MELFI - Il gruppo Fiat ha smentito subito, nella giornata di ieri, le
indiscrezioni di stampa che parlavano di una possibile chiusura degli
stabilimenti di Mirafiori (Torino) e Pomigliano (Napoli), e non di quello
della Sata di Melfi (Potenza). Ma in Basilicata, il mondo sindacale si è
interrogtoa comunque sul futuro della Fiat di Melfi. «In realtà l'amministratore
delegato della Fiat, Marchionne non ha detto che chiuderanno gli
stabilimenti di Mirafiori o di Pomigliano - commenta il segretario della
Fiom lucana, Emanuele De Nicola - ma ha detto invece, qualche giorno fa, che
se il mercato americano non dovesse riuscire ad assorbire le produzioni
italiane, potrebbero chiudere due fabbriche. E' ben diverso questo concetto,
e Marchionne non ha fatto nomi. Purtroppo è iniziato il toto-scommesse sugli
stabilimenti che spariranno, ma si tratta di interpretazioni giornalistiche
alle quali non si può dare troppo retta, perché di fronte a temi di tale
delicatezza bisogna avere in mano progetti e numeri».
De Nicola, della Fiom-Cgil, sembra quasi difendere Marchionne. Ma l'affondo
non si fa attendere. «Il problema - spiega - è che ad oggi Marchionne non ha
presentato un piano industriale per la Fiat in Italia, e si limita a fare
dichiarazioni che cambiano di volta in volta. Rispetto a questo momento di
crisi - continua De Nicola - bisogna puntare al rilancio attraverso
investimenti mirati alla ricerca e alla innovazione. Finora non c'è stato
ancora un tavolo con sindacati e con il Governo. A questo punto, l'attuale
Governo, che è fatto di tecnici, dovrebbe chiamare la Fiat ad un incontro
istituzionale, e chiedere quali sono i programmi per il futuro. Nel
frattempo - dice ancora - il progetto Fabbrica Italia non c'è più. Il
problema quindi non sono la Fiom o i lavoratori licenziati che fanno
battaglie legali, bensì la mancanza di nuovi modelli e di un piano
industriale che guardi alla ricerca e a modelli ecocompatibili. L'accordo
separato avrebbe dovuto garantire futuro industriale e occupazionale, ma
dopo appena un mese - conclude - è già stravolto».
«A Melfi - interviene Vincenzo Tortorelli, segretario della Uilm-Uil - è
arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti: questo significa che
bisogna pensare a nuovi modelli da affiancare alla Punto Evo. Parlare di
chiusura di stabilimenti, poi - aggiunge - mi sembra anacronistico rispetto
al progetto Fabbrica Italia e alle sue potenzialità. Bisogna costruire
garanzie e prospettive future. In tutto ciò, non bisogna diffondere paura,
ma un sentimento di speranza». «A mio parere - sostiene il segretario della
Basilicata della Fim-Cisl, Antonio Zenga - quello che serve è la serenità
nel territorio, che manca forse dal 2004. C'è bisogno di tranquillità, e noi
sindacati dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Purtroppo il dualismo
tra la Fiom e Marchionne non porta a nulla. Se tornerà la serenità ci sarà
anche la ripresa economica».
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