FORMAZIONE OPERAIA - IL CAPITALE PER
SUPERARE LA CRISI DISTRUGGE FORZE PRODUTTIVE - MERCI...
Per rispondere alla crisi vi sono continue
iniezioni di credito da
parte del governo e da parte di banche alle imprese; i livelli del ricorso al
credito continuano a crescere da una recessione all'altra e da un ciclo
economico all'altro. Questo aumenta ancora di più il peso del capitale
finanziario rispetto al capitale industriale; ma, come abbiamo visto nelle
parti precedenti, la finanziarizzazione non è la "malattia", ma
il sintomo della malattia (la crisi del capitale) e al tempo stesso la droga
che permette di non avvertirla e momentaneamente superarla... Ma
inevitabilmente tutto questo porta ad una crisi ancora peggiore e più vasta.
APPUNTI DI STUDIO SU
MARX E LA CRISI
stralci da “il
capitalismo e la crisi”. Scritti scelti (di Marx)
a cura di Vladimiro Giacchè.
(I pezzi in corsivo
segnalati da (ndr) sono brevi note
di Proletari
comunisti)
4° parte
Il credito accelera le crisi
Il credito “spinge la produzione
capitalistica al di là dei suoi limiti” anche nel senso di porre a disposizione
della produzione “tutto il capitale disponibile e anche potenziale della
società”... E' precisamente per questi motivi, osserva Marx, che il credito
appare come la causa della sovrapproduzione: ”se il credito appare come la leva
principale della sovrapproduzione e dell'iperattività e della sovraspeculazione
nel commercio, ciò accade soltanto perchè il processo di riproduzione, che per
sua natura è elastico, viene qui forzato fino al suo estremo limite, e
vi viene forzato proprio perchè una gran parte del capitale sociale viene
impiegata da coloro che non ne sono proprietari, che quindi rischiano in misura
ben diversa dal proprietario...”. in quanto la finanza (banche) utilizza il
denaro di altri.
Ma per Marx tutto questo non (è) una
patologia ma una caratteristica di fondo del sistema creditizio.
Però, proprio per il fatto di accelerare
“lo sviluppo delle forze produttive e la creazione del mercato mondiale”
(Marx), il sistema creditizio al tempo stesso “accelera le crisi, le
violente eruzioni di questa contraddizione e quindi gli elementi di
dissoluzione del vecchio modo di produzione” (Marx).
Grazie al credito si può ben spingere la
produzione oltre i limiti del consumo (ossia dell'effettiva domanda pagante),
ma alla fine il processo si inceppa e la crisi si incarica di dimostrarci che
quel limite e invalicabile. Le merci restano invendute, cominciano i ritardi
nei pagamenti, la circolazione si arresta in più punti, e tutto il meccanismo
entra in stallo.
Ecco come Marx descrive la situazione:
“Fino a che il processo di riproduzione fluisce normalmente (...) questo
credito si mantiene e si amplia, e questo ampliamento è fondato sull'ampliamento
del processo stesso di riproduzione. Non appena subentra un ristagno provocato
da ritardi dei rientri, da saturazione dei mercati, da caduta dei prezzi, la
sovrabbondanza di capitale industriale persiste sempre, ma in una forma che non
gli permette di adempiere alla sua funzione. Massa di capitale-merce, ma
invendibile. Massa di capitale-fisso, ma in gran parte inattivo a causa del
ristagno della riproduzione”.
A questo punto il credito si contrae: la
restrizione del credito e la richiesta di pagamenti in contanti contribuiscono
a conferire alla crisi la sua apparenza di crisi creditizia e monetaria.
(Ma) dietro la crisi “creditizia e
monetaria” (oggi si direbbe finanziaria) oltre al fallimento di speculazioni nate nel
momento di massima espansione del credito, c'è insomma una crisi di
sovrapproduzione e di realizzazione del capitale.
(Anche oggi) la crisi (è) una classica
crisi di sovrapproduzione, (essa) è precedente lo scoppio della bolla
creditizia. La bolla creditizia l'ha prima mascherata e poi, esplodendo, ha
creato l'illusione di esserne la causa...
Nella crisi, puntualmente, si è interrotto
il ciclo di trasformazione della merce in denaro e si è prodotta quella
caratteristica “carestia di denaro” che trasforma il denaro stesso, da semplice
mezzo di circolazione del capitale, in “merce assoluta”, in “forma autonoma del
valore” superiore e contrapposta alle singole merci: “in periodi di
depressione, quando il credito si restringe oppure cessa del tutto, il denaro
improvvisamente si contrappone in assoluto a tutte le merci quale unico mezzo
di pagamento e autentica forma di esistenza del valore” (Marx).
