venerdì 8 maggio 2015

7 maggio - Continua la FORMAZIONE OPERAIA / Trasformazione del denaro in capitale / COMPERA E VENDITA DELLA FORZA-LAVORO.



Nella prima parte di questo capitolo abbiamo visto che la trasformazione del denaro in capitale non può avvenire nella sfera della circolazione dove si scambiano equivalenti e perciò, dice Marx, il cambiamento “può derivare soltanto dal valore d'uso della merce come tale, cioè dal suo consumo. Per estrarre valore dal consumo d'una merce, il nostro possessore di denaro dovrebbe esser tanto fortunato da scoprire, all'interno della sfera della circolazione, cioè sul mercato, una merce il cui valore d'uso stesso possedesse la peculiare qualità d'esser fonte di valore; tale dunque che il suo consumo reale fosse, esso stesso, oggettivazione di lavoro, e quindi creazione di valore. E il possessore di denaro trova sul mercato tale merce specifica: è la capacità di lavoro, ossia la forza-lavoro.”
“Per forza-lavoro o capacità di lavoro intendiamo l'insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente d'un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d'uso di qualsiasi genere.”
“Dunque, per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qualità di libera persona, e che, d'altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro.”


La vendita della forza-lavoro deve avvenire “sempre e soltanto per un tempo determinato; poiché se la vende in blocco, una volta per tutte, vende se stesso, si trasforma da libero in schiavo, da possessore di merce in merce.” E questo lavoratore, come detto, deve essere proprio “libero” da tutto, non deve avere “la possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato il suo lavoro, ma anzi, sia costretto a mettere in vendita, come merce, la sua stessa forza-lavoro, che esiste soltanto nella sua corporeità vivente.” Deve vivere, quindi, e perciò ha bisogno di mezzi di sussistenza che lo mettano in condizioni di poter lavorare.
“Per il possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E per il momento non ha interesse neppure per noi.”


Una cosa è evidente, però. - Aggiunge Marx - La natura non produce da una parte possessori di denaro o di merci e dall'altra puri e semplici possessori della propria forza lavorativa.”
“Questo rapporto (tra il possessore di denaro e il possessore solo della propria vita) non è un rapporto risultante dalla storia naturale e neppure un rapporto sociale che sia comune a tutti i periodi della storia. Esso stesso è evidentemente il risultato d'uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molti rivolgimenti economici, del tramonto di tutta una serie di formazioni più antiche della produzione sociale.” E l’attuale formazione della produzione sociale è “un modo di produzione assolutamente specifico … il modo di produzione capitalistico.”
Ora che abbiamo visto che nel sistema capitalistico esiste una “merce particolare”, la  forza-lavoro, dice Marx, vediamo che valore ha e come viene determinato questo valore.

Il valore della forza-lavoro, come quello di ogni altra merce, è determinato dal tempo di lavoro necessario alla produzione e, quindi anche alla riproduzione, di questo articolo specifico. In quanto valore, anche la forza-lavoro rappresenta soltanto una quantità determinata di lavoro sociale medio oggettivato in essa. La forza-lavoro esiste soltanto come attitudine naturale dell'individuo vivente. Quindi la produzione di essa presuppone l'esistenza dell'individuo. Data l'esistenza dell'individuo, la produzione della forza-lavoro consiste nella riproduzione, ossia nella conservazione di esso. Per la propria conservazione l'individuo vivente ha bisogno di una certa somma di mezzi di sussistenza. Dunque il tempo di lavoro necessario per la produzione della forza-lavoro si risolve nel tempo di lavoro necessario per la produzione di quei mezzi di sussistenza; ossia: il valore della forza-lavoro è il valore dei mezzi di sussistenza necessari per la conservazione del possessore della forza-lavoro. Però, la forza-lavoro si realizza soltanto per mezzo della sua estrinsecazione, si attua soltanto nel lavoro. Ma nell'attuazione della forza-lavoro, nel lavoro, si ha dispendio di una certa quantità di muscoli, nervi, cervello, ecc. umani, la quale deve a sua volta esser reintegrata. Questo aumento d'uscita esige un aumento d'entrata. Se il proprietario di forza-lavoro ha lavorato oggi, deve esser in grado di ripetere domani lo stesso processo, nelle stesse condizioni di forza e salute. La somma dei mezzi di sussistenza deve dunque essere sufficiente a conservare l'individuo che lavora nella sua normale vita, come individuo che lavora. I bisogni naturali, come nutrimento, vestiario, riscaldamento, alloggio ecc., sono differenti di volta in volta a seconda delle peculiarità climatiche e delle altre peculiarità naturali dei vari paesi. D'altra parte, il volume dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli, è anch'esso un prodotto della storia, dipende quindi in gran parte dal grado d'incivilimento di un paese e, fra l'altro, anche ed essenzialmente dalle condizioni, quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali e con le quali si è formata la classe dei liberi lavoratori. Dunque la determinazione del valore della forza-lavoro, al contrario che per le altre merci, contiene un elemento storico e morale. Ma per un determinato paese, in un determinato periodo, il volume medio dei mezzi di sussistenza necessari, è dato.”

