mercoledì 9 aprile 2014

9 aprile: cioccolata Amara - Perugina: schiavismo operaio e fascismo padronale

"Noi, alla Perugina come gli stagionali dei pomodori. Oggi governano i
giovani leoni"
I lavoratori contestano gli esuberi e rimpiangono i tempi in cui "essere qui
era meglio che stare in banca". Secondo l'azienda, su un organico di 860
dipendenti, 180 dovrebbero accettare più flessibilità per tenere conto della
crisi
di Salvatore Cannavò | 9 aprile 2014


"Se va avanti così, finiremo come gli stagionali dei pomodori". La
constatazione è amara, come lo stato d'animo degli operai dello stabilimento
di San Sisto, quartiere di 10mila anime, nato e costruito attorno alla
Perugina, la storica fabbrica dei Baci. L'odore di cioccolato si sente non
appena si arriva sul trafficato viale che chiude la fila di case abitate e
immette nella zona industriale. Anche questa è nata attorno alla fabbrica,
quando lo sviluppo della fabbrica era lo sviluppo di Perugia. "Qui una
volta - dice Michele Greco, coordinatore della Rsu - lavorare alla Perugina
era meglio che lavorare in banca". Erano gli anni '60 quando veniva
inaugurato lo stabilimento di San Sisto e gli operai erano appena stati
braccianti o mezzadri. La Perugina era il futuro, il "fiore all'occhiello
della città". Ancora oggi sono circa 4000 i curriculum che arrivano da ogni
parte.

Uno spaccato del "come eravamo" lo offre l'amministratore del Circolo
dipendenti fondato a poche centinaia di metri dalla fabbrica. "Se servisse a
farla ritornare quello che era ci lavorerei gratis" dice l'ex operaio, oggi
pensionato, con gli occhi gonfi di rammarico ma compiaciuto dal ricordo. Era
il caporeparto delle caramelle "con cui riempivamo i buchi della
stagionalità. Oggi, lei le vede le caramelle Perugina?".

"Se la fabbrica riparte ci lavoro anche gratis"
Il problema è proprio quello dei consumi stagionali. Alla Perugina si lavora
da luglio a dicembre per il picco natalizio e poi per la Pasqua fino a
marzo-aprile. La "curva bassa", il periodo di magra, inizia ad aprile ma "c'è
sempre stato", spiega Greco. "Solo che lo abbiamo gestito avendo a cuore gli
interessi di tutti". Oggi, invece, il sindacato denuncia il tentativo di
abolire il contratto a tempo indeterminato per 180 lavoratori su 860, di cui
340 in produzione, 270 part-time e 150 impiegati. Poi ci sono i circa 250
che stagionali lo sono già. Con la proposta aziendale salirebbero a 450, la
maggioranza assoluta: "Appunto, sorride il sindacalista, il lavoro alla
Perugina sarebbe uguale alla raccolta estiva dei pomodori".

"Ma figuriamoci se voglio trasformare 180 persone in stagionali e precari -
risponde al Fatto Gianluigi Toia, responsabile delle relazioni industriali
della Nestlé. Che però invita il sindacato "a raccogliere la sfida lanciata
dal Jobs Act". Ad esempio con l'ipotesi di garantire agli stagionali il
lavoro in determinati periodi dell'anno: "Cosa sarebbe, lavoro a tempo
determinato o indeterminato? Discutiamone, noi siamo aperti a tutte le
soluzioni". "Il problema è che l'azienda dorme" insiste l'ex caporeparto,
"non c'è la testa che c'era una volta". Greco allarga la visuale: "Una volta
i capireparto erano tutti di Perugia, davano l'anima, pensavamo all'azienda
ma anche ai compagni di lavoro che incontravano quando tornavano a casa".
Era un "mutuo scambio che faceva gli interessi di tutti". Oggi, invece, ci
sono i "giovani leoni, i capireparto appena laureati che passano di corsa
alla Perugina avendo in testa il mondo Nestlé, concentrati su numeri e
grafici aziendali. Ma i risultati non si sono visti".

Intorno allo stabilimento il traffico corre veloce. Il turno pomeridiano
vedrà la sua fine a tarda serata, alle 22, quello mattutino si è svolto
dalle 6 alle 14. Quando la "curva è alta" si lavora anche su tre o quattro
turni, ora in produzione ci sono circa 4-500 persone. Ancora per poco,
passata la Pasqua si entra in letargo. Lo stipendio medio è di 1300 euro,
dignitoso, ma non esaltante. Il problema, sottolineano i lavoratori, è che
il colpo è arrivato all'improvviso. "Qui, ancora nel 2008, si è inaugurato l'asilo
aziendale, l'estate si tiene il campus per i figli dei dipendenti e abbiamo
anche sperimentato forme di compartecipazione alla tedesca". Poi, nell'ultimo
anno, la musica è cambiata.

"Una volta si dava l'anima, oggi governano i giovani leoni"
Prima la cassa integrazione per 640 dipendenti, ora il possibile
licenziamento per 180. Eppure il mercato del dolciario, secondo i dati di
Confindustria, è stabile e gli stessi volumi produttivi della Perugina,
conferma Toia, sono uguali a quelli del 2008: "Ci ha salvato l'export". Ma l'azienda
denuncia la crisi. Curioso che l'odore di cioccolato che si diffonde lunga
il viale di San Sisto non provenga dalla Perugina ma dalla Barry Callebaut
che ha rilevato la produzione di cioccolato: "Quella non ha crisi, constata
Greco, si lavora 12 mesi l'anno". Contraddizioni in senso all'impresa. Il
sindacato punta il dito contro il management: "Non c'è diversificazione dei
prodotti, manca del tutto la pubblicità. Lei, conosce I Nudi?". Mai sentiti.
Li scopriamo allo spaccio del Circolo dipendenti dove si possono acquistare
i prodotti Nestlé a prezzi ridotti. C'è di tutto, compresa la famosa
Confiserie, "le confezioni artigianali di cioccolatini con gadget che ci
hanno reso celebri. Una volta era il reparto modello, molto ambito dalle
operaie".

Il Circolo dipendenti trasuda di nostalgia. Nella sala ricevimenti e cene ci
sono molte foto. Tra queste, quella della visita di Giorgio Napolitano, ma
soprattutto quella di Alberto Sordi che si fa scorrere tra le mani centinaia
di caramelle. Oggi alla Perugina, nonostante il Museo del cioccolato conti
circa 50 mila visite l'anno, non c'è nessun Alberto Sordi a fare visita.

da Il Fatto Quotidiano del 9 aprile 2014

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