Crisi e distruzione di capitale
... La crisi odierna iniziata nel 2007 ha
assunto col passare dei mesi le caratteristiche di una vera e propria crisi
generale. Attraverso di essa si è verificata una enorme distruzione di capitale
su scala mondiale.
La distruzione di capitale che si
verifica nelle crisi non è per Marx un accidente, ma una condizione necessaria al
fine di ripristinare condizioni più elevate di redditività del capitale
investito.
Questa distruzione è di due tipi.
1) la distruzione di “capitale reale”, “in
quanto il processo di riproduzione si arresta, il processo lavorativo viene
limitato o talvolta interamente arrestato, viene distrutto capitale reale. Il
macchinario che non viene usato non è capitale. Il lavoro che non viene
sfruttato equivale a produzione perduta. materia prima che giace inutilizzata
non è capitale. Costruzioni che restano in utilizzate (altrettanto quanto nuovo
macchinario costruito) o restano incompiute, merci che marciscono nel
magazzino, tutto ciò è distruzione di capitale” (Marx).
Questo aspetto della crisi “si risolve in
una diminuzione reale della produzione, del lavoro vivo – allo scopo di
ristabilire al giusta proporzione tra lavoro necessario e pluslavoro, su
cui in ultima analisi tutto si fonda” (Marx).
Tale proporzione può può essere
ristabilita in quanto la crisi comporta licenziamenti di massa e la creazione
di un esercito industriale di riserva: da questo discende una diminuzione del
potere contrattuale dei lavoratori, e pertanto un aumento della quota del
lavoro non pagato e del saggio del plusvalore.
(ndr) Quindi si ritorna alle condizioni originarie del rapporto di
produzione, del rapporto tra capitale e lavoro salariato. Durante la crisi e
per superare la crisi chi ci perde sono solo i lavoratori e le masse popolari,
con aumento dei prezzi (a causa della distruzione di merci, quelle restanti
aumentano di prezzo - a questo segue un abbassamento dei prezzi per il
deprezzamento delle merci ma contemporaneamente vi è il
"deprezzamento" dei salari e pertanto i lavoratori non ne ricavano
alcun beneficio;, indebitamento e strozzamento da parte di usurai legali
(banche) e illegali, ma soprattutto con licenziamenti e abbassamento dei
salari.
Gli analisti, economisti, borghesi, il parlamento e il governo quali
comitato di affari della borghesia, i loro commentatori e scribacchini, e,
soprattutto, per gli effetti diretti che hanno nella mancanza di difesa nella
crisi dei lavoratori, i sindacalisti dei sindacati istituzionali, ecc.,
soprattutto nella crisi diffondono a piene mani tra la gente, utilizzando tutti
i mezzi, la favola che padroni e lavoratori stanno tutti “nella stessa
barca”, che entrambi nella crisi fanno sacrifici” e che insieme dovrebbero
superare la crisi.
A parte che la realtà, le misure adottate dal governo e dalle aziende, gli
accordi dei sindacati di regime smentiscono subito questa favola, e mostrano
che i sacrifici sono, e non possono che essere, a senso unico; ciò che è più
osceno è che tentano di nascondere il fatto che la crisi è provocata dallo
stesso capitale, che il capitale per salvare le sue sorti e tornare a fare i
profitti dallo sfruttamento del lavoro salariato non esita a distruggere mezzi
di produzione, merci, anche di prima necessità, fino alle stesse forze
vive; il capitale per la sua vita non può che portare la “morte”.
Da questo ne viene che gli operai, i lavoratori tutti, le masse popolari
per la loro vita, per impedire la distruzione di mezzi, merci, ecc. devono non
volere l'uscita dalla crisi dei capitalisti, ma la loro “morte”, la fine del
sistema di produzione capitalistico; e quindi i proletari devono passare da una
condizione oggettiva, descritta da Marx, di “becchini” della borghesia, a una
situazione soggettiva per esserlo realmente e porre effettivamente la parola
fine alle crisi.
2) Un secondo aspetto della distruzione di
capitale è rappresentato dalla “caduta rovinosa dei prezzi delle merci”. In
questo caso “non viene distrutto nessun valore d'uso. Ciò che perde l'uno,
guadagna l'altro. Alle masse di valore operanti come capitale viene
impedito di rinnovarsi come capitale nella stessa mano. I vecchi capitalisti
fanno bancarotta” (Marx), in quanto non solo non riescono a valorizzare il
capitale anticipato per produrre quelle merci, ma le devono vendere al di sotto
del loro valore. Allo stesso modo, nella crisi “una gran parte del capitale
nominale della società, cioè del valore di scambio del capitale esistente, è
distrutta una volta per tutte, benchè proprio quella distruzione poiché essa
non tocca il valore d'uso, possa favorire molto la nuova riproduzione”
(Marx).
(continua giovedì prossimo)
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