Marx continua: “Il proprietario della forza-lavoro è mortale. Dunque, se la sua presenza sul mercato dev'essere continuativa, come presuppone la trasformazione continuativa del denaro in capitale, il venditore della forza-lavoro si deve perpetuare, ‘come si perpetua ogni individuo vivente, con la procreazione’. Le forze-lavoro sottratte al mercato dalla morte e dal logoramento debbono esser continuamente reintegrate per lo meno con lo stesso numero di forze-lavoro nuove. Dunque, la somma dei mezzi di sussistenza necessari alla produzione della forza-lavoro include i mezzi di sussistenza delle forze di ricambio, cioè dei figli dei lavoratori, in modo che questa razza di peculiari possessori di merci si perpetui sul mercato.”
Per modificare la natura umana generale in modo da farle raggiungere abilità e destrezza in un dato ramo di lavoro, da farla diventare forza-lavoro sviluppata e specifica, c'è bisogno d'una certa preparazione o educazione, che costa a sua volta una somma maggiore o minore di equivalenti di merci. Le spese di formazione della forza-lavoro differiscono a seconda ch'essa ha carattere più o meno complesso. Queste spese di istruzione, infinitesime per la forza-lavoro ordinaria, entrano dunque nella cerchia dei valori spesi per la produzione della forza-lavoro.”
E fino a qui abbiamo 1. che il valore della forza-lavoro è determinato dal tempo di lavoro necessario alla sua produzione; 2. che la sua produzione, e cioè la sua sopravvivenza, è data dai mezzi di sussistenza e quindi dal valore di cibo, vestiti, alloggio…; 3. che a questi mezzi bisogna aggiungere quelli per i figli, se questa classe si deve perpetuare e quelli della formazione perché sia sempre adatta a funzionare.

E ancora: “Il valore della forza-lavoro si risolve nel valore d'una certa somma di mezzi di sussistenza. Quindi varia col valore di quei mezzi di sussistenza, cioè con la grandezza del tempo-lavoro richiesto dalla loro produzione.”

