendenti e abbiamo
anche sperimentato forme di compartecipazione alla
tedesca". Poi, nell'ultimo
anno, la musica è cambiata.
"Una volta si dava l'anima, oggi governano i
giovani leoni"
Prima la cassa integrazione per 640 dipendenti, ora il
possibile
licenziamento per 180. Eppure il mercato del
dolciario, secondo i dati di
Confindustria, è stabile e gli stessi volumi
produttivi della Perugina,
conferma Toia, sono uguali a quelli del 2008: "Ci
ha salvato l'export". Ma l'azienda
denuncia la crisi. Curioso che l'odore di cioccolato
che si diffonde lunga
il viale di San Sisto non provenga dalla Perugina ma
dalla Barry Callebaut
che ha rilevato la produzione di cioccolato:
"Quella non ha crisi, constata
Greco, si lavora 12 mesi l'anno". Contraddizioni
in senso all'impresa. Il
sindacato punta il dito contro il management:
"Non c'è diversificazione dei
prodotti, manca del tutto la pubblicità. Lei, conosce
I Nudi?". Mai sentiti.
Li scopriamo allo spaccio del Circolo dipendenti dove
si possono acquistare
i prodotti Nestlé a prezzi ridotti. C'è di tutto,
compresa la famosa
Confiserie, "le confezioni artigianali di
cioccolatini con gadget che ci
hanno reso celebri. Una volta era il reparto modello,
molto ambito dalle
operaie".
Il Circolo dipendenti trasuda di nostalgia. Nella sala
ricevimenti e cene ci
sono molte foto. Tra queste, quella della visita di
Giorgio Napolitano, ma
soprattutto quella di Alberto Sordi che si fa scorrere
tra le mani centinaia
di caramelle. Oggi alla Perugina, nonostante il Museo
del cioccolato conti
circa 50 mila visite l'anno, non c'è nessun Alberto
Sordi a fare visita.
da Il Fatto Quotidiano del 9 aprile 2014
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