Scritto da
Carmine Tomeo
Fino a che punto si spinge la supponenza padronale
contro i lavoratori? A volte fino a raggiungere la palese umiliazione dei
dipendenti. Ed è quello che, ad esempio, è successo alla Nobili di Suno
(Novara), un’importante azienda di rubinetterie. Lo scorso 23 dicembre,
l’azienda ha pensato di “premiare” con la “coppa dell’assenteista” i dipendenti che nel corso
dell’anno più si erano assentati per malattia. L’imprenditore si giustifica
considerandola una goliardata per porre in questione il tema del cosiddetto
assenteismo. La retorica utilizzata dal goliardico imprenditore è la solita:
qualche mela marcia rovina un cesto di buoni frutti e, secondo il classico
copione del divide et impera, nel consegnare gli umilianti premi afferma che
assentarsi troppo “non è giusto di fronte a chi è sempre presente”. Quello che
il bontempone Nobili non sapeva e chissà se gli interessa, è che le persone
chiamate a ritirare il premio di fronte a 250 colleghi avevano avuto (e si
portano ancora dietro) gravi problemi di salute.
Le malattie sono certificate, ma
quel diritto non fa parte della contabilità aziendale. Si ripropone, quindi, un
tema classico: si potrebbe fare meglio, si potrebbe crescere ed essere più
competitivi; ma occorre essere più efficienti, aumentare la produttività e fare
sacrifici tutti insieme, e questi presupposti sono in contrasto con regole che
permettono le assenze dal lavoro. A porre la questione in maniera stringente
fu, guarda caso, Marchionne qualche anno fa. Poco più di cinque anni or sono,
l’Ad Fca intervistato da Fabio Fazio se la prendeva con le tutele sindacali e
l’assenteismo negli stabilimenti Fiat. Un anno dopo, Marchionne, parlando
all’Unione industriale torinese, se la prese con l’assenteismo in Sevel, dove si fabbrica il Ducato.
L’attacco fu così grave da spingere alla replica anche i sindacati che qualche
tempo dopo avrebbero firmato il contratto speciale Fiat. In quell’occasione
Marchionne affermò che “Nello stabilimento della Val di Sangro oltre il 20%
della gente non si presenta a lavorare, perché le regole sindacali danno il
diritto di non venire, e io non posso vendere l'80% del furgone prodotto”. A
parte le esagerazioni sulle assenze, che non trovavano riscontro nella realtà,
Marchionne lanciò questa accusa nonostante la Sevel sia lo stabilimento del
gruppo Fca con i maggiori tassi di produttività, tanto da far registrare
produzioni da record. Come noto, il risultato in Fca di questo attacco al
cosiddetto assenteismo è contenuto nel contratto speciale Fiat, firmato da
tutti i sindacati tranne Fiom e quelli di base, dove, da gennaio 2013, è
previsto che i primi due giorni di malattia non sono retribuiti in caso di
tasso medio di assenteismo del 4%. Ora, è chiara l’ingerenza aziendale nella
vita dei lavoratori, se a stabilire se un lavoratore ha diritto all’assenza per
malattia è l’azienda prima ancora del medico e perciò è l’azienda prima del
medico a stabilire se lo stato di salute del lavoratore è idoneo al lavoro
oppure no. Eppure, stando ai dati, l’assenteismo in Italia non pare un problema
impellente, come non lo era quando Marchionne lanciò i suoi attacchi. Non
esistono molti studi comparati sulle assenze per malattie in Europa, ma nel
2009 in un’indagine pan-europea Health & Benefit 2008 di Mercer ha
intervistato 800 aziende in 24 paesi europei. La relazione mostrava un tasso di
assenze in linea con Germania e più basso di quello francese e belga e minore
della media dei Paesi oggetto dell’indagine. E ancora, una comparazione
internazionale delle assenze per malattia condotta nel 2004 ("Work absence
in Europe" di Bonato-Lusinyan), rileva un tasso di assenze dei lavoratori
italiani minore dei colleghi tedeschi, olandesi, norvegesi, inglesi. Una
conferma arriva anche dall’Osservatorio europeo della vita lavorativa, che nel
2010 affermava che per l’Italia “l'assenteismo non sembra essere un problema
all'ordine del giorno delle parti sociali a causa di tassi relativamente
bassi”. E le indagini sul lavoro di Confindustria mostrano che il tasso di
assenze per malattia è rimasto invariato tra il 2010 ed il 2014. Pare
sufficiente per affermare che il problema, come avanzato dalla classe
imprenditoriale, esprime la volontà padronale di restringere i diritti dei
lavoratori ed avere maggiori libertà nell’esercizio del comando sul lavoro. Un
comando che su questo tema si estende fin dentro la vita privata dei
lavoratori, sempre più spiati anche attraverso agenzie di spionaggio che
crescono numerose per offrire i propri servizi alle aziende che vogliono
controllare i lavoratori praticamente fin dentro le loro case. E poi umiliati,
come nel caso dei premi alla Nobili di Suno, ed esposti al confronto tra buoni
e cattivi: questi ultimi, quelli che si assentano e non sacrificano la propria
salute; quegli altri quelli che si mostrano sempre ligi al proprio dovere di
produttori di profitti aziendali. In un gioco di disgregazione della classe
lavoratrice, non nuovo, certo; ma che oggi si avvale anche della debolezza
delle organizzazioni dei lavoratori e di una legislazione, come il Jobs act,
che tra l’altro frantuma sempre più quel che rimane dell’unità di classe.
Nessun commento:
Posta un commento