“Posto”, dice Marx, “che in questa massa di merci necessaria (cibo, vestiti, riscaldamento, alloggio…) per la giornata media siano incorporate sei ore di lavoro sociale, (ai tempi di Marx la ‘giornata media’ di lavoro era di circa 12 ore) nella forza-lavoro si oggettiva giornalmente una mezza giornata di lavoro sociale medio; cioè: per la produzione giornaliera della forza-lavoro si richiede una mezza giornata lavorativa. Tale quantità di lavoro richiesta per la sua produzione giornaliera costituisce il valore giornaliero della forza-lavoro, ossia il valore della forza-lavoro giornalmente riprodotta.” Quindi, se una mezza giornata di lavoro sociale medio si rappresenta ammettiamo oggi in 20 euro, il prezzo corrispondente al valore giornaliero della forza-lavoro è di 20 euro. “Se il possessore della forza-lavoro l'offre in vendita” per 20 euro al giorno, “il suo prezzo di vendita è uguale al suo valore, e il possessore del denaro, smanioso di trasformare in capitale” i suoi 20 euro “paga, secondo il nostro presupposto, questo valore.” Ma fin dove può arrivare questo valore? “L'ultimo limite, dice Marx, o limite minimo, del valore della forza-lavoro è costituito dal valore di una massa di merci” che permettono al lavoratore di “rinnovare il suo processo vitale; dunque, dal valore dei mezzi di sussistenza fisiologicamente indispensabili. Se il prezzo della forza-lavoro scende a questo minimo, scende al disotto del suo valore, perché a questo modo la forza-lavoro si può conservare e sviluppare solo in forma ristretta e ridotta. Ma il valore di ogni merce è determinato dal tempo-lavoro necessario per fornirla di bontà normale.” Quando la forza-lavoro “non è venduta, quella capacità non serve niente al lavoratore, anzi in tal caso questi sentirà come crudele necessità di natura il fatto che la sua capacità di lavoro ha richiesto, per esser prodotta, una certa quantità di mezzi di sussistenza e continua a richiederla, per essere riprodotta.”
“La natura peculiare di questa merce specifica, la forza-lavoro, ha per conseguenza che, quando è concluso il contratto fra compratore e venditore, il suo valore d'uso non è ancor passato realmente nelle mani del compratore. Il suo valore era determinato, come quello di ogni altra merce, prima ch'essa entrasse in circolazione, poiché per produrla era stata spesa una determinata quantità di lavoro sociale, ma il suo valore d'uso” si mette in moto dopo la sua vendita. La vendita della forza-lavoro e il suo effettivo mettersi in moto “sono dunque fatti distaccati nel tempo.” Ma come per tutte le merci che vengono vendute e il loro uso “è distaccato nel tempo dalla consegna reale al compratore, il denaro di questo ultimo funziona per lo più come mezzo di pagamento. In tutti i paesi dove domina il modo di produzione capitalistico la forza-lavoro viene pagata soltanto dopo che ha già funzionato durante il periodo fisso stabilito nel contratto: per esempio alla fine di ogni settimana. Dunque il lavoratore anticipa dappertutto al capitalista il valore d'uso della forza-lavoro; la lascia consumare dal compratore prima che gliene sia stato pagato il prezzo: dunque il lavoratore fa credito dappertutto al capitalista. Che questo far credito non sia vuota fantasia non ce lo mostra soltanto l'occasionale perdita del salario, del quale l'operaio ha fatto credito, quando il capitalista fa bancarotta...”. Ma ciò non toglie che formalmente c’è stato uno scambio di merci: denaro contro forza-lavoro. “Il prezzo della forza-lavoro è stabilito per contratto, benché venga realizzato solo in un secondo tempo, come il canone d'affitto di una casa. La forza-lavoro è venduta benché venga pagata soltanto in un secondo tempo.”
E infine Marx conclude: “Conosciamo ora il modo di determinare il valore che viene pagato dal possessore del denaro al possessore di quella merce peculiare che è la forza-lavoro. Il valore d'uso che il possessore del denaro riceve, per parte sua, nello scambio, si mostra soltanto nel consumo reale, nel processo di consumo della forza-lavoro. Il possessore del denaro compera sul mercato tutte le cose necessarie a questo processo, come materie prime ecc., e le paga al loro prezzo intero. Il processo di consumo dalla forza-lavoro è allo stesso tempo processo di produzione di merce e di plusvalore. Il consumo della forza-lavoro, come il consumo di ogni altra merce, si compie fuori del mercato ossia della sfera della circolazione.” Cioè una volta comprata la “merce”, il compratore se la porta “a casa” e la utilizza. “Quindi, assieme al possessore di denaro e al possessore di forza-lavoro, lasciamo questa sfera rumorosa che sta alla superficie ed è accessibile a tutti gli sguardi, per seguire l'uno e l'altro nel segreto laboratorio della produzione sulla cui soglia sta scritto: No admittance except on business. (il noto “vietato l’accesso ai non addetti ai lavori”). Qui si vedrà non solo come produce il capitale, ma anche come lo si produce, il capitale. Finalmente ci si dovrà svelare l'arcano della fattura del plusvalore.”
E questo laboratorio è ben altra cosa dalla “sfera della circolazione” dice Marx. Al confronto si può dire che questa era “in realtà un vero “Eden dei diritti innati dell'uomo. Quivi regnano soltanto Libertà, Eguaglianza, Proprietà... Libertà! Poiché compratore e venditore d'una merce, per esempio della forza-lavoro, sono determinati solo dalla loro libera volontà. Stipulano il loro contratto come libere persone, giuridicamente pari. Il contratto è il risultato finale nel quale le loro volontà si danno una espressione giuridica comune. Eguaglianza! Poiché essi entrano in rapporto reciproco soltanto come possessori di merci, (uno possiede il denaro e l’altro la forza-lavoro) e scambiano equivalente per equivalente. Proprietà! Poiché ognuno dispone soltanto del proprio…”
“Nel separarci da questa sfera della circolazione semplice” dice Marx, per entrare in quella della produzione del plusvalore, “la fisionomia delle nostre dramatis personae sembra già cambiarsi in qualche cosa. L'antico possessore del denaro va avanti come capitalista, il possessore di forza-lavoro lo segue come suo lavoratore; l'uno sorridente con aria d'importanza e tutto affaccendato, l'altro timido, restìo, come qualcuno che abbia portato al mercato la propria pelle e non abbia ormai da aspettarsi altro che la... conciatura.”


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