Intervista a
Pierpaolo Leonardi
Sergio Cararo
Dentro l’Usb, il più consolidato dei
sindacati di base e di classe del nostro paese, alcuni dirigenti e delegati
delle federazioni di Bologna e della Lombardia hanno provocato una “scissione”
e costituito un nuovo sindacato. Ne parliamo con Pierpaolo Leonardi,
coordinatore storico prima delle RdB e poi dell'Usb.
Allora Paolo che cosa è accaduto effettivamente?
Da oltre un anno è aperta una discussione
in USB sui compiti e la funzione strategica del sindacato dentro la nuova fase
determinata principalmente dalla crisi del capitale e dall’internità al polo
imperialista europeo. Questa situazione si supera, secondo noi, accentuando la
capacità dell’organizzazione di dare risposte generali e confederali. Chi oggi
ha abbandonato USB ha in testa invece un sindacato autoreferenziale, che fa
dell’azione sindacale locale e aziendale il massimo del respiro di azione
possibile. Non è un caso che la scissione ha interessato di fatto le
federazioni “ricche” che da tempo chiedono autonomia politica e organizzativa.
Chiamarsi sindacato generale partendo dalla ridotta di due mezze federazioni
francamente lascia quantomeno perplessi. Al Congresso e nelle nostre tesi
politiche abbiamo dichiarato esaurita l’esperienza del sindacalismo di base e
la necessità di sviluppare il sindacato di classe e generale. La prospettiva
degli scissionisti sembra invece, al di la dei proclami roboanti, essere
proprio il mantenimento in vita di quelle esperienze ormai decotte ed
ininfluenti nel panorama sindacale italiano.
Gli autori della scissione ovviamente
invocano un deficit democratico. Come si prendono le decisioni dentro l’Usb? Ad
esempio su una questione rognosa e importante come la sottoscrizione del Testo
Unico del gennaio del 2014 come è stato deciso?
La democrazia è sempre uno strumento e
come tale lo si esercita nelle condizioni date. La USB ha per Statuto una
struttura che partendo dai congressi di ogni singolo luogo di lavoro in cui è
presente elegge un consiglio nazionale, che a sua volta elegge il coordinamento
nazionale, il quale a sua volta è quello che elegge l’esecutivo. Questo vale
sia per il livello confederale che per le categorie. La decisione di aderire
obtorto collo e senza modificare il giudizio politico di assoluta e netta contrarietà
al Testo Unico, è stata assunta dal Consiglio Nazionale Confederale, cioè il
massimo organo di USB dopo il congresso, al termine di un anno e mezzo di
iniziative di ogni tipo (dai ricorsi legali respinti in tribunale alla
resistenza nei luoghi di lavoro) per contrastarlo. Chi oggi è uscito da USB
era, tra l’altro, tra i più fervidi sostenitori della firma ad ogni costo. Ma
come si sa la democrazia può anche essere interpretata come lo strumento che
consente in un batter d’occhio di cambiare idea.
Gli autori della scissione denunciano
l’ingerenza di movimenti come “Ross@” o di organizzazioni come la Rete dei
Comunisti sulle scelte del sindacato. Anche altri partiti, sia in passato che
adesso, cercano di pesare nelle scelte prima delle RdB e poi della Usb. E’
così?
Le organizzazioni politiche da sempre
hanno una propria visione del mondo del lavoro e si dotano di una propria
strategia di intervento nelle questioni sindacali, anche i militanti della Rete
dei Comunisti operano in tal senso ed essendo da sempre interni alla USB, è
all’interno di questa organizzazione che esprimono il proprio parere sulle
questioni. Del resto il nucleo fondante della RdB, una delle organizzazioni che
ha dato vita ad USB era composto da compagne e compagni della Rete e ci sembra
che abbia dato un contributo rilevante alla sua crescita.
Gli scissionisti si sono messi di traverso
contro una ipotesi – a mio parere tra le più interessanti e innovative – sul
sindacato capace di fare anche confederalità sociale cioè di intervenire anche
all’esterno dei luoghi di lavoro, voi lo avete definito come “sindacato
metropolitano”. Puoi spiegarci meglio dove sbagliano loro o che cosa significa
per voi?
Il Congresso di Montesilvano, conclusosi
all’unanimità, ha condiviso la proposta di avviare una sperimentazione sul
terreno della avvenuta frammentazione sociale e quindi della nuova composizione
sociale. La consapevolezza che un pezzo ormai consistente del nostro blocco
sociale di riferimento non incontra più il sindacato nei luoghi di lavoro, ci
ha fatto interrogare su come organizzarci per intervenire anche su quei settori
sociali , individuando in particolare tre segmenti principali, i migranti e gli
immigrati, cioè quella parte di migranti che oggi lavorano e producono nel
nostro Paese ma che vivono comunque una condizione sociale di marginalità; chi
vive il problema drammatico del diritto all’abitare, che oggi coinvolge
trasversalmente anche pezzi di vecchio ceto medio impoverito e che da anni già
organizziamo; chi vive il dramma di essere senza lavoro o soggetto alla totale
precarietà, e sono ormai una parte consistente di popolazione e soprattutto di
giovani soprattutto al meridione, sia sulla questione dell’occupazione che del
diritto al reddito. La scelta è stata quella di definire su questi primi tre
segmenti di sperimentazione una linea di azione nazionale articolata ovviamente
sui territori. Chi se ne è andato ha interpretato la confederalità sociale
invece come una sorta di strumento territoriale di assistenza e di intervento
sui temi della relazione tra utenti e lavoratori dei servizi, una specie di
associazione dei consumatori, cosa che ovviamente è legittima, ma non è quello
che intendiamo noi. L’altro corno della contestazione è che la confederalità
sociale si sostituirebbe alla confederalità sindacale e ci accusano di volgere
verso una deriva movimentista. Ovviamente USB è e rimane una organizzazione
sindacale che opera e agisce principalmente nei luoghi di lavoro, nelle
aziende, nelle fabbriche, negli uffici pubblici e lì organizza le lavoratrici e
i lavoratori, ma la frammentazione e l’indebolimento del mondo del lavoro che
abbiamo conosciuto è sotto gli occhi di tutti. O il sindacato ci fa i conti e
si dota di una strategia per ricomporre quello che i padroni hanno diviso, oppure
finisce solo a fare i 730 e qualche vertenza aziendale.
Abbiamo raccolto notizie su prove di forza
nelle sedi Usb a Bologna (dove gli scissionisti hanno addirittura chiamato la
polizia) e in alcune città della Lombardia, su conti correnti bloccati, su lettere
inviate alle aziende. Insomma cosa succede adesso e cosa succederà?
Voglio segnalare un fatto curioso. Chi è
uscito da USB propaganda questa scelta come una scissione che ha dato vita ad
un nuovo soggetto sindacale. Andando però a leggere le carte che hanno prodotto
scopriamo che: hanno riunito alcuni degli organismi locali, solo quelli in cui
avevano una qualche maggioranza e hanno deciso il cambio di nome
dell’organizzazione, hanno poi deciso che mantengono lo Statuto USB e grazie a
questo artificio assolutamente in contrasto con lo Statuto USB hanno scritto
alle aziende che gli iscritti a USB passavano automaticamente al nuovo soggetto
e l’hanno fatto inviando alle aziende una nota con i due simboli, USB e SGB. Un
fulgido esempio di trasparenza e democrazia. Hanno occupato le sedi che sono
intestate a USB e hanno cercato di impedire l’accesso ai compagni di AS.I.A.
nella sede di Bologna e hanno addirittura chiamato la polizia per sgomberare
una giovane compagna che era in sede per un appuntamento con una inquilina.
Sono metodi che in USB non avrebbero mai avuto cittadinanza.
Infine un dubbio. Provocare una scissione
in uno dei pochi sindacati conflittuali in questa fase di fortissimo attacco ai
diritti sindacali non pare proprio una buona idea. E’ la “sindrome di Sansone”
di alcuni dirigenti locali o c’è qualcos’altro? Se me lo permetti a me il
dubbio è venuto. Che ne pensi?
La contraddizione è esattamente questa,
chiamarsi Sindacato Generale e provocare una scissione dell’unica esperienza
vera e attiva di sindacato antagonista, di classe e generale sta nelle pratiche
antiche di una certa sinistra incapace di guardare oltre i propri interessi di
bottega. Fanno proclami di solidarietà internazionalista sapendo perfettamente
che USB è membro della Federazione Sindacale Mondiale e che esprime anche il
Segretario generale del Sindacato Internazionale dei Servizi Pubblici. Insomma
ci sembra che sulla politica abbiano prevalso interessi localistici di
mantenimento di un qualche piccolo potere economico costruito con un utilizzo
distorto delle quote dei lavoratori. Comunque la scissione riguarda una quota
infinitesimale di strutture e il corpo complessivo dell’organizzazione sta
reagendo molto bene rilanciando le lotte e la presenza di USB in tutto il
paese, compreso in quelle città in cui alcuni hanno deciso di infilarsi in
questa avventura